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Due pesi e due misure in medicina: perché l’idrossiclorochina è censurata e politicizzata?

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense.

 

 

Nel 2003, la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) ha seminato il panico nel mondo – una prova generale, come si è rivelata, per il COVID-19 del 2020. Anche se i morti per SARS si sono esauriti in breve tempo (con 774 decessi totali nel mondo), le preoccupazioni per una potenziale diffusione globale del Coronavirus SARS (SARS-CoV) ha spinto i medici a cercare farmaci efficaci per la cura e la prevenzione. In breve, i ricercatori europei (2003 e 2004) e la Divisione Patogeni Speciali del CDC (2005) hanno pubblicato modelli teoretici e scoperte in vitro dettagliate su un farmaco che ha effetti preventivi e terapeutici: la clorochina.

Un documento del 2006 pubblicato su The Lancet Infectious Diseases ha riportato l’attenzione sulla clorochina come «valida opzione terapeutica in caso di nuova emergenza del virus SARS»

 

Seguendo i promettenti studi sulle colture cellulari (citati centinaia di volte nella letteratura scientifica), i ricercatori di tutto il mondo hanno continuato a esplorare le proprietà antivirali della clorochina e dell’analogo più benigno, l’idrossiclorochina.

 

Un documento del 2006 pubblicato su The Lancet Infectious Diseases ha riportato l’attenzione sulla clorochina come «valida opzione terapeutica in caso di nuova emergenza del virus SARS». Nel 2014, in seguito alla diffusione della sindrome respiratoria mediorientale (MERS-CoV), i ricercatori del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) diretto dal Dr. Anthony Fauci hanno identificato 27 composti «efficaci contro MERS-CoV e SARS-CoV», compresi clorochina e idrossiclorochina. Notando che la «verifica dei medicinali già approvati per individuare terapie adatte per il riposizionamento dei farmaci è un approccio valido», i ricercatori del NIAID hanno evidenziato, nel paragrafo conclusivo, che la clorochina e un altro farmaco hanno notevoli capacità di «riconfigurare» le due infezioni da coronavirus in «infezioni subcliniche meno virulente» riducendo gli esiti negativi della malattia.

 

Questo corpus di ricerche ancora in corso è stato certamente al centro dei pensieri dei medici quando il SARS-CoV-2 ha fatto la sua comparsa quest’anno.

 

A inizio aprile, un sondaggio tra i medici americani ha mostrato che i due terzi (65%) avrebbero prescritto clorochina o idrossiclorochina «per curare o prevenire l’infezione da COVID-19 nelle loro famiglie», e quasi la stessa percentuale (67%) l’avrebbe assunta personalmente. (La compagnia che ha condotto il sondaggio ha spiegato che «il modo migliore per avere una sincera prospettiva su una cura da parte di un medico è chiedere se la somministrerebbe a un famigliare).

Nel 2014, in seguito alla diffusione della sindrome respiratoria mediorientale (MERS-CoV), i ricercatori del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) diretto dal Dr. Anthony Fauci hanno identificato 27 composti «efficaci contro MERS-CoV e SARS-CoV», compresi clorochina e idrossiclorochina

 

Un altro sondaggio di inizio aprile su oltre 6.000 medici di 30 paesi ha mostrato che il 37% dei partecipanti che avevano già curato pazienti con COVID-19 hanno valutato l’idrossiclorochina come la cura più efficace. Apparentemente, i medici consulenti dei capi di stato mondiali sono ben disposti verso l’idrossiclorochina.

 

A maggio, il medico della Casa Bianca ha confermato l’eccellente rapporto rischi/benefici dell’idrossiclorochina, e il presidente di El Salvador ha ammesso non solo di utilizzarla come profilassi per il COVID-19, ma ha anche affermato che «molti leader mondiali», tra cui il Presidente Trump, fanno lo stesso.

 

Comunque, in quella che si è poi rivelata una grossolana sottovalutazione, il leader di El Salvador ha anche ammesso che «a volte, quello che viene raccomandato al popolo è diverso da quello che viene consigliato ai leader».

 

 

Il leader di El Salvador ha anche ammesso che «a volte, quello che viene raccomandato al popolo è diverso da quello che viene consigliato ai leader»

«Fattori extra-scientifici»

In marzo, gli Stati Uniti hanno prontamente accettato milioni di tavolette di idrossiclorochina donate dai giganti farmaceutici Bayer e Sandoz per lo U. S. Strategic National Stockpile e la FDA ha anche garantito l’autorizzazione all’uso in caso di emergenza dell’idrossiclorochina per la cura del COVID-19, anche se quello che era stato suggerito agli americani fino ad allora non era certo l’idrossiclorochina.

