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Epidemie

Chi è Tedros, il direttore generale dell’OMS?

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Chi è Tedros Adhanom, diretto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità?

 

All’apparenza sembra che il direttore generale dell’OMS abbia agito prontamente e seriamente all’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del coronavirus in Cina. Ha incontrato i leader cinesi per discutere della situazione e il 30 gennaio, dopo il suo discorso a Pechino e le riunioni con il corpo consultivo, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che il coronavirus è un’«Emergenza per la Salute Pubblica Mondiale» (PHEIC, Public Health Emergency of International Concern).

Esistono molte questioni ancora aperte sulla diffusione del nuovo Coronavirus (COVID-19)

 

Quello che l’OMS ha fatto, e in particolare le affermazioni del Direttore Generale, lasciano intendere che sia mosso motivazioni ben diverse dalla tutela della salute mondiale.

 

Esistono molte questioni ancora aperte sulla diffusione del nuovo Coronavirus (COVID-19), notato per la prima volta nel dicembre 2019 nella città di Wuhan, Cina centrale.

Oggi, i principali finanziatori dell’OMS sono la Fondazione Gates e la Gavi Alliance per i vaccini. Con le spalle coperte da personaggi del calibro di Gates e Clinton, non sorprende che Tedros sia riuscito, dopo una parentesi come Ministro degli Esteri etiope, ad ottenere la posizione di Direttore Generale dell’OMS, nonostante fosse il primo non medico a ricoprire tale ruolo

 

Intorno al 20 gennaio, gravi casi di disturbi respiratori si erano diffusi a tale velocità da costringere Pechino a prendere decisioni drastiche, tra cui la cancellazione della principale festività, il Capodanno Cinese, e imporre un cordone sanitario intorno a Wuhan, città che conta 11 milioni di abitanti, nel disperato tentativo di arginare qualunque cosa si stesse diffondendo. La quarantena è stata imposta dopo che almeno 5 milioni di residenti erano già in viaggio per far visita ad amici e parenti per la lunga vacanza.

 

Il 28 gennaio Tedros ha incontrato a Pechino il presidente Xi Jinping per discutere la situazione.

 

Il 30 gennaio Tedros ha dichiarato che la situazione del Coronavirus in Cina era da considerarsi una «Emergenza per la Salute Pubblica Mondiale» (PHEIC), ma è trascorsa un’intera settimana prima che fosse decretata la chiusura di Wuhan.

 

Un tale isolamento non si era mai verificato nella storia moderna.

 

Nel giorno in cui Wuhan è stata sigillata dalle autorità, Gauden Galea, rappresentante cinese dell’OMS, ha dichiarato a Reuters: «Il blocco di 11 milioni di persone non ha precedenti nella storia della salute pubblica, quindi per certo non si tratta di una raccomandazione dell’OMS».

«Il blocco di 11 milioni di persone non ha precedenti nella storia della salute pubblica, quindi per certo non si tratta di una raccomandazione dell’OMS»

 

Quando Tedros arrivò in Cina, il Direttore Generale aveva solo parole di encomio per le straordinarie misure adottate dal governo di Pechino per arginare i contagi.

 

Nel quartier generale dell’OMS a Ginevra, Tedros annunciò che la Cina aveva «stabilito un nuovo standard» nella gestione dell’epidemia. «Stanno facendo molto di più di quanto sia richiesto», affermò.

 

Tedros ha asserito che i paesi non possono vietare i viaggi aerei in Cina come precauzione

Poi, inspiegabilmente, ha asserito che i paesi non possono vietare i viaggi aerei in Cina come precauzione. Ha dichiarato: «Non è il momento di giudicare … è il momento della solidarietà, non della stigmatizzazione», rifiutando di appoggiare le limitazioni ai viaggi e ai commerci verso la Cina.

