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Gender

I servizi segreti canadesi ritengono i genitori anti-gender potenziali minacce alla sicurezza pubblica

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Il nuovo capo dell’agenzia di Intelligence canadese, prima di diventarne il leader ad interim, ha redatto un rapporto in cui si ipotizza che i genitori e coloro che si oppongono all’ideologia di genere estrema siano persone con idee «estreme» che rappresentano potenziali minacce alla sicurezza interna. Lo riporta LifeSiteNews.

 

Il rapporto pubblico pubblicato nel 2023 intitolato «Mission Focused: Confronting the Threat Environment» («Focalizzata sulla missione: affrontare l’ambiente minaccioso») è stato guidato da Vanessa Lloyd, che ora è a capo del Canadian Security Intelligence Service (CSIS), il servizio segreto del Canada. Lloyd ha preso il posto di David Vigneault, che si è dimesso da capo del CSIS alcune settimane fa.

 

Il rapporto del CSIS sostiene che coloro che si oppongono all’ideologia di genere, che include la cosiddetta transizione di genere dei minori, fanno parte di un movimento destinato a crescere negli anni a venire.

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«Il CSIS ritiene che la minaccia violenta rappresentata dal movimento anti-gender sia quasi certamente destinata a continuare nel prossimo anno”, si legge in una parte del rapporto.

 

Il rapporto afferma poi che gli «attori violenti» potrebbero essere «ispirati dall’attacco all’Università di Waterloo per compiere la loro estrema violenza contro la comunità 2SLGBTQIA+ o contro altri obiettivi che ritengono rappresentino l’agenda dell’ideologia di genere».

 

Come riportato da Renovatio 21, 2SLGBTQIA+ è la grottesca sigla alfanumerica usata in Canada per le minoranze omotransessuali, dove 2S sta per «2 spirits», concetto che onora «inclusivamente» un qualche folclore delle tribù autoctone.

 

L’«attacco» universitario menzionato nel rapporto del CSIS è stato compiuto dall’ex studente dell’Università di Waterloo Geovanny Villalba-Aleman, che è entrato nel corso di studi di genere nel giugno 2023 e poi ha accoltellato due studenti e un professore. Villalba-Aleman è stato accusato di tentato omicidio e di 11 reati in totale. Le autorità hanno chiesto di processarlo come terrorista.

 

Secondo il rapporto del CSIS, «l’esposizione a entità che sposano una retorica estremista anti-gender potrebbe ispirare e incoraggiare gravi violenze contro la comunità 2SLGBTQIA+ o contro coloro che sono visti come sostenitori di politiche ed eventi ideologici pro-gender».

 

Il rapporto del CSIS non ha preso in esame la violenza contro coloro che si sono pubblicamente opposti all’ideologia di genere radicale, come l’attivista adolescente Josh Alexander.

 

In precedenza il CSIS aveva segnalato di stare monitorando attentamente le attività di gruppi, tra cui genitori, che si oppongono all’ideologia di genere estrema.

 

Un precedente rapporto del CSIS emerso lo scorso maggio affermava che i canadesi che si oppongono alle forme estreme dell’ideologia di genere LGBT, che includono coloro che credono semplicemente che si possa essere solo uomini o donne, formano un detto «movimento anti-gender» che, secondo il rapporto, potrebbe rappresentare una «minaccia violenta» continua nel corso del prossimo anno.

 

Il leader del Partito Popolare del Canada (PPC), Maxime Bernier, ha criticato duramente la notizia del rapporto del CSIS, affermando che dimostra che «tutte le nostre istituzioni sono state dirottate dall’estrema sinistra woke, persino i servizi segreti!»

 

Il Bernier, che si è ripetutamente espresso contro l’ideologia radicale di genere, ha anche attaccato il leader del Partito Conservatore canadese Pierre Poilievre per essere stato relativamente silenzioso sulla questione. «Poilievre ha detto appena tre parole sull’ideologia di genere», ha scritto Bernier su X. «Ha paura di affrontare questo problema. Metà del suo caucus lo sostiene apertamente. Non cambierà nulla quando diventerà primo ministro».

