Bizzarria
Gli scienziati indagano sul motivo per cui i pagliacci ci fanno così tanta paura
In uno sforzo gnoseologico di cui sentivamo il bisogno, un gruppo di scienziati ha stabilito il motivo per cui le persone hanno paura dei pagliacci. Le ragioni alla base di questa comune fobia sono interessanti.
Scrivendo per The Conversation, un team di psicologici gallesi Sophie Scorehy, Shakiela Davies, James Greville e Phillip Tyson hanno descritto, assieme a una equipe dell’Università del Galles del Sud, la coulrofobia, il nome scientifico dato alla paura dei clown.
Dopo aver creato un sondaggio psicometrico intitolato «The Fear of Clowns Questionnaire», il team gallese ha posto le proprie domande a quasi 1000 persone di età compresa tra i 18 e i 77 anni e ha scoperto che più della metà degli intervistati «ha affermato di avere almeno paura dei clown».
Sembra che la ragione principale della clownofobia, che tecnicamente si chiama coulrofobia, secondo i risultati del team USW che sono stati pubblicati sull’International Journal of Mental Health æ derivi da una percepita incapacità di leggere le emozioni sui loro volti a causa del pesante trucco che induce «una sensazione inquietante» che li fa «sembrare non del tutto umani».
I ricercatori hanno anche approfondito le «spiegazioni plausibili» per la fobia dei clown, suggerendo che «il colore del trucco da clown ci ricorda la morte, l’infezione o le ferite del sangue ed evoca disgusto o evitamento», che il comportamento «imprevedibile» dei clown può rendere nervose le persone.
Mentre il 53,5% degli intervistati ha indicato di averne una certa paura, solo il 5% delle persone che hanno risposto al questionario ha dichiarato di avere «estremamente paura» di tali figure. È altresì interessante notare che l’incidenza della coulrofobia sembrava aumentare tra le persone che avevano anche altre fobie, comprese quelle della paura degli animali, del sangue, delle iniezioni e del volo.
Va notato che il team di esperti psicologi ha anche «scoperto che le donne hanno più paura dei clown rispetto agli uomini» e, sebbene non siano esattamente sicuri del perché, un modello simile sembra verificarsi anche con altre psicosi.
«Abbiamo anche scoperto che la coulrofobia diminuisce con l’età», ha scritto il team gallese, e «che ancora una volta corrisponde alla ricerca su altre paure».
Alcuni degli intervistati hanno affermato di aver avuto «un’esperienza personale spaventosa con un clown». Secondo questi ricercatori, ciò «indica che l’esperienza di vita da sola non è una spiegazione sufficiente del motivo per cui le persone ne hanno paura».
La ricerca su questo fenomeno culturale bizzarro e affascinante necessita di ulteriori approfondimenti e suscita molti interrogativi tra i lettori.
Molti di noi ricorderanno la miniserie tv anni Novanta IT divenuta un cult per gli amanti di Stephen King, dove l’interpretazione di Tim Curry, nei panni del demoniaco pagliaccio Pennywise, ha fatto perdere il sonno a molti telespettatori terrorizzati da questo crudele pagliaccio.
In questa serie appare quanto mai evidente la tesi che sostengono oggi questi psicologi gallesi, ossia che il pagliaccio, che quando lo vediamo al circo ci fa sorridere, ha fuori dal contesto una valenza decisamente opposta, che può terrorizzare e inquietare.
La miniserie in due puntate, tratta dal romanzo del Kingo divenuto film negli ultimi anni, ha traumatizzato tante infanzie anche da queste parti.
Rimane un mistero, tuttavia, come McDonald’s, una delle più grandi aziende del pianeta che fa del senso fanciullesco di benessere e di famiglia una delle cifre del suo brand, possa insistere ancora con l’uso del clown Ronald McDonald, che in alcuni ristoranti della catena appare anche riprodotto praticamente in scala 1:1.
Misteri del marketing, misteri della psiche umana – e di quella delle multinazionali.
Bizzarria
Adolf Hitler vince ma cambia nome
Adolf Hitler Uunona, 59 anni, consigliere regionale namibiano da venti anni in carica, ha annunciato che rinuncerà ufficialmente al secondo nome «Hitler» dopo essere stato rieletto per il quinto mandato consecutivo nel distretto di Ompundja (regione di Oshana).
Membro del partito al potere Swapo, Uunona ha sempre goduto di un largo consenso locale nonostante il nome che, a livello internazionale, genera inevitabilmente sconcerto. Gli elettori della sua circoscrizione lo hanno costantemente premiato per il suo impegno nella lotta anti-apartheid e per i risultati concreti ottenuti sul territorio.
«Ho già provveduto a cancellare “Hitler” dai miei documenti ufficiali», ha dichiarato ai media namibiani. «D’ora in poi voglio essere chiamato semplicemente Adolf Uunona».
Il lettore di Renovatio 21 sa che la faccenda dell’Hitler negro è risalente.
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L’ex Hitler ha spiegato che ilpadre gli impose quel nome decenni fa senza conoscerne il peso storico né i crimini associati al dittatore nazista; per lui, all’epoca, era semplicemente un nome tedesco abbastanza diffuso nell’ex colonia dell’Africa sud-occidentale tedesca (1884-1915). Solo crescendo il consigliere prese coscienza del macabro retaggio e cominciò a dissociarsene pubblicamente.
«Ho sempre chiarito di non condividere in alcun modo l’ideologia nazista», ha ribadito il già Hitler. «Il mio impegno politico è radicato nella liberazione della Namibia e nello sviluppo delle nostre comunità rurali». In privato, familiari e collaboratori lo chiamano da tempo soltanto «Adolf», un’abitudine che ora desidera estendere a ogni contesto ufficiale.
Il caso richiama la complessa eredità coloniale tedesca in Namibia, dove nomi di origine teutonica restano relativamente comuni. Proprio in quel periodo (1904-1908) le truppe tedesche perpetrarono il genocidio degli Herero e dei Nama, un capitolo storico ancora poco noto a livello globale. Tuttavia, il fatto che esistano nel Paese africani bambini chiamati come il famigerato dittatore nazionalsocialista prova che forse la storia degli orrori coloniali non è esattamente conosciuta, o sentita, dalle popolazioni indigine.
Nonostante l’attenzione mediatica internazionale, lo Hitler namibiano continua a dominare le urne: nelle recenti elezioni locali ha nuovamente stravinto a Ompundja con un margine schiacciante. Per i suoi elettori, il curriculum di vent’anni di servizio concreto – strade, acqua, scuole e sostegno alle famiglie – pesa infinitamente più di un nome che il consigliere ha deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle.
Renovatio 21 ritiene che si tratti di un caso in cui qualcuno potrebbe gridare alla frode elettorale: uno vota Hitler, e poi si trova uno qualsiasi, anzi un Uunona. È giusto?
Il cittadino sincero-democratico deve porsi a questo punto la domanda: se la democrazia vuole Hitler, perché toglierlo? Cioè, non è che lo si toglie, semplicemente, gli si cambia nome…
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L’enigma dell’italofonia delle bici giapponesi
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Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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Arte
Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate
Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».
Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.
Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.
«Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».
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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.
«Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.
Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.
Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.
Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.
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Carlos Varela via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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