Pensiero
Basta moralismi su Achille Lauro!

Facciamoci tutti quanti un sacrosanto favore: smettiamola di fare i moralisti su Achille De Marinis, in «arte» Achille Lauro. Davvero, non se ne può più di sentire gente scandalizzata, intenta a stracciarsi le vesti sui social-network o nei salotti della critica a seguito delle «scandalosissime» ed indecorose performance di Lauro a Sanremo. Non sappiamo se l’artista (?) abbia scelto il proprio nome d’arte per una certa simpatia verso l’armatore partenopeo Achille Lauro oppure verso l’FLP (Fronte per la Liberazione della Palestina), che nel 1985 sequestrò e dirottò con un atto terroristico proprio la nave da crociera «Achille Lauro». Tuttavia sappiamo che Lauro va descritto per ciò che è, non attaccato per ciò che non è attraverso inutili moralismi. E abbiate pazienza, pure se ha sferrato qualche calcio o pugno in faccia ai ragazzini durante i suoi concertini.
La teatralità del giovane trapper portata sul palco dell’Ariston continua a far parlare di sé nonostante tutto – o, sarebbe meglio dire: nonostante niente. Dalla spoliazione di San Francesco a David Bowie, passando per la mecenate Marchesa Luisa Casati Stampa fino ad arrivare ad Elisabetta I, Lauro è riuscito indubbiamente a farsi notare cercando modalità definite provocatorie o quantomeno originali.
Storpiature, copiature, cose viste e riviste, trite e ritrite, già fatte in tempi non sospetti dove l’immoralità, all’interno delle caselle della finestra di Overton, era ancora impensabile – a differenza di oggi dove è approvata persino per legge
La «spoliazione» dai beni del mondo è un atto così povero che, secondo quanto sarebbe emerso, la mantella che copriva la tutina trasparente del cantante era firmata Gucci . Ma nemmeno questo deve scandalizzarci, per non finire in quelle considerazioni banali che vanno via via ripetendosi. Se proprio vogliamo (musicalmente) scandalizzarci, scandalizziamoci di aver mandato sul palco dell’Ariston un personaggio che, pur copiando, non sapeva nemmeno cosa stesse copiando. Ci riferiamo alla performance in cui Achille Lauro si è vestito da David Bowie affermando di aver evocato uno storico pezzo del Duca Bianco: Ziggy Stardust. Ebbene, il nostro, insieme a tutta la sua regia, non è nemmeno stato in grado di appurare che quel genere di abbigliamento scelto per omaggiare Bowie (il quale ci dicono non abbia ancora smesso di rivoltarsi animatamente nella tomba) non rappresentava affatto Ziggy Stardust, quanto piuttosto un altro storico brano: Life on Mars?.
Ma arriviamo al dunque, e cioè a considerare Achille Lauro per quello che è e che sarà ancora per poco. Sì, perché a noi non piace nemmeno chi intima di non parlare più di Achille Lauro, «perché così gli date ancora più audience! A quel blasfemo! A quel cattivo esempio per i giovani! A quel cantante che incita alla droga, alle pasticche, all’autodistruzione!» – dicono i moralisti.
David Bowie, Lou Reed, Jim Morrison, Jimi Hendrix, erano persone moralmente squallide, ma artisticamente riuscite. Hanno portato avanti la più assoluta e devastante immoralità, ma un’immoralità coerente e anticonformista rispetto ai tempi
Noi non siamo moralisti, e vogliamo continuare a parlare di Achille Lauro poiché abbiamo una assoluta certezza: potremo continuare a parlarne finché vorremo, quanto vorremo, ma non potremo mai opporci all’autodistruzione dei personaggi come il giovine trapper. Autodistruzione musicale, s’intende; autodistruzione della propria fama che, come diceva Andy Warhol, durerà quindici minuti. Potremo continuare indisturbati a parlare di Achille Lauro, ma di Achille Lauro fra massimo tre anni non si parlerà più, e fra cinque nessuno si ricorderà nemmeno più di lui giacché sarà finito l’effetto meteora che i tipi come lui rappresentano in quest’epoca fluida e iper-consumistica. Perché gli Achille Lauro fondamentalmente non hanno da dire nulla, nulla da offrire, non hanno da mostrare nulla di nuovo, non sono originali e, per giunta, non hanno nemmeno il coraggio della coerenza. Quel messaggio di autodistruzione che pretendono di portare avanti non hanno il coraggio di ammetterlo.