 

Cosa possa significare non è del tutto chiaro, ma stava chiaramente cercando di frenare la risposta mondiale in un momento critico. In qualità di principale autorità sanitaria internazionale, l’OMS influenza in modo considerevole le risposte dei paesi a simili minacce per la salute della popolazione. Questa considerazione rende degna di nota la condanna delle restrizioni dei viaggi aerei verso la Cina. Tutto questo solleva questioni sull’agenda nascosta dell’OMS.

L’OMS influenza in modo considerevole le risposte dei paesi a simili minacce per la salute della popolazione

 

Chi è Tedros dell’OMS

Tedros Adhanom Ghebreyesus venne eletto Direttore Generale dell’OMS nel 2017 al posto della controversa Dr.ssa Margaret Chan di Hong Kong.

 

È il primo africano a dirigere l’agenzia sanitaria e il primo a non essere un medico. Secondo Wikipedia, ha una laurea in biologia conseguita all’Università di Asmara, Eritrea. Dopo la laurea aveva servito in ruoli minori all’interno del Ministero della Sanità durante la dittatura marxista di Mengistu. Dopo la caduta del dittatore nel 1991, Tedros si trasferì nel Regno Unito dove conseguì la specializzazione in Salute delle Comunità all’Università di Nottingham nel 2000 con una dissertazione intitolata «Gli effetti delle dighe nella trasmissione della malaria nella regione del Tigray, Etiopia del nord».

 

Divenne poi Ministro della Salute dal 2005 al 2012 sotto il Primo Ministro Meles Zenawi. Ebbe l’occasione di incontrare l’ex presidente americano Bill Clinton e iniziò una stretta collaborazione con la Clinton Foundation e la Clinton HIV/AIDS Initiative (CHAI). Sviluppò anche una stretta relazione con la Fondazione Bill e Melinda Gates. In qualità di Ministro della Salute, Tedros presiedeva anche il Fondo Globale per la Lotta ad AIDS, Tubercolosi e Malaria, creato insieme alla Fondazione Gates. La storia del Fondo Globale è costellata da scandali di frode e corruzione.

Tedros bbe l’occasione di incontrare l’ex presidente americano Bill Clinton e iniziò una stretta collaborazione con la Clinton Foundation e la Clinton HIV/AIDS Initiative (CHAI). Sviluppò anche una stretta relazione con la Fondazione Bill e Melinda Gates

 

Oggi, i principali finanziatori dell’OMS sono la Fondazione Gates e la Gavi Alliance per i vaccini. Con le spalle coperte da personaggi del calibro di Gates e Clinton, non sorprende che Tedros sia riuscito, dopo una parentesi come Ministro degli Esteri etiope, ad ottenere la posizione di Direttore Generale dell’OMS, nonostante fosse il primo non medico a ricoprire tale ruolo.

 

Nei tre anni di campagna per ottenere il ruolo all’OMS, venne accusato di aver nascosto tre gravi epidemie di colera mentre era Ministro della Salute in Etiopia, minimizzando i casi come “dissenteria liquida acuta” (AWD) – sintomo del colera – nel tentativo di sminuire la portata dell’epidemia, accuse che ha respinto in toto.

 

In qualità di Ministro della Salute, Tedros presiedeva anche il Fondo Globale per la Lotta ad AIDS, Tubercolosi e Malaria, creato insieme alla Fondazione Gates

«Non stigmatizzare … »

Mentre i casi confermati o sospetti di Nuovo Coronavirus negli altri paesi sono aumentati nelle ultime settimane, diverse compagnie aeree hanno adottato precauzioni e temporaneamente cancellato voli da e per la Cina.

 

Tedros, dichiarando ufficialmente che il Nuovo Coronavirus uscito da Wuhan è una “Emergenza per la Salute Pubblica Mondiale” (PHEIC) – nel 2009 l’OMS l’aveva definita una pandemia globale di livello 6 – ha ripetutamente e aspramente criticato i paesi che limitavano o proibivano i viaggi verso la Cina.

 

Il 7 febbraio il China Peoples’ Daily riportava le affermazioni di Tedros, la sua disapprovazione dei divieti di viaggio in Cina, evidenziando che «tali restrizioni possono avere l’effetto di aumentare le paure e le stigmatizzazioni, senza avere effetti benefici sulla salute pubblica

 

La cosa più importante per contenere un’epidemia è riconoscere quanto prima la malattia.

 

Ethiopian Airlines

Ma c’è un paese che non ha cancellato i voli per la Cina: l’Etiopia di Tedros.

 

L’Ethiopian Airlines mantiene le tratte giornaliere provenienti dalle principali città cinesi. All’aeroporto di Addis Abeba ai passeggeri viene effettuato un superficiale controllo della temperatura, misura insufficiente per limitare la diffusione in Africa di un virus patogeno con un periodo di incubazione di 14 giorni. Mentre 59 vettori aerei hanno sospeso i voli per la Cina, l’Ethiopian Airlines insiste nel seguire le direttive dell’OMS e mantiene regolari i voli verso la Cina.

 

Mentre 59 vettori aerei hanno sospeso i voli per la Cina, l’Ethiopian Airlines insiste nel seguire le direttive dell’OMS e mantiene regolari i voli verso la Cina

L’ingresso principale per l’Africa è l’Etiopia. I cinesi hanno costruito un nuovo aeroporto ad Addis Abeba ed è il «collegamento» per i viaggiatori tra paesi africani come lo Zambia e la Cina. Il Bole International Airport in Etiopia conta almeno 1500 passeggeri al giorno provenienti dalla Cina. Si stima che i lavoratori cinesi che lavorano in Africa, tra Zambia e Nigeria, siano circa un milione, e l’Etiopia di Tedros è l’entrata principale.

 

Il problema è che l’Etiopia è un paese estremamente povero e, come la maggior parte del continente africano, non è preparato a gestire la diffusione del coronavirus.

I cinesi hanno costruito un nuovo aeroporto ad Addis Abeba ed è il «collegamento» per i viaggiatori tra paesi africani come lo Zambia e la Cina

 

Nonostante i cittadini abbiano protestato contro la prosecuzione dei rischiosi viaggi da e verso la Cina, il governo continua a usare le affermazioni dell’OMS e di Tedros per restare in affari.

 

Un segnale allarmante è che il primo caso confermato di cCoronavirus in Botswana è uno studente africano proveniente dalla Cina su in volo della Ethiopian Airlines.

 

Con 1500 passeggeri cinesi che transitano ogni giorno dall’aeroporto internazionale di Bole, il sistema sanitario dell’Etiopia non è in grado di adottare le dovute precauzioni. È uno dei paesi più poveri dell’Africa uscito da decenni di guerra civile. Il principale investitore è la Cina, che considera l’Etiopia come il fulcro africano della strategia di investimenti per la nuova Via della Seta.

 

Il principale investitore è la Cina, che considera l’Etiopia come il fulcro africano della strategia di investimenti per la nuova Via della Seta

È per non mettere a repentaglio le relazioni economiche che Tedros, come direttore dell’OMS, non fa pressione sulla compagnia di bandiera affinché adotti precauzioni a breve termine dichiarando la sospensione dei voli da e verso la Cina? Quando venne eletto all’OMS, Tedros era membro dell’ufficio politico del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray, che aveva governato l’Etiopia con il pugno di ferro dal 1991. Oggi è più preoccupato della salute finanziaria dell’Ethiopian Airlines e del futuro degli investimenti cinesi nel suo paese per i suoi alleati di partito che dei principi preventivi a tutela della salute pubblica durante una crisi internazionale che è fuori controllo?

 

Nei giorni scorsi, comunque, Tedros ha mostrato segni di preoccupazione, notando che l’OMS ha registrato «eventi preoccupanti» di diffusione del virus tra persone che non avevano viaggiato in Cina, asserendo che «potrebbe trattarsi della scintilla che scatena un incendio». Dobbiamo vedere da vicino se questo si tradurrà in un cambiamento delle politiche dell’OMS, non solo per i voli da e per la Cina dell’Ethiopian Airlines.

 

 

William Engdahl

 

F. William Engdahl è consulente e docente di rischio strategico, ha conseguito una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best seller sulle tematiche del petrolio e della geopolitica. È autore, fra gli altri titoli, di Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation («Semi della distruzione, l’agenda nascosta della manipolazione genetica»), consultabile anche sul sito globalresearch.ca.

 

Questo articolo , tradotto e pubblicato da Renovatio 21 con il consenso dell’autore, è stato pubblicato in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.

 

Renovatio 21 offre la traduzione di questo articolo per dare una informazione a 360º.  Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Epidemie

Paura e profitto, dall’AIDS al COVID

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

La regista ed ex reporter della BBC Joan Shenton ha paragonato la pandemia di COVID-19 all’epidemia di AIDS, definendola una «seconda versione» della stessa narrazione sulla salute pubblica. Entrambe le epidemie includevano l’uso improprio dei test PCR, la soppressione di scienziati dissenzienti e le motivazioni finanziarie alla base del «terrore della peste», ha affermato Shenton in un’intervista con Mary Holland, CEO di Children’s Health Defense, su CHD.TV.

 

La pandemia di COVID-19 è stata un evento che si verifica una volta ogni secolo o ha avuto parallelismi nella storia recente? Per la regista ed ex reporter della BBC Joan Shenton, la pandemia è stata la «seconda ripresa» dell’epidemia di AIDS.

 

«È stato così angosciante dover affrontare il COVID», ha detto Shenton a Mary Holland, CEO di Children’s Health Defense (CHD), durante un’intervista di lunedì su CHD.TV. «Se solo avessimo potuto vincere la battaglia contro l’AIDS, non avremmo avuto il COVID».

 

Shenton, produttore del documentario del 2011 Positivamente Falso: Nascita di un’eresia e autore del libro del 1998 «Positively False: Exposing the Myths around HIV and AIDS», si è unito alla Holland per discutere delle somiglianze tra l’epidemia di COVID-19 e quella di AIDS.

 

Entrambe le epidemie includono l’uso inappropriato dei test PCR per determinare l’infezione, la somministrazione di trattamenti medici che si sono rivelati mortali per molti pazienti, il coinvolgimento di personaggi come il dottor Anthony Fauci e le ripercussioni affrontate dagli scienziati che hanno messo in discussione la narrazione dominante, ha affermato Shenton.

 

«Una delle cose straordinarie e sorprendenti di tutto questo… è quanto siano simili molte delle dinamiche dell’epidemia di AIDS a quelle dell’epidemia di COVID», ha affermato Shenton.

 

Secondo Shenton, le risposte all’AIDS e al COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», una strategia «utilizzata da organizzazioni che guadagnano enormi quantità di denaro attraverso le malattie infettive, definendo le cose infettive».

 

Shenton ha affermato di pensare che il suo documentario avrebbe contribuito a cambiare la narrazione dominante sull’AIDS, ma non è riuscito a superare i potenti interessi che traggono profitto dallo status quo.

 

«Spesso pensavamo che avremmo cambiato il mondo, ma non è così», ha detto Shenton.

 

Tuttavia, il documentario ha prodotto un archivio di 35 anni di studi scientifici, interviste video e altri documenti. Shenton ha donato la biblioteca informativa al CHD.

 

«Metteremo a disposizione un archivio delle sue migliaia e migliaia di pagine sull’AIDS», ha affermato Holland. Si prevede che i documenti saranno accessibili nei prossimi mesi.

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Le opinioni dissenzienti sull’AIDS «abilmente represse per decenni»

Shenton era una reporter della BBC, l’emittente pubblica nazionale del Regno Unito, quando sviluppò il lupus indotto da farmaci, dopo essere stata sottoposta a un’eccessiva terapia farmacologica in Spagna negli anni ’70.

 

«Mi hanno dato tutto quello che c’era scritto nel libro», ha detto Shenton. «Certo, sono imploso e mi sono sentito gravemente male. Sono stato al Westminster Hospital per due mesi. Sono quasi morto».

 

L’esperienza ha suscitato in lei l’interesse per le indagini sulle lesioni causate dai trattamenti medici.

 

In seguito è entrata a far parte dell’emittente nazionale britannica Channel 4, producendo una serie di documentari, Kill or Cure. La serie si concentrava sulla riluttanza delle grandi aziende farmaceutiche a ritirare trattamenti pericolosi o inefficaci. «Quello mi ha davvero dato la carica», ha detto Shenton.

 

Nei primi anni ’80, Shenton e il suo produttore vennero a conoscenza della ricerca del dottor Peter Duesberg, un biologo molecolare tedesco che sosteneva che l’HIV non causava l’AIDS.

 

Iniziò a mettere in discussione le narrazioni dominanti. «Abbiamo continuato a realizzare 13 documentari sull’AIDS», ha detto Shenton.

 

Il documentario Positively False si concentra sulla «manipolazione delle aziende farmaceutiche e delle organizzazioni [mediche] interessate in tutto il mondo, che manipolano il terrore della peste», ha affermato Shenton.

 

Il film rivela «la scienza imperfetta che circonda l’AIDS e le conseguenze di seguire ipotesi sbagliate», ha affermato Shenton nell’introduzione. Tra queste, la convinzione che l’AIDS sia infettivo, che sia causato dall’HIV e che l’HIV sia contagioso.

 

«Molti scienziati e ricercatori non sono d’accordo. Queste opinioni sono state abilmente represse per decenni dall’ortodossia scientifica prevalente e dai media mainstream», ha affermato Shenton nel documentario.

 

I ricercatori che mettevano in discussione la narrazione dominante sull’HIV/AIDS sono stati repressi e messi a tacere, così come gli scienziati che mettevano in discussione la narrazione prevalente sul COVID-19, ha affermato Shenton.

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Test PCR «completamente inutili» per AIDS e COVID

In entrambi i focolai, sono stati utilizzati test PCR per determinare l’infezione, ha affermato.

 

«Il test [PCR] è completamente e totalmente inutile», ha detto Shenton. I test non possono «distinguere tra particelle infettive e non infettive».

 

Shenton ha affermato che i diversi Paesi utilizzano standard diversi per determinare una diagnosi positiva di HIV.

 

«Si potrebbe fare il test per l’HIV, per esempio in Sudafrica, e risultare positivi, e volare in Australia e risultare negativi», ha detto Shenton.

 

All’inizio dell’epidemia di AIDS, molti scienziati ritenevano che fattori legati allo stile di vita, tra cui la dipendenza da droghe ricreative e l’uso di nitriti come i «poppers», fossero la causa dell’AIDS a causa dei danni che provocavano al sistema immunitario.

 

Allo stesso tempo, i funzionari sanitari e i media hanno erroneamente attribuito la diffusione della malattia in Africa all’AIDS, quando in realtà era la mancanza di accesso all’acqua potabile a far ammalare le persone, ha detto Shenton.

 

Queste narrazioni sono cambiate quando le agenzie sanitarie governative hanno iniziato a interessarsi alla ricerca sull’AIDS, ha affermato Shenton.

 

«Quando il CDC [Centers for Disease Control and Prevention] è intervenuto e ha riunito tutti i suoi rappresentanti per esaminare questo gruppo di giovani uomini che erano molto, molto malati… l’intera teoria secondo cui l’AIDS era causato dallo stile di vita o dalla tossicità è scomparsa», ha detto Shenton.

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Fauci ha promosso trattamenti mortali per AIDS e COVID

Shenton ha affermato che i trattamenti medici dannosi sono stati al centro sia dell’epidemia di AIDS che di quella di COVID-19.

 

Nel 1987, la Food and Drug Administration statunitense approvò l’AZT (azidotimidina) per le persone sieropositive. L’AZT si rivelò pericoloso per molti pazienti affetti da AIDS. Durante la pandemia di COVID-19, i vaccini e il remdesivir hanno danneggiato le persone.