 

Infatti, ignorando oltre cinque dozzine di studi (e oltre) che hanno dimostrato l’efficacia della clorochina e dell’idrossiclorochina contro il COVID-19 in determinate condizioni, la FDA ha revocato l’autorizzazione del farmaco per la cura del COVID in giugno. Nel frattempo, la principale organizzazione ospedaliera della nazione, la Mayo Clinic, afferma sul suo sito che non esistono farmaci o cure contro il COVID-19.

 

A questo punto, mentre i paesi che permettono l’uso dell’idrossiclorochina mostrano tassi di mortalità da COVID-19 «dieci volte inferiori rispetto ai paesi in cui l’uso di questo farmaco viene ostacolato, come gli Stati Uniti», è difficile negare l’aggressione nazionale e internazionale contro l’idrossiclorochina.

Ignorando oltre cinque dozzine di studi (e oltre) che hanno dimostrato l’efficacia della clorochina e dell’idrossiclorochina contro il COVID-19 in determinate condizioni, la FDA ha revocato l’autorizzazione del farmaco per la cura del COVID in giugno

 

Il laureato in medicina alla Columbia University Dr. James Todaro ha recentemente dichiarato: «Se sembra che sia in corso un attacco pianificato contro l’idrossiclorochina, è perché le cose stanno proprio così». Per le compagnie biofarmaceutiche pronte a trarre profitto dai nuovi farmaci e dai vaccini contro il COVID-19 – tra cui il pericoloso vaccino di Moderna realizzato in collaborazione con NIAID – non è appetibile promuovere l’utilizzo di vecchi farmaci il cui brevetto è scaduto da anni. In un’intervista condotta da Rachel Maddow, il Dr. Ian Lipkin della Columbia University ha ammesso, con un sogghigno, che formulazioni «nuove, accattivanti e pronte da brevettare» sono più appetibili per ricercatori e investitori rispetto ai «classici metodi di riposizionamento dei farmaci e strategie che hanno già dimostrato la loro efficacia».

 

Come risultato degli attacchi contro l’idrossiclorochina – resi possibili dall’industria farmaceutica, da Fauci e da altri ufficiali sanitari, dai colossi dei social media e dai media, dai regolatori e dai giornali scientifici corrotti – decine di migliaia di malati COVID «stanno morendo inutilmente» per «ragioni che non hanno nulla a che fare con la corretta comprensione della scienza».

 

L’esperto che ha pronunciato questo terribile giudizio, il professore di epidemiologia di Yale e medico Dr. Harvey Risch, crede che in futuro «questo episodio riguardante l’idrossiclorochina verrà studiato dai sociologi della medicina come un classico esempio di come fattori extra-scientifici prevalgano sull’evidenza medica».

 

 

Da farmaco essenziale a patata bollente politica

Fino a quest’anno, clorochina e idrossiclorochina hanno avuto una carriera senza intoppi. La tedesca Bayer sviluppò la clorochina come antimalarico nel 1934, e l’idrossiclorochina fece la sua comparsa circa dieci anni dopo. Nel 1955, la FDA approvò l’idrossiclorochina per l’uso negli Stati Uniti, dove divenne un caposaldo per il controllo di condizioni autoimmuni e infiammatorie.

A questo punto, mentre i paesi che permettono l’uso dell’idrossiclorochina mostrano tassi di mortalità da COVID-19 «dieci volte inferiori rispetto ai paesi in cui l’uso di questo farmaco viene ostacolato, come gli Stati Uniti», è difficile negare l’aggressione nazionale e internazionale contro l’idrossiclorochina.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) include clorochina e idrossiclorochina nella lista dei farmaci essenziali ed entrambi hanno la reputazione di essere sicuri nei dosaggi corretti. I problemi maggiori sono stati riscontrati con un ceppo di malaria resistente ai farmaci, con l’assunzione prolungata e con dosaggi superiori al dovuto, che hanno causato retinopatia.

 

Il 13 marzo 2020, il Dr. Todaro e un coautore hanno pubblicato un documento online che citava la ricerca del 2005 sulla clorochina condotta dal CDC e hanno messo in evidenza l’immediato e positivo effetto della clorochina sui pazienti COVID in Corea del Sud e Cina. Notando i risultati promettenti e il fatto che la Cina avesse utilizzato esclusivamente la clorochina «dopo svariati test su migliaia di altri farmaci», i due hanno chiesto che ai medici americani fosse immediatamente permesso di prescrivere clorochina e idrossiclorochina ai loro pazienti affetti da COVID-19. Invece, i due medici hanno visto il loro lavoro rimosso da Google.

 

Nello stesso periodo, la Francia ha riportato risultati positivi per l’uso dell’idrossiclorochina in combinazione con l’antibiotico azitromicina. Il medico francese autore di questi risultati, Dr. Didier Raoult, ha scritto per anni sulla possibilità di «riciclare» clorochina e idrossiclorochina per le infezioni virali e non solo del XXI secolo.

 

Più di recente, uno studio condotto in Michigan sui pazienti ricoverati in ospedale per cause legate al COVID e trattati precocemente ha confermato che l’idrossiclorochina da sola o in combinazione con azitromicina può significativamente ridurre la mortalità legata al COVID-19. Altri studi hanno messo in luce i successi della tripla combinazione di idrossiclorochina, azitromicina e zinco, noto antivirale.

 

A luglio, un totale di 65 studi in tutto il mondo indicavano che il 100% degli studi che approvavano l’idrossiclorochina come profilassi pre-esposizione (PrEP), profilassi post-esposizione (PEP) o uso precoce nella terapia del COVID-19 hanno mostrato «alta efficacia», come il 61% degli studi che hanno esaminato l’uso dell’idrossiclorochina nella fase avanzata dell’infezione.

Clorochina e idrossiclorochina aumentano rapidamente i livelli di zinco intracellulare – dato importante poiché gli individui con più probabilità di contrarre il COVID-19 (anziani e pazienti con condizioni croniche di comorbidità) tendono ad avere carenza di zinco.

 

A luglio, un totale di 65 studi in tutto il mondo indicavano che il 100% degli studi che approvavano l’idrossiclorochina come profilassi pre-esposizione (PrEP), profilassi post-esposizione (PEP) o uso precoce nella terapia del COVID-19 hanno mostrato «alta efficacia», come il 61% degli studi che hanno esaminato l’uso dell’idrossiclorochina nella fase avanzata dell’infezione.

 

Descrivendo un «esperimento naturale» in Svizzera, il Dr. Risch ha notato che:

«Il 27 maggio il governo nazionale svizzero ha vietato l’uso ambulatoriale dell’idrossiclorochina nel trattamento del COVID-19. Intorno al 10 giugno le morti dovute a COVID-19 sono quadruplicate e sono rimaste elevate. L’11 giugno il governo svizzero ha revocato il divieto e il 23 giugno il tasso di mortalità è tornato ai livelli precedenti».

 

Anche con i risultati sull’uso in fase di infezione avanzata, alcuni medici hanno descritto «le risposte cliniche nettamente e chiaramente positive» in individui curati «quando già avevano difficoltà respiratorie e in peggioramento».

 

In sei pazienti:

«sono stati rilevati miglioramenti significativi nella respirazione dopo quattro ore dalla somministrazione della prima dose, e la completa guarigione clinica dopo tre giorni in media. […] La rapidità con cui la dispnea si è evoluta in questi individui suggerisce che l’arresto respiratorio causato dalla sindrome acuta da distress respiratorio del COVID-19 era imminente».

 

 

Un’agenda nefasta

Gli evidenti travisamenti dei media sulla scienza dell’idrossiclorochina sono già abbastanza negativi, ma la volontà dei principali giornali di deviare la scienza in direzione anti-idrossiclorochina è ancora più scioccante.

A inizio giugno, le analisi di dozzine di scienziati indipendenti hanno spinto Lancet a ritrattare uno studio pubblicato solo 13 giorni prima – uno «studio basato sul nulla» – che aveva utilizzato dati costruiti ad hoc per denigrare le terapie con clorochina e idrossiclorochina

 

A inizio giugno, le analisi di dozzine di scienziati indipendenti hanno spinto Lancet a ritrattare uno studio pubblicato solo 13 giorni prima – uno «studio basato sul nulla» – che aveva utilizzato dati costruiti ad hoc per denigrare le terapie con clorochina e idrossiclorochina.

 

Questa figuraccia è stata ribattezzata come #LancerGate. (Lo stesso giorno della ritrattazione del Lancet, il New England Journal of Medicine ha ritrattato un altro studio sul COVID-19 basato su dati non verificabili ottenuti dalla stessa compagnia che aveva fornito quelli del Lancet.)

 

Il Ministro della Sanità francese aveva utilizzato i dati di Lancet per giustificare il divieto di utilizzare l’idrossiclorochina nonostante l’ampio interesse e supporto del pubblico per il farmaco.

