Spirito
Vescovo sposa scrittrice di romanzi erotici divorziata – con rito cattolico, grazie alla dispensa di Bergoglio
Dopo aver ottenuto l’approvazione papale e la laicizzazione, l’ex vescovo di Solsona ha avuto un matrimonio cattolico con la scrittrice erotica divorziata che ha sposato civilmente nel 2021. Lo riporta LifeSiteNews.
Il 2 aprile, la scrittrice erotica spagnola Silvia Caballol ha annunciato tramite Instagram di aver recentemente celebrato un matrimonio cattolico con monsignor Xavier Novell. È riportato che le nozze sarebbero divenute possibili grazie ad una dispensa di papa Francesco, che avrebbe regolato la sua situazione canonica.
«Xavier ed io, finalmente, abbiamo potuto sposarci nella Chiesa, grazie alla misericordia del Santo Padre che gli ha concesso la secolarizzazione. Sono rimasto stupito dalla grande qualità umana e spirituale di Papa Francesco», ha scritto la Caballol. Non sono stati forniti dettagli più specifici della cerimonia.
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Ex vescovo di Solsona, monsignor Novell era uno dei vescovi più giovani della Spagna al momento della sua nomina nel 2010. Il 23 agosto 2021 papa Francesco ha accettato pubblicamente le dimissioni del prelato, 52 anni, e i vescovi spagnoli hanno affermato che Novell aveva offerto le sue dimissioni per «motivi strettamente personali» e lo aveva fatto alle condizioni del canone 401 §2 del Codice di diritto canonico della Chiesa.
Alcune settimane dopo emerse che Novell si era dimesso per continuare la sua relazione con Caballol e andare a vivere con lei. La Caballol, 14 anni più giovane di Novell e già divorziata con tre figli da un precedente matrimonio, è psicologa e scrittrice.
Il suo editore la descrive come «una lettrice incallita di romanzi romantici ed erotici» che «trasmette sempre questa debolezza a tutti i manoscritti che scrive». Si è inoltre formata e ora si specializza in psicologia clinica, sessuologia, tecniche antistress e yoga, oltre a corsi sul cattolicesimo e sull’Islam.
Nel curriculum di Caballol figurano infatti opere dai forti toni erotici e satanici, un aspetto ampiamente evidenziato anche dai media laici alla fine del 2021.
Uno dei suoi romanzi, intitolato L’inferno del desiderio di Gabriel, è stato descritto dalla Catholic News Agency e dall’International Business Times come avente «sfumature sataniche».
L’autrice ha difeso le sue opere dalle critiche mediatiche, affermando che sono state scritte «durante un periodo molto particolare» della sua vita, e che «chi è libero dal peccato scagli la prima pietra».
Dopo le sue dimissioni nell’agosto 2021, Novell ha poi contratto un matrimonio civile con Caballol nel novembre 2021, spingendo la diocesi di Solsona ad annunciare che era stato sospeso, ai sensi del canone 1394 §1. Pur rimanendo vescovo, a Novell fu proibito qualsiasi ministero pubblico o privato.
Secondo il Guardian, a dicembre 2021, la coppia starebbe «lavorando per un’azienda», Semen Cardona, «che estrae e vende sperma di maiale».
Nell’aprile 2022, 8 mesi dopo le dimissioni di Novell, è stato annunciato nei notiziari locali che la Caballol aveva appena dato alla luce due figlie gemelle con monsignor Novell. Da allora, le notizie sulla coppia sono rimaste scarse fino all’annuncio di Caballol questa settimana.
«È stata una lunga strada, ma abbiamo potuto regolare la nostra situazione canonica: sposarci come volevamo e poter ricevere di nuovo la comunione», scriveva il 2 aprile. Novell «è ancora vescovo, ma non può svolgere il compito ministero», ha detto la Caballol, in una frase che sembrava contraddire la sua precedente affermazione secondo cui Novell era stato ridotto allo stato laicale.
«Molti avrebbero preferito nascondere queste informazioni, ma io ho sempre creduto che se un uomo è convinto di quello che fa e sente, bisogna scommettere sulla naturalezza, sulla normalità, sulla trasparenza, andare dritto, senza lasciare spazio a speculazioni, e camminare sotto la luce. Non credo che la fossilizzazione sia ciò che merita il nostro amore, e nemmeno la Chiesa».
