Economia
Deutsche Bank: gli USA sono destinati alla recessione

La Federal Reserve ha interrotto la sua marcia verso tassi di interesse più elevati sulla scia di un rapporto che mostra il tasso di inflazione più basso in oltre due anni, ma gli economisti hanno avvertito che probabilmente si trattava solo di una pausa, poiché molti segnali indicano che l’inflazione in alcuni settori rimane un grande problema.
Mentre il rapporto di mercoledì della Fed ha fornito previsioni più elevate per la crescita economica nel resto del 2023, ha comunque lasciato quasi intatte le sue previsioni per l’ulteriore futuro. Gli economisti si sono divisi sulla questione del percorso dell’economia americana, viste le sue insolite caratteristiche di alta inflazione e bassa disoccupazione, ma per Deutsche Bank, una delle più grandi entità finanziarie del mondo, non c’è dubbio: gli Stati Uniti sono destinati alla recessione.
«Gli Stati Uniti si stanno dirigendo verso il loro primo vero ciclo di boom-bust guidato dalla politica in almeno quattro decenni», ha affermato David Folkerts-Landau, capo economista di Deutsche Bank, in un rapporto minacciosamente intitolato «The Clock is Ticking», cioè l’«orologio ticchetta».
«L’inflazione che vediamo è stata indotta in gran parte dalla politica fiscale e monetaria espansiva e dagli aggressivi aumenti dei tassi necessari per domarli che ora si sono concretizzati. Evitare un atterraggio duro sarebbe storicamente senza precedenti».
Secondo la banca, una «moderata recessione» dovrebbe colpire all’inizio del 2024, portando a una contrazione economica dello 0,4% quell’anno.
Più immediatamente, Deutsche si aspetta che la Federal Reserve riprenda i suoi aumenti dei tassi il mese prossimo, dopo aver rifiutato di farlo all’inizio di questa settimana.
«Sebbene siano stati compiuti alcuni progressi per portare il mercato del lavoro in un migliore equilibrio e ridurre l’inflazione, entrambi rimangono lontani dagli obiettivi della Fed», ha affermato, unendosi a una posizione ampiamente condivisa da altri economisti.
Entro ottobre 2023, Deutsche prevede che la spesa dei consumatori sarà notevolmente rallentata man mano che i risparmi in eccesso si esauriranno, ed entro la fine dell’anno prevede che la disoccupazione supererà il 4% rispetto al suo tasso attuale del 3,7%.
All’inizio del 2024, si prevede che il tasso di disoccupazione raggiungerà il 4,5%.
Dopo la recessione, Deutsche prevede che la Fed ridurrà rapidamente i tassi di interesse con la stessa intensità con cui li ha alzati, a partire da marzo 2024.
Tuttavia, le cose potrebbero andare anche peggio se il conflitto in Ucraina si intensificasse ulteriormente o se nei prossimi mesi scoppiasse un conflitto tra Stati Uniti e Cina.
«Un altro rischio è un forte evento El Niño che porti a nuove pressioni inflazionistiche dovute all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari», afferma il rapporto della banca.
Detto questo, Deutsche ha affermato che l’investimento nell’intelligenza artificiale potrebbe diventare un importante motore economico nei prossimi anni, ma che ci vorranno alcuni anni prima che quella tecnologia maturi abbastanza da essere di beneficio economico.
«Date le scarse prospettive cicliche, la bassa produttività e il calo demografico, abbiamo un disperato bisogno di una nuova fonte di crescita», afferma il rapporto.
Come riportato da Renovatio 21, un rapporto di Deutsche Bank dell’ultimo mese ha parlato di una «imminente ondata di default». L’anno scorso aveva previsto una contrazione del 3% in Europa.
Tre mesi fa il titolo della stessa Deutsche era crollato facendo pensare ad un collasso della banca tedesca, che seguiva il caos bancario internazionale che aveva portato al crollo di Credit Suisse e alla sua fusione con UBS.
Aveva destato scalpore quando emerse che Deutsche Bank stava prevedendo l’uso del legno come combustibile per l’inverno 2022.
Immagine di Kidfly182 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Economia
l dollaro USA tocca il minimo degli ultimi 30 anni nelle riserve estere globali

