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Ex cantante di boy band accusa Taylor Swift di «rituali demoniaci» nei concerti
Shane Lynch, un ex pop star che era un membro della popolare boy band Boyzone, accusa Taylor Swift di eseguire rituali satanici durante i suoi spettacoli. Lo riporta LifeSiteNews.
Lynch, che ora è un «born again christian» (tipologia del culto protestante americano) e afferma di essere stato in passato «molto interessato alle cose sataniche» ha recentemente dichiarato al quotidiano irlandese Sunday World che tali manifestazioni demoniache sarebbero comuni tra i musicisti, comprendendo nel discorso anche la popolarissima cantante statunitense Taylor Swift.
«Penso che quando guardi molti artisti là fuori, molti dei loro spettacoli teatrali sono rituali satanici dal vivo davanti a 20.000 persone senza che loro se ne accorgano e riconoscano», ha detto. «Vedrai un sacco di cappucci alzati, maschere e cerimonie del fuoco».
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Come riportato da Renovatio 21, avvertimenti sul tour mondiale della Swift, e in particolare riguardo la canzone «Willow», sono stati lanciati negli scorsi mesi da varie voci, tra cui quella dell’esorcista americano padre Dan Reehil, che ha indicato come questo spettacolo alluda di fatto alla stregoneria e che «probabilmente attira molti demoni ai suoi concerti».
Quando estou triste, lembro que já vi a taylor swift nessa distância cantando willow pic.twitter.com/Dee3ni24rQ
— marcella (@reveclacion) February 27, 2024
La stessa Swift ha suggerito che la canzone sia associata alle streghe e persino che lei sia una strega. Il 15 dicembre 2020, ha twittato un collegamento a un «remix di Willow Lonely Witch» («Willow strega sola»), scrivendo che «Le streghe dicono “A volte voglio solo ascoltare musica mentre mi struggo/tengo il broncio/guardo fuori da una finestra”. Sono io. Io sono le streghe».
Witches be like “Sometimes I just want to listen to music while pining away/sulking/staring out a window.” It’s me. I’m witches. Never fear, the “willow lonely witch remix” is here. ???? https://t.co/bJwRyvIOeM pic.twitter.com/NtpYsohJds
— Taylor Swift (@taylorswift13) December 15, 2020
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Il Lynch ha specificamente chiamato Taylor Swift, «una delle più grandi artiste del mondo», per aver incluso «rituali demoniaci» nei suoi spettacoli anche oltre i temi della stregoneria.
«Guardi uno dei suoi spettacoli e lei ha due o tre diversi rituali demoniaci che hanno a che fare con i pentagrammi sul terreno, che hanno a che fare con ogni sorta di cose sul suo palco», ha spiegato l’ex cantante dei Boyzone. «Ma per molte persone è solo arte ed è così che la gente la vede, sfortunatamente».
Il cantante ha quindi dichiarato che non ci sono solo «molte immagini sataniche nascoste» coinvolte nella musica moderna, ma «molto male» che pervade la musica stessa, inclusi «i ritmi» e specialmente nell’hip-hop.
Il Lynch ha quindi detto di aver smesso di ascoltare quel tipo di musica, perché «la musica si attacca alle tue emozioni. Ha una connessione con il tuo spirito e come ti senti», avvertendo che la musica satanica e oscura viene rivolta «sin dall’inizio ai nostri figli per indurli ad allontanarsi da qualsiasi cosa pia, da qualsiasi cosa controllata o disciplinata».
«La situazione là fuori sta diventando sempre più selvaggia per un motivo», ha concluso il cantante ora «cristiano rinato».
In un’intervista con il quotidiano irlandese Irish Examiner, il cantante l’anno scorso aveva dichiarato che prima della sua conversione al cristianesimo, era «molto interessato alle cose sataniche per un lungo periodo» della sua vita. «Conoscevo e comprendevo gli spiriti… dell’occulto e della stregoneria, che so essere un mondo oscuro e orribile… Quindi, conoscendo l’oscurità, ho deciso che avevo bisogno della luce».
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Come riportato da Renovatio 21, contenuti apertamente satanici sono divenuti talmente mainstream da poterli ritrovare nei cartoni animati, o in altri spettacoli pubblici come i recenti Premi Grammy, dove il sottofondo occultista di alcune performance non è più negabile.
