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Il Celtic e le ragioni dei cattolici per detestare gli Windsor

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Renovatio 21 riprende dal sito di Aldo Maria Valli Duc in Altum questo articolo del dottor Paolo Gulisano. Al Celtic il dottor Gulisano aveva dedicato nel 2017 un intero libro, Il prodigio di Lisbona. Da una periferia scozzese alla Coppa dei Campioni passando per Fatima, di cui consigliamo la lettura. Sul caso dei tifosi del Celtic, non intenzionati a inchinarsi all’oscena incoronazione di Carlo di Windsor, come del resto anche i colleghi del Liverpool, Renovatio 21 ha pubblicato altri articoli, così come all’orrore della famiglia regnante in terra d’Albione e della sua storia di sangue, con la quale il presente re e i suoi figliuoli sono perfettamente in continuità.

 

 

Negli scorsi giorni, in vista della cerimonia di incoronazione del nuovo re d’Inghilterra Charles Mountbatten-Windsor, è diventato virale in rete un video della semifinale della Coppa di Scozia di calcio tra i Rangers e i Celtic di Glasgow, in cui i tifosi biancoverdi intonano a tutta curva un coro che invita il sovrano a cacciarsi la sua incoronazione in un posto dove non batte il sole.

 

Il video ha avuto decine di migliaia di visualizzazioni, e ha fatto parlare di sé. Qualcuno l’ha considerata una goliardata, altri un’espressione della subcultura da stadio, altri si sono sentiti offesi per un gesto ritenuto volgare da parte di una tifoseria nota per essere tra le più corrette, pacifiche e simpatiche del mondo.

 

Ma perché i tifosi della squadra di Glasgow nata in seno alla comunità cattolica della città scozzese, fondata da un religioso irlandese, fratello Walfrid, ce l’hanno tanto con la Corona britannica?

 

E perché poi mischiare la politica con lo sport?

 

In realtà, il gesto dei tifosi biancoverdi ha ragioni profonde che stanno nella storia delle Isole britanniche, politica compresa.

 

Il Celtic viene fondato, come si diceva, da un religioso che era un insegnante, ma che nella sua scuola di Glasgow di bambini ne vedeva davvero pochi, perché fin da piccoli venivano avviati ai lavori più duri nelle fabbriche e nelle miniere. Per la maggior parte i cattolici di Glasgow erano immigrati irlandesi. I cattolici autoctoni scozzesi avevano da tempo subito una persecuzione che li aveva uccisi, o costretti a passare al protestantesimo, o deportati nelle colonie americane.

 

C’era stato un vero e proprio tracollo demografico, ma la crescente rivoluzione  industriale aveva bisogno di braccia, di forza lavoro a bassissimo costo per fare le fortune dell’Impero britannico, e così migliaia di poveri irlandesi erano giunti nelle principali città britanniche, spinti anche dal genocidio perpetrato a metà dell’Ottocento: una spaventosa carestia, dietro la quale c’erano precise responsabilità del governo inglese, aveva provocato la morte di un milione di persone, in un Paese di otto milioni di abitanti. E un altro milione era stato costretto a emigrare.

 

Questo disastro umanitario era avvenuto senza che il governo di Sua Maestà aiutasse i suoi sudditi irlandesi; e la sua maestà del momento, la regina Vittoria, non si scompose di fronte alle notizie che provenivano dall’Isola di San Patrizio. In fondo, era opinione comune che quegli irriducibili papisti avevano avuto quel che si meritavano.

 

E così a Glasgow gli irlandesi vivevano in quartieri poverissimi, flagellati dalla miseria, vessati e umiliati a ragione della loro fede cattolica. Fu in questo contesto che il buon fra Walfrid ebbe l’idea, nel novembre del 1887, di fondare una squadra di calcio, che giocasse partite il cui incasso sarebbe servito a organizzare mense per i poveri, e a fare in modo che bambini di sette-otto anni non fossero costretti a lavorare dodici ore al giorno senza poter andare a scuola.

