Geopolitica
Cambio al vertice della diplomazia di Pyongyang: possibili aperture agli Usa
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Choe Son-hui, esperta di Stati Uniti, sostituisce il falco Ri Son-gwon. In difficoltà per il COVID-19 e la cronica crisi economica, Kim Jong-un potrebbe rigiocarsi la carta del dialogo. Prima di compiere azioni concrete sul programma nucleare, Kim vuole però da Washington l’allentamento delle sanzioni e compensazioni economiche.
Il cambio di guardia al vertice della diplomazia nordcoreana segnala possibili aperture di dialogo con gli Usa. È quanto rivela Daily NK citando fonti di alto livello del regime di Kim Jong-un.
A una recente seduta plenaria del Comitato centrale del Partito dei lavoratori, al potere dalla fine della Seconda guerra mondiale, Kim ha promosso Choe Son-hui alla guida del ministero degli Esteri. Prima della nomina, Choe era la vice del titolare del dicastero, Ri Son-gwon.
La nuova responsabile della diplomazia nordcoreana è un esperta di Stati Uniti. Nel 2018-2019 ha guidato i negoziati – poi arenatisi – con l’amministrazione Trump. Come riporta Daily NK, che ha sede a Seoul ed è legato al ministero per l’Unificazione del Sud, Choe è una dei pochi quadri del regime che può parlare faccia a faccia con Kim.
Caduta in disgrazia nel 2020 per dissapori con Ri, Choe è chiamata con ogni probabilità a rivedere la politica oltranzista del suo predecessore nei confronti di Washington.
La Corea del Nord è isolata dalla comunità internazionale (tranne che dalla Cina e in parte dalla Russia), sottoposta da anni a sanzioni internazionali per il suo programma atomico e missilistico. Dopo i tre vertici e gli apparenti buoni rapporti con Donald Trump, i negoziati con Washington sul nucleare sono in stallo da tempo.
Il Paese è alle prese con una cronica crisi economica, aggravata da una recente ondata di infezioni da COVID-19: dallo scoppio della pandemia, per due anni, il regime ha negato l’esistenza del contagio. In questo quadro Pyongyang ha bisogno di un allentamento della pressione internazionale, tornata forte dopo gli ultimi test missilistici.
Sotto la direzione di Choe, in un eventuale nuovo dialogo con Washington, la diplomazia nordcoreana punterà a far riconoscere il suo punto di vista negoziale: gli USA devono prima allentare le sanzioni e offrire compensazioni economiche, poi Pyongyang si adopererà per sospendere gli esperimenti nucleari e congelare il suo programma atomico.
Gli USA ragionano in termini diametralmente opposti, senza contare che c’è da stabilire il destino delle bombe atomiche che i nordcoreani già possiedono (tra 40 e 50, secondo il SIPRI).
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Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
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Geopolitica
Orban: l’UE pianifica la guerra con la Russia entro il 2030
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha sostenuto che l’Unione Europea si sta preparando a un confronto bellico con la Russia e mira a raggiungere la piena prontezza entro il 2030. Parlando sabato a un raduno contro la guerra, Orban ha denunciato come il Vecchio Continente stia già procedendo verso uno scontro militare diretto.
Il premier magiaro delineato un iter in quattro tappe che di norma conduce al conflitto: la rottura dei legami diplomatici, l’applicazione di sanzioni, l’interruzione della collaborazione economica e, da ultimo, l’inizio delle ostilità armate. Secondo lui, la maggioranza di questi passaggi è già stata percorsa.
«La posizione ufficiale dell’Unione Europea è che entro il 2030 dovrà essere pronta alla guerra», ha dichiarato, rilevando inoltre che i Paesi europei stanno virando verso un’«economia di guerra». Per Orban, taluni membri dell’UE stanno già riconfigurando i comparti dei trasporti e dell’industria per favorire la fabbricazione di armamenti.
Il premier du Budapest ha ribadito la contrarietà di Budapest al conflitto. «Il compito dell’Ungheria è allo stesso tempo impedire che l’Europa entri in guerra», ha precisato.
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Orban ha più volte manifestato aspre critiche alla linea dell’UE riguardo alla crisi ucraina. L’Ungheria ha sempre respinto le sanzioni nei confronti di Mosca e gli invii di armi a Kiev, invocando invece colloqui di pace in luogo di un inasprimento.
L’allarme riecheggia le recenti uscite del presidente serbo Aleksandar Vucic e del ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, entrambi i quali hanno insinuato che un scontro tra Europa e Russia diventi sempre più verosimile nei prossimi anni.
Malgrado la retorica sempre più bellicosa di certi membri dell’UE e della NATO verso la Russia, nessuno ha apertamente manifestato l’intenzione di impegnarsi in una guerra. La scorsa settimana, il presidente del Comitato Militare NATO, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ha confidato al Financial Times che l’Unione sta valutando opzioni per un approccio più ostile nei riguardi di Mosca, inclusa l’ipotesi che un attacco preventivo possa configurarsi come atto difensivo.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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