Politica
Biden in privato dubita che la Harris possa battere Trump
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è mostrato riluttante ad abbandonare la sua campagna di rielezione in parte a causa del timore che la vicepresidente Kamala Harris non fosse in grado di competere con il candidato repubblicano Donald Trump. Lo riporta la testata americana Axios, che cita alcune fonti.
Biden ha annunciato domenica che non si candiderà alla rielezione e che si concentrerà esclusivamente sull’adempimento dei suoi doveri di Presidente per il resto del suo mandato. Poco dopo aver annunciato il suo ritiro, Biden ha sostenuto Harris come candidata del Partito Democratico per le prossime elezioni. Trump ha reagito immediatamente alla notizia, suggerendo che sconfiggere Harris «sarà più facile di Biden».
Secondo l’articolo di Axios, che cita tre collaboratori di Biden a conoscenza dei recenti colloqui sui suoi piani, le preoccupazioni private del presidente riflettono i dubbi più ampi sollevati da alcuni leader democratici in merito alla candidatura di Harris per il prossimo novembre.
Il rapporto sottolinea che il periodo trascorso da Harris come vicepresidente è stato «a volte difficile», caratterizzato in parte dal forte turnover del personale e dalla sua riluttanza ad assumersi responsabilità politicamente rischiose, tra le altre cose.
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Secondo l’articolo, gran parte dello staff di Harris se n’è andato negli ultimi tre anni e mezzo, citando dichiarazioni che mostravano che dei 47 dipendenti di Harris elencati nel 2021, solo cinque lavoravano ancora per lei questa primavera.
Ex assistenti di Harris hanno detto ad Axios che l’elevato turnover era dovuto in parte al modo in cui la vicepresidente trattava il suo staff. Gli assistenti hanno citato standard elevati che alcuni non volevano rispettare, mentre altri hanno detto di aver avuto la sensazione che li mettesse spesso alla berlina come faceva con i funzionari di Trump. Si sono riferiti a tale atteggiamento della Harris dicendo che «perseguitava lo staff».
Secondo il rapporto, i rapporti tra l’ufficio del vicepresidente e la West Wing sono stati spesso tesi.
Gli assistenti della Casa Bianca hanno detto che a volte avevano la sensazione che Harris non fosse una giocatrice di squadra e si tenesse lontana da qualsiasi compito che comportasse rischi. Si dice che sia stata cauta e riluttante a partecipare a eventi che non fossero strettamente controllati.
A volte, i collaboratori di Harris hanno sospettato che il team di Biden «non volesse dare ad Harris l’opportunità di distinguersi» per impedirle di essere vista come una valida alternativa a Biden prima della sua candidatura alla rielezione, ha scritto Axios.
Molti democratici, tra cui l’ex presidente Bill Clinton e l’ex segretario di Stato Hillary Clinton, hanno seguito l’esempio di Biden nell’appoggiare Harris nelle ore successive all’annuncio. Altri, tuttavia, tra cui l’ex presidente della Camera Nancy Pelosi, il leader democratico della Camera Hakeem Jeffries, il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer e l’ex presidente Barack Obama si sono astenuti finora dal sostenerla.
«La prossima settimana sarà fondamentale per Harris, 59 anni, per dimostrare che i dubbiosi si sbagliano, mentre si muove rapidamente per cercare di liberare il campo da potenziali sfidanti per la nomination democratica», ha scritto Axios.
Come riportato da Renovatio 21, prima di un viaggio in Vietnam lo staff della Harris fu vittima della cosiddetta «Sindrome dell’Avana», la cui esistenza però è stata in seguito contestata dalla stessa CIA.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
Sanae Takaichi è diventata la prima donna Primo Ministro del Giappone, vincendo le elezioni parlamentari di Tokyo martedì. Esponente di lungo corso del Partito Liberal Democratico (LDP), nota come la «Lady di Ferro» del Giappone per la sua ammirazione verso l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, Takaichi è riconosciuta per il suo conservatorismo sociale, il nazionalismo e il sostegno a un ruolo più ampio per le forze armate giapponesi.
A 64 anni, Takaichi ha sostenuto la revisione della clausola pacifista della costituzione postbellica del Giappone e il riconoscimento ufficiale delle Forze di autodifesa come esercito nazionale. Ha inoltre appoggiato un aumento della spesa per la difesa e una maggiore cooperazione militare con gli Stati Uniti.
Le sue posizioni sulla sicurezza nazionale richiamano le politiche dell’ex premier Shinzo Abe, di cui è considerata una protetta e con cui aveva stretti legami politici.
Frequente visitatrice del Santuario Yasukuni di Tokyo, che rende omaggio ai caduti giapponesi, inclusi criminali di guerra della Seconda Guerra Mondiale, Takaichi è stata spesso criticata dai Paesi vicini per quello che considerano revisionismo storico. Ha difeso le sue visite come atti di rispetto personale, sostenendo che i crimini di guerra dei soldati giapponesi siano stati esagerati.
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A livello interno, Takaichi si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, sostiene la successione imperiale esclusivamente maschile e ha criticato le proposte di cognomi separati per le coppie sposate.
La Takaicha ha inoltre appoggiato il rafforzamento dei confini e politiche migratorie più rigide, chiedendo misure contro i visti non concessi, il turismo eccessivo e l’acquisto di terreni da parte di stranieri, soprattutto vicino a risorse strategiche.
In politica estera, la Takaichi ha definito la crescente potenza militare della Cina una «seria preoccupazione», proponendo misure di deterrenza, tra cui un patto di sicurezza con Taiwan.
Si ritiene che Takaichi non intenda perseguire un significativo riavvicinamento con la Russia, avendo ripetutamente rivendicato la sovranità sulle isole Curili meridionali, annesse dall’Unione Sovietica nel 1945 come parte degli accordi postbellici.
Takaichi assume la carica in un momento critico per il Giappone, che affronta un tasso di natalità ai minimi storici, un rapido invecchiamento della popolazione, un’inflazione persistente e il malcontento pubblico per gli scandali politici che hanno eroso la fiducia nel PLD, il partito al governo.
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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
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