 

A conferma del fatto che la campagna anti-idrossiclorochina è di portata internazionale, molte sperimentazioni cliniche su larga scala (la «Solidarity» dell’ONU, l’inglese «Recovery» e lo studio REMAP) che dovevano mettere a tacere ogni questione sulla sicurezza e l’efficacia dell’idrossiclorochina, hanno somministrato dosi non terapeutiche, tossiche e potenzialmente letali di idrossiclorochina (quattro volte più alte delle dosi standard) a migliaia di partecipanti.

 

Molte sperimentazioni cliniche su larga scala (la «Solidarity» dell’ONU, l’inglese «Recovery» e lo studio REMAP) che dovevano mettere a tacere ogni questione sulla sicurezza e l’efficacia dell’idrossiclorochina, hanno somministrato dosi non terapeutiche, tossiche e potenzialmente letali di idrossiclorochina (quattro volte più alte delle dosi standard) a migliaia di partecipanti

Le sperimentazioni hanno selezionato pazienti clinicamente inadatti che avevano gravi malattie in stadio avanzato (Solidarity e Recovery) o erano prossimi al decesso quindi incapaci di fornire il consenso in alcuni casi (REMAP). Le agenzie hanno quindi utilizzato i dati falsati per screditare l’idrossiclorochina e si sono apertamente schierate con il contraffatto studio del Lancet (prima della ritrattazione) per sostenere le conclusioni negative.

 

Quando il medico internista e specialista di guerra biologica Meryl Nass ha condotto una dettagliata analisi sui protocolli di studio, ha concluso che «l’OMS, le agenzie e le organizzazioni sanitarie nazionali hanno progettato enormi sperimentazioni cliniche per assicurare che l’idrossiclorochina fallisse nel dimostrare i suoi benefici» e, così facendo, hanno cospirato per «aumentare il numero dei decessi nei test» e «impedire a milioni di persone di beneficiare di un farmaco sicuro ed economico nel pieno di una pandemia globale».

 

 

Terapeutico, non politico

Negli Stati Uniti, il medico e avvocato di Stanford Dr.ssa Simone Gold ha affermato nel corso di un’intervista sulla politicizzazione dell’idrossiclorochina a metà giugno che «non ci sono mai state controversie sull’idrossiclorochina fino al 20 marzo 2020» – giorno in cui il Presidente Trump ha definito l’idrossiclorochina un «elemento rivoluzionario» (minuto 3:42).

 

La Dr.ssa Gold e un gruppo di medici degli Stati Uniti hanno portato la loro frustrazione per i divieti di utilizzare l’idrossiclorochina sui gradini della Corte Suprema.

 

Nel video, i medici hanno ribadito l’efficacia di idrossiclorochina, azitromicina e zinco per la profilassi e la cura precoce del COVID-19 e hanno affermato che «nessuno deve morire». Il video ha ottenuto 17 milioni di visualizzazioni su Facebook e 80.000 su YouTube, prima che i colossi tech (più Twitter) lo eliminassero. I media mainstream hanno cercato di minare la credibilità dei dottori e, ironicamente, bollarli come troppo politicizzati.

Il medico e avvocato di Stanford Dr.ssa Simone Gold ha affermato nel corso di un’intervista sulla politicizzazione dell’idrossiclorochina a metà giugno che «non ci sono mai state controversie sull’idrossiclorochina fino al 20 marzo 2020» – giorno in cui il Presidente Trump ha definito l’idrossiclorochina un «elemento rivoluzionario»

 

Invece di promuovere l’uso di idrossiclorochina + azitromicina + zinco o altre terapie poco costose che hanno portato a risultati tangibili, Fauci (il «dottore d’America») continua a denigrare l’idrossiclorochina dipingendo un cupo scenario in cui «non si vede la luce» al quale chiusure e distanziamenti sociali ingiustificati sono l’unica risposta. Negli ultimi discorsi di Fauci, non si trovano accenni a terapie, tranne al pericoloso e costoso farmaco contro l’ebola Remdesivir prodotto dagli omologhi farmaceutici di Fauci. Testato in sperimentazioni finanziate dal NIAID, il Remdesivir non ha fornito risultati significativi nei pazienti affetti da COVID-19.

 

Fauci, l’uomo che ha il posto fisso al National Institute of Health dal 1968, ha minimizzato la sorprendente e insana perdita di milioni di posti di lavoro – quasi 50 milioni di americani hanno richiesto per la prima volta la disoccupazione fino a oggi – come un semplice «inconveniente».

 

In un discorso a fine luglio agli oncologi, l’unica ammissione di Fauci per tutto il caos provocato dal suo suggerimento di chiusura totale è stata che potrebbero verificarsi altre 10.000 morti per cancro per le visite a cui gli americani stanno forzatamente rinunciando. Il messaggio che dovrebbe essere altrettanto irritante per il pubblico americano è che la guerra di propaganda contro un farmaco potenzialmente salvavita è stata ingaggiata «per scopi politici e non si basa su “fatti medici”».

 

 

Il messaggio che dovrebbe essere altrettanto irritante per il pubblico è che la guerra di propaganda contro un farmaco potenzialmente salvavita è stata ingaggiata «per scopi politici e non si basa su “fatti medici”»

Il team di Children’s Health Defense

 

 

Traduzione di Alessandra Boni

 

 

© 30 luglio 2020, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

 

 

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Epidemie

Gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump non celebreranno più la Giornata mondiale contro l’AIDS

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Per la prima volta dal 1988, l’amministrazione statunitense ha deciso di non proclamare il 1º dicembre come «Giornata mondiale contro l’AIDS». Lo riporta il

 

In una circolare indirizzata al personale, il Dipartimento di Stato ha esplicitamente vietato l’impiego di risorse pubbliche per onorare tale ricorrenza.

 

La misura si inquadra in una linea direttiva più ampia che impone di «evitare di veicolare comunicazioni in occasione di qualsivoglia giornata commemorativa, ivi inclusa quella dedicata alla lotta contro l’AIDS».

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Ai funzionari è stato ordinato di «rinunciare a qualsivoglia promozione pubblica della Giornata mondiale contro l’AIDS tramite canali di diffusione, inclusi social network, apparizioni mediatiche, orazioni o altri annunci rivolti all’opinione pubblica».

 

«Una giornata di sensibilizzazione non costituisce una strategia», ha dichiarato al quotidiano il portavoce del dipartimento di Stato Tommy Pigott. «Sotto la presidenza Trump, il Dipartimento opera in sinergia con governi esteri per preservare vite umane e promuovere maggiore accountability e compartecipazione agli oneri».

 

In una nota ad ABC News, il portavoce della Casa Bianca Kush Desai ha liquidato il Presidential Advisory Council on HIV/AIDS (PACHA) come un «ente prevalentemente simbolico i cui componenti sono immersi in un’inutile kermesse di relazioni pubbliche, svincolata dal concreto impegno dell’amministrazione Trump contro HIV e AIDS».

 

Dall’esordio dell’epidemia negli anni Ottanta, circa 300.000 uomini gay negli Stati Uniti hanno perso la vita per complicanze legate all’AIDS.

 

Negli ultimi quarant’anni, a livello globale, oltre 44 milioni di individui sono deceduti per AIDS; nel 2024, la malattia ha causato circa 630.000 morti. Le cure per l’AIDS furono inizialmente oggetto di feroci critiche da parte degli stessi omosessuali, che si scagliavano apertamente contro l’allora figura principale della lotta alla malattia Anthony Fauci.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Fauci, mentre proponeva farmaci altamente tossici e faceva esperimenti allucinanti con gli orfani di Nuova York, arrivò a dire in TV che l’HIV era trasmissibile per «contatti domestici».

 

 

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Ora il tema dell’AIDS è più raramente utilizzato dalla comunità omosessuale, dove una frangia – i cosiddetti bugchasers e gift givers – si impegna incredibilmente nell’infezione volontaria del morbo. Grindr, l’app per incontro gay, per un periodo presentava pazzescamente su ogni profilo la spunta sulla sieropositività dell’utente.

 

Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa studio avanzato sul vaccino contro l’HIV in Africa condotto dalla multinazionale farmaceutica Johnson & Johnson era stato interrotto dopo che i dati hanno mostrato che le iniezioni offrivano solo una protezione limitata contro il virus. Lo studio era stato finanziato da Johnson & Johnson, dall’immancabile Bill and Melinda Gates Foundation e dal National Institutes of Health, la Sanità Nazionale USA dove il dominus (in realtà a capo del ramo malattie infettive) è Tony Fauci, che già in modo molto controverso – e fallimentare – si era occupato dell’AIDS allo scoppio dell’epidemia negli anni Ottanta.

 

Il premio Nobel Luc Montagnier sconvolse il mondo, attirandosi censure dei social tra fact checker e insulti, disse che analizzando al microscopio il SARS-nCoV-2 aveva notato delle strane somiglianze con il virus HIV – per la scoperta del quale Montagnier vinse appunto il Nobel. «Per inserire una sequenza HIV in questo genoma, sono necessari strumenti molecolari, e ciò può essere fatto solo in laboratorio» disse Montagnier in un’intervista per il podcast Pourquoi Docteur. Oltre a supportare l’allora screditatissima ipotesi del virus creato in laboratorio a Wuhan, Montagnier metteva sul piatto un’idea ancora più radicale: quella di un vaccino anti-AIDS come possibile origine del coronavirus.

