Geopolitica
Il generale Luong Cuong nuovo presidente del Vietnam
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Eletto dal Parlamento, subentra a To Lam che ha assunto la carica di segretario del Partito (la più importante ad Hanoi) dopo la morte di Phu Trong. L’obiettivo è garantire stabilità politica e istituzionale a un Paese segnato dalla campagna anticorruzione che ha mascherato (anche) una lotta interna per il potere. Nel discorso inaugurale ha promesso di potenziare la difesa e una politica estera indipendente e multilaterale.
Il Parlamento di Hanoi ha eletto oggi il generale Luong Cuong come nuovo presidente del Vietnam, con una decisione ampiamente prevista e che ha come obiettivo quello di garantire un minimo di stabilità alla vita politica e istituzionale del Paese, dopo una fase di turbolenze e rimpasti. Un periodo critico legato anche alla campagna contro la corruzione dietro la quale si giocano lotte di potere e hanno visto la cacciata o le dimissioni di personalità di primissimo piano della politica e delle istituzioni della nazione del Sud-Est asiatico, a partire dalla carica stessa di presidente.
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Il 67enne alto ufficiale dell’esercito subentra a To Lam, nominato nell’agosto scorso segretario generale del Partito Comunista, la massima carica dello Stato a guida unica comunista, in sostituzione di Nguyen Phu Trong, morto due settimane prima. Analisti ed esperti sottolineano come lo stesso Lam sia la personalità emersa come «vittoriosa dalla catena di epurazioni della ‘campagna anticorruzione’ che non ha risparmiato nemmeno la leadership di Hanoi».
Cuong, che l’11 ottobre scorso ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping, è stato eletto con il voto di tutti i 440 deputati che hanno partecipato alla sessione parlamentare in programma nella giornata di oggi. Nel suo discorso inaugurale si è impegnato a potenziare le capacità di difesa e a perseguire una politica estera indipendente e multilaterale. Egli ha quindi promesso di «rafforzare la sicurezza nazionale, costruire un esercito rivoluzionario, ben addestrato, agile e moderno».
Il Vietnam sta cercando da tempo di diversificare il proprio arsenale dalle armi di fabbricazione prevalentemente russa, ma negli ultimi anni non ha registrato alcun accordo significativo con altre nazioni leader del panorama internazionale.
Prima dell’elezione, il neo-presidente occupava una posizione chiave nella segreteria del Partito comunista, tale da renderlo il quinto funzionario più alto del Paese dopo il capo del partito, il presidente, il primo ministro e il presidente del Parlamento. Cuong è anche membro del Politburo, il massimo organo decisionale del partito.
Il presidente ha pochi poteri diretti e ricopre un ruolo in gran parte cerimoniale, rappresentando la nazione negli incontri di alto livello con i dignitari stranieri, pur restando una delle prime quattro posizioni politiche di rilievo nella nazione. Nel suo breve periodo di presidenza, il predecessore Lam ha incontrato fra gli altri i leader di Cina, Russia e Stati Uniti.
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In Vietnam, il capo del partito è diventato la figura più potente da quando il defunto Nguyen Phu Trong ne ha ampliato i poteri nei suoi 13 anni di mandato. La mossa di Lam, ex capo della polizia, di rinunciare alla presidenza secondo analisti ed esperti è da collegare al tentativo di un compromesso nella condivisione del potere all’interno del partito.
Le multinazionali straniere che hanno investito molto nel Paese per la produzione orientata all’esportazione, ne hanno a lungo elogiato la stabilità politica venendo colti di sorpresa dalle turbolenze interne alla leadership nella lotta anti-corruzione. Una battaglia che non ha risparmiato nemmeno i vertici e ha portato alle dimissioni di due presidenti dello Stato e di un presidente del Parlamento nei 17 mesi precedenti l’elezione di Lam.
Il nuovo accordo di condivisione del potere è destinato a durare fino al 2026, quando tutte le posizioni di vertice saranno nuovamente ridiscusse nell’ambito di una regolare riorganizzazione quinquennale della leadership politica.
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Immagine di Truyền hình Hưng Yên – HYTV via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Geopolitica
Russia e USA in trattative per un possibile nuovo scambio di prigionieri
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Geopolitica
Orban: finanziare la «mafia di guerra» di Kiev è come la vodka per un alcolizzato
Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha aspramente censurato la Commissione europea per aver invitato gli Stati membri dell’UE a incrementare gli apporti finanziari all’Ucraina, in piena luce del macroscopico scandalo corruttivo, sostenendo che la «mafia della guerra» di Kiev sta deviando i fondi dei contribuenti europei.
Lunedì, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha recapitato una missiva alle capitali europee, incalzando un’intesa celere per far fronte alle esigenze militari e monetarie di Kiev per il biennio venturo. Nella lettera, ripresa dalla stampa, il deficit di bilancio in espansione dell’Ucraina viene stimato in circa 135,7 miliardi di euro. Von der Leyen ha delineato tre opzioni di finanziamento: versamenti bilaterali opzionali da parte dei membri UE, mutui collettivi a livello europeo e un prestito risarcitorio ancorato ai beni russi congelati.
Orban ha postato su X di aver ricevuto la nota, in cui si descrive il gap finanziario ucraino come «considerevole» e si sollecita l’invio di ulteriori risorse da parte dei Paesi UE.
I received a letter today from President @vonderleyen. She writes that Ukraine’s financing gap is significant and asks member states to send more money. It’s astonishing. At a time when it has become clear that a war mafia is siphoning off European taxpayers’ money, instead of…
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) November 17, 2025
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«È stupefacente. Proprio quando è emerso che una mafia della guerra sta svuotando le tasche dei contribuenti europei, anziché pretendere verifiche reali o bloccare i flussi, la presidente della Commissione propone di mandarne ancora di più», ha scritto, alludendo palesemente al recente scandalo corruttivo in Ucraina. Orban ha equiparato tale strategia al «tentativo di soccorrere un ubriaco spedendogli un’altra cassa di vodka», chiosando che «l’Ungheria non ha smarrito il buonsenso».
All’inizio del mese, le autorità anticorruzione ucraine hanno smascherato un presunto schema illecito capitanato da Timur Mindich, storico partner d’affari di Volodymyr Zelens’kyj, che ha distolto circa 100 milioni di dollari in mazzette dai contratti con l’operatore nucleare nazionale Energoatom, fortemente dipendente dagli aiuti esteri.
La vicenda corruttiva è esplosa mentre Kiev preme sui donatori per un finanziamento da 140 miliardi di euro, garantito dai beni della banca centrale russa bloccati dall’Occidente – un progetto ostacolato dal Belgio, custode della fetta maggiore di quei fondi. Mosca qualifica qualunque impiego di tali asset come «furto» e ha minacciato contromisure giudiziarie.
Il caso potrebbe armare i politici europei di argomenti solidi per invocare un ridimensionamento degli aiuti a Kiev, ha osservato Le Monde.
Come riportato da Renovatio 21, intanto con il megascandalo sulla corruzione Kiev sta incontrando ostacoli nel reperire un nuovo prestito dal FMI.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Mearsheimer: l’Occidente vuole distruggere la Russia come grande potenza
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