La quota del dollaro statunitense nelle riserve valutarie globali è scesa al livello più basso degli ultimi trent’anni nel secondo trimestre dell’anno, ha dichiarato mercoledì il Fondo monetario internazionale (FMI).
Il biglietto verde ha rappresentato il 56,3% delle riserve allocate tra aprile e giugno, in calo di 1,5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e la percentuale più bassa dal 1995, sebbene il calo sia stato dovuto in gran parte alle oscillazioni valutarie piuttosto che alle vendite attive delle banche centrali, si legge nel rapporto.
«Gli effetti del tasso di cambio hanno determinato quasi interamente il calo della quota di riserve valutarie della valuta statunitense», hanno scritto i ricercatori del FMI Glen Kwende, Erin Nephew e Carlos Sanchez-Munoz. Hanno stimato che circa il 92% del calo sia dovuto a variazioni di valutazione.
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Secondo il FMI, nel periodo in questione il dollaro è scivolato del 9% rispetto all’euro, dell’11% rispetto al franco svizzero e del 6% rispetto alla sterlina, appesantito dagli aumenti dei dazi doganali del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dalle sue pressioni sulla Federal Reserve affinché tagliasse i tassi e dalle modifiche fiscali che hanno aumentato il deficit approvate il 4 luglio.
Alla fine di giugno, le riserve valutarie complessivamente allocate ammontavano a 12,03 trilioni di dollari.
Nella prima metà del 2025, il dollaro è sceso di oltre il 10% rispetto alle principali valute, segnando il peggior inizio d’anno dal 1973. La flessione registrata è in contrasto con il ruolo tradizionale del dollaro come bene rifugio.
La a tendenza è stata sempre più sostenuta dai membri dei BRICS, che hanno abbandonato l’utilizzo delle valute occidentali per gli accordi commerciali.
Le principali economie dei BRICS hanno già iniziato a ridurre la dipendenza dal dollaro, poiché la trasformazione del biglietto verde in un’arma attraverso le sanzioni ha spinto le aziende a cercare opzioni di pagamento alternative.
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Economia
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Economia
Gli Stati Uniti «pronti a sostituire» tutto il gas e il petrolio russo nell’UE

Gli Stati Uniti sono pronti a rimpiazzare tutto il gas e il petrolio russi destinati all’UE, ha dichiarato il Segretario all’Energia Chris Wright, sostenendo che il dominio americano sul mercato potrebbe contribuire a porre fine al conflitto in Ucraina.
In un’intervista rilasciata mercoledì a Fox News, Wright ha lodato il blocco europeo per i suoi sforzi nel ridurre gradualmente l’uso dell’energia russa, ma ha osservato che «non è così veloce come vorremmo».
«L’America è pronta oggi a sostituire tutto il gas russo destinato all’Europa e tutti i prodotti raffinati russi derivati dal petrolio», ha affermato Wright. Ha aggiunto di aver condotto numerosi colloqui con i leader dell’UE per rassicurarli sulla realizzabilità di questa proposta.
«Siamo pronti a soddisfare le loro esigenze. E l’agenda del presidente Trump è la pace. Per ottenere la pace, dobbiamo affamare [il presidente russo Vladimir] Putin», ha dichiarato Wright, riferendosi ai profitti derivanti dalle esportazioni energetiche.
L’UE ha annunciato l’intenzione di affrancarsi dall’energia russa a seguito dell’escalation del conflitto in Ucraina nel 2022, con l’obiettivo di interrompere le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) russo entro la fine del 2027. Wright, tuttavia, ha sottolineato che gli Stati Uniti potrebbero agire «molto più rapidamente» per sostituirlo.
Tuttavia, Ungheria e Slovacchia, membri del blocco, si sono opposte ai piani di taglio dei legami energetici con la Russia, citando la loro forte dipendenza dalle forniture russe e l’adattamento delle loro infrastrutture all’energia proveniente da quel paese.
L’iniziativa di Wright si inserisce nel contesto delle pressioni di Trump su UE, India e Cina affinché cessino gli acquisti di petrolio russo, presentando la mossa come un tentativo di favorire un possibile accordo di pace in Ucraina. Mosca ha criticato questa iniziativa, sostenendo che le nazioni sovrane hanno il diritto di scegliere i propri partner commerciali.
La Russia ha inoltre affermato che la preferenza dell’UE per un GNL più costoso sta danneggiando i consumatori. «Ciò ha comportato un ulteriore onere per i bilanci [europei] e, di conseguenza, per le tasche dei contribuenti», ha dichiarato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana è emerso che l’’UE ha speso 8,7 miliardi di euro in importazioni dalla Russia in tre mesi.
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Come riportato da Renovatio 21, sette mesi fa era emerso che, ancora una volta, le importazioni UE di gas russo aumentano grandemente.
Il Cremlino ha lamentato a fine 2024 che gli USA avrebbero tentato di bloccare le esportazioni di gas russo verso la UE, che non ha mai in verità fermato gli acquisti. Diverse nazioni dell’UE, tra cui Austria, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Italia, continuano a fare affidamento sul gas russo per soddisfare il loro fabbisogno energetico e non hanno smesso di acquistare la materia prima nonostante le pressioni dei pari all’interno del blocco – vi sarebbe anche vari casi in cui la quantità di gas russo importato è, invece che diminuita, aumentata, con panico di personaggi come certi deputati neerlandesi.
Il Regno di Spagna rimane uno dei principali importatori di gas russo. Secondo il vice ministro russo Aleksandr Novak, la Russia triplicherà le esportazioni di gas entro il 2030.
Come riportato da Renovatio 21, il Regno del Belgio ha chiesto che la UE vieti del tutto l’idrocarburo di Mosca. L’Austria ha invece richiesto una revisione del divieto europeo del gas russo; alcuni politici tedeschi pure.
La settimana scorsa è giunto l’ultimatum del presidente americano Donald Trump che ha intimato agli alleati NATO di non più comprare petrolio dalla Federazione russa.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa è emerso che gli USA acquistavano petrolio russo nonostante il divieto di importazione.
Due settimane fa il presidente ucraino Zelens’kyj ha dichiarato che non consentirà il transito verso la Slovacchia di petrolio e gas nella tratta ucraina degli oleodotti qualora essi fossero di origine russa.
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Immagine di dominio pubblico CC0 via Wikimedia
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