Geopolitica
Hamas ha pianificato un attacco più ampio: rivelazioni del Washington Post
Nuove prove suggeriscono che Hamas sperava di penetrare ancora più profondamente in Israele durante l’attacco del 7 ottobre, ha riferito domenica il Washington Post, citando fonti.
Secondo il giornale, il gruppo militante palestinese aveva segretamente sviluppato piani per più di un anno prima di lanciare l’assalto.
Il WaPo ha intervistato più di una dozzina di funzionari dell’intelligence di quattro paesi occidentali e del Medio Oriente, i quali hanno affermato che Hamas intendeva «sferrare un colpo di proporzioni storiche» contro lo Stato Ebraico. Un alto funzionario di Gerusalemme Ovest ha detto al giornale che «hanno pianificato una seconda fase [dell’assalto], anche nelle principali città e basi militari israeliane».
Fonti del Post hanno anche affermato che i militanti avevano pianificato in anticipo atrocità di massa in Israele, con un ordine recuperato dal corpo di un combattente di Hamas che presumibilmente diceva: «Uccidi quante più persone e prendi quanti più ostaggi possibile».
Mentre alcune truppe d’assalto di Hamas sono riuscite a coprire solo circa la metà della distanza da Gaza alla Cisgiordania, si dice che molte abbiano trasportato rifornimenti e munizioni sufficienti per continuare le operazioni per diversi giorni. Secondo quanto riferito, avevano anche dati di ricognizione e mappe, suggerendo che avevano intenzione di raggiungere l’enclave palestinese.
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Secondo un ex funzionario statunitense citato dal notiziario, ciò avrebbe potuto rappresentare «un’enorme vittoria propagandistica» per Hamas e infliggere «un colpo simbolico» non solo contro Israele, ma anche contro l’Autorità Palestinese. Quest’ultimo, che ha sede in Cisgiordania, è in contrasto con Hamas da quando il gruppo lo ha cacciato da Gaza nel 2007.
L’articolo sottolineava inoltre che prima dell’attacco, Hamas era stato impegnato in attività di ricognizione su più fronti, basandosi su informazioni raccolte utilizzando droni economici, lavoratori di Gaza a cui era permesso entrare in Israele e persino su foto di immobili e post sui social media.
Si dice che il gruppo si stesse preparando all’assalto da più di un anno. Durante quel periodo, secondo quanto riferito, sono state adottate misure per ingannare i servizi segreti israeliani, inducendoli ad un falso senso di sicurezza.
Come riportato da Renovatio 21, da un mese si sprecano speculazioni sul fatto che Israele potrebbe aver avuto informazioni sull’attacco prima che avvenisse.
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Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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