 

Nel 2021 Moderna, azienda biotecnologica salita alla ribalta per il vaccino mRNA contro il COVID – il primo prodotto mai distribuito della sua storia aziendale – si era dichiarata pronta per iniziare la sperimentazione sugli esseri umani per il primo vaccino genico contro l’HIV. L’anno scorso era emerso che i test avevano riscontrato un effetto collaterale alla pelle, con una percentuale insolitamente alta di riceventi ha sviluppato eruzioni cutanee, pomfi o altre irritazioni cutanee.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Solo 1 tedesco su 7 con test PCR positivo aveva l’infezione da COVID

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Gli autori di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria che ha identificato un tasso di falsi positivi dell’86% per i test PCR per il COVID-19 hanno affermato che i loro risultati suggeriscono un «significativo sovrastima» delle infezioni da COVID-19 durante la pandemia. Entro la fine del 2021, il 92% dei tedeschi aveva già contratto un’infezione naturale, indicando un’immunità pressoché universale nella popolazione.   Secondo un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria, solo circa 1 test PCR positivo su 7 in Germania durante la pandemia di COVID-19 ha indicato un’effettiva infezione da coronavirus che ha innescato una risposta anticorpale.   Brian Hooker, Ph.D., direttore scientifico di Children’s Health Defense (CHD), ha definito «sbalorditivi» i risultati dello studio, che hanno evidenziato un tasso di falsi positivi dell’86%.   Lo studio ha inoltre rilevato che alla fine di dicembre 2020, quando sono stati distribuiti i vaccini contro il COVID-19 , circa il 25% dei tedeschi aveva già contratto l’infezione spontaneamente. Entro la fine del 2021, la percentuale è salita al 92%, indicando un’immunità pressoché universale nella popolazione.

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I test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni da COVID

Lo studio condotto da tre ricercatori tedeschi, pubblicato il mese scorso su Frontiers in Epidemiology, ha utilizzato due modelli matematici per analizzare quanto i risultati dei test PCR fossero allineati con i risultati degli esami del sangue per la ricerca degli anticorpi SARS-CoV-2.   I risultati si basano sui dati ottenuti da laboratori accreditati in Germania che hanno gestito circa il 90% dei test PCR nel Paese da marzo 2020 all’inizio del 2023 e che hanno anche eseguito test del sangue per la ricerca di anticorpi (IgG) fino a maggio 2021.   I ricercatori, Michael Günther, Ph.D.Robert Rockenfeller, Ph.D., e Harald Walach, Ph.D., hanno affermato che i loro modelli hanno allineato i dati dei test PCR che rilevano «piccole porzioni di materiale genetico virale nel naso o nella gola» e i test sugli anticorpi che mostrano se il sistema immunitario di una persona «ha risposto a un’infezione reale settimane o mesi prima».   Hanno detto al Defender:   «Quando abbiamo confrontato il numero di positivi alla PCR con i risultati successivi degli anticorpi, solo circa 1 persona su 7 positiva alla PCR ha mostrato il tipo di risposta immunitaria che indica una vera infezione. Con ipotesi conservative, la percentuale potrebbe essere più vicina a 1 su 10».   La loro analisi ha anche mostrato che entro la fine del 2021, «quasi tutti» in Germania erano stati «contagiati, vaccinati o entrambi».   Secondo il modello matematico dello studio, il dato di 1 su 7 relativo al test PCR è «quasi perfettamente» in linea con un tasso di immunità dell’intera popolazione a fine anno del 92%.   I ricercatori hanno spiegato che i test sugli anticorpi «ci dicono che una persona è stata infettata in un momento qualsiasi dell’ultimo anno circa», mentre un risultato positivo al test PCR può indicare un’infezione, o «una breve esposizione senza infezione, frammenti virali residui o un rilevamento a livelli molto bassi che non portano mai alla malattia».   Hanno affermato che il loro studio ha dimostrato che solo circa il 14% dei test PCR positivi corrispondeva a infezioni reali che avevano attivato gli anticorpi IgG, il che suggerisce che i test PCR hanno portato a un «significativo sovrastima» delle infezioni.

