Geopolitica
Il genocidio sostenuto dal governo di Kiev nel Donbass ha scatenato la guerra in Ucraina: parla un ex analista NATO

La vera causa della guerra in Ucraina è radicata nel genocidio sanzionato dal governo ucraino della popolazione di lingua russa della regione del Donbass, secondo un ufficiale dell’intelligence militare svizzero in pensione e alto funzionario delle Nazioni Unite.
A sostenerlo è Jacques Baud, ex colonnello dell’Intelligence strategica svizzera, specializzato sui paesi dell’Europa orientale e capo della politica per le operazioni di pace delle Nazioni Unite.
Il colonnello Baud ha spiegato la genesi del conflitto in un articolo intitolato «La situazione militare in Ucraina» pubblicato il mese scorso sul Centre Français de Recherche sur le Renseignement, dove si dettaglia come la presente situazione sia scaturigine del costante bombardamento ucraino del Donbass, in particolare della Repubblica popolare di Donetsk (conosciuta con l’acronimo anglofono DPR) e la Repubblica popolare di Luhansk (LNR).
«Il 17 febbraio, il presidente Joe Biden ha annunciato che la Russia avrebbe attaccato l’Ucraina nei prossimi giorni. Come ha fatto a saperlo? È un mistero. Ma dal 16, i bombardamenti di artiglieria contro la popolazione del Donbass sono aumentati drammaticamente, come mostrano i rapporti quotidiani degli osservatori dell’OSCE», scrive l’ex militare elvetico.
«Naturalmente, né i media, né l’Unione Europea, né la NATO, né alcun governo occidentale ha reagito o è intervenuto. Si sarebbe detto in seguito che si trattava di disinformazione russa. Sembra, infatti, che l’Unione Europea e alcuni Paesi abbiano deliberatamente taciuto sul massacro della popolazione del Donbass, sapendo che ciò avrebbe provocato un intervento russo».
Baud quindi si sofferma su un altro elemento di frizione e provocazione: i massacri, le torture, gli stupri compiuti dalle truppe paramilitari neonaziste come Azov nel Donbass dopo il golpe di Maidan del 2014.
«Queste milizie operavano nel Donbass dal 2014, con il supporto occidentale. Anche se si può discutere sul termine “nazista”, resta il fatto che queste milizie sono violente, trasmettono un’ideologia nauseante e sono virulentemente antisemite… sono composte da individui fanatici e brutali», scrive Baud.
La situazione è precipitata, dice l’ex analista NATO e ONU, anche a causa di interferenze straniere.
«Ci sono state segnalazioni di sabotaggi nel Donbass. Il 18 gennaio, i combattenti del Donbass hanno intercettato sabotatori, che parlavano polacco ed erano equipaggiati con equipaggiamento occidentale e che stavano cercando di creare incidenti chimici a Gorlivka. Avrebbero potuto essere mercenari della CIA , guidati o “consigliati” dagli americani e composti da combattenti ucraini o europei, per compiere azioni di sabotaggio nelle Repubbliche del Donbass».
È stato a seguito di queste provocazioni che Putin ha riconosciuto le repubbliche del Bacino del Don, l’atto che ha funto da preludio all’Operazione Z.
L’accelerazione dei bombardamenti di artiglieria a cui sono state sottoposte le repubbliche separatiste a inizio febbraio 2022 le avrebbe spinte a chiedere l’aiuto esplicito di Mosca, che glielo ha fornito quindi nel modo più aperto possibile.
«Il bombardamento dell’artiglieria ucraina sulla popolazione del Donbass è continuato e, il 23 febbraio, le due Repubbliche hanno chiesto assistenza militare alla Russia. Il 24 febbraio Vladimir Putin ha invocato l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede l’assistenza militare reciproca nel quadro di un’alleanza difensiva».
«Per far sembrare l’intervento russo totalmente illegale agli occhi del pubblico, le potenze occidentali hanno deliberatamente nascosto il fatto che la guerra era effettivamente iniziata il 16 febbraio. L’esercito ucraino si stava preparando ad attaccare il Donbass già nel 2021, come alcuni russi e I servizi di Intelligence europei erano ben consapevoli».
La guerra, cioè, sarebbe iniziata verso il 16 febbraio: e, a quanto scrive Baud, non possiamo quindi dire che l’ha iniziata la Russia.
Quella del Baud è una visione che capovolge interamente la narrazione occidentale.
Secondo quanto scrive il saggio del militare elvetico, sono gli Stati Uniti, la Francia e l’Unione Europea ad aver «creato le condizioni per lo scoppio di un conflitto».