 

E in entrambi i casi – l’epidemia di AIDS e la pandemia di COVID-19 – Fauci ha svolto un ruolo chiave.

 

«Eravamo profondamente, profondamente critici nei confronti di Fauci, per il modo in cui ha gestito gli studi multicentrici di fase due sull’AZT. Voglio dire, erano corrotti, e tutta la prima fase è stata finanziata dall’azienda farmaceutica [Burroughs Wellcome, ora GSK ], e avevano dei rappresentanti, e questo è noto attraverso i documenti sulla libertà di informazione, che sono andati lì e hanno portato a casa i risultati del gruppo trattato con il farmaco e del gruppo placebo, eliminando gli effetti collaterali nel gruppo trattato con il farmaco» ha detto la Shenton.

 

Nel film Positively False, diversi scienziati e ricercatori hanno spiegato come l’AZT impedisca la sintesi del DNA, impedisca la replicazione delle cellule e contribuisca alla generazione di cellule cancerose.

 

Tuttavia, secondo il documentario, i pazienti che mettevano in dubbio la sicurezza e l’efficacia dell’AZT venivano stigmatizzati e la loro sanità mentale veniva messa in discussione.

 

Holland ha fatto riferimento al libro del 2021 del Segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., The Real Anthony Fauci : Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health che contiene una sezione sul lavoro di Fauci durante l’epidemia di AIDS.

 

«Solleva tutti questi interrogativi il fatto che in realtà sembra la stessa truffa e gli stessi giocatori… non è cambiato molto», ha detto Holland.

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Il «terrore della peste» esisteva molto prima dell’AIDS o del COVID

Secondo Shenton, le epidemie di AIDS e COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», che è esistito nel corso della storia.

 

All’inizio del XX secolo, negli Appalachi, fu diagnosticata un’epidemia di pellagra. La malattia, che causava una mortalità diffusa e si diceva fosse infettiva, si rivelò essere una carenza nutrizionale.

 

«Negli Appalachi, la popolazione molto povera viveva con una dieta completamente priva di nutrienti», ha detto Sheton. «Si trattava di una varietà di mais, ma lo cucinavano eliminandone tutti i nutrienti e dipendevano solo da quello».

 

La gente aveva così tanta paura di contrarre la pellagra che coloro che si pensava fossero infetti venivano ricoverati in istituti o «gettati fuori dalle navi», ha affermato.

 

Un infettivologo di New York, il dottor Joseph Goldberger, stabilì che la pellagra non era contagiosa, ma era causata da malnutrizione e carenza di niacina (vitamina B), ha detto Shenton. Fu emarginato per le sue scoperte.

 

«È stato ridotto allo stato laicale, privato dei fondi, ridicolizzato. È morto. E cinque anni dopo la sua morte, hanno detto che aveva assolutamente ragione: non era contagioso, era tossico», ha detto.

 

Secondo Shenton, in Giappone dagli anni ’50 agli anni ’70 la mielo-ottico-neuropatia subacuta (SMON) era comune.

 

«Centinaia di migliaia di giapponesi sono rimasti paralizzati dalla vita in giù e ciechi, e nessuno riusciva a capire il perché. E ovviamente pensavano: “Oh, è un virus”», ha detto.

 

Un neurologo giapponese, il dottor Tadao Tsubaki, ha studiato i pazienti affetti da SMON e ha stabilito che la condizione non era infettiva, ma era causata da un farmaco antidiarroico ampiamente somministrato, il cliochinolo.

 

«Ci sono voluti 30 anni e squadre di avvocati per respingere in tribunale l’idea che la causa della SMON fosse un virus», ha affermato Shenton.

 

Michael Nevradakis

Ph.D.