 

Prima di fondare il PPC, Bernier è stato uno dei massimi esponenti del Partito conservatore, ricoprendo persino l’incarico di ministro del governo dell’ex primo ministro Stephen Harper. Per quanto riguarda Poilievre, solo di recente ha espresso il suo sostegno al divieto di farmaci che bloccano la pubertà per i minorenni, nonché al divieto dell’Alberta di “trasferire” i bambini all’età adulta.

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Secondo il CSIS, il cosiddetto «movimento anti-gender» è un movimento di estremismo violento motivato ideologicamente (IMVE), ovvero gruppi che secondo il CSIS rappresentano una «minaccia significativa per la sicurezza nazionale del Canada».

 

Il CSIS ha osservato che le persone appartenenti al «movimento anti-gender» sono omofobe e transfobiche. L’agenzia ha anche attaccato le convinzioni religiose delle persone affermando che «interpretazioni religiose, teorie del complotto o una paura generalizzata del cambiamento socioculturale» sono fattori che caratterizzano le persone con tendenze «anti-gender».

 

Il governo federale del premier canadese Giustino Trudeau ha abbracciato e sostenuto a pieno titolo l’ideologia transgender radicale, inclusa la cosiddetta «transizione» dei minori, introducendo al contempo leggi che in superficie sembrano mirate ad aiutare i bambini.

 

Sotto Trudeau, il governo federale ha dato milioni di soldi dei contribuenti per finanziare gruppi LGBT e spinge aggressivamente un programma pro-LGBT. Il suo bilancio 2024 include 150 milioni di dollari per promuovere l’ideologia «2SLGBTQI+» in patria e all’estero.

 

Come riportato da Renovatio 21, durante la pandemia il Trudeau aveva detto in TV che i non vaccinati erano «razzisti» e «misogini», per poi, una volta fuggito dalla Ottawa invasa dalla protesta dei camionisti, accusare i manifestanti di usare «simbologie naziste».

 

Si tratta, ricordiamo en passant, del medesimo primo ministro che ha applaudito nel Parlamento canadese un vero veterano nazista, e del medesimo governo – dove siedono ministri con origini ucronaziste – che i nazisti del XXI secolo, in Ucraina, li ha conosciuti davvero, ed addestrati alla grande.

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Immagine di Normand Lester via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.5 Generic 

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La prima donna primo ministro del Giappone si oppone al «matrimonio» omosessuale

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La nuova prima ministra giapponese, Sanae Takaichi, prima donna a ricoprire questa carica, si oppone al «matrimonio» omosessuale.   Takaichi, insediatasi martedì, ha espresso durante un dibattito elettorale dello scorso mese la sua contrarietà al «matrimonio» omosessuale, pur definendo «giusta» una relazione omosessuale, secondo il sito di informazione LGBT Them.   Nel 2023, durante una riunione della commissione bilancio del governo, ha descritto la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale come una «questione estremamente complessa», citando un articolo della costituzione giapponese che definisce il matrimonio come basato sul «consenso reciproco di entrambi i sessi».   Le posizioni di Takaichi sul «matrimonio» omosessuale, non legale in Giappone, sono in contrasto con l’opinione pubblica del Paese, prevalentemente laica. Un sondaggio Pew del 2023 ha rilevato che circa il 70% dei giapponesi sostiene il «matrimonio» omosessuale, il tasso di approvazione più alto tra i Paesi asiatici analizzati.   Diverse città e località giapponesi emettono «certificati di unione» per le coppie omosessuali. Ad esempio, nel 2015 il distretto di Shibuya a Tokyo ha approvato una normativa che riconosce le coppie omosessuali «come partner equivalenti a quelli sposati per legge».

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Inoltre, l’anno scorso un’Alta corte giapponese ha stabilito che il divieto del codice civile sul «matrimonio» omosessuale viola il principio costituzionale contro la discriminazione basata su «razza, credo, sesso, status sociale o origine familiare». Tuttavia, le Alte corti giapponesi non possono abrogare il divieto, rendendo la sentenza simbolica.   Paradossalmente, nonostante sia la prima donna a capo del governo giapponese, l’amministrazione di Takaichi è stata criticata dalla sinistra come un ostacolo per la «parità di genere» e i «diritti delle minoranze sessuali». L’emittente pubblica americana PBS News l’ha definita «non femminista».   Takaichi sostiene la successione esclusivamente maschile della famiglia imperiale, che ha un ruolo cerimoniale, e si oppone alla possibilità per le coppie sposate di mantenere cognomi separati, sostenendo che ciò potrebbe «minare la struttura sociale basata sulle unità familiari». Tuttavia, non insiste sul fatto che la donna debba adottare il cognome del marito. Curiosamente, il marito di Takaichi, il politico LDP Taku Yamamoto, ha preso il suo cognome quando si sono risposati, per cui ora legalmente si chiama Taky Takaichi   «La nascita della prima donna primo ministro giapponese è storica, ma (Takaichi) rappresenta un’ombra per la parità di genere e i diritti delle minoranze sessuali», ha dichiarato a PBS Soshi Matsuoka, attivista LGBT. «Le opinioni di Takaichi su genere e sessualità sono estremamente conservatrici e potrebbero costituire un grave ostacolo per i diritti, in particolare per le minoranze sessuali».   Il Giappone resta uno dei pochi Paesi sviluppati, insieme a Paesi come Corea del Sud e Repubblica Ceca, a non aver legalizzato il «matrimonio» omosessuale.

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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution 4.0 International
   
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Il Parlamento austriaco vieta il linguaggio «inclusivo di genere» nelle sue comunicazioni ufficiali

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Il presidente del Parlamento austriaco ha vietato l’uso del cosiddetto linguaggio «inclusivo di genere» nelle comunicazioni ufficiali dell’organo legislativo.

 

Walter Rosenkranz, presidente del Nationalrat (Consiglio nazionale, la Camera bassa del Parlamento austriaco), ha recentemente annunciato che il Parlamento tornerà a utilizzare la forma maschile generica delle parole o, in alternativa, la forma maschile e femminile insieme, come nell’espressione «Gentili signore e signori» («Sehr geehrte Damen und Herren»).

 

In precedenza, il Parlamento di Vienna aveva adottato una variante ideologica che prevedeva l’inserimento di lettere maiuscole interne, due punti, asterischi o barre all’interno di sostantivi per includere persone di generi diversi, compresi coloro che si identificano come «transgender».

 

Questo adattamento linguistico, promosso da attivisti di sinistra in molte istituzioni austriache e tedesche, è estraneo alla lingua tedesca scritta. L’Associazione per la Lingua Tedesca ha più volte criticato questo linguaggio «inclusivo di genere», definendolo una «lingua ideologica» che «viola le regole ortografiche vigenti» e cerca di «rieducare» i cittadini. I sondaggi indicano che l’80-90% dei tedeschi rifiuta questo linguaggio ideologico.

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«Come istituzione governativa, dobbiamo rispettare le regole stabilite dal Consiglio per l’ortografia tedesca, l’unica istituzione riconosciuta dal governo», ha dichiarato Rosenkranz al quotidiano austriaco Krone. «Nel 2021, il Parlamento ha anche stabilito una base giuridica nel Piano di promozione delle donne. Voglio che le persone si attengano a questo e non inventino una propria lingua. Perché la vera uguaglianza si ottiene attraverso l’istruzione, le pari opportunità e il rispetto, non con i segni di punteggiatura».

 

«Il Parlamento è un luogo di democrazia, non di esperimenti linguistici», ha aggiunto. «Torniamo a una lingua che rispecchia lo spirito della Costituzione austriaca: universalmente comprensibile, oggettiva e inclusiva nel senso più autentico».

 

«Non a caso, il Bundestag tedesco e il Consiglio nazionale svizzero, così come quasi tutti i media stampati, non utilizzano un linguaggio neutro rispetto al genere», ha sottolineato il Presidente del Parlamento.

 

Le linee guida non si applicano ai discorsi tenuti nel Consiglio nazionale né ai testi presentati dai parlamentari, che, in virtù del loro mandato, sono liberi di redigere i propri documenti come preferiscono.