«Né credo che l’occultamento che ha accompagnato le dimissioni di mio marito due anni e mezzo fa sia stato in alcun modo un errore».
La carriera episcopale di Novell fu segnata da contraddizioni e «volubilità». Era stato esplicito riguardo alla condanna dell’attività omosessuale («l’omosessualità può essere correlata a una figura paterna assente e lontana», aveva detto prima di scusarsi), descrivendosi allo stesso tempo come «conservatore» e «progressista». I precedenti di Novell mentre era in seminario includevano la difesa dell’ordinazione femminile, del celibato clericale facoltativo e dell’assoluzione generale.
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Secondo quanto riportato, era un fermo oppositore dell’aborto, e video testimoniano la sua passione per Giovanni Paolo II, al punto da essere definito «vescovo-papaboy».
Il prelato aveva anche fatto notizia per la sua azione politica, passando dal divieto ai preti di essere politicamente attivi nel 2014, al sostegno piuttosto chiaro all’indipendenza della Catalogna nel 2017.
«Molti di voi sapranno bene come votare» aveva detto in un articolo pubblicato su un giornale diocesano nel settembre 2015, prima delle elezioni parlamentari catalane. «Conoscete la candidatura che vuole riunire il sì e che facilita un riconoscimento internazionale al processo di indipendenza (Together for Yes). Conoscete l’altra candidatura a favore del sì (CUP). È anche chiaro per noi che votare per uno degli altri candidati significa non indipendenza. Chiedo inoltre a tutti i parroci di suonare le campane questa domenica alle 9 di mattina. Una cosa buona per svegliare tutti e annunciare loro che è arrivato il giorno della libertà: il giorno in cui abbiamo nelle nostre mani la decisione sul futuro della nostra gente».
Curiosamente, due anni prima aveva consigliato ai preti della sua diocesi di non prendere ad una «campagna del suono di campane» indetta in Catalogna.
Dentro la Conferenza Episcopale spagnuola il Novell era stato membro della commissione per le migrazioni dal 2011 al 2020.
Secondo la rivista tedesca Der Spiegel, monsignor Novell avrebbe condotto anche esorcismi.
Immagine screenshot da YouTube
Pensiero
Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
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Spirito
Cristo Re, il cosmo divino contro il caos infernale. Omelia di Mons. Viganò
Renovatio 21 pubblica l’omelia nella festa di Cristo Re dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

Israël es tu Rex
Omelia nella festa di Cristo Re
Israël es tu Rex,
davidis et inclyta proles;
nomine qui in Domini,
Rex benedicte, venis.
D’Israele Tu sei il Re,
di David la nobile prole;
Tu che vieni, Re benedetto,
nel Nome del Signore.
Teodolfo di Orléans,
Inno Gloria laus et honor.
Gloria, laus et honor tibi sit, Rex Christe Redemptor. Al canto di questo inno antichissimo, intonato nella Domenica delle Palme dinanzi alle porte serrate della chiesa, la processione del clero e dei fedeli entra solennemente nella nuova Gerusalemme, spalancandone i robusti battenti con il triplice colpo della Croce astile.
La suggestiva cerimonia della seconda Domenica di Passione rievoca l’ingresso trionfale di Nostro Signore nella Città santa, di cui era figura l’ingresso di Salomone (1Re 1, 32-40). Essa ha dunque un’indole eminentemente regale, perché con questa presa di possesso del Tempio, Egli è riconosciuto e osannato come Dio, come Messia e come Re dei Giudei: il Cristo, Χριστός, l’Unto del Signore. La Sua divina Regalità era già stata testimoniata e onorata dai Magi, nella grotta di Betlemme: con l’oro al Re dei Re, l’incenso al Dio Vivo e Vero, la mirra al Sacerdote e Vittima.
Poco meno di cent’anni fa, l’11 Dicembre 1925, il grande Pontefice lombardo Pio XI promulgò l’immortale Enciclica Quas primas, nella quale è definita la dottrina della universale Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo: Egli è Re in quanto Dio, in quanto discendente della stirpe regale della tribù di Davide e per diritto di conquista mediante la Redenzione.
