Economia
Amazon abbandona il sistema senza casse nei negozi: si è scoperto che la sua IA era alimentata da 1.000 lavoratori umani
Il colosso dell’e-commerce Amazon starebbe rinunziando alla sua speciale tecnologia «Just Walk Out» che permetteva ai clienti di mettere la spesa nella borsa e lasciare il negozio senza dover fare la fila alla cassa. Lo riporta The Information, testata californiana che si occupa del business della grande tecnologia.
La tecnologia, disponibile solo nella metà dei negozi Amazon Fresh, utilizzava una serie di telecamere e sensori per tracciare ciò con cui gli acquirenti lasciavano il negozio. Tuttavia, secondo quanto si apprende, invece di chiudere il ciclo tecnologico con la pura automazione e l’intelligenza artificiale, l’azienda ha dovuto fare affidamento anche su un esercito di oltre 1.000 lavoratori in India, che fungevano da cassieri a distanza.
Di questo progetto denominato «Just Walk Out» – uno stratagemma di marketing per convincere più clienti a fare acquisti nei suoi negozi, minando attivamente il mercato del lavoro locale – forse non ne sentiremo la mancanza.
Nel 2018 Amazon ha iniziato a lanciare il suo sistema «Just Walk Out», che avrebbe dovuto rivoluzionare l’esperienza di vendita al dettaglio con l’intelligenza artificiale in tutto il mondo. Diverse altre società, tra cui Walmart, hanno seguito l’esempio annunciando negozi simili senza cassiere.
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Tuttavia più di cinque anni dopo, il sistema sembra essere diventato sempre più un peso. Stando sempre a quanto riportato da The Information, la tecnologia era troppo lenta e costosa da implementare, con i cassieri in outsourcing che avrebbero impiegato ore per inviare i dati in modo che i clienti potessero ricevere le loro ricevute.
Oltre a fare affidamento su manodopera a basso costo e in outsourcing e invece di pagare salari equi a livello locale, le critiche hanno anche messo in dubbio la pratica di Amazon di raccogliere una quantità gigantesca di dati sensibili, compreso il comportamento dei clienti in negozio, trasformando una rapida visita al negozio in un incubo per la privacy, scrive Futurism.
L’anno scorso, il gruppo di difesa dei consumatori Surveillance Technology Oversight Project, aveva intentato un’azione legale collettiva contro Amazon, accusando la società di non aver informato i clienti che stava vendendo segretamente dati a Starbucks a scopo di lucro.
Nonostante la spinta aggressiva nel mercato al dettaglio, l’impatto dei negozi di alimentari di Amazon negli Stati Uniti, è ancora notevolmente inferiore a quella dei suoi concorrenti quali Walmart, Costco e Kroger, come sottolinea Gizmodo.
Invece di «Just Walk Out», Amazon ora scommette su scanner e schermi incorporati nel carrello della spesa chiamato «Dash Carts». Resta da vedere se i «Dash Carts» si riveleranno meno invasivi dal punto di vista della privacy dei dati.
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Immagine di Sikander Iqbal via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
Orban: il conflitto in Ucraina sta uccidendo l’economia dell’UE
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Brussels wants war to impose a common debt and seize more power, stripping competences from the member states. The arms industry wants war for profit. Meanwhile, powerful lobbies want to exploit war to expand their influence. In the end, everyone is trying to cook their own meal… pic.twitter.com/9GPzyH5SCS
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Economia
Funzionari americani al lavoro per monopolizzare il mercato energetico dell’UE
Gli Stati Uniti stanno agendo per espellere l’energia russa dal mercato dell’Unione Europea, collocandosi strategicamente per riempire il vuoto creatosi, ha indicato venerdì il Financial Times.
Sempre secondo il quotidiano, Washington ha ostacolato di proposito un’offerta del gruppo svedese Gunvor per rilevare le attività estere del gigante petrolifero russo Lukoil.
Gunvor ha abbandonato la propria proposta da 22 miliardi di dollari dopo che i funzionari americani hanno accusato l’azienda di fungere da «burattino del Cremlino». All’inizio di novembre, il Tesoro statunitense aveva ammonito in un post su X che la società «non avrebbe mai ottenuto la licenza per operare e generare profitti» qualora avesse proseguito nell’affare.
La potenziale cessione è venuta alla luce in seguito all’imposizione di nuove sanzioni da parte del presidente Donald Trump su Lukoil e su un altro colosso petrolifero russo, Rosneft, spingendo la prima a individuare potenziali compratori per le sue quote all’estero.
L’offerta è stata resa nota mentre «funzionari statunitensi compivano visite in Europa nell’ambito di iniziative per promuovere l’energia americana ed eliminare ‘ogni ultima molecola’ di gas russo dal continente», ha scritto il *Financial Times*. La scelta di bloccare l’intesa è giunta «dai vertici del Tesoro», ha riferito il giornale, citando due fonti informate sui fatti.
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In seguito, Washington ha emesso una licenza generale che autorizza altri contendenti a rilevare le attività internazionali di Lukoil, come indicato dal Financial Times. Una società di private equity americana, Carlyle, ha manifestato interesse questa settimana, secondo il rapporto.
Venerdì Lukoil ha confermato soltanto di essere impegnata in «trattative in corso per la vendita delle sue attività internazionali con vari potenziali acquirenti», senza tuttavia specificarne i nomi.
I rappresentanti statunitensi hanno espresso esplicitamente la volontà di rimpiazzare la Russia nel mercato energetico dell’UE. A settembre il segretario all’Energia Chris Wright ha dichiarato che gli USA erano preparati «a sostituire tutto il gas russo diretto in Europa e tutti i derivati raffinati russi dal petrolio».
Il Cremlino ha deplorato le sanzioni qualificandole come un «passo ostile», ma ha ribadito l’intenzione di perseguire «rapporti positivi con tutti i Paesi, inclusi gli Stati Uniti».
Le misure restrittive su Lukoil stanno già impattando sull’Europa. All’inizio di novembre, la Bulgaria ha tagliato le esportazioni di carburante verso gli altri Stati UE per timori legati agli approvvigionamenti. Lukoil controlla la principale raffineria del Paese, oltre 200 stazioni di servizio e una vasta rete di trasporto di combustibili.
Come riportato da Renovatio 21, gli USA dopo l’inizio del conflitto ucraino la distruzione del Nord Stream ora il principale fornitore di gas dell’Europa, venduto ad un prezzo follemente più alto di quello russo, perché, invece che con il gasdotto, ce lo fa arrivare via nave, quindi con costi e tempi aggiuntivi, più tutta la questione della rigassificazione, che ha costretto l’Italia, che non ha un numero adeguato di strutture di questo tipo, ad acquistare navi rigassificatrici galleggianti come la Golar Tundra giunta a Piombino.
Nel frattempo, per effetto delle sanzioni, Mosca ha aperto nuovi canali di distribuzione del gas, iniziando a distribuire la risorsa anche in Paesi come il Pakistan e programmando nuove rotte, come in Turchia, dove si vuole costruire un hub gasiero. Gasdotti di nuovo tipo sono stati invece finalizzati in Cina.
Come riportato da Renovatio 21, nel corso dei mesi del conflitto è emerso come, nonostante le sanzioni Paesi UE come la Spagna siano arrivati addirittura ad aumentare le importazioni di GNL russo.
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Economia
La situazione industriale in Italia. Intervista al prof. Pagliaro
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