«Mostriamo compassione per il popolo ucraino e per i due milioni di rifugiati. Questo va bene. Ma se avessimo avuto un minimo di compassione per lo stesso numero di profughi delle popolazioni ucraine del Donbass massacrate dal loro stesso governo e che hanno cercato rifugio in Russia per otto anni, probabilmente niente di tutto ciò sarebbe accaduto».
Tutto il supporto dell’Occidente a Kiev, scrive Baud, non fermerà Putin dal raggiungere i suoi obbiettivi.
«Alla fine il prezzo sarà alto, ma Vladimir Putin probabilmente raggiungerà gli obiettivi che si era prefissato. Lo abbiamo spinto tra le braccia della Cina. I suoi legami con Pechino si sono consolidati» scrive il colonnello Baud.
«La Cina sta emergendo come mediatore nel conflitto. Gli americani devono chiedere al Venezuela e all’Iran il petrolio per uscire dall’impasse energetica in cui si sono messi, e gli Stati Uniti devono pietosamente tornare sui propri passi sulle sanzioni imposte ai loro nemici».
Immagine di Mstyslav Chernov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
Il premier polacco rifiuta di estradare l’ucraino nell’inchiesta Nord Stream

Il primo ministro polacco Donald Tusk ha manifestato la sua contrarietà all’estradizione in Germania di un sospettato ucraino coinvolto nel caso di sabotaggio del Nord Stream. L’uomo era stato arrestato dalle autorità polacche il mese scorso, mentre una precedente richiesta di arresto da parte di Berlino sarebbe stata ostacolata dal governo polacco nel 2024.
Tusk ha dichiarato martedì, durante una conferenza stampa, che la decisione finale sull’estradizione del sospettato, identificato dai media come Vladimir Z., spetterà a un tribunale. Tuttavia, ha sottolineato che tale scelta non sarebbe vantaggiosa per Varsavia.
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«Non è certo nell’interesse della Polonia… consegnare questo cittadino a un Paese straniero», ha affermato il primo ministro. «Il problema dell’Europa, dell’Ucraina, della Lituania e della Polonia non è che il Nord Stream 2 sia stato distrutto, ma che sia stato costruito».
Le autorità tedesche non hanno rilasciato commenti sulle dichiarazioni di Tusk.
Vladimir Z., arrestato a fine settembre nella città di Pruszkow, è un istruttore subacqueo ucraino che, secondo le accuse, avrebbe fatto parte del gruppo responsabile delle esplosioni del gasdotto Nord Stream. I quattro gasdotti sottomarini sono stati resi inoperativi nel settembre 2022 a causa di un sabotaggio. I procuratori tedeschi attribuiscono l’attacco a un ristretto gruppo di cittadini ucraini arrivati sul posto a bordo dello yacht a noleggio Andromeda.
Mosca ha smentito la versione di Berlino, definendo «ridicola» l’ipotesi che il sabotaggio sia stato opera di un piccolo gruppo di ucraini. Il presidente russo Vladimir Putin ha suggerito che l’operazione potrebbe essere stata orchestrata dagli Stati Uniti.
Varsavia, uno dei principali sostenitori di Kiev dal 2022, avrebbe preso in considerazione l’idea di concedere asilo al sospettato, secondo un articolo di settembre del quotidiano polacco Rzeczpospolita. Anche il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski ha più volte dichiarato di essere favorevole a questa ipotesi.
Secondo precedenti resoconti dei media, funzionari polacchi avrebbero aiutato Vladimir Z. a sfuggire all’arresto richiesto dalla Germania l’anno scorso, fornendogli informazioni. Un veicolo con targhe diplomatiche ucraine gli avrebbe permesso di fuggire in Ucraina.
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Come riportato da Renovatio 21, anche la polizia italiana ha arrestato un uomo ucraino sospettato di essere coinvolto nell’attentato ai gasdotti Nord Stream.
Nel 2023, il veterano giornalista investigativo Seymour Hersh pubblicò un reportaggio in cui affermava che l’allora presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva dato l’ordine di distruggere il Nord Stream. Secondo una fonte informata che parlò con il giornalista premio Pulitzer, gli esplosivi erano stati piazzati dai sommozzatori della Marina statunitense qualche mese prima, sotto la copertura di un’esercitazione NATO. La Casa Bianca all’epoca negò il rapporto, definendolo «completa finzione».