L’istituzione di questa festa non ha in verità introdotto nulla di nuovo. Essa è stata voluta da Pio XI per contrastare e combattere la peste del liberalismo laicista, il massonico Libera Chiesa in libero Stato e la folle presunzione di estromettere Gesù Cristo dalla società civile. Pio XI non fu il solo a ribadire solennemente la dottrina cattolica: prima di lui Clemente XII, Benedetto XIV, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Gregorio XIV, Pio IX, Leone XIII e San Pio X avevano severamente condannato le logge segrete, la carboneria, la Massoneria e tutti gli errori che i nemici di Cristo avevano sparso e alimentato nel corso degli ultimi due secoli.
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Dopo la grande frattura del Protestantesimo nel Cinquecento, i tre secoli successivi hanno visto affrontarsi in una serie di terribili battaglie la Chiesa Cattolica e l’Antichiesa, cioè la Massoneria: da una parte, il Principe della Pace e le Sue schiere angeliche e terrene; dall’altra, la scelesta turba, la folla sciagurata, aizzata dai mercanti asserviti a Lucifero.
Il mito del «popolo sovrano» ha sepolto sotto le rovine della Rivoluzione secoli di civiltà cristiana, mostrando sino a quali aberrazioni l’uomo potesse giungere. I Martiri di questi secoli di violenze inaudite e di eccidi ancora impuniti ci guardano dai loro scranni in cielo, chiedendo giustizia per il sangue che essi hanno versato, e con il loro silenzio – quasi di notte oscura per la Chiesa, alla vigilia della sua passione – essi osservano increduli i papi di questi ultimi decenni deporre le armi spirituali e cooperare con i nemici di Cristo.
Da quegli scranni ci guardano anche i Pontefici guerrieri che – anche a costo della propria vita, come Pio VI, imprigionato da Napoleone e morto di stenti in carcere – seppero affrontare a testa alta i più feroci attacchi contro Dio, contro il Papato, contro la Gerarchia Cattolica, contro i fedeli. Se la Storia non fosse stata falsificata dai momentanei vincitori di questa guerra – come avviene ancora oggi – nelle scuole i nostri figli studierebbero non la presa della Bastiglia, non le menzogne dell’epopea del Risorgimento, non le gesta di mercenari cospiratori o di ministri corrotti, ma le fasi del genocidio contro i Cattolici delle Nazioni un tempo cristiane.
Quando venne istituita la festa di Cristo Re, la Chiesa Cattolica non poteva più avvalersi della cooperazione dei Sovrani cattolici, che nelle leggi civili e penali avevano fatto osservare i principi del Vangelo e della Legge naturale. La prima autorità dell’ancien régime a cadere fu infatti la Monarchia di diritto divino, che attinge alla Regalità di Cristo la potestà vicaria nelle cose temporali.
La seconda autorità cadde pochi decenni dopo, e fu quella dei pontefici asserviti alla Rivoluzione. Con la deposizione della tiara papale, Paolo VI suggellò l’abdicazione della potestà di Cristo nelle cose spirituali e la resa alle ideologie anticristiche e anticattoliche della Sinagoga di Satana. «Anche noi, più di ogni altro abbiamo il culto dell’uomo», disse Montini alla chiusura del Vaticano II (1). E sotto le volte della Basilica Vaticana echeggiarono queste parole: «La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità», parole che solo pochi anni prima avrebbero scandalizzato qualsiasi Cattolico.
Paolo VI – e con lui il predecessore Giovanni XXIII – furono gli iniziatori del processo di liquidazione della Chiesa di Cristo e su di essi incombe la responsabilità di aver disarmato la Cittadella e averne spalancate le porte per meglio farvi entrare il nemico, salvo poi ipocritamente denunciare che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio» (2). E nulla si salvò da quell’operazione di disarmo: né la dottrina, né la morale, né la liturgia, né la disciplina.
Così venne sfigurata anche la festa di Cristo Re, la cui data fu spostata alla fine dell’anno liturgico, assumendo una valenza escatologica: Cristo Re del mondo a venire, non delle società terrene. Perché la Signoria del Verbo Incarnato non doveva rappresentare un ostacolo al dialogo con «l’uomo contemporaneo» e con l’idolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
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I fautori di questo smantellamento suicida ebbero a rallegrarsi che finalmente si fosse posto fine al trionfalismo postridentino di una Chiesa che voleva convertire il mondo a Cristo, e non adattare la divina Rivelazione all’antievangelo dell’Antichiesa; di una Chiesa che onorava il proprio Signore come Re universale e a Lui voleva condurre tutte le anime, perché nel regnum Christi esse potessero vivere nella pax Christi.
Scelesta turba clamitat: regnare Christum nolumus (3) – cantiamo nel magnifico inno della festa odierna – La folla scellerata schiamazza: Non vogliamo che Cristo regni! Questa bestemmia è il grido di battaglia delle orde di Lucifero, dei figli delle tenebre; lo stesso grido che risuonò quando lo spirito ribelle e orgoglioso di Satana vomitò il suo Non serviam. Un grido che sovverte il κόσμος divino, fondato in Nostro Signore Gesù Cristo, nel Dio incarnato per obbedienza all’Eterno Padre, e per obbedienza morto sulla Croce propter nos homines et propter nostram salutem.
Alla fine dei tempi, ormai prossima, l’Anticristo contenderà a Cristo proprio la Sua universale Signoria, cercando di sedurre i popoli con prodigi e falsi miracoli, addirittura simulando la propria resurrezione. Affascinante, seducente, simulatore, orgoglioso, pieno di sé, l’Anticristo combatterà la Santa Chiesa senza esclusione di colpi, ne perseguiterà i Ministri e i fedeli, ne adultererà la dottrina, ne corromperà i chierici facendone dei propri servi.
Quello che vediamo accadere nella sfera civile e religiosa da almeno da due secoli, in un continuo crescendo, è la preparazione di questo piano infernale, volto a spodestare Nostro Signore, a rifiutarLo come Dio, come Re e come Sommo Sacerdote, a calpestare empiamente l’Incarnazione e l’opera della Redenzione.
Con la festa di Cristo Re noi cooperiamo al ripristino dell’ordine, del κόσμος divino contro il χαός infernale. Restituiamo a Cristo la corona che già Gli appartiene, lo scettro che Gli ha strappato la Rivoluzione. Non perché stia a noi rendere possibile la restaurazione dell’ordine, di cui sarà artefice unico Nostro Signore, ma perché non è possibile prendere parte a questa restaurazione senza che noi vi contribuiamo.
Ai tempi della prima Venuta del Salvatore, il regno di Israele e il tempio non avevano né un Re legittimo, né legittimi Sommi Sacerdoti: l’autorità civile e religiosa era ricoperta da personaggi di nomina imperiale. Nella seconda Venuta alla fine del mondo questa vacanza dell’autorità sarà ancora più evidente, perché Nostro Signore ricomporrà in Sé tutte le cose – Instaurare omnia in Christo (Ef 1, 10) – in un momento storico in cui sarà il Male a dominare in tutti gli ambiti della vita quotidiana, in tutte le istituzioni, in tutte le società.
E sarà una vittoria trionfale, schiacciante, totale, inesorabile, su tutte le menzogne e i crimini dell’Anticristo e della Sinagoga di Satana.
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Facciamo nostra la preghiera dell’inno Te sæculorum Principem:
O Christe, Princeps Pacifer,
Mentes rebelles subjice:
Tuoque amore devios,
Ovile in unum congrega.
O Cristo, Principe che porti la vera Pace: sottometti le menti ribelli e riunisci in un solo ovile quanti si sono allontanati dal Tuo amore. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
26 Ottobre MMXXV
D.N.J.C. Regis
Dominica XX post Pent., ultima Octobris
NOTE
1) Cfr. Discorso di Paolo VI alla IX Sessione Pubblica del Concilio Vaticano II, 7 Dicembre 1965.
2) Paolo VI, Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1972.
3) Inno Te sæculorum Principem nella festa di Cristo Re.
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Immagine di Dominikosaurus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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