Economia
Biden NON è il presidente eletto: seguite la Costituzione americana, non la stampa
Come previsto – in effetti come presentato in dettaglio diversi mesi fa dai nello scenario di esercitazione pseudo-golpista Transition Integrity Initiative – i Corporate Media statunitensi hanno usurpato il potere conferito agli Stati e al Collegio Elettorale per determinare chi ha vinto le elezioni presidenziali.
Come ha dichiarato il presidente Donald Trump:
I Corporate Media statunitensi hanno usurpato il potere conferito agli Stati e al Collegio Elettorale per determinare chi ha vinto le elezioni presidenziali
«Sappiamo tutti perché Joe Biden si sta affrettando a fingersi falsamente vincitore, e perché i suoi alleati dei media stanno cercando così duramente di aiutarlo: non vogliono che la verità venga rivelata. Il semplice fatto è che queste elezioni sono tutt’altro che finite. Joe Biden non è stato certificato come il vincitore di alcuno Stato, per non parlare di nessuno degli Stati altamente contestati diretti a riconteggi obbligatori, o Stati in cui la nostra campagna ha sfide legali valide e legittime che potrebbero determinare il vincitore finale».
La sua dichiarazione si concludeva dicendo: «Non mi fermerò finché il popolo americano non avrà il conteggio dei voti onesti che merita e che la democrazia richiede».
«La rabbia sta crescendo in tutta la Nazione, e raduni e carovane si stanno riunendo ovunque, poiché la natura palese del tentativo di rubare il voto è ovvia e irritante»
«La rabbia sta crescendo in tutta la Nazione, e raduni e carovane si stanno riunendo ovunque, poiché la natura palese del tentativo di rubare il voto è ovvia e irritante, anche per molti democratici a cui non piace Trump, ma vedono il pericolo di la Nazione e il mondo se gli Stati Uniti subiranno un colpo di stato» scrive EIRN.
«L’ex governatore democratico dell’Illinois, Rod Blagojevich, che è stato incastrato dallo stesso dipartimento di giustizia che ha gestito il tentativo di colpo di stato del Russiagate contro Donald Trump (e che è stato graziato da Trump per questo motivo), ha detto oggi che rubare le elezioni “è un’onorata tradizione delle città controllate dai Democratici come Chicago, la mia città natale, e Filadelfia (…) Ci sono numeri enormi in queste elezioni, che vengono fatte impunemente perché i media stanno guardando dall’altra parte”».
«Ci sono numeri enormi in queste elezioni, che vengono fatte impunemente perché i media stanno guardando dall’altra parte”»
L’Economist si compiace del fatto che il loro candidato Joe Biden abbia speso 1 miliardo di dollari, più di qualsiasi candidato nella storia, che Wall Street gli aveva donato. Ma sono costretti a riconoscere che la massiccia affluenza alle urne per il Presidente – 70 milioni e oltre – e il fallimento del piano dei Democratici di prendere il controllo del Senato e guadagnare seggi alla Camera (hanno perso circa cinque seggi), significa che la loro intenzione di distruggere il sistema del collegio elettorale, porre fine all’ostruzionismo al Senato e impilare la Corte Suprema aggiungendo più giudici alla Corte, non sarà possibile, perdendo l’opportunità di (come dice l’Economist) «trasformare la politica del Paese» —cioè mutare radicalmente l’intero sistema americano.
Gli effettivi padroni di Biden e dei Democratici si stanno preparando per incontrarsi a Davos la prossima settimana per finalizzare i piani per l’attuazione della «Green Finance» («Finanza verde»), tagliando tutto il credito ai combustibili fossili e all’industria in generale.
Gli effettivi padroni di Biden e dei Democratici si stanno preparando per incontrarsi a Davos la prossima settimana per finalizzare i piani per l’attuazione della «Green Finance»:
Tra i partecipanti all’evento, intitolato «The Green Horizon Summit: The Pivotal Role of Finance», ci sono Mark Carney e Andrew Bailey (ex e attuali governatori della Banca d’Inghilterra), Larry Fink di BlackRock, Bill Gates, il presidente della BCE Christine Lagarde, l’Amministratore delegato del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva e altri ancora.
Economia
La Spagna è uno dei principali importatori di gas russo
La Spagna ha intensificato gli acquisti di gas naturale russo nel 2023, con le importazioni che dovrebbero raggiungere il massimo storico entro la fine dell’anno, ha riferito venerdì il quotidiano El Mundo, citando i dati dell’operatore della rete di gas del Paese Enagas.
Secondo il rapporto, quest’anno la Spagna ha finora acquistato l’equivalente di 60.770 gigawatt di gas naturale liquefatto (GNL) dalla Russia, con un aumento del 43% rispetto allo stesso periodo del 2022.
Da gennaio a ottobre, la Russia è stata il terzo maggiore esportatore di GNL verso la Spagna, fornendo il 18,1% delle importazioni complessive di gas del paese, superata solo dall’Algeria (28,8%) e dagli Stati Uniti (20,1%). Dal 2018, quando il gas russo rappresentava solo il 2,4% delle importazioni di gas della Spagna, la dipendenza del Paese dall’energia russa è aumentata di sei volte.
Il GNL russo non è soggetto alle sanzioni imposte dall’UE a Mosca dallo scorso anno in risposta al conflitto in Ucraina, nonostante i ripetuti appelli di alcuni funzionari dell’UE a vietarne l’importazione. La Spagna ha sei impianti di rigassificazione ed è uno dei principali porti di ingresso per le navi metaniere nel blocco.
Oltre alla Spagna, Francia e Belgio sono stati tra i paesi che quest’anno hanno incrementato i loro acquisti di GNL russo, come mostrano i dati di localizzazione delle navi.