Come riportato da Renovatio 21, la negazione della tesi di Hersh – che ha in seguito ripetuto che il vero obbiettivo della devastante operazione non era solo la Russia, ma soprattutto la Germania e di conseguenza l’intera Europa – trovò grandi sostenitori al Bundestag, dove parlamentari democristiani della CDU accusarono il partito AfD, che aveva chiesto una commissione di inchiesta sul Nord Stream, di collusione con la Russia, dicendo pure oscuramente che a Hersh nessuno crede più. La mozione per la commissione di inchiesta al Bundestaggo fu quindi bloccata, e l’allora cancelliere Scholzo andò nello Studio Ovale di Biden scodinzolando con la coda fra le gambe.
Mosca ha respinto nettamente la teoria dei subacquei ucraini dapprima diffusa dalla stampa tedesca. Renovatio 21 all’epoca, di fronte alla notizia che dai media germanici rimbalzava sul New York Times, aveva definito la questione come «l’ultima barzelletta». La storia fu rimpolpata anche dal Washington Post, che disse che un alto ufficiale ucraino aveva coordinato le esplosioni. La possibile colpevolezza degli USA nel frattempo aveva scaldato anche la diplomazia cinese. Putin parlava di «terrorismo di Stato».
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Immagine di DanySahneMUC via Wikimedia pubblicata su licenza CC-BY-SA 2.0/DE
Droga
Trump: «gli attacchi degli Stati Uniti alle imbarcazioni venezuelane sono un atto di gentilezza»

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Geopolitica
Fico: l’UE «si spara sulle ginocchia»

Il primo ministro slovacco Robert Fico ha dichiarato martedì, durante il Forum europeo sull’energia nucleare (ENEF) a Bratislava, che il tentativo dell’Unione Europea di eliminare le fonti energetiche russe dal suo mercato rappresenta una politica autodistruttiva e rischiosa.
Nel suo discorso di apertura, Fico ha duramente criticato il piano REPowerEU, volto a eliminare completamente le fonti energetiche russe, definendolo «una totale assurdità».
«Ci stiamo sparando in ginocchio», ha affermato. «E sono pronto a discutere con la Commissione Europea 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per convincerli che si tratta di un passo ideologico insensato».
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Fico ha evidenziato che la Slovacchia non può interrompere l’importazione di barre di combustibile nucleare dalla Russia per i suoi reattori di progettazione sovietica.
«Non metteresti mai un motore Mercedes in una Skoda. Non funziona così», ha commentato, sottolineando le preoccupazioni legate alla sicurezza.
La Slovacchia gestisce cinque reattori nucleari e sta costruendo un sesto presso la centrale di Mochovce. L’energia nucleare copre circa il 60% del fabbisogno elettrico del Paese ed è cruciale per i suoi obiettivi industriali, come lo sviluppo di grandi data center, ha osservato Fico.
Il primo ministro ha anche annunciato l’intenzione di costruire un ulteriore reattore presso la centrale nucleare di Bohunice, un progetto che coinvolgerà un appaltatore statunitense e potrebbe includere la partecipazione di altre nazioni attraverso un consorzio. Ha notato che gli Stati Uniti continuano a importare uranio russo.
Fico, spesso critico verso Bruxelles, ha sostenuto che i piani economici dell’UE, come la strategia di Lisbona del 2000, hanno ripetutamente fallito nel mantenere le promesse.
Il premier di Bratislava ha avvertito che, se l’UE non abbandonerà il suo approccio ideologico alla politica energetica ed economica, le nazioni europee perderanno competitività a livello globale.
Come riportato da Renovatio 21, Fico tre mesi fa aveva dichiarato che la Slovacchia è «pronta a combattere» per il diritto ad importare il gas russo.
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Negli ultimi mesi il primo ministro slovacco ha ribadito il suo sostegno ai valori della famiglia cristiana e ha esternato il suo pensiero riguardo la fine del veto dei singoli Stati nella UE, ventilata da Bruxelles per mettere a tacere Slovacchia e Ungheria e chiunque altro si metta di traverso alle politiche belliciste e antirusse della stanza degli eurobottoni: per Fico, qualora il veto sparisse, si tratterebbe della fine della UE.
Fico – unico europeo con il presidente serbo Aleksandr Vucic a partecipare alla parata del 9 maggio a Mosca – ha altresì detto apertis verbis che vari Stati occidentali desiderano la continuazione del conflitto ucraino.
Il primo ministro slovacco è inoltre, risaputamente, avversario della vaccinazione COVID, di cui ha denunciato i «gravi risultati».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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