Nucleare
Il Cremlino denuncia la «distorsione» americana delle parole di Putin sulle armi nucleari

Washington ha «deliberatamente distorto» le parole del presidente russo Vladimir Putin sulle condizioni alle quali Mosca utilizzerà le armi nucleari, ha detto giovedì il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
Si riferiva alle osservazioni della portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre in merito ad un’intervista rilasciata da Putin e andata in onda mercoledì.
Rispondendo alla domanda di un giornalista se il presidente degli Stati Uniti Joe Biden fosse stato informato dei commenti di Putin, Jean-Pierre ha risposto che il leader russo stava «riaffermando la dottrina nucleare della Russia», ma ha continuato affermando che «la retorica nucleare della Russia è stata sconsiderata e irresponsabile durante tutto questo periodo di conflitto».
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Peskov ha descritto la reazione della Casa Bianca all’intervista di Putin come una «distorsione assolutamente deliberata del contesto», aggiungendo che «in questa intervista Putin non ha fatto alcuna minaccia di usare armi nucleari».
Il portavoce presidenziale ha quindi precisato che il presidente ha risposto alle domande dei giornalisti invece di fare dichiarazioni ufficiali e ha spiegato che Putin «stava semplicemente parlando delle ragioni che potrebbero rendere inevitabile l’uso delle armi nucleari».
Il portavoce del Cremlino ha anche attirato l’attenzione sul fatto che Jean-Pierre ha omesso l’osservazione del presidente in cui ha sottolineato che «non gli è mai venuto in mente di usare armi nucleari tattiche» nonostante le «varie situazioni» emerse sul campo di battaglia.
Rispondendo nell’intervista ad una domanda sulle armi nucleari tattiche, Putin ha sottolineato che le armi di distruzione di massa non sono mai state usate dalla Russia in Ucraina.
«Le armi esistono per essere usate. Abbiamo i nostri principi e implicano che siamo pronti a usare qualsiasi arma, comprese quelle che hai menzionato, se parliamo dell’esistenza dello Stato russo, in caso di minaccia alla nostra sovranità e indipendenza. È tutto scritto nella nostra strategia, non l’abbiamo cambiata».
Nel giugno 2020, Putin ha firmato un decreto sulla politica di deterrenza nucleare della Russia. Il documento prevede l’uso delle armi nucleari in una serie di casi, uno dei quali è l’aggressione contro la Russia mediante armi convenzionali che mette a rischio l’esistenza dello Stato.
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Putin ha avvertito che la Russia è pronta a usare armi nucleari e considera il suo arsenale «più avanzato di quello di chiunque altro».
Il riferimento, probabilmente, è non solo ai missili balistici intercontinentali Satan 2 testati negli ultimi mesi, ma anche alle armi ipersoniche di cui Mosca dispone, montandoli pure sui cacciabombardieri Su-24, mentre Washington no.
Del resto, come disse due anni fa Joe Biden, