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Il direttore della CIA era andato in Brasile per dire a Bolsonaro di non toccare le elezioni: gli USA interferiscono con il voto degli altri Paesi?

Le elezioni presidenziali brasiliane stanno vivendo anche in questo momento un caos abissale. La differenza tra i due candidati è stata minima, nel calderone dei voti annullati potrebbe tranquillamente esserci quel pugno di voti che potrebbe consegnare la vittoria a Bolsonaro.
Tuttavia, è legittimo pensare che, oltre a questioni interne, le elezioni brasiliane siano state segnate da interferenze esterne. In particolare, da pressioni esercitate per via diretta dai servizi segreti della potenza egemone dell’emisfero, gli Stati Uniti d’America. Proprio loro: quelli che ancora oggi accusano la Russia di electoral meddling, di interferenza nelle elezioni USA.
A maggio l’agenzia Reuters aveva fatto emergere come l’anno prima il direttore della CIA avesse detto ad alti funzionari brasiliani che il presidente Jair Bolsonaro doveva smettere di mettere in dubbio il sistema di voto del suo Paese prima delle elezioni di ottobre.
I commenti precedentemente non riportati del direttore della CIA William Burns sono arrivati in un intimo incontro a porte chiuse a luglio 2021, secondo due persone che hanno familiarità con la questione usate come fonti da Reuters. Il Burns era, e rimane, il funzionario statunitense di più alto grado a incontrare a Brasilia il governo di destra di Bolsonaro dall’elezione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Come lamentato dallo stesso Bolsonaro, Biden e la sua amministrazione paiono aver snobbato il presidente brasiliano nei mesi in cui la loro presidenza è coincisa. Essendo il Brasile il più grande e importante Paese del Sud America, si tratta di un atteggiamento assai bizzarro da parte della Casa Bianca.
Due delle fonti avevano avvertito di una potenziale crisi istituzionale se Bolsonaro dovesse perdere per un ristretto margine, con un esame incentrato sul ruolo delle forze armate brasiliane, che hanno governato il Pese durante un governo militare del 1964-1985, un ventennio celebrato da Bolsonaro, che vi svolse il ruolo di soldato.
Durante il suo viaggio senza preavviso, Burns, un diplomatico di carriera nominato da Biden l’anno scorso, ha incontrato al palazzo presidenziale Bolsonaro e due alti aiutanti dell’Intelligence carioca: Heleno e Alexandre Ramagem, allora capo dell’agenzia di intelligence brasiliana ABIN. Entrambi le figure erano state nominate da Bolsonaro.
Burns avevae cenato presso la residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti con Heleno e l’allora capo di Stato maggiore di Bolsonaro Luiz Eduardo Ramos, entrambi ex generali. «L’esercito brasiliano ha storicamente avuto stretti legami con la CIA e altri servizi di intelligence statunitensi» ha specificato Reuters.
Alla cena, secondo una delle fonti, Heleno e Ramos hanno cercato di ignorare il significato delle ripetute accuse di frode elettorale di Bolsonaro. In risposta, ha detto la fonte, Burns ha detto loro che il processo democratico era sacro e che Bolsonaro non avrebbe dovuto parlare in quel modo.
«Burns stava mettendo in chiaro che le elezioni non erano un problema con cui scherzare», ha detto la fonte a Reuters. Tuttavia, «Non era una lezione, era una conversazione».
«È insolito che i direttori della CIA consegnino messaggi politici, affermano le fonti. Ma Biden ha autorizzato Burns, uno dei diplomatici statunitensi più esperti, a essere un portavoce di basso profilo per la Casa Bianca» scrive l’agenzia di stampa americana.
Non paghi di aver spedito a Brasilia il capo della CIA a far la morale sul processo elettorale (perché?), gli USA il mese successivo hanno inviato da Bolsonaro il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan, il quale ha sollevato preoccupazioni simili sul minare la fiducia nelle elezioni.
Non è finita. Gli USA si sono sentiti di mandare poche settimane dopo un altro segnale preventivo a Bolsonaro: l’ultimo console statunitense a Rio ha scritto su un quotidiano brasiliano che gli Stati Uniti dovrebbero chiarire a Bolsonaro che qualsiasi tentativo di minare le elezioni attiverebbe sanzioni.
Tutto questo avveniva un anno fa. Considerando il caos elettorale che sta vivendo il Brasile in questo momento, bisogna ammettere che gli americani, CIA in testa, si erano mossi con anticipo e con precognizione al limite del potere mistico della profezia.
Come facevano a sapere che le elezioni sarebbero state contestate?
E perché mai se ne preoccupavano al punto di mandare avvertimenti al limite dell’incidente diplomatico?
C’è da dire che sembra proprio la nuova fissa dell’establishment USA: se questioni il processo elettorale, diviene nemico pubblico. È il succo dello strano discorso tenuto poche ore fa da Biden alla Union Station di Washington, quello in cui ha accusato coloro che fanno domande sul sistema di voto di essere nemici della democrazia, per poi avvertire, incredibilmente, che a causa del voto postale i risultati delle elezioni di midterm di martedì potrebbero tardare più del previsto.
Vedendo ciò che è successo alle elezioni del 2020 e quanto accade in queste ore in Brasile, il disegno ci sembra chiaro.
Del resto, come dice l’adagio che taluni fanno risalire a Stalin, non importa chi la gente voti: importa solo chi conta i voti.
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Trump conferma l’autorizzazione delle operazioni della CIA in Venezuela

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato di aver autorizzato operazioni della CIA in territorio venezuelano. Lo riporta il New York Times.
Secondo il quotidiano neoeboraceno, la decisione consentirebbe agli agenti dell’intelligence di condurre operazioni letali contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro, accusato dall’amministrazione Trump di gestire cartelli «narco-terroristici» e di inondare gli Stati Uniti con cocaina e fentanyl.
Durante un incontro nello Studio Ovale, un giornalista ha chiesto a Trump: «Perché hai autorizzato la CIA a operare in Venezuela?»
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«Ho dato il via libera per due ragioni, in realtà», ha risposto Trump. «Primo, loro [il Venezuela] hanno svuotato le loro carceri mandando i detenuti negli Stati Uniti».
«L’altro problema sono le droghe. Dal Venezuela arriva una grande quantità di droga, molta della quale via mare, ma la fermeremo anche via terra», ha aggiunto.
Trump ha evitato di specificare se la CIA abbia l’autorizzazione a «eliminare Maduro».
«Non voglio rispondere a una domanda simile. Non sarebbe assurdo per me farlo?», ha dichiarato. Durante il suo primo mandato, Trump ha imposto dure sanzioni al Venezuela e di recente ha aumentato a 50 milioni di dollari la ricompensa per informazioni che portino all’arresto di Maduro.
Come riportato da Renovatio 21, Stati Uniti hanno schierato una flotta navale nei Caraibi orientali e, da settembre, hanno distrutto almeno cinque imbarcazioni sospettate di contrabbandare droga dal Venezuela.
Maduro ha smentito le accuse di collaborare con i cartelli e ha accusato gli Stati Uniti di volerlo destituire, sottolineando che l’esercito venezuelano è pronto a contrastare un’eventuale invasione.
Come riportato da Renovatio 21, l’amministrazione washingtoniana ha rotto le relazioni diplomatiche con Caracas, che a sua volta ha avvertito della possibilità di attacchi da parte di estremisti contro l’ambasciata.
Secondo il NYT negli scorsi mesi Maduro avrebbe fatto ampie concessioni economiche agli USA, che epperò sarebbero fermi sull’idea che il presidente venezuelano lasci l’incarico.
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Il Venezuela ha denunziato voli «illegali» di caccia F-35 americani nei suoi spazi aerei negli ultimi giorni. Si moltiplicano intanto le notizie di preparativi di ulteriore attacchi al narcotraffico venezuelano, con minaccia diretta di Trump agli aerei di Caracas che avevano sorvolato una nave da guerra USA mandata nell’area.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Trump ha dichiarato che «gli attacchi degli Stati Uniti alle imbarcazioni venezuelane sono un atto di gentilezza» e che il Paese è in «conflitto armato» con i cartelli della droga.