Secondo un precedente rapporto del Financial Times, l’UE ha rivenduto più di un quinto delle sue importazioni di GNL russo, tramite trasbordo nei suoi porti, a paesi come Cina, Giappone e Bangladesh.
Nel frattempo, le sanzioni hanno visto la maggior parte delle importazioni di gasdotto dalla Russia nell’UE bloccate dallo scorso anno. Hanno cominciato a diminuire a causa della distruzione dei gasdotti Nord Stream e del rifiuto di alcuni Stati membri dell’UE di pagare il carburante in rubli.
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Immagine di Andrew Rees via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic
Economia
Le Filippine approvano una nuova criptovaluta per agevolare le rimesse dall’estero
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Alimentazione
La sinistra tedesca vuole un tetto massimo per il prezzo del kebab
Die Linke, il partito della sinistra tedesca ha proposto allo Stato di sovvenzionare i kebab con quasi 4 miliardi di euro all’anno. Negli ultimi anni l’inflazione e l’aumento dei costi energetici hanno quasi raddoppiato il prezzo dello popolare panino turco. Sono i grandi temi della sinistra moderna.
In un documento politico visionato dal tabloid tedesco Bild e riportato domenica, Die Linke ha proposto di limitare il prezzo di un doner kebab a 4,90 euro o 2,50 euro per studenti, giovani e persone a basso reddito. Con un costo medio di un kebabbo pari a 7,90 euro, il resto del conto sarà a carico del governo, si legge nel documento.
«Un limite di prezzo per il kebab aiuta i consumatori e i proprietari dei negozi di kebab. Se lo Stato aggiungesse tre euro per ogni kebab, il prezzo massimo del kebab costerebbe quasi quattro miliardi», scrive il partito sul giornale, spiegando che ogni anno in Germania si consumano circa 1,3 miliardi di kebabbi.
«Quando i giovani chiedono: Olaf, riduci il kebab, non è uno scherzo su Internet, ma un serio grido d’aiuto», ha detto alla Bild la dirigente del partito di sinistra Kathi Gebel, riferendosi al cancelliere tedesco Olaf Scholz. «Lo Stato deve intervenire affinché il cibo non diventi un bene di lusso».
Introdotto in Germania dagli immigrati turchi negli anni ’70, il doner kebab è diventato in pratica la forma di fast food preferito dalla nazione già teutonica, tracimando anche nel resto d’Europa, come in Italia, dove più che turchi i kebabbari sono nordafricani o talvolta pakistani.
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Tuttavia, mentre Die Linke descrive il panino con l’agnello carico di salsa come un alimento base quotidiano per alcune famiglie, la maggior parte dei medici e dei nutrizionisti ne consiglierebbe il consumo solo come spuntino occasionale.
Uno studio scozzese del 2009 ha rilevato che il doner kebab medio conteneva il 98% dell’assunzione giornaliera raccomandata di sale di un adulto e il 150% dell’assunzione raccomandata di grassi saturi, scrive RT.
Per anni in Germania il prezzo di un doner kebab si è aggirato intorno ai 4 euro. Tuttavia, l’aumento dei costi energetici e l’inflazione che hanno seguito la decisione di Scholz di mettere l’embargo sui combustibili fossili russi hanno costretto i venditori ad aumentare i prezzi.
«Siamo stati costretti ad aumentare i prezzi a causa dell’esplosione dei prezzi degli affitti, dell’energia e dei prodotti alimentari», ha detto al giornale britannico Guardian un gestore di uno stand di kebabbi a Berlino. «La gente ci parla continuamente di “Donerflazione”, come se li stessimo prendendo in giro, ma è completamente fuori dal nostro controllo».
Molti tedeschi accusano lo Scholz di averli privati della kebbaberia a buon mercato, una catastrofe che li spinge verso prospettive di pacifismo sul fronte russo. «Pago otto euro per un doner», ha urlato un manifestante a Scholz nel 2022, prima di implorare il cancelliere di «parlare con Putin, vorrei pagare quattro euro per un doner, per favore».
«È sorprendente che ovunque vada, soprattutto tra i giovani, mi venga chiesto se non dovrebbe esserci un limite di prezzo per il doner», ha osservato lo Scholzo in un recente video su Instagram. Tuttavia, il cancelliere ha escluso una simile mossa, elogiando invece il «buon lavoro della Banca Centrale Europea» nel presumibilmente tenere l’inflazione sotto controllo.
Kebabbari, kebabbani e kebabbati non sono gli unici tedeschi a soffrire sotto Scholz. Il mese scorso, il più grande produttore di acciaio tedesco, Thyssenkrupp, ha annunciato «una sostanziale riduzione della produzione» nel suo stabilimento di Duisburg, licenziando 13.000 dipendenti. L’azienda ha attribuito il calo di produttività agli «alti costi energetici e alle rigide norme sulla riduzione delle emissioni».
Meno di una settimana dopo l’annuncio dei tagli da parte della Thyssenkrupp, il Fondo monetario internazionale ha rivisto le prospettive di crescita economica della Germania dallo 0,5% allo 0,2% quest’anno. Secondo i dati, nel 2024 la Germania dovrebbe registrare la crescita più debole tra tutti gli stati appartenenti al gruppo G7 dei paesi industrializzati.
Riguardo al kebab, da decenni circola tra i giovani tedeschi la leggenda metropolitana secondo la quale in un singolo panino kebap sarebbe stata rivenuta una quantità di sperma da uomini differenti, a indicazione, secondo il significato certamente xenofobo della storia, del disprezzo degli immigrati per i cittadini tedeschi.
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