 

Il nome che fu scelto fu Celtic perché esprimeva la comune radice celtica degli scozzesi autoctoni e degli immigrati irlandesi. I colori erano il bianco e il verde, il simbolo un quadrifoglio, ovvero il trifoglio di san Patrizio che rappresenta la Trinità, ma con una foglia ulteriore. Una foglia di speranza.

 

Quella squadra, nata come espressione di tre parrocchie, una sorta di «squadra dell’oratorio», ottant’anni dopo arrivò sul tetto d’Europa, conquistando la Coppa dei Campioni, e dando un pieno riscatto alla povera comunità presso la quale era nata. Il Celtic era entrato nella leggenda.

 

Ma a questo punto qualcuno si chiederà: perché tanto livore verso la Famiglia reale? Perché non accontentarsi (si fa per dire) di gioire dei tanti successi sportivi? Risposta: perché questa comunità ha perdonato, ma non dimentica.

 

La cosiddetta Famiglia reale inglese attuale discende da usurpatori che non avevano diritto a regnare né sulla Scozia, né sull’Irlanda, e neppure sull’Inghilterra. Alla morte della luciferina regina Elisabetta I, che non era semplicemente protestante ma una neopagana presso la cui corte c’erano negromanti e occultisti come John Dee, pirati come Francis Drake e sadici assassini come Francis Walsingham, il trono passò a un esponente della casata scozzese degli Stuart.

 

Giacomo VI di Scozia, e I di Inghilterra, figlio della regina martire Maria Stuarda, salì al trono, ma accettando di diventare protestante. Quando tuttavia suo nipote, Giacomo VII, decise di tornare alla Fede dei Padri, i potentati britannici iniziarono una guerra mortale per eliminare la casata degli Stuart. L’Inghilterra non avrebbe dovuto mai più avere sovrani cattolici.

 

Così il trono fu offerto prima a un principe olandese, Guglielmo d’Orange, e in seguito alla casa tedesca degli Hannover, da cui deriva l’attuale occupante di Buckingham Palace. Il quale ha anche usurpato il nome al vero Carlo III: l’ultimo Stuart a rivendicare il trono britannico fu il principe Charles Edward Stuart, nato in esilio a Roma, nelle cui vene scorreva il sangue della dinastia scozzese e per parte di madre quello dei sovrani polacchi Sobieski. Il suo bisnonno era stato il liberatore di Vienna dai turchi. Se Charles Stuart fosse diventato re, sarebbe stato lui Carlo III. Ma fu sconfitto, e la Scozia cattolica subì per ritorsione una spaventosa pulizia etnica.

 

Essere tifoso del Celtic vuol dire dunque avere nel cuore, nell’identità, il ricordo di secoli di persecuzioni, di ingiustizie, di violenze. Questo spiega la totale mancanza di simpatia per l’establishment britannico. Una simpatia che invece si riscontra in alcuni esponenti conservatori, e in modo piuttosto inverosimile, anche cattoconservatori.

 

Mesi fa, alla morte di Elisabetta, fu Roberto de Mattei a tessere lodi sperticate per la monarchia britannica, alla luce anche delle pompose manifestazioni pubbliche che avevano accompagnato la morte della sovrana. E il potere degli ermellini e delle spade ha conquistato anche un altro tory all’italiana, Marco Invernizzi, che ha scritto: «provate a dimenticare il re Enrico VIII, che per cambiare moglie creò una chiesa nazionale, dimenticate per un momento i tanti martiri cattolici durante la persecuzione della regina Elisabetta I. Mettete da parte l’anglicanesimo, il protestantesimo e gli scandali recenti della famiglia reale…».

 

Io ci ho provato, ma non ci riesco. Non riesco a dimenticare, a mettere da parte, come non ci riescono i tifosi del Celtic, e a ragione. Non sono aspetti secondari.