Secondo alcuni analisti, la nuova «guerra alla droga» altro non è che una copertura della riattivata Dottrina Monroe, che prevede l’egemonia assoluta degli USA sul suo emisfero – qualcosa del resto di detto apertamente quando si parla della cosiddetta «difesa emisferica» dell’amministrazione Trump, con varie opzioni di annessioni di Panama, Groenlandia, Canada, e perfino il Messico.
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Immagine screenshot da Twitter
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Il vertice del KGB bielorusso parla dei colloqui con gli USA

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La Danimarca vuole vietare i social agli adolescenti

Il governo danese ha annunciato l’intenzione di vietare l’uso di diverse piattaforme di social media ai minori di 15 anni, come dichiarato dal primo ministro Mette Frederiksen.
Nel suo discorso al parlamento di martedì, Frederiksen ha espresso preoccupazione per l’impatto dei social media sui giovani. «I telefoni cellulari… stanno rubando l’infanzia dei nostri figli», ha affermato, aggiungendo che «abbiamo scatenato un mostro», notando che quasi tutti gli studenti danesi di seconda media, generalmente tra i 13 e i 14 anni, possiedono già un cellulare.
Tuttavia, il primo ministro non ha fornito dettagli specifici sul divieto proposto, né su come sarà implementato o quali piattaforme saranno coinvolte.
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La decisione arriva in concomitanza con un rapporto sul benessere commissionato dal governo, che ha rivelato che il 94% dei giovani danesi aveva un profilo sui social media prima dei 13 anni, nonostante le restrizioni sull’età minima di molte piattaforme. Il rapporto ha anche evidenziato che i bambini tra i 9 e i 14 anni trascorrono in media circa tre ore al giorno su TikTok e YouTube.
Un rapporto del 2025 dell’Autorità danese per la concorrenza e i consumatori ha mostrato che il 10% dei giovani utenti spesso si pente del tempo trascorso online, il 21% ha difficoltà a disconnettersi e il 29% supera il tempo che intendeva dedicare alle piattaforme preferite.
Secondo Statista, nel 2024 Facebook è rimasto il social network più utilizzato in Danimarca, con l’83% della popolazione, seguito da Instagram al 65%, Snapchat al 51% e TikTok al 34%.
Nel 2024, un’iniziativa popolare, sostenuta da 50.000 firme, ha proposto di vietare TikTok, Snapchat e Instagram ai minori. A febbraio, seguendo le raccomandazioni della Commissione per il benessere, la Danimarca ha introdotto misure per vietare i telefoni cellulari nelle scuole.
Come riportato da Renovatio 21, uno studio emerso pochi mesi fa prova che i social danneggiano soprattutto il sonno e la salute mentale delle bambine.
Uno studio sui comportamenti salutari nei bambini in età scolare, supportato dall’OMS, ha rilevato che nel 2022 l’11% degli adolescenti in Europa, Asia centrale e Canada ha riportato un uso problematico dei social media, in netto aumento rispetto al 7% del 2018. Questo comportamento simile alla dipendenza, caratterizzato da perdita di controllo, sintomi di astinenza e conseguenze negative sulla vita, era più comune tra le ragazze (13%) rispetto ai ragazzi (9%).
Come riportato da Renovatio 21, vari studi hanno mostrato che gli smartfoni sono collegati ad ansia e depressione negli adolescenti.
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Come riportato da Renovatio 21, in questi ultimi mesi sono stati condotti anche studi sulla confisca degli smartphoni a giovani con personalità narcissitica.
Come riportato da Renovatio 21, un altro studio sul tema di pochi anni fa spiegava che il tempo che trascorriamo sul telefono potrebbe minacciare la nostra salute a lungo termine. Un numero crescente di prove suggerisce che il tempo che passiamo sui nostri smartphone interferisce con il sonno, autostima, relazioni, memoria, capacità di attenzione, creatività, produttività e capacità di risoluzione dei problemi e decisionali.
Uno studio condotto dall’autorità governativa di regolamentazione delle comunicazioni nel Regno Unito ha rilevato che un quarto dei bambini di soli 3-4 anni possiede uno smartphone.
Vi è da considerare anche il problema del tracciamento delle attività dei ragazzi, perché lo spionaggio permesso alle app è, secondo CHD, di «scala scioccante».
Curiosamente, anche il governo italiano ha definito lo smartphone per gli studenti come una droga «non diversa dalla cocaina».
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