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I test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi»

I critici delle politiche ufficiali sul COVID-19 hanno spesso citato la dipendenza dai test PCR e le incongruenze nelle soglie virali utilizzate per generare un risultato «positivo» del test.   Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso il CHD, ha affermato che i test PCR sono uno strumento inaffidabile per rilevare e tracciare le epidemie di malattie infettive. Ha citato un incidente del 2006 al Dartmouth-Hitchcock Medical Center, dove una presunta epidemia di pertosse ha portato a 134 risultati positivi ai test.   «Sono state distribuite oltre 1.300 prescrizioni di antibiotici e 4.500 persone sono state vaccinate profilatticamente», nonostante non ci fossero «casi confermati in laboratorio». L’ uso improprio dei test PCR ha portato le autorità sanitarie a dichiarare falsamente un’epidemia, ha affermato.   Un test PCR «non è un test diagnostico per una popolazione», ha affermato Jablonowski. «È meglio usarlo come test di conferma, essenzialmente per rispondere alla domanda “Quale virus ti ha infettato?” e non “Sei infetto?”».   I ricercatori tedeschi hanno affermato che i loro risultati non indicano che la tecnologia PCR sia «imperfetta come metodo di laboratorio». Tuttavia, lo studio dimostra che il modo in cui i test PCR sono stati utilizzati per i test di massa durante la pandemia «non ha indicato in modo affidabile quante persone siano state effettivamente infettate».   Hanno affermato che i test PCR rilevano in modo affidabile frammenti di DNA virale, anche in «quantità estremamente piccole» che «non rappresentano alcun rischio di infezione», ma non sono in grado di stabilire se il virus si sta replicando nell’organismo.   I risultati positivi non dovrebbero essere utilizzati «come indicatori di infezione», perché i test PCR di massa «aumentano la quota relativa di falsi positivi», hanno concluso i ricercatori.

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I test PCR di massa hanno causato «danni sociali, economici e personali non necessari»

L’affidamento dei governi ai risultati dei test PCR per monitorare i livelli di infezione da COVID-19 ha portato a restrizioni legate alla pandemia che hanno contribuito a «danni sociali, economici e personali non necessari», hanno affermato i ricercatori.   I governi hanno utilizzato i risultati dei test PCR per giustificare rigide restrizioni, nonostante le agenzie sanitarie pubbliche avessero accesso a dati di test sugli anticorpi di qualità superiore.   «Erano disponibili informazioni migliori di quelle comunicate pubblicamente», hanno affermato i ricercatori. Ciò ha sollevato «seri interrogativi sulla trasparenza e sul fatto che le politiche fossero basate sui dati più informativi disponibili».   Jablonowski ha affermato che nei primi giorni della pandemia, i test PCR hanno probabilmente fornito un quadro più accurato della diffusione dell’infezione, poiché i kit per i test erano scarsi e venivano quindi utilizzati su coloro che avevano maggiori probabilità di essere infettati.   Ma man mano che i test diventavano più facilmente disponibili, «venivano utilizzati su persone asintomatiche e obbligatori per i ricoveri ospedalieri, i viaggi aerei, i datori di lavoro e molte altre attività ad accesso controllato», ha affermato Jablonowski.   Gli autori dello studio tedesco hanno affermato che un approccio più scientificamente valido avrebbe incluso dati più accurati sui test PCR che mostravano i risultati in proporzione al numero di test eseguiti, un monitoraggio di routine dei livelli di anticorpi nella popolazione e una «comunicazione trasparente… che indicasse chiaramente cosa la PCR può e non può misurare».   «Questo insieme di pratiche… dovrebbe guidare le future politiche di sanità pubblica», hanno affermato i ricercatori.   Documenti del governo tedesco trapelati lo scorso anno suggerivano che la risposta ufficiale del Paese alla pandemia di COVID-19 si basava su obiettivi politici e che le contromisure e le restrizioni raccomandate dalla Germania spesso contraddicevano le prove scientifiche.   Durante un’intervista del 2022 al podcast «RFK Jr. The Defender Podcast» di Robert F. Kennedy Jr., il matematico Norman Fenton, Ph.D., ha affermato che i funzionari governativi di tutto il mondo hanno manipolato i dati dei test PCR per esagerare l’entità della pandemia.   Jablonowski ha affermato che «l’isteria dei test PCR obbligatori ha preparato la mentalità della popolazione alle vaccinazioni obbligatorie che sarebbero arrivate. I test non avevano nulla a che fare con la salute della popolazione, ma solo con il controllo della popolazione».   I test PCR per il COVID-19 sono molto meno diffusi oggi rispetto al picco della pandemia. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che il loro studio «è importante oggi perché l’errore strutturale che rivela – trattare i positivi alla PCR come infezioni – non è stato corretto».   «Dato che ci troviamo di fronte a nuovi agenti patogeni, come l’influenza aviaria , affidarci solo alla PCR rischia di ripetere gli stessi errori», hanno affermato i ricercatori.