 

 

E perché mettere da parte tutto questo? Per guardare allo splendore paraliturgico della cerimonia? Ma tutta quella pompa non era altro che una parodia del sacro, una vuota rappresentazione.

 

Dietro le trine e i merletti, niente. Molti spettatori hanno osservato che la liturgia anglicana in fondo non è così diversa da quella che si celebra nelle nostre chiese. Quella che si celebra ora, si dovrebbe precisare, dopo la protestantizzazione degli ultimi sessant’anni.

 

Tra le cose che non si devono dimenticare c’è anche il fatto che la magnifica Abbazia di Westminster che ha fatto da sfondo alla Coronation era un tempo una abbazia cattolica, rubata dalla Corona britannica.

 

Mentre le chiese cattoliche venivano distrutte o in alternativa scippate dalla nuova Chiesa di Stato, i cattolici scendevano nelle catacombe, nella clandestinità. Solo nel 1829, tre secoli dopo, vennero abrogate le Leggi penali contro i cattolici, e solo nel 1850 la Chiesa cattolica in Inghilterra poté riorganizzarsi su base diocesana e parrocchiale, e vennero edificate nuove chiese, povere, senza apparenza di bellezza.

 

Fu in una di queste parrocchie che nacque il Celtic, come pure la squadra cattolica di Edimburgo, l’Hibernian, formazioni sostenute dall’amore dei loro tifosi, che in maniera magari poco raffinata hanno espresso anche adesso, efficacemente, secoli di sofferenze in qualche canto e in qualche striscione.

 

Da parte nostra, tutta la nostra simpatia per la causa che il Celtic rappresenta.

 

E in modo forse più sfumato, il nostro auspicio: God smash the King.

 

 

Paolo Gulisano

 

 

 

 

Immagine Debbie Mc via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

 

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La messa tradizionale nuovamente autorizzata in San Pietro

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Durante il 14° Pellegrinaggio ad Petri Sedem, organizzato dal Coetus Internationalis Summorum Pontificum, che si terrà a Roma e in Vaticano dal 24 al 26 ottobre, il Cardinale Raymond Leo Burke celebrerà una Messa pontificale secondo il rito tridentino presso l’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro sabato 25 ottobre.

 

Il presidente del Coetus Internationalis Summorum Pontificum ha annunciato l’autorizzazione di questa celebrazione, che fa parte del calendario degli eventi del pellegrinaggio, che da oltre un decennio riunisce fedeli provenienti da diversi Paesi attorno alla liturgia tradizionale latina.

 

Questo pellegrinaggio è stato fondato nel 2012. Negli ultimi anni, aveva subito le conseguenze delle restrizioni imposte dal motu proprio Traditionis Custodes di papa Francesco, che limitava l’uso della Messa tradizionale, una limitazione che aveva influenzato l’organizzazione del pellegrinaggio.

 

È tuttavia gratificante che, per la prima volta dall’entrata in vigore del Traditionis Custodes, la celebrazione della Messa tradizionale sia autorizzata presso l’altare della Cattedra di San Pietro nella Basilica Vaticana, mentre il rito tridentino era stato praticamente vietato. Questo va certamente attribuito a Papa Leone XIV, senza dubbio su richiesta del Cardinale Burke.

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Durante i primi pellegrinaggi ad Petri Sedem, la Messa tridentina veniva celebrata liberamente nella Basilica di San Pietro. Tuttavia, già nel marzo 2021, la Segreteria di Stato aveva vietato le Messe private secondo il rito tradizionale, autorizzandole solo nella piccola Cappella Clementina.

 

Dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes, i pellegrinaggi non furono autorizzati a celebrare nella Basilica Vaticana per l’anno 2022, un divieto che fu mantenuto negli anni successivi. I pellegrini dovettero invece recarsi nella Chiesa della Trinità dei Pellegrini o al Pantheon. Quest’anno il divieto verrà revocato.

 

Speriamo che questo episodio non sia isolato, ma che le restrizioni assolutamente ingiuste, del tutto contrarie alla tradizione e al diritto, che gravano sulla celebrazione del cosiddetto Rito di San Pio V, vengano completamente revocate e che il rito tradizionale possa essere celebrato liberamente da tutti i sacerdoti che lo desiderano. Questo è ciò che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha sempre chiesto.

 

Sarebbe bene, a partire da Roma, che le direttive della Segreteria di Stato venissero abolite, che il rito tradizionale non fosse più confinato in una piccola cappella della Basilica Vaticana, ma che riacquistasse il suo giusto posto all’interno di questa basilica, che, va ricordato, è stata costruita per esso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di Steven Zucker via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0

 

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Trump posta gli auguri della Madonna in occasione dell’8 settembre

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Il presidente Donald Trump, la mattina della festa della Natività della Beata Vergine Maria, Madre di Dio, ha pubblicato «Buon compleanno Maria, Regina della Pace!»   Il post sui social media di Trump includeva anche un’immagine della statua della Regina della Pace che si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.   La statua in marmo, commissionata da Papa Benedetto XV in segno di ringraziamento per la fine della prima guerra mondiale, reca l’iscrizione «Ave Regina Pacis».   La Chiesa cattolica celebra la festa della Natività della Beata Vergine Maria l’8 settembre, esattamente nove mesi dopo la solennità dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre.   Nelle elezioni presidenziali dello scorso anno, il 55% dei cattolici statunitensi ha votato per Trump.   Nel 2020, Trump ha superato il cattolico Joe Biden con un margine del 50% contro il 49%. Tra il 2020 e il 2024, durante l’amministrazione Biden, il 7% degli elettori cattolici ha cambiato la propria affiliazione politica da democratica a repubblicana.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Trump aveva pubblicato sui social la preghiera di San Michele Arcangelo, spingendo molti a dire che era «più cattolico dei vescovi».   Due settimane fa Trump ha dichiarato di voler andare in paradiso.  

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Mons. Viganò reagisce alla pellegrinaggio romano omotransessualista

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha reagito al recente pellegrinaggio delle organizzazione LGBT a Roma per il giubileo citando le visioni della Beata Caterina Emmerich, datate 1820.

 

«Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda…»

 

«Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini vi venivano perpetrati. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Tutte queste cose diedero tanta tristezza»

 

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«Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione. In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre»

 

«Stavano costruendo una chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione»

 

«Ho visto di nuovo la strana grande chiesa. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto anche un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo.»

 

«Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità… Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo»

 

«Ho avuto un’altra visione della grande tribolazione. Mi sembrava che si pretendesse dal clero una concessione che non poteva essere accordata. Vidi molti sacerdoti anziani, specialmente uno, che piangevano amaramente. Anche alcuni più giovani stavano piangendo. Ma altri (e i tiepidi erano fra questi) facevano senza alcuna obiezione ciò che gli veniva chiesto. Era come se la gente si stesse dividendo in due fazioni».

 

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«Vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande. Aggiunse che queste persone devono pregare ferventemente…Devono pregare soprattutto perché la chiesa delle tenebre abbandoni Roma»

 

«Vidi la Chiesa di San Pietro: era stata distrutta ad eccezione del presbiterio e dell’altare maggiore».

 

«Vedo altri martiri, non ora ma in futuro… Vidi le sette segrete minare spietatamente la grande Chiesa. Vicino ad esse vidi una bestia orribile che saliva dal mare. (Ap 13,1). In tutto il mondo le persone buone e devote, e specialmente il clero, erano vessate, oppresse e messe in prigione».

 

Le visioni della beata sono state varie volte riprese negli ultimi anni.

 

Come riportato in un vecchio articolo pubblicato da Renovatio 21, la beata Anna Caterina Emmerick, suora tedesca, nacque il 250 anni fa, l’8 settembre 1774, a Coesfeld, e il 9 febbraio si è commemorato il 200° anniversario della sua morte a Dülmen, in Vestfalia. Un ventennio fa papa Giovanni Paolo II la beatificò, evidenziando nell’omelia del 3 ottobre 2004 come la mistica avesse vissuto e sofferto nella propria carne «il dolore amaro di nostro Signore Gesù Cristo».