 

Rosenkranz, primo Presidente del Consiglio Nazionale austriaco nominato dal Partito della Libertà (FPÖ) è stato eletto dopo che l’FPÖ è diventato il partito più votato alle elezioni nazionali del 2024. Tuttavia, pur avendo ottenuto il maggior numero di voti, l’FPÖ non fa parte della coalizione di governo, poiché non dispone della maggioranza assoluta necessaria e gli altri partiti hanno rifiutato di allearsi con esso.

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Immagine di Gryffindor via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Il transgenderismo è in declino tra i giovani americani: «una moda in declino»

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Un recente rapporto indica un calo nell’identificazione transgender tra i giovani americani, dopo il picco registrato durante l’amministrazione Biden.   Il rapporto, intitolato «The Decline of Trans and Queer Identity among Young Americans», redatto dal professor Eric Kaufmann, analizza i dati di studenti universitari negli Stati Uniti attraverso sette fonti.   I risultati mostrano che l’identificazione transgender è scesa a circa la metà rispetto al massimo raggiunto nel 2023, passando dal 7% al 4%.

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Tra il 2024 e il 2025, meno studenti universitari del primo anno si sono identificati come «trans o queer» rispetto agli studenti dell’ultimo anno, invertendo la tendenza osservata nel 2022-2023.   Anche l’identificazione come «non binario» (né uomo né donna) è diminuita della metà in tre delle cinque fonti di dati dello studio. L’identificazione eterosessuale è in aumento, pur rimanendo inferiore rispetto al 2020, mentre quella gay e lesbica è rimasta stabile.   «Questo suggerisce che la non conformità di genere/sessuale continuerà a diminuire», ha scritto Kaufmann su X, commentando i risultati, definendo l’identità transgender e queer una «moda» ormai in declino.   «Il calo delle persone trans e queer sembra simile allo svanire di una tendenza», ha affermato, sottolineando che tale cambiamento è avvenuto indipendentemente dalle variazioni nelle convinzioni politiche o nell’uso dei social media, ma con un ruolo significativo del miglioramento della salute mentale.   «Gli studenti meno ansiosi e, soprattutto, meno depressi [sono] associati a una minore percentuale di identificazioni trans, queer o bisessuali», ha aggiunto.   Come riportato da Renovatio 21, gennaio, il presidente Trump – che prima di rientrare alla Casa Bianca aveva promesso di fermare la «follia transgender» dal primo giorno della sua presidenza –ha firmato un ordine esecutivo per vietare al governo federale di finanziare o promuovere la transizione di genere nei minori. «Questa pericolosa tendenza sarà una macchia nella storia della nostra nazione e deve finire», ha dichiarato.   Sono seguiti interventi dell’amministrazione Trump contro il reclutamento di trans nell’esercito (nonché la cacciata dei già recluati) e la partecipazione di transessuali maschi alle gare sportive delle donne. «la guerra allo sport femminile è finita» ha dichiarato il presidente americano.

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Secondo il Williams Institute, il 76% delle persone transgender (circa 2,8 milioni) ha meno di 35 anni, di cui il 25% (724.000) è tra i 13 e i 17 anni. Il rapporto evidenzia che la composizione razziale delle persone transgender riflette quella degli Stati Uniti. Circa un terzo si identifica come donna, un terzo come uomo e un terzo come non binario.   Dal 2022, il Williams Institute stima che il numero di persone transgender sia cresciuto da 1,6 milioni a 2,8 milioni, un aumento del 75% in tre anni.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa uno studio dell’ente americano Public Religion Research Institute (PRRI) aveva rivelato che più di un americano su quattro (28%) di età compresa tra 18 e 25 anni, nota come Generazione Z, si è identificato come LGBT.   La «moda» ora può essere finita. Tuttavia, ci chiediamo: quale ne è stato il prezzo?   Quanti ragazzi castrati per sempre? Quante ragazze mutilate dei seni? Quanti adolescenti intossicati di steroidi sintetici? Quante famiglie lacerate e distrutte?

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