Vedete, cari moralisti, David Bowie, Lou Reed, Jim Morrison, Jimi Hendrix, erano persone moralmente squallide, ma artisticamente riuscite. Hanno avuto il coraggio di portare avanti la propria immoralità, di ammetterla, di predicarla facendo un danno immane alla società. Parlavano di droga, si drogavano, e avevano il coraggio di ammetterlo. Non nascondevano le pasticche dentro la scusa delle Rolls Royce. Soprattutto: hanno scritto, iniziato e persino finito un capitolo della storia della musica, forse il più importante dell’ era moderna. Hanno suonato, cantato, e sapevano farlo.
Perché gli Achille Lauro fondamentalmente non hanno da dire nulla, nulla da offrire, non hanno da mostrare nulla di nuovo, non sono originali e, per giunta, non hanno nemmeno il coraggio della coerenza. Quel messaggio di autodistruzione che pretendono di portare avanti non hanno il coraggio di ammetterlo
Tutto questo, per gli Achille Lauro di turno, è pressoché un tema sconosciuto. Storpiature, copiature, cose viste e riviste, trite e ritrite, già fatte in tempi non sospetti dove l’immoralità, all’interno delle caselle della finestra di Overton, era ancora impensabile – a differenza di oggi dove è approvata persino per legge. Tutto quello che hanno fatto i Bowie, gli Hendrix, ecc ecc., lo hanno fatto partendo da zero, inizialmente senza soldi e senza vestiti griffati, con chitarre rotte e microfoni scassi, senza il paparino magistrato. .
Gli Achille Lauro sono il conformismo più assoluto che ha più soldi che idee.
Quindi, per favore, basta moralismi inutili.
E dormite sonni tranquilli continuando pure a parlare di Achille Lauro: fra cinque anni sarà solo un dimenticato ricordo. Fra cinquant’anni, invece, i dischi di David Bowie saranno ancora venduti e degli Achille Lauro potremo giusto dire: «We can be heroes», ma «just for one day».
Cristiano Lugli
Immagine tratta da uno screenshot della trasmissione RAI di Sanremo
Pensiero
Dugin: la guerra per il nuovo ordine è dinanzi a noi

Renovatio 21 pubblica questo scritto di Aleksandr Dugin apparso su Arktos.
Il nuovo ordine mondiale multipolare non è scolpito nella pietra ed è improbabile che venga accettato pacificamente, ma è destinato a prendere forma attraverso un conflitto intensificato, ricordando come i cambiamenti storici siano decisi dall’imprevedibile svolgimento della guerra.
Un cambiamento nell’ordine mondiale avviene solitamente attraverso la guerra. Molto raramente coloro che detengono il potere globale sono disposti a rinunciarvi volontariamente. Resistono fino alla fine, finché non vengono distrutti e ridotti in rovina. Lo stesso vale senza dubbio oggi.
Naturalmente, nella storia accadono diversi colpi di scena. Pertanto, si potrebbe solo ipoteticamente aspettarsi, sperare o almeno desiderare che i leader occidentali rinuncino volontariamente alla loro egemonia. Ma qualcosa mi dice che è improbabile che ciò accada. E se non accade, allora ci sarà la guerra. Questa guerra è già in corso: la guerra in Ucraina, le guerre in Medio Oriente. Ma non è ancora in pieno svolgimento. Finora, è solo un presagio dell’enorme, fondamentale guerra che sarà combattuta per la ridistribuzione della sovranità reale tra le forze che oggi vengono demarcate.
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Oggigiorno diciamo spesso: guardate, il mondo multipolare è qui, il mondo non è più unipolare, ci sono i BRICS, c’è una «grande umanità», e così via. Tuttavia, possiamo vedere che l’egemonia del sistema unipolare è ancora forte. Questo nonostante il fatto che sia in declino, e nonostante la sua colossale crisi interna, l’implosione piuttosto che l’esplosione della società occidentale e dell’intera civiltà occidentale, sia chiaramente in fermento. Ma, in un certo senso, nonostante il vettore di questa onda discendente, l’egemonia occidentale è ancora più forte del multipolarismo.
Siamo onesti: è ancora in grado, ad esempio, di rimodellare la situazione e l’equilibrio di potere nello spazio post-sovietico. Sappiamo che i globalisti operano in Ucraina, Moldavia, nel Caucaso meridionale e in Asia centrale da tre decenni. Ma glielo abbiamo permesso. E ora, nonostante la divisione dell’Occidente in due o addirittura tre forze – i globalisti, l’UE, Trump e il MAGA – sono comunque riusciti a imporre la forza alle elezioni in Romania, sostituendo candidati sgraditi ai globalisti, uccidendo diverse decine di candidati di Alternativa per la Germania, insabbiando il tutto come «incidenti» e, infine, sono riusciti a imporre la forza alle elezioni in Moldavia. Allo stesso tempo, la guerra in Ucraina è in corso. L’Occidente non si ritira ed è molto difficile per noi ottenere una vittoria decisiva.
È troppo presto per dire che il mondo unipolare occidentale non esiste più. Esiste, anche se in agonia.
E, naturalmente, è molto probabile che se il mondo unipolare non crollerà semplicemente nel prossimo futuro, tutto questo sfocerà in una grande guerra.
Non sono sicuro di dove si svolgerà questa guerra , se nell’Oceano Pacifico contro la Cina o contro l’India, in Medio Oriente, o se ci coinvolgerà direttamente.
È del tutto possibile che tutto inizi da noi. Pertanto, ciò che sta accadendo in Ucraina potrebbe essere l’inizio di una guerra più grande e temibile.
Con le nostre armi nucleari, i nostri territori, la nostra identità storica e la nostra capacità di concettualizzare i processi mondiali, la Russia è qualche passo avanti alla Cina. La Cina sta diventando solo ora una vera potenza globale. Questa è una nuova qualità, un nuovo stato per lei. Non c’è garanzia che i cinesi gestiranno questa situazione. Eravamo una grande potenza mondiale nel XX secolo (una delle due) e nel XIX secolo (una delle tante). La grandezza della Cina risale all’antichità. Senza dubbio, la Cina è oggi uno degli Stati di primo ordine più importanti, uno dei due o tre che governano il mondo. Ma questa è un’esperienza nuova per la Cina contemporanea. Deve ancora prepararsi a questo, e qui si possono commettere molti errori. Abbiamo un’esperienza molto viva in questo campo, ed è per questo che la Russia è il principale ostacolo per i globalisti e il loro principale nemico. Pertanto, noi, e nessun altro, siamo i principali partecipanti a questa guerra, i principali conduttori del raggio luminoso della storia mondiale. Siamo noi che costruiamo il mondo multipolare.
Se una Terza Guerra Mondiale possa essere evitata in queste circostanze è un grande interrogativo. Per ora, l’unica opzione proposta per evitarla è la capitolazione, ovvero la deliberata cessazione anticipata della guerra, alzando bandiera bianca e arrendendosi alla mercé dei vincitori. Ma il riconoscimento deliberato della sconfitta non significa la fine della guerra. Siamo ancora pieni di volontà e di forza, e ci stiamo dirigendo verso la Vittoria, non verso la sconfitta.
Pertanto, se una grande guerra può essere evitata solo con la sconfitta, allora questo non è il nostro caso, e in tal caso la guerra non può essere evitata. Ma se ci sarà o meno la guerra non dipende da noi. Dipende da come il mondo unipolare che la sta organizzando sceglierà il nuovo livello di escalation.
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Nel complesso, concordo con l’analisi secondo cui non possiamo evitare una grande guerra mondiale. Una guerra del genere coinvolgerà la Cina, e molto probabilmente l’India, l’intero Medio Oriente, il mondo islamico. Allo stesso tempo, naturalmente, avrà ripercussioni in Africa e in America Latina, dove si stanno formando due coalizioni: quella dei sostenitori dell’unipolarismo e quella dei sostenitori del multipolarismo.
Pertanto, prove mostruose attendono l’umanità. Stanno già accadendo, noi siamo già dentro di esse. Ciò che abbiamo ora sembrerà un gioco da ragazzi rispetto a ciò che ci aspetta. Naturalmente, come ogni persona normale, non me ne compiaccio né mi rallegro. Ma le guerre scoppiano praticamente sempre quando le persone dicono di non volere la guerra.
Le guerre non dipendono dal fatto che le persone le vogliano o meno. C’è una certa logica nella storia a cui è praticamente impossibile eludere.
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Immagine della Diocesi di Ekaterinodar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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La società del ricatto, della censura e della schedatura di massa. Renovatio 21 intervista Marcello Foa

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Mons. Viganò: l’élite sovversiva ha infiltrato gli Stati

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha partecipato all’appello per la liberazione di Reiner Fuellmich, avvocato tedesco molto attivo durante la catastrofe pandemica.
Sua Eccellenza ha riportato le parole del suo appello, visibile anche in video, in un post su X.
«Una pericolosa élite sovversiva è riuscita a infiltrarsi ai più alti livelli delle istituzioni e dei governi occidentali per attuare il piano criminale dell’Agenda 2030» scrive monsignore.
«In molti Stati autoproclamatisi “democratici”, le voci che denunciano questo colpo di Stato globale vengono messe a tacere attraverso la censura, l’intimidazione, la psichiatrizzazione e persino l’arresto».
«Tra le vittime del regime totalitario che si sta affermando silenziosamente in Europa, Canada, Australia e altre nazioni vassalle delle Nazioni Unite, della NATO, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Forum Economico Mondiale (tutte entità private finanziate dagli stessi poteri) c’è l’avvocato Reiner Fuellmich, ingiustamente imprigionato e ancora in attesa di un giusto processo. Il suo crimine è aver osato dire la verità in un mondo di menzogne criminali» dichiara prelato.
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«Invito i Cattolici e tutte le persone di buona volontà ad alzare la voce in difesa dei perseguitati dal regime globalista. Non è l’avvocato Fuellmich che dovrebbe essere in prigione, ma coloro che hanno commesso il più grande crimine contro l’umanità: Anthony Fauci, Bill Gates, Klaus Schwab, George Soros, Ursula von der Leyen, Albert Bourla, e tutti i loro complici ed emissari, soprattutto quelli che ricoprono cariche istituzionali».
«Liberate Reiner Fuellmich!»
Reiner Fuellmich è un avvocato tedesco, nato nel 1958 a Brema, noto per la sua carriera come specialista in diritto dei consumatori e processuale, con esperienza sia in Germania che in California. Ha studiato legge all’Università di Gottinga e all’Università della California a Los Angeles, ottenendo un dottorato in diritto medico e farmaceutico.
Dal 1985 al 2001 ha lavorato come assistente di ricerca presso il centro di studi sul diritto medico e farmaceutico dell’Università di Gottinga, e ha insegnato in università tedesche ed estoni su temi come il diritto bancario e internazionale privato.
Nel luglio 2020, Fuellmich è diventato uno dei fondatori e portavoce del Comitato Investigativo Corona (Stiftung Corona Ausschuss), un’organizzazione non governativa con sede in Germania, insieme ad altri avvocati. Il comitato ha condotto audizioni con esperti per indagare su «crimini contro l’umanità» legati alla gestione della pandemia, sostenendo che si trattasse di uno «scandalo» orchestrato da governi, OMS e case farmaceutiche.
L’avvocato Fuellmich ha promosso l’idea di un processo stile Norimberga contro figure come Anthony Fauci, Bill Gates e Ursula von der Leyen, raccogliendo fondi e costruendo una rete di oltre 1.000 avvocati a livello internazionale. Fuellmich ha anche guidato un partito politico in Germania, stimato all’8% di consenso in alcuni sondaggi.
Nel settembre 2022, è stato accusato di aver sottratto fondi del comitato attraverso fatturazioni gonfiate per i suoi servizi legali.
Fuellmich ha respinto le accuse come «politicamente motivate» per sabotare il comitato. Un mandato di arresto è stato emesso nel marzo 2023 mentre era in Messico con la moglie; è stato estradato e arrestato all’arrivo a Francoforte il 15 maggio 2023.
Come riportato da Renovatio 21, quattro anni fa Fuellmich aveva intervistato il cardiologo texano Peter McCullough, che aveva accennato a «infertilità e cancro come possibili conseguenze del vaccino». Nel 2021 l’avvocato ricevette dal gruppo Doctors for COVID Ethics una lettera di confutazione all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che metteva in guardia rispetto ai vaccini genici sperimentali.
Attualmente Fuellmich, 66 anni, è detenuto in custodia cautelare nel carcere di Rosdorf (Bassa Sassonia), in un penitenziario di massima sicurezza. Il processo per frode e appropriazione indebita è in corso, ma i suoi sostenitori lo descrivono come «prigionia politica» e «persecuzione» per le sue critiche alla gestione pandemica.
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