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Il Leader della Forza Quds: l’Iran «farà tutto il necessario» per aiutare Hamas

Il capo della Forza Quds d’élite iraniana ha promesso di fare «tutto il necessario» per sostenere Hamas nella sua guerra con Israele, sostenendo che il gruppo militante palestinese era diretto verso una «vittoria impressionante» a Gaza.
La Forza Quds è il braccio delle operazioni estere del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica di Teheran (i cosiddetti pasdaran), responsabile delle missioni militari e di Intelligence oltre i confini dell’Iran.
In una lettera indirizzata al comandante del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedine al-Qassam, il leader della Forza Quds Esmail Qaani ha dichiarato che Teheran e i suoi alleati «non permetteranno a questo nemico brutale e a coloro che stanno dietro di lui di conquistare Gaza e la sua eroica città».
«Faremo tutto il necessario in questa battaglia storica», ha detto Qaani, aggiungendo che Hamas ha «dimostrato a tutti che la resistenza a Gaza è capace di iniziativa e innovazione, pur mantenendo la sua organizzazione e le sue capacità sul campo».
Pubblicata giovedì dall’agenzia di stampa della Repubblica Islamica (IRNA), la lettera di Qaani arriva il giorno dopo che Reuters ha riferito che il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, aveva informato Hamas che il suo Paese non sarebbe stato direttamente coinvolto nella guerra di Gaza. Khamenei avrebbe ribadito il «sostegno politico e morale» di lunga data dell’Iran a Hamas, ma ha escluso un intervento militare, riporta RT.
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Giovedì scorso, tuttavia, l’alto funzionario di Hamas Osama Hamdan ha respinto la storia della Reuters, dicendo all’IRNA: «Invece di fornire informazioni, questa agenzia di stampa ha pubblicato bugie senza valore». Ha aggiunto che tali rapporti avevano lo scopo di danneggiare l’immagine di Hamas e dei suoi alleati nell’«asse della resistenza» – una rete di gruppi di milizie appoggiate dall’Iran in Iraq, Siria, Libano e Gaza.
I funzionari iraniani devono ancora commentare il rapporto Reuters.
Qaani, che ha preso il comando delle forze armate nel 2020 dopo che il suo predecessore, Qasem Soleimani, è stato ucciso da un attacco di droni statunitensi, ha continuato congratulandosi con la fazione armata palestinese per una «vittoria impressionante e un risultato qualitativo che non ha precedenti nella storia del conflitto», promettendo che «i vostri fratelli nell’asse della resistenza saranno uniti a voi».
Come riportato da Renovatio 21, in settimana un portavoce di Hamas aveva spiegato che Hezbollah – il gruppo sciita libanese collegato all’Iran – intensificherà il suo coinvolgimento nel conflitto tra Israele e Hamas solo se la fazione palestinese sarà completamente eliminata a Gaza.
L’Iran due settimane fa ha arrestato tre sospetti agenti del Mossad. In varie occasioni la Repubblica Islamica ha fatto capire di essere pronta ad intervenire in Palestina, tuttavia smentendo aiuti ad Hamas per la preparazione dell’attacco del 7 ottobre.
Hezbollah e Iran sono stati minacciati da Israele di «distruzione senza precedenti», con il Paese persiano «cancellato dalla faccia della Terra».
Il mese scorso ministro degli Esteri di Teheran Hossein Amir-Abdollahian ha dichiarato all’ONU che nemmeno gli USA saranno risparmiati in caso di escalation.
L’Iran la settimana scorsa ha parlato di «inevitabile espansione» della guerra dopo il video della cerimonia di alzabandiera delle forze israeliane sulla spiaggia di Gaza.
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Immagine di Meghdad Madadi/ Tasnim News Agency via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata.
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Il Congresso USA pubblica la prima serie di file su Epstein

There must be maximum transparency about the horrific crimes committed by Epstein and Maxwell. We will continue to follow the facts and seek justice for these survivors. pic.twitter.com/qNYXYMgl3p
— Oversight Committee (@GOPoversight) September 2, 2025
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Il presidente del Portogallo afferma che Trump è un «asset russo»

