Fertilità
Dottoressa si vaccina incinta alla 14ª settimana. Poi ha un aborto spontaneo
Uno screenshot sta circolando nei social e nelle app di messaggistica: si tratta di un tweet di una utente che si definisce MD, che è l’acronimo da apporre al proprio nome negli USA per indicare di essere un medical doctor.
Renovatio 21 non farà il suo nome, ma ha potuto verificare che l’account quantomeno esiste – anche se ora pare sia stato reso privato. Il primo dei tweet, quello in cui la dottoressa annunziava l’avvenuta vaccinazione alla 14ª settimana, è stato citato anche in un articolo di una testata di sinistra che si domandava quanto il vaccino anti-COVID possa essere compatibile con le donne incinte.
«Incinta alla 14ª settimana è completamente vaccinata! Ho fatto il vaccino COVID per proteggere me stessa, il mio bambino, la mia famiglia, i miei pazienti e la mia comunità!»
«Incinta alla 14ª settimana è completamente vaccinata! Ho fatto il vaccino COVID per proteggere me stessa, il mio bambino, la mia famiglia, i miei pazienti e la mia comunità! Quando sarà disponibile per te, ti incoraggio a fare lo stesso!» twittava la dottoressa il 28 gennaio 2021.
Pochi istanti dopo, rincarava: «come medico, io sento la responsabilità di proteggere i pazienti di cancro che vedo ogni giorno, specialmente quelli immunodepressi dalle loro terapie. Noi dovremmo essere esempi di distanziamento sociale, uso di mascherine, e vaccinazione!».
«Inoltre, come esseri umani, abbiamo la responsabilità di fare quello che è meglio per le nostre comunità e per gli altri».
«Comunico che ho avuto un aborto spontaneo a 14 settimane e mezzo»
Il 4 febbraio 2021, la dottoressa posta un tragico tweet: «sono sempre stata aperta riguardo alla mia viaggio medico nella maternità, ed è con il cuore pesante che comunico alla mia famiglia Twitter che ho avuto un aborto spontaneo a 14 settimane e mezzo. Mio marito ed io siamo devastati, ma benedetti dall’aver l’un l’altra e la nostra dolce Eva. Riposa in pace, angelo».
Altri articoli sul caso sono stati cancellati. Nemmeno uno che scriva «nessuna correlazione».
La cifra antinatalista, anticoncezionale, antiumana del vaccino COVID emerge ogni giorno di più.
La cifra antinatalista, anticoncezionale, antiumana del vaccino COVID emerge ogni giorno di più.
L’ex vicepresidente e direttore scientifico della Pfizer, il dottor Michael Yeadon, ha ipotizzato in una lettera all’Agenzia Europea del Farmaco che il vaccino Pfizer possa essere altamente lesivo per le donne gravide.
Le prime istruzioni di sicurezza prodotte dal governo britannico per un nuovo vaccino contro il coronavirus indicano che non dovrebbe essere usato da madri e bambini in gravidanza o che allattano. L’OMS ha dato un mese fa linee guida molto simili.
Fertilità
Un nuovo studio collega il vaccino contro il COVID al forte calo delle nascite
Un nuovo studio pubblicato dal docente norvegese Jarle Aarstad dell’Institute of Economics and Business, Inland Norway University of Applied Sciences collega la somministrazione dei vaccini anti-COVID-19 a un calo significativo delle nascite negli Stati Uniti.
Secondo l’analisi, condotta su dati del CDC relativi a vaccinazioni e nati vivi in 566 contee (circa 260 milioni di abitanti), nel 2023 si sono registrati negli USA quasi 70.000 nati vivi in meno rispetto a quanto atteso in assenza di vaccinazione di massa. Estrapolando il risultato all’intera popolazione, il ricercatore attribuisce alla campagna vaccinale una riduzione di circa del 2% dei nati vivi e un corrispondente calo di 0,03 punti nel tasso di fertilità totale (TFR), passato da 1,65 nel 2022 a 1,62 nel 2023.
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Lo studio conclude che la flessione osservata tra il 2022 e il 2023 è imputabile in misura preponderante all’effetto dei vaccini, mentre fattori strutturali tradizionali (inflazione, costo degli alloggi, partecipazione femminile al lavoro, carenza di servizi per l’infanzia, età media al primo figlio) non mostrano variazioni sufficienti a giustificare da soli un anno all’altro un calo di tale entità.
Il meccanismo biologico responsabile non è ancora chiarito: l’autore lascia aperta l’ipotesi di un aumento di infertilità temporanea o permanente nelle donne vaccinate oppure di un incremento di aborti spontanei e nati morti. Durante il biennio 2021-2022 numerosi reparti ostetrici statunitensi avevano segnalato un anomalo incremento di feti morti in utero.