 

© 7 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

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Epidemie

Le restrizioni COVID in Spagna dichiarate incostituzionali, annullate oltre 90.000 multe

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Oltre 90.000 multe per violazioni delle norme anti-COVID sono state annullate dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato incostituzionali le severe misure adottate nel 2020.   Secondo il quotidiano spagnuolo The Objective, al 3 settembre 2025 sono state revocate 92.278 sanzioni, in seguito alla sentenza che ha giudicato incostituzionali alcune disposizioni del decreto sullo stato di emergenza del 2020, in vigore durante il primo lockdown per il COVID-19.   Queste sanzioni rappresentano solo la prima tranche di multe destinate all’annullamento, con altre che probabilmente seguiranno. Durante il rigido lockdown del 2020, imposto con lo stato di allarme, sono state emesse oltre 1 milione di sanzioni a livello nazionale, con circa 1,3 milioni di persone multate per aver violato le restrizioni.   La Corte Costituzionale ha stabilito che alcune parti dell’articolo 7 del Regio Decreto 463/2020, relative al divieto generale di circolazione, comportavano una sospensione ingiustificata del diritto fondamentale alla libertà di movimento, andando oltre una semplice limitazione. Tale misura superava i limiti dello stato di allarme, secondo la Corte, che ha precisato che una restrizione così drastica sarebbe stata giustificabile solo con uno stato di emergenza più severo, soggetto a un iter parlamentare più rigoroso.   La sentenza si applica retroattivamente a tutte le multe emesse durante il lockdown del 2020, creando un notevole onere per l’amministrazione statale. The Objective riferisce che «l’applicazione è stata lenta e disuniforme a seconda delle regioni», suggerendo che i rimborsi potrebbero richiedere mesi o anni.   Il quotidiano sottolinea che i 92.278 casi annullati finora rappresentano «solo la punta dell’iceberg di una crisi normativa» derivante dalle severe politiche di lockdown imposte dal governo spagnolo nel 2020.

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Immagine di Javier Perez Montes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Epidemie

Morti in casa anche per 8 giorni: emergenza ‘kodokushi’ tra gli anziani soli giapponesi

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Secondo l’Agenzia nazionale di polizia, nel primo semestre del 2025 sono stati oltre 40mila in Giappone i casi di morte isolata in casa. Il 28% viene scoperto dopo più di una settimana. Tra le cause: invecchiamento della popolazione, indebolimento dei legami, riluttanza a chiedere aiuto. Padre Marco Villa, responsabile di un centro d’ascolto a Koshigaya: «Una persona mi ha appena detto: mi è rimasto un solo amico, ci sentiamo due volte all’anno… La solitudine il dramma più grande di questo Paese».

 

Kodokushi (孤独死): la morte in casa di persone circondate da una profonda aridità relazionale, che non viene scoperta anche per un lungo periodo di tempo dopo il decesso. È uno dei drammatici volti della solitudine in Giappone. Secondo i nuovi dati dell’Agenzia nazionale di polizia diffusi oggi, in Giappone solo nel primo semestre del 2025 sono stati 40.913 i decessi avvenuti in isolamento nelle abitazioni.

 

Una cifra che segna un aumento di 3.686 casi rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma il dettaglio forse più inquietante è che almeno il 28% di essi (11.669 persone) è stato scoperto dopo almeno 8 giorni.

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Una delle principali cause è anzitutto l’invecchiamento della popolazione del Giappone: 1 persona su 4 ha più di 65 anni. «Inoltre, si tende sempre più a non avere legami significativi né con il territorio, né con la famiglia. La maggioranza della gente non vive nei luoghi dove è cresciuta, ma si trova a vivere dove c’è lavoro», spiega ad AsiaNews dal Giappone padre Marco Villa, missionario del PIME che opera a Koshigaya, cittadina nella periferia nord di Tokyo, nella diocesi di Saitama. «Quindi, si fa più fatica a intrecciare relazioni significative con gente che non si conosce. Ciò accade anche perché avere relazioni a volte è davvero una cosa faticosa, allora si decide di non impegnarsi».

 

Padre Marco Villa nel 2012 ha favorito la nascita a Koshigaya del Centro d’Ascolto Mizu Ippai («un bicchiere d’acqua») – di cui è responsabile – proprio con l’obiettivo di sostenere le persone affette dalla solitudine, comprese le persone hikikomori, che soffrono di isolamento patologico ed estraniamento. Nel suo servizio non è raro che venga a conoscenza di casi di kodokushi, l’ultimo solo pochi mesi fa. «Una signora che frequenta il centro è rientrata a casa la sera, dopo un incontro. Dopo circa due settimane, il figlio mi ha chiamato dicendo che non aveva contatti con la mamma, chiedendo se l’avessi sentita. È andato a vedere se si trovava a casa, e l’ha trovata morta», racconta p. Marco Villa.

Questo caso dimostra che anche le persone che riescono a curare dei legami, a uscire di casa, possono andare incontro a una morte isolata. «Vivendo da sola si è imbattuta in questi rischi», dice Villa. Rischi che aumentano in quelle persone che, invece, vivono una solitudine più estrema, perché non hanno dei familiari vicini, o perché non hanno degli amici.

 

Padre Marco Villa racconta anche di una telefonata avuta poco prima di essere contattato oggi da AsiaNews. «Una persona mi ha detto che è morto un suo amico; ora gli rimane un amico solo, che sente due volte all’anno: una per gli auguri di compleanno e una per gli auguri di buon anno. È l’unico amico che ha: mi ha chiesto di passare del tempo insieme. Queste sono situazioni che incontro regolarmente», aggiunge.

 

Oltre alla significativa quota di persone anziane in Giappone, favorisce il preoccupante fenomeno kodokushi anche «la ritrosia della persona giapponese a chiedere aiuto». Villa spiega che, culturalmente, nel domandare è insita «la preoccupazione di dare fastidio agli altri, di non voler dare preoccupazioni a causa delle proprie difficoltà».

 

La tendenza rilevata è la gestione in totale autonomia dei problemi personali. Ciò affievolisce inevitabilmente i legami con le persone della famiglia, così come con coloro che vivono nello stesso luogo. Un elemento che il missionario definisce «costante», basandosi sulla sua esperienza in Giappone. «La solitudine è il dramma principale del Paese», dice.

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Padre Marco Villa ammette di essere rimasto «sconvolto» dai casi di solitudine profonda incontrati nel Paese. Da questo sentimento nacque il Centro d’Ascolto Mizu Ippai di Koshigaya. «Chiesi al vescovo (della diocesi di Saitama, ndr) di poter iniziare un’attività a tempo pieno per cercare di alleviare la solitudine delle persone», racconta. Il Centro mette in campo le risorse del «volontariato dell’ascolto»: non professionisti all’opera, ma volontari e volontarie che offrono il proprio ascolto, nella struttura, così come alla stazione ferroviaria, luogo di aggregazione per la presenza di numerosi negozi.

 

Un’attività che affianca le iniziative istituzionali. «Lo Stato è consapevole di queste situazioni e cerca di essere sempre più capillare nel territorio attraverso strutture dedicate, cercando di creare delle occasioni di incontro per la gente. Questo è un tentativo, secondo me valido, che il Giappone porta avanti», spiega.

 

Come invertire la tendenza di questa drammatica e così diffusa esperienza umana? «La cosa fondamentale è creare delle occasioni di incontro, dei luoghi adatti per potersi trovare; fondamentalmente cercando di diventare amici delle persone che vivono in stato di solitudine», dice padre Marco Villa.

 

Solitudine che in alcuni casi viene «risolta» da lunghi dialoghi intrattenuti con l’intelligenza artificiale. «Ieri un ragazzo mi diceva che l’AI è l’unica persona che lo capisce, che riesce a capire i suoi problemi. Così crede di avere qualcuno, qualcosa con cui si relaziona, che però non è certamente un essere umano», aggiunge.

 

Per uscire da queste situazioni, ne è convinto il missionario, «basta poco: una via, una linea, un aggancio, capace di instaurare un minimo di relazione umana».

 

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