 

La monaca agostiniana ricevette le stimmate dopo il suo tempo nel convento di Agnetenberg, chiuso nel 1811 a causa della secolarizzazione. Accolta nella casa parrocchiale di Dülmen, incontrò lo scrittore Clemens Brentano, che per cinque anni la visitò quotidianamente per trascrivere le sue visioni, poi pubblicate.

 

La sua opera principale, L’amara passione di Nostro Signore Gesù Cristo, narra in dettaglio gli eventi della Passione e della morte di Cristo. Queste visioni ispirarono Mel Gibson per il film La passione di Cristo.

 

Tuttavia, Anna Caterina non vide solo le sofferenze di Cristo di 2000 anni fa, ma anche quelle del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, nel presente. Nelle sue visioni, descrisse profezie sul futuro della Chiesa, includendo con chiarezza l’attacco della massoneria, sia dall’esterno che dall’interno.

 

«Lo stato dell’intera Chiesa le fu mostrato, come sempre in tali visioni, nell’immagine della Chiesa di San Pietro, e della setta segreta che si ramificava in tutto il mondo in una guerra ininterrotta di distruzione contro di essa come regno dell’anticristo. La setta riceve la sua firma dalla bestia apocalittica che, essendo sorta dal mare, dimora con essa e la spinge a combattere contro il gregge di Cristo».

 

«Spesso giaceva in mezzo a loro mentre lavoravano; andavano anche da lei nella caverna dove a volte si nascondeva. Durante questo periodo, vidi molte persone buone e pie e specialmente ecclesiastici torturati, imprigionati e oppressi qua e là in tutto il mondo, e avevo la sensazione che un giorno sarebbero diventati nuovi martiri». Il piano ostile portò gli «abortisti a entrare nella chiesa con la bestia».

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La mistica descrisse molto chiaramente la giustapposizione delle due chiese: «ora mi è stato anche mostrato il paragone tra quel papa e questo e tra quel tempio e questo». Le è stato «detto e mostrato quanto debole nel numero e nel sostegno» l’uno fosse, «ma quanto forte nella volontà, avendo rovesciato così tanti dei».

 

Tuttavia, guardava all’altro con grande devozione, per cui «egli aveva l’unico vero Dio e l’unica vera devozione dissolti in così tanti dei e false devozioni» consentendo il falso tempio. Ciò portò all’adorazione di «mille idoli», ma non fu dato alcun posto al Signore. (4)

 

Nella descrizione, alla falsa chiesa venne dato un nome inequivocabile:

 

«Ho visto anche quanto sarebbero state gravi le conseguenze di questa chiesa post-cristiana. L’ho vista crescere, ho visto molti eretici di ogni rango trasferirsi nella città. (…) Ho avuto di nuovo l’immagine di come la chiesa di San Pietro sarebbe stata sistematicamente demolita dalla setta segreta e anche demolita dalle tempeste».

La Emmerick vide l’impronta diabolica della chiesa successiva in una dimensione sconvolgente:

 

«Questa chiesa è piena di feci, di nulla, di piattezza e di notte. (…) È tutto vuoto concetto. I muri sono ripidi, è vuoto. Una sedia è un altare. Su un tavolo c’è un teschio, coperto, tra le luci. A volte è scoperto; nelle loro consacrazioni hanno bisogno di semplici spade. È tutto malvagio da cima a fondo, la comunità degli empi. Non posso dirvi quanto siano abominevoli, corrotte e vane tutte le loro attività, che molti di loro non conoscono nemmeno. Vogliono diventare un corpo in qualcosa di diverso dal Signore».

