Geopolitica
Il clan Nazarbaev rimane padrone del Kazakistan
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Dopo le recenti proteste popolari la famiglia e i soci in affari dell’ex presidente kazako controllano ancora l’economia locale. In corso lotta interna all’élite al potere, con Russia e Cina che giocano la loro partita.
Nonostante le proteste e il repulisti a livello istituzionale, la famiglia e i soci in affari dell’ex presidente Nursultan Nazarbaev continuano a controllare l’economia del Kazakistan, uno dei Paesi più floridi dell’Asia centrale.
Cinque kazaki sono entrati nella lista delle persone più ricche del mondo, pubblicata annualmente da Forbes. Si tratta della figlia di Nazarbaev, Dinara, e di suo marito Timur Kulybaev; sono proprietari della Banca Popolare, la più importante della nazione, e molto inseriti nel settore petrolifero. Poi vi è un «consigliere» dell’ex presidente kazako, Bulat Utemuratov, attivo in molti settori. È padrone degli hotel Ritz-Carlton a Nur-Sultan, Mosca e Vienna e della catena Burger King in Kazakistan.
Nonostante le proteste e il repulisti a livello istituzionale, la famiglia e i soci in affari dell’ex presidente Nursultan Nazarbaev continuano a controllare l’economia del Kazakistan
Il quarto nome è quello di Vladimir Kim, il più ricco uomo del Paese, con le sue aziende minerarie Kaz Minerals, chiamato anche il «portafoglio di Nazarbaev», per il quale avrebbe comprato un sontuoso immobile a Londra. L’ultimo dei top-five si chiama Vjačeslav Kim, non è parente di Vladimir ed è chiamato anche «l’Elon Musk del Kazakistan». È fondatore della banca innovativa Kaspi, da cui passa la maggior parte dei pagamenti in Kazakistan, insieme al nipote di Nazarbaev Kajrat Satybaldy.
Quest’ultimo non è citato dalla lista di Forbes, pur essendo ritenuto uno dei più ricchi della nazione. Ex generale del KNB, i servizi di sicurezza, Satybaldy controlla molti fondi offshore in Lussemburgo, secondo le informazioni diffuse da Radio Azzatyk, che gli permettono di possedere le maggiori compagnia di telecomunicazioni del Kazakistan.
I recenti rivolgimenti sociali e politici sollevano la questione della reale consistenza del potere di Kasym-Žomart Tokaev, il presidente nominato da Nazarbaev come suo successore, e finora considerato un suo burattino.
Gli esperti locali assicurano che Tokaev non ha riferimenti sicuri tra gli oligarchi legati al clan del predecessore, che per 30 anni non hanno conosciuto alcuna limitazione alle loro azioni
Negli ultimi giorni Tokaev ha eliminato dai ruoli dirigenziali lo stesso «elbasy» (padre della patria) e molti suoi parenti e stretti collaboratori, tanto che alcuni ipotizzano una condizione di esilio, se non addirittura di morte, dell’81enne Nazarbaev e del suo clan. Soprattutto sono state diffuse informazioni sul volo privato del 6 gennaio Almaty-Biškek-Dubai del fratello minore Bolat, uno dei principali custodi delle ricchezze della famiglia, insieme ad altre cinque persone.
L’ex presidente ha voluto tranquillizzare l’opinione pubblica con un video in cui assicura la sua lealtà a Tokaev e la sua permanenza nella capitale Nur-Sultan, ma questo non ha fermato le voci e le polemiche nei suoi confronti.
Gli esperti locali assicurano che Tokaev non ha riferimenti sicuri tra gli oligarchi legati al clan del predecessore, che per 30 anni non hanno conosciuto alcuna limitazione alle loro azioni.
Il politico di opposizione Aydos Sadykov, fondatore della rivista Base, sostiene che in realtà l’attuale conflitto in Kazakistan sia un regolamento di conti interno all’élite che finora ha sostenuto Nazarbaev, con varie forze esterne a sostenere le diverse fazioni, dai russi di Putin ai cinesi, molto presenti negli affari della ricca ex repubblica sovietica dell’Asia centrale.
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Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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Immagine screenshot da Twitter
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Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
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Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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