Quanto a Taylor Swift, secondo alcuni è coinvolta in un piano forse ancora più diabolico: quello per le elezioni presidenziali di fine anno, dove, secondo una teoria circolante in rete, sarebbe pronta a fare un endorsement per Biden (o chi per lui) che potrebbe fruttare qualcosa come 18 milioni di voti, cifra che ci è assicurata da giornali e telegiornali del mainstream americano.
Secondo alcuni, potrebbe trattarsi di un modo per rubare anche questa tornata elettorale: i voti venuti dal niente verranno semplicemente spiegati come la valanga degli swifties, così chiamano i fan della bionda cantante.
Il presidente Biden l’altra sera ha partecipato al talk show di Seth Meyers (un comico di regime, come tutti gli altri: oramai totalmente incapaci di far ridere, si limitano a ripetere le veline dello Stato Profondo di Washington e a sputare sull’America trumpiana) proprio per negare questo «complotto» di Taylor Swift, cioè per indicarlo, grazie al conduttore comico venduto, come materia da ridere.
Joe Biden was asked about the right-wing conspiracy theory that he’s in cahoots with Taylor Swift during his appearance on Seth Meyers.
— Pop Base (@PopBase) February 27, 2024
Excusatio non petita…
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Immagine di Michael Hicks via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0
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L’Italia del rock vaccinaro, amico della censura
Ci tocca di vedere anche questa. Legioni dei facenti parti della un tempo detta «musica ribelle» nazionale – quello che chiamano, sorvolando la contradictio in adjecto, «Rock italiano» – hanno deciso, in un coraggio annunziato urbi et orbi, di abbandonare la piattaforma social X, già nota come Twitter.
Eh sì, alcuni noti personaggi dello star system italiota, ritenendo il nuovo proprietario Elon Musk un figuro cattivo e illiberale, in ispecie dopo che è stato organicamente assorbito dalla sfera trumpiana, hanno cancellato i propri account X, lasciandoci senza più i loro rockettissimi «cinguettii digitali».
Una presa di posizione decisa da parte degli eroi della musica leggera, una scelta forte e irrevocabile contro il nuovo padrone, il tiranno Elon. Il quale, di fatto, ha semplicemente reso più libera la piattaforma, licenziando l’80% della forza lavoro (il sito va meglio di prima: cosa faceva tutta quella gente?) e reintegrando le persone che erano state espulse, talvolta solo per un pronome sbagliato, di fatto svincolandolo dalle mannaje censorie della gestione precedente, che il Musk ha paragonato, senza scherzare, alla Pravda dei tempi sovietici.
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I paladini della sedicente «musica ribelle», quindi parrebbe di capire della libertà di espressione, non ci stanno. Ecco che i vari Piero Pelù, Elio e le storie tese, Nicola Piovani e il redivivo scrittore Roberto Saviano (ma dove lo avevano messo?), solo per citarne qualcuno, se ne vanno dal social muskiano. Sono gli stessi che non pare abbiano mosso un dito quando, con un arbitrio totalitario, venivano chiusi i profili utenti sgraditi alla ditta. Ricordate quel tempo? È stato poco fa…
Che il vero confronto, la vera libertà di espressione – o semplicemente le opinioni terze – siano per alcuni così intollerabili? Perché poi? Perché possono minare le granitiche convinzioni politicamente corrette? Perché sono abituati a vedere l’ecosistema dei media (social, allineati con TV, giornali, cinema, tutto) ripetere sempre e solo la loro versione?
Vogliamo ricordarci di come alcuni degli indomiti idoli del rock nell’era pandemica schernivano chi non la pensava come loro, chi nutriva qualche ragionevole dubbio sull’efficacia delle mascherine, sul beneficio incondizionato dei lockdown e sulla magia salvifica del «santo siero» anti-COVID.
Tutti, in coro monofonico, lodarono il vaccino attraverso i propri canali social e finanche urlandolo ai propri concerti con quel fare spocchioso o di chi stava facendo la cosa giusta e doveva indottrinare i dissidenti.
Come l’osannato rocker di Zocca, Vasco Rossi – per il quale lo scrivente nutre una passione musicale profonda – che a metà del brano Eh… già inserito nel suo ultimo CD dal vivo canta i seguenti versi: «Eh già, ormai io sono vaccinato sai. Tre volte!».
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Le ugole filopandemiche non si sono risparmiate nel bio-catechismo dei loro fan. Di più: in alcuni casi VIP dello spettacolo avrebbero anche incitato, tramite i loro account social, a segnalare i propri vicini di casa che non si allineavano ai diktat di Stato, come un noto attore romano figlio d’arte ci ha insegnato.