 

La mistica riconobbe questa spirale discendente fino alle ultime conseguenze, sottolineando che ciò che era pericoloso nell’agenda era «l’apparente innocenza» e l’innocuità ostentata per nascondere malizia, errore, bugie e ipocrisia.

 

«Nacque un corpo, una comunità separata dal corpo di Gesù, la Chiesa, una dopo-chiesa senza salvezza, il cui segreto è di non avere segreti, e perciò la sua attività è ovunque temporale, finita, arrogante, autoindulgente e quindi corrotta e (…) che conduce al disastro». (6)

 

Alla suora prescelta venne mostrato fino a che punto sarebbe arrivata la devastazione della chiesa: «riguardava solo il pavimento e il retro, il resto è stato tutto distrutto dalla setta segreta e dagli stessi ministri della chiesa».

 

La Beata Emmerick vide i «Dodici», che riconobbe come i «nuovi apostoli». «Portarono la chiesa in un altro luogo, e fu come se diversi palazzi crollassero davanti a loro come campi di grano».

 

La Emmerick fu profondamente colpita dall’entità della devastazione: «Quando vidi la chiesa di San Pietro nel suo stato di demolizione e come così tanti ecclesiastici stavano lavorando all’opera di distruzione, senza che nessuno di loro volesse farlo pubblicamente davanti agli altri, fui così rattristata che gridai con veemenza a Gesù di avere pietà di me».

 

Il Signore le diede la risposta alla sua supplica:

 

«E vidi il mio Sposo celeste davanti a me, come un giovane, e parlò a lungo con me. Disse anche che questo trasporto della Chiesa significava che apparentemente sarebbe affondata completamente, ma che si sarebbe appoggiata a questi portatori e sarebbe emersa di nuovo da loro; anche se fosse rimasto un solo cattolico, la Chiesa avrebbe potuto trionfare di nuovo, perché non era fondata nelle menti e nei consigli degli uomini. Ora mi mostrò come non mancassero mai persone che pregavano e soffrivano per la Chiesa. Mi mostrò tutto ciò che aveva sofferto per la Chiesa, e come aveva dato forza ai meriti e alle fatiche dei martiri, e come avrebbe sofferto di nuovo tutto se avesse potuto ancora soffrire. Mi mostrò anche in innumerevoli immagini tutte le miserabili vicende dei cristiani e del clero in cerchi sempre più ampi attraverso il mondo intero fino alla mia patria e mi ammonì di perseverare nella preghiera e nella sofferenza. Era un’immagine indescrivibilmente grande e triste che è impossibile esprimere. Mi fu anche mostrato che non c’erano quasi più cristiani anziani». (7)

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Tuttavia, nella sua più grande miseria, Anne Catherine Emmerick vide l’avvicinarsi della salvezza. Vide «una grande croce splendente in cielo, sulla quale pendeva il Salvatore, dalle cui ferite si diffondevano sul mondo fasci di raggi splendenti. (…) La chiesa ne fu completamente illuminata, e attraverso questo splendore vidi la maggior parte delle anime entrare nel Signore».

 

La beata suora riconobbe la posizione di rilievo della Beata Madre nel piano di salvezza del Redentore:

 

«Vidi anche un cuore rosso e luminoso sospeso nel cielo, dal quale un raggio bianco si dipartiva nella ferita del costato, e dal quale un altro raggio si diffondeva sulla Chiesa e su molte regioni; e questi raggi attiravano molte anime, che entravano nel costato di Gesù attraverso il cuore e il raggio di luce. Mi fu detto che questo cuore era Maria». (8)

 

Così, la vittoria alla fine della battaglia apocalittica è accompagnata da uno straordinario intervento della Beata Vergine e Regina Celeste. Il mistico vide la «donna maestosa camminare attraverso la grande piazza antistante la chiesa. Aveva stretto il suo ampio mantello con entrambe le braccia e fluttuava silenziosamente verso l’alto.

 

Stava sulla cupola e stendeva il suo mantello su tutto lo spazio della chiesa, che brillava come l’oro»

 

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