Nel 2024 il TFR americano è ulteriormente sceso al minimo storico di 1,60, alimentando il timore che parte dei danni alla fertilità femminile possa rivelarsi irreversibile.
Lo studio sottolinea che, a differenza di altri determinanti demografici (livello di istruzione, età al matrimonio, scelta di non avere figli) che rientrano nella sfera della libera decisione individuale, la vaccinazione anti-COVID è stata in molti casi imposta o fortemente incentivata da datori di lavoro, enti pubblici e misure governative, limitando di fatto la libertà di scelta di decine di milioni di cittadini.
I dati completi della ricerca sono stati resi pubblici e sono attualmente in fase di revisione paritaria.
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Fertilità
Un ingrediente comune presente in shampoo e lozioni può compromettere la fertilità femminile per generazioni
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- Meno follicoli ovarici, che contengono cellule uovo immature.
- Aumento dell’atresia follicolare, ovvero più follicoli muoiono o si rompono prima di poter rilasciare un ovulo maturo.
- Cellule uovo di qualità inferiore, che non sono sane o non funzionano come dovrebbero per maturare e promuovere la normale crescita dell’embrione.
- Livelli più bassi di ormone antimulleriano, un indicatore chiave della fertilità femminile e della riserva ovarica.
- Una maggiore morte delle cellule ovariche specializzate (cellule della granulosa) è essenziale per lo sviluppo degli ovuli, contribuendo a ridurre i livelli dell’ormone antimulleriano e a ridurre la quantità di ovuli sani.
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Fertilità
I leggings stanno facendo diventare le donne sterili?
Da anni i leggings – che un tempo si chiamavano fuseaux, o «fusò» nei cartelli delle bancarelle nei mercati cittadini – dominano il guardaroba occidentale da decenni. Indossati al supermercato, nei locali o durante la messa domenicale, sono diventati il simbolo della moda «athleisure»: pratica, comoda e onnipresente. Tuttavia, ciò che per molte donne rappresenta una scelta di libertà e comfort, potrebbe nascondere un lato meno noto e potenzialmente preoccupante.
Molti dei modelli dei marchi più venduti sono realizzati in tessuti sintetici come poliestere, nylon o elastan (spandex). Materiali che offrono elasticità e resistenza, ma che, secondo alcuni studi, potrebbero interferire con il sistema ormonale e la fertilità.
Uno dei riferimenti più citati è una ricerca condotta alcuni decenni fa su animali: a un gruppo di cagne furono fatti indossare «pantaloni» in tessuti diversi – 100% poliestere, 100% cotone, lana e miscele poliestere-cotone. I risultati mostrarono che circa il 75% delle femmine vestite con indumenti in poliestere non rimase incinta, mentre quelle in cotone o lana registrarono un tasso di gravidanza del 100%.
Secondo i ricercatori, il poliestere e le sue miscele avrebbero generato un campo elettrostatico in grado di interferire con la comunicazione ormonale, effetto però reversibile dopo la rimozione del tessuto.
Un esperimento simile, condotto su cani maschi, ha evidenziato una riduzione della conta spermatica nei soggetti che indossavano biancheria in poliestere. In alcuni casi, i valori si sono normalizzati nel tempo; in altri, le alterazioni sono risultate più persistenti.
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Da qui il dubbio: se i tessuti sintetici possono influire sulla fertilità animale, è possibile che abbiano effetti analoghi sull’essere umano?
Il nylon, altro materiale comune nei leggings e nell’abbigliamento sportivo, è noto per rilasciare microplastiche che possono penetrare nell’organismo attraverso la pelle. Studi recenti suggeriscono che tali particelle possano alterare gli ormoni e danneggiare la qualità degli ovuli e dello sperma.
Inoltre, molti tessuti sintetici vengono trattati con ftalati, PFAS e coloranti — sostanze chimiche classificate come interferenti endocrini. «Alti livelli di questi composti sono stati associati a tempi più lunghi per concepire, scarsa qualità degli ovuli e dello sperma e rischio di aborto spontaneo», spiega la dottoressa Lora Shahine, esperta di fertilità.
In un contesto in cui la fertilità è già messa alla prova da fattori come lo stress, l’età sempre più avanzata della maternità, l’obesità o le infezioni sessualmente trasmissibili, l’iniezione mRNA COVID, anche l’abbigliamento potrebbe giocare un ruolo minore ma non trascurabile.
Chi desidera «vestirsi bene anche per la salute», dunque, potrebbe valutare un ritorno ai materiali naturali: cotone, lino o lana. Forse meno elastici, ma – secondo alcune ricerche – decisamente più amici della fertilità.
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