All’estero, come in Italia, gli impavidi rockettari, aderirono in massa al pensiero unico dominante. I tanto eclettici Kiss, per voce del bassista e cantante Gene Simmons definì «nemici» coloro che rifiutano il vaccino. «Non mi importa delle tue convinzioni politiche», disse il Simmons proprio quando lui e il compagno di band, Paul Stanley, sono risultati positivi al coronavirus nonostante si sottoposero a vaccinazione.
Anche gli Offspring – band punk-rock californiana assai nota a metà degli anni Novanta – si omologarono alle «regole pandemiche» del tempo, allontanando il loro batterista, Pete Parada, perché non vaccinato.
Fortunatamente la musica non è solo questa masnada di attempati che si aggrappano a una golden age musicale a cui non appartengono più, ma è anche ben altro. E’ il grido di un rocker libero, Eric Clapton – il quale ancora sa stupirci accarezzando le sei corde – che tra i primi ha denunciato i danni da vaccino, avendoli subiti in prima persona.
Il chitarrista infatti si scagliò contro la propaganda sulla sicurezza dei vaccini COVID. «Non avrei mai dovuto avvicinarmi alla siringa, ma la propaganda diceva che il vaccino era sicuro per tutti». «Sono stato un ribelle per tutta la vita, contro la tirannia e l’autorità arrogante, che è quello che abbiamo ora», ha aggiunto il Clapton. Clapton ha affermato che la psicosi da formazione di massa ha persino colpito i suoi colleghi, amici e familiari.
Il bluesman criticò i media definendoli «traffico a senso unico nel seguire gli ordini e l’obbedienza» per il suo ruolo nello spingere le vaccinazioni e le restrizioni sociali draconiane. A memoria mia, non ricordo nessuna delle nostre leggende musicali nostrane che abbia «twittato» un qualcosa a favore del cantautore britannico.
Il cantante britannico Richard Ashcroft, noto come frontman del gruppo The Verve, tre anni orsono annullò un’apparizione programmata ad un festival musicale dopo che gli organizzatori decisero di inserire l’evento nell’Events Research Program del governo, ossia un circuito di eventi dove potevano entrare solo coloro che avrebbero esibito prova del fatto di essere stati doppiamente inoculati o siano risultati negativi al COVID. Tutto questo era troppo per Ashcroft, che una volta resosi conto, si ritirò immediatamente dal Festival inglese. Ashcroft ha sottolineato il suo rifiuto di far parte di qualsiasi «esperimento governativo» o eventi che impongono restrizioni.
Il cantante Van Morrison criticò apertamente il ministro nordirlandese riguardo alle politiche di restrizione COVID, beccandosi una bella denuncia dal politico in questione.
Purtroppo, nel Belpaese nessuno ha fatto come il Morrison o come Clapton, tranne rari casi di cantanti che già erano stati estromessi dal mainstream musicale per altre ragioni.
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Gli eterni frequentatori dei salotti buoni della discografia italiana sono stati solerti a cancellare gli account segnalandolo con indomita fierezza nei propri Facebook e Instagram, dimenticando una cosa fondamentale per chi dovrebbe interessarsi alla libertà e alla libertà di espressione: il CEO di Meta – azienda che detiene Facebook e Instagram – Mark Zuckerberg, ha recentemente ammesso che l’amministrazione Biden ha fatto pressione sulle sue aziende di social media «per censurare determinati contenuti sul COVID-19» e che era sbagliato censurare la storia del laptop di Hunter Biden.
In una lettera indirizzata al presidente della commissione giudiziaria della Camera lo Zuckerberg ha scritto che «nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente fatto pressione sui nostri team per mesi affinché censurassero determinati contenuti sul COVID-19, tra cui umorismo e satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo».
Alla fine, la decisione se rimuovere o meno i contenuti è stata nostra, e siamo responsabili delle nostre decisioni, comprese le modifiche relative al COVID-19 che abbiamo apportato alla nostra applicazione in seguito a questa pressione», ha dichiarato il giovane ultramiliardario, sulla cui piattaforma continua a ballare senza problemi il rock de noaltri.
Quindi, vorrei ricordare sommessamente a lor signori che la censura applicata, almeno per il momento, non alberga su X, bensì sta altrove. Questa pletora di «ex cinguettatori» su X credo alla fine non ci mancherà molto.
La «vita spericolata», credete, non sta negli hub vaccinali, né sui social di Zuckerberg.
Francesco Rondolini
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