Geopolitica
Biden dice che Putin è un «figlio di puttana». Il Cremlino risponde
Gli americani dovrebbero vergognarsi del loro leader dopo che il loro presidente, secondo quanto riferito, ha definito il russo Vladimir Putin un «pazzo figlio di puttana» durante un evento pubblico, ha detto il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov. Il presunto insulto di Joe Biden è avvenuto mercoledì durante una raccolta fondi.
Secondo quanto riportato dai media statunitensi, Biden ha preso di mira il presidente russo sostenendo che il cambiamento climatico rappresenta per l’umanità una minaccia peggiore di un conflitto nucleare.
Funzionari di Washington hanno affermato che Putin ha fatto ricorso al «ricatto nucleare» quando ha discusso del conflitto in Ucraina. Mosca ha negato questa caratterizzazione.
«Questa è una grande vergogna per gli Stati Uniti», ha detto Peskov giovedì, quando gli è stato chiesto dell’incidente riportato. «Se il presidente di quella Nazione usa quel tipo di linguaggio, è vergognoso».
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Il portavoce ha suggerito che Biden stesse emulando un «cowboy di Hollywood» per attirare il pubblico nazionale. Tali osservazioni «difficilmente possono ferire un capo di stato straniero, per non parlare del presidente Putin», ha aggiunto Peskov.
Biden in passato ha usato lo stesso insulto che, secondo quanto riferito, avrebbe rivolto a Putin mercoledì. Durante una conferenza stampa nel 2022, ha insultato come «stupido figlio di puttana» l’inviato di Fox Peter Doocy che gli aveva chiesto informazioni sull’inflazione.
Nel 2018, ha fatto ricorso allo stesso linguaggio mentre si vantava, in occasione di un evento ospitato dal Council on Foreign Relations, di aver fatto pressioni su Kiev affinché licenziasse il suo procuratore generale, minacciando di trattenere una linea di credito da un miliardo di dollari da parte del governo Obama di cui era vicepresidente.
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«Li ho guardati e ho detto: “Parto tra sei ore. Se il pubblico ministero non viene licenziato, non riceverete i soldi”. Ebbene, figlio di puttana, è stato licenziato», ha ricordato Biden degli eventi del 2016, quando era vicepresidente. Il procuratore generale di Kiev Viktor Shokin stava indagando, tra le altre cose, su Burisma, il colosso energetico che aveva «assunto» nel board il figlio di Biden, Hunter. Lo Shokin ora sostiene che i Biden presero mazzette.
La settimana scorsa, i media hanno riferito che Biden aveva definito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu uno «stronzo» in tre diverse occasioni in conversazioni private con altre persone, compresi i donatori del Partito Democratico. Si dice che abbia sfogato la sua frustrazione per il rifiuto di Israele di seguire i suggerimenti degli Stati Uniti su come portare avanti la sua campagna militare a Gaza.
La rabbia di Biden per Putin potrebbe tuttavia andare oltre la demenza senile.
Come riportato da Renovatio 21, in un’intervista al canale TV americano ABC dell’autunno 2021, Biden diede a Putin dell’«assassino». Renovatio 21 pubblicò un articolo che ipotizzava che dietro a tale insulto animoso ci fosse il gasdotto Nord Stream, «assassinato» probabilmente proprio da Biden pochi mesi poco.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0);
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Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Arte
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