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Risposta «polarizzata», poiché i risultati «mettono in discussione le ipotesi che hanno plasmato la politica pandemica»

I ricercatori hanno affermato di aver incontrato «notevoli difficoltà» nel pubblicare il loro articolo. Tra queste, il rifiuto da parte di altre sei riviste, di cui solo due hanno inviato il manoscritto per la revisione paritaria.   Queste riviste hanno cercato di «proteggere la narrativa prevalente, piuttosto che affrontare il nocciolo della nostra analisi», hanno affermato i ricercatori.   I ricercatori hanno affermato che due dei tre revisori originali di Frontiers in Epidemiology «si sono ritirati dai loro incarichi». Ciò ha costretto la redazione a reclutare un quarto revisore, ritardando la pubblicazione dell’articolo.   La risposta all’articolo è stata «polarizzata», hanno affermato. «Alcuni lettori hanno accolto con favore il confronto quantitativo dei dati PCR e IgG, ritenendolo in ritardo, mentre altri hanno messo in dubbio le implicazioni dello studio o hanno tentato di liquidarlo senza approfondire la metodologia di base».   Ciò non sorprende, «dato che i risultati mettono in discussione i presupposti che hanno plasmato la politica pandemica», hanno affermato.   Michael Nevradakis Ph.D.   © 26 novembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.  

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Epidemie

Il CDC chiude i laboratori con scimmie tra i timori della tubercolosi

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Il CDC, l’ente nazionale USA per il controllo epidemico, porrà fine a ogni indagine su primati non umani svolta nelle sue sedi, costituendo la prima occasione dal ritiro degli scimpanzé da parte dei National Institutes of Health nel 2015 in cui un’agenzia sanitaria federale di primo piano ha decretato la cessazione totale di un proprio protocollo interno sulle scimmie. Lo riporta la rivista Science.

 

Tale determinazione coinvolge approssimativamente 200 macachi alloggiati nel complesso di Atlanta dei CDC. Un portavoce dell’agenzia ha attestato a Bloomberg che si sta approntando un programma di smantellamento, pur astenendosi dal delineare scadenze precise o sul destino degli esemplari.

 

La scelta matura all’indomani di lustri di contestazioni da parte di associazioni per la tutela animale e taluni ricercatori, i quali lamentano che i paradigmi su scimmie abbiano generato un apporto traslazionale scarso, soprattutto nella elaborazione di sieri anti-HIV, ove decine d’anni di analisi su primati non hanno ancor prodotto un rimedio omologato. I CDC hanno invocato tanto sensibilità etiche quanto un viraggio tattico verso opzioni antropomorfe, come sistemi organ-on-a-chip, colture cellulari evolute e simulazioni algoritmiche, quali elementi cardine della risoluzione.

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In via distinta, i CDC hanno affrontato episodi di vulnerabilità biosicurezza legati a primati importati. Archivi interni scrutinati dall’organizzazione animalista PETA rivelano che, dal 2021 al 2024, i vagli di quarantena hanno smascherato 69 episodi di tubercolosi nei macachi in transito, con ulteriori 16 occorrenze scoperte post-liberazione verso i laboratori.

 

«La PETA ha allertato i CDC sin dal 2022 che il loro circuito di importazione di scimmie configura una mina vagante per la tubercolosi», ha dichiarato la dottoressa Lisa Jones-Engel, consulente scientifico per la sperimentazione sui primati della PETA. «Nondimeno, la loro ostinata miopia ha consentito a un pericolo biosicuro manifesto di infiltrarsi negli Stati Uniti. Invitiamo i CDC a interrompere l’afflusso di scimmie nei laboratori, a tutela della salute collettiva, della validità scientifica e degli stessi primati».

 

La dismissione progressiva si allinea a iniziative federali più estese per comprimere la sperimentazione su animali. Ratificato nel 2022, il Modernization Act 2.0 della Food and Drug Administration (FDA) ha soppresso l’esigenza di prove animali preliminari alla sperimentazione umana, mentre NIH, EPA e FDA hanno esteso gli stanziamenti per metodiche prive di impiego animale.

 

«Questa svolta è epocale. Per la prima volta, un ente statunitense opta per una scienza contemporanea e umana anziché per un apparato obsoleto di test su scimmie», ha esultato Janine McCarthy, direttrice facente funzioni delle politiche di ricerca al Physicians Committee for Responsible Medicine. «Ora i CDC dovrebbero destinare quei budget alla ricerca antropocentrica e assicurare che queste scimmie siano ricollocate in santuari per il resto dei loro giorni».

 

«I CDC hanno appena trasmesso un segnale all’intero ecosistema biomedico: l’epoca degli esperimenti su scimmie è conclusa», ha soggiunto McCarthy.

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