Il presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa ha accusato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump di fingere di agire come mediatore imparziale nel conflitto ucraino, mentre in realtà serve gli interessi di Mosca e funge da «asset russo».
Nel gergo dei servizi segreti, un asset, o «risorsa», è una persona, un’organizzazione, una risorsa o un’informazione che viene utilizzata o reclutata da un’agenzia di intelligence per supportare le sue operazioni. In pratica il presidente americano viene accusato ancora una volta di essere un pupazzo di Mosca e delle sue agenzie di spionaggio. Le due presidenze Trump sarebbero quindi delle operazioni clandestine dei servizi russi.
La gravità delle parole del presidente lusitano è sconcertante, così come la sua poca originalità.
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Intervenendo mercoledì all’Università estiva del Partito Socialdemocratico a Castelo de Vide, Rebelo de Sousa ha criticato Trump per essersi allontanato dalla politica del suo predecessore di sostegno incondizionato a Kiev.
«Il leader della più grande superpotenza mondiale è, oggettivamente, una risorsa sovietica o russa. Funziona come una risorsa», ha affermato Rebelo de Sousa, citato dalla CNN Portogallo.
Il presidente portoghese ha inoltre affermato che Trump è più un «arbitro che negozia solo con una delle due squadre che un vero mediatore», sostenendo che Kiev e i suoi sostenitori dell’UE hanno dovuto «farsi strada» per prendere parte ai recenti colloqui a Washington.
Le dichiarazioni riecheggiavano la bufala del Russiagate lanciata per la prima volta contro Trump nel 2016, quando i suoi oppositori sostenevano che la sua campagna elettorale avesse colluso con il Cremlino. Questa narrazione ha dominato il suo primo mandato, nonostante l’inchiesta Mueller del 2019 non avesse trovato prove di collusione e il Rapporto Durham del 2023 avesse concluso che la vicenda era stata in gran parte orchestrata da operatori politici.
Trump ha definito il Russiagate «il più grande scandalo nella storia americana», sostenendo che fosse stato concepito per sabotare la sua presidenza e giustificare politiche ostili nei confronti di Mosca.
Da quando è tornato in carica a gennaio, Trump ha cercato di presentarsi come un mediatore neutrale nel conflitto ucraino, alternando accuse alla Russia e all’Ucraina per la mancanza di progressi, comunicando regolarmente sia con il presidente russo Vladimir Putin che con il leader ucraino Volodymyro Zelens’kyj. A volte ha minacciato Mosca di «sanzioni massicce», mentre in altre occasioni ha accusato Kiev di «mancanza di flessibilità» e di non essere «pronta» per la pace.
All’inizio di questo mese, Trump ha avvertito di essere «molto, molto insoddisfatto» di Putin e ha minacciato di imporre dazi secondari ai partner commerciali della Russia, minaccia che incombe ancora dopo lo storico vertice in Alaska. Il leader portoghese, tuttavia, ha affermato che, a differenza dell’UE, che ha proceduto con le sanzioni, «Washington ha solo lanciato minacce vuote, dando alla Russia il tempo di avanzare sul terreno».
Trump ha sostenuto che «tutti sono da biasimare» per il conflitto, che egli insiste non essere «la sua guerra», e ha promesso di prendere una «decisione molto importante» sul futuro della politica statunitense entro poche settimane, a seconda che Mosca e Kiev si impegnino o meno in colloqui di pace.
Come testimonia la foto a corredo di questo articolo, il De Sousa e Trump si erano incontrati nello Studio Ovale della Casa Bianca di Washington il 27 giugno 2018, durante la prima presidenza dell’attuale comandante in capo USA.
Today, it was my great honor to welcome President Marcelo Rebelo de Sousa of Portugal to the @WhiteHouse!🇺🇸🇵🇹 pic.twitter.com/yd37K4Ei8R
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) June 27, 2018
Ci chiediamo ora come saranno i prossimi incontri, che, da qui alla scadenza del secondo mandato del presidente portoghese (2026) potrebbero essere inevitabili.
Questo è lo stato in cui versano i vertici europei. Russofobia furiosa, forsennata al punto da compromettere i rapporti non solo con Mosca, ma con gli stessi USA.
Ciò risulta incredibile solo per chi non ha capito il disegno in atto, e la mediocrità assoluta, malvagia della classe politica continentale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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L’FBI fa irruzione nella casa di Bolton. È iniziata la purga dello Stato profondo?

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Non si tratta solo del presidente. Robert F. Kennedy jr., il suo segretario alla Salute, è un anti-neocon sfrenato – nonostante l’essersi trovato con un figlio turlupinato ad andare a combattere in Ucraina in una guerra che Kennedy ritiene fomentata dagli stessi USA. Quando raccontò del suo ingresso nel team Trump – il momento che ha messo fine alla sua campagna presidenziale, lanciandolo come stella del MAGA-MAHA –RFK rivelò pure di essere rimasto colpito dai primi colloqui con Don junior, il primogenito Trump. Il quale, racconta Kennedy, era apertis verbis in opposizione ai neocon, con nomi e cognomi. Di recente Kennedy ha fatto di sfuggita un’ulteriore rivelazione sul gabinetto Trump: dice che va d’accordo con gli altri segretari, in particolare la Bondi, che è diventata amica sua e di sua moglie, ma quello più simpatico, che fa ridere tutti, dice, è Marco Rubio: qui Kennedy dice che dapprima provava freddezza nei suoi confronti, in quanto riconosciuto come neocon estremista, ma ha avuto una «conversione», mollando completamente il campo dei falchi antirussi.Donald Trump’s comments about “nation builders, neocons, and Western interventionists” in Saudi Arabia:
“Before our eyes, a new generation of leaders is transcending the ancient conflicts of tired divisions of the past and forging a future where the Middle East is defined by… pic.twitter.com/jDEKlNMFk4 — Liam McCollum (@MLiamMcCollum) May 13, 2025
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