Geopolitica
Birmania, ancora morti in un raid dell’esercito su un villaggio
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Proprio nel giorno del nuovo appello di papa Francesco l’aviazione birmana è tornata a colpire con le sue rappresaglie contro l’Operazione 1027. Sono ormai quasi 30mila gli sfollati interni ammassati sotto le tende al confine con la Cina. Anche la cattedrale di Lashio ha aperto le porte per accogliere i rifugiati che scappano dalle aree dei combattimenti.
Proprio nel giorno in cui papa Francesco da piazza San Pietro ha lanciato un nuovo appello alla preghiera per la «cara popolazione del Myanmar, che purtroppo continua a soffrire a causa di violenze e soprusi», nuovi attacchi aerei dell’esercito birmano hanno colpito un villaggio dello Stato Shan nel nord-est del Paese, uccidendo due persone tra cui un bambino, mentre si aggrava la crisi umanitaria, con ormai quasi 30mila sfollati interni rifugiati in tende di fortuna vicino al confine tra Cina e Myanmar, nella township di Laukkaing.
Secondo quanto riferito da fonti locali a Radio Free Asia intorno alle 22 di domenica 19 novembre, mentre la gente dormiva, il nuovo attacco aereo ha colpito questa volta il villaggio di Myo Thit, nella township di Namhsan. Un attacco inaspettato perché non c’erano stati combattimenti nella zona. Le esplosioni hanno danneggiato ben 23 case, lasciato dietro di sé una decina di feriti oltre alle due vittime.
Il conflitto nello Stato Shan si è intensificato nelle ultime settimane con l’Operazione 1027 lanciata dall’alleanza tra tre milizie etniche dell’opposizione alla giunta militare alla fine ottobre. L’offensiva ha strappato alcuni importanti territori all’esercito birmano, che sta però rispondendo con queste rappresaglie indiscriminate.
In aggiunta da alcuni giorni le forti piogge stanno rendendo la vita più difficile a coloro che sono stati costretti a lasciare le loro case.
Un’emergenza umanitaria che vede mobilitata la comunità cristiana locale. Come riferito dall’agenzia UcaNews almeno 600 persone hanno trovato rifugio nella cattedrale e in un centro educativo a Lashio, dopo essere fuggite dalle regioni dove infuriano i combattimenti tra l’esercito e i gruppi ribelli. Altre centinaia di persone si sono rifugiate nelle chiese battiste e nei monasteri buddisti della città di Lashio.
Le équipe della diocesi sono mobilitate per fornire aiuti anche attraverso i sacerdoti delle parrocchie locali, nelle aree impossibili da raggiungere a causa delle violenze in corso.
«I sacerdoti sono vicini ai loro parrocchiani e le persone cucinano e pregano insieme» ha raccontato sotto anonimato in queste ore un sacerdote birmano all’agenzia Eglise d’Asie, «qui accogliamo i rifugiati, aiutiamo tutti. Non possiamo esprimerci apertamente, ma possiamo aiutarli. I cattolici sono forti nella loro fede. Sono molto religiosi. Sono ferventi, pregano insieme e si aiutano a vicenda», spiega. «Tutti vogliamo la libertà».
«Il mondo non comprende la sofferenza del nostro popolo. Nella loro propaganda, i militari hanno affermato di proteggere l’unità del Paese, ma hanno saccheggiato le risorse in nome dell’unità e oggi la gente è povera» ha commentato ancora il sacerdote all’agenzia delle Missions Etrangères de Paris. «L’unica via d’uscita è un sistema federale. La gente sta iniziando a prepararsi. Settant’anni di guerra hanno impoverito il Paese. Riuscite a immaginare come sarebbe oggi senza la guerra?».
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Trump: Zelens’kyj deve essere «realista»
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Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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