Economia
Israele, i donatori di sperma aumentano del 300%
Conseguenza inattesa della crisi pandemica: la furiosa impennata dei donatori di sperma nello Stato ebraico.
Secondo quanto riferito, per sbarcare il lunario durante la crisi economica del coronavirus, centinaia di uomini israeliani hanno donato il loro sperma.
Con la disoccupazione al 21%, al cittadino israeliano la donazione del proprio seme sembra un modo semplice per fare soldi.
Per sbarcare il lunario durante la crisi economica del coronavirus, centinaia di uomini israeliani hanno donato il loro sperma
«Non ero mai stato venuto a conoscenza delle banche del seme», ha detto uno studente a una stazione televisiva locale.
«Un buon amico ha detto che potevo unirmi a lui per donare lo sperma e ha detto che è stato davvero pagato bene. Per ogni donazione, posso fare 1.000 shekel [circa €250, ndr], 1.500 shekel, che è meglio di niente. Almeno ho un reddito sicuro, quindi non vado in rovina e posso pagare l’affitto».
Alcuni ospedali pubblici hanno riportato un aumento delle donazioni fino al 300%, secondo il Times of Israel.
A marzo, il Ministero della Salute di Tel Aviv aveva sospeso tutti i trattamenti di fecondazione in vitro a causa della pandemia in quanto ha ridotto i trattamenti medici non essenziali, prima di iniziare a consentire nuovamente le procedure alla fine di aprile.
Con la disoccupazione al 21%, al cittadino israeliano la donazione del proprio seme sembra un modo semplice per fare soldi.
Ora invece vi sarà sovrabbondanza di spermatozoi di giovani studenti sani ed israeliani.
«Dal nostro punto di vista, questa è una buona cosa che ci consente di offrire ai nostri pazienti una vasta scelta di donatori e non meno di una banca del seme in un centro medico privato», ha dichiarato un direttore della banca del seme dell’ospedale al Times of Israel .
I donatori non sembrano toccati dal pensiero che per poche centinaia di dollari stanno virtualmente seminando la loro progenie nel mondo
«Il nostro obiettivo come istituzione medica pubblica è quello di offrire ai nostri pazienti il miglior servizio possibile e l’aumento del numero di donatori è un aiuto significativo».
I donatori non sembrano toccati dal pensiero che per poche centinaia di dollari stanno virtualmente seminando la loro progenie nel mondo, anche se alcuni, come emerge nei casi dei dottori con decine o centinaia di figli poiché hanno usato il loro seme con le clienti/pazienti, vi possono trovare una gratificazione al loro narcisismo.
Vi è il caso transnazionale dello «Sperminator», un professore di matematica ebreo-americano che spacciava il suo seme a donne con scambi di provetta che avvenivano nei bagni degli Starbucks o dei centri commerciali di Nuova York. Lo Sperminatore, già una trentina di figli, sarebbe tornato a colpire anche in Israele, andando a trovare il fratello e la famiglia che lavorano in una piantagione della Cisgiordania.
Vi è il caso transnazionale dello «Sperminator» un professore di matematica ebreo-americano che spacciava il suo seme a donne con scambi di provetta che avvenivano nei bagni degli Starbucks o dei centri commerciali di Nuova York. Ha già una trentina di figli.
Al contempo, né i donatori né i dottori né i giornalisti né i legislatori sembrano avere la minima idea di cosa sia il processo di fertilizzazione in vitro (IVF): un sistema di sterminio degli embrioni che apre all’eugenetica – quell’ideologia sociale che tanto piaceva alla Germania Nazista (e non solo ad essa).
Oggi la riprogenetica liberale arriva ben oltre gli esiti dei programmi Lebensborn hitleriani, immaginando l’ingegnerizzazione di ogni neonato del pianeta, perché – ricordatelo sempre – «sarà come vaccinarli».
Il costo in termini di vite umane è senza paragoni nella storia umana. Per ogni bambino prodotto in laboratorio (spesso, non sanissimo) che riesce ad arrivare tra le braccia della coppia borghese committente vengono prodotti molti embrioni (decine). Alcuni vengono scartati – cioè buttati via – perché considerati di qualità inferiore. Altri vengono «impiantati» e muoiono in utero.
Altri ancora vengono crioconservati in azoto liquido, in attesa che qualcuno decida di cosa fare del loro limbo – anche la criogenizzazione ha comunque percentuali di mortalità dell’embrione altissimo.
Per alcuni il calcolo è di circa 20 embrioni distrutti ogni bambino arrivato vivo – ovviamente dopo che la donna è stata bombardata di ormoni pericolosi, che secondo alcune fonti (cfr. il documentario Eggsploitaion) possono causare paralisi, cancro e perfino la morte.
Né i donatori né i dottori né i giornalisti né i legislatori sembrano avere la minima idea di cosa sia il processo di fertilizzazione in vitro (IVF): un sistema di sterminio degli embrioni che apre all’eugenetica
Lo scarto genocida di questi milioni di embrioni moltiplica i numeri dell’aborto, che è oramai solo uno specchietto per le allodole per tenere buoni i cattolici con un nemico da retroguardia.
Loo scarto genocida dell’embrione porta ovviamente all’eugenetica, già praticata nella selezione pre-impianto (fintamente proibita) e che ora continuerà con la tecnologia di editing genetico CRISPR. La Cina, come noto, ha già prodotto i suoi bambini geneticamente modificati.
Ogni donatore di sperma, tenga a mente la filiera di morte che va ad alimentare.
Per alcuni il calcolo è di circa 20 embrioni distrutti ogni bambino arrivato vivo
Così come dovrebbe immaginare cosa può succedere ai figli di cui nemmeno conosce l’esistenza: i bambini prodotti dalla stessa banca con lo stesso seme ma per madri diverse sono fratello e sorella. Nella vita, potranni incontrarsi e magari finire pure per accoppiarsi: è l’incesto in provetta, una realtà automatica del prossimo futuro, raccontata dal film Codice 46.
Si tratta di un film di fantascienza distopica di qualche anno fa. La realtà, come sempre, è già molto, molto più allucinante di qualsiasi distopia.
Ogni donatore di sperma, tenga a mente la filiera di morte che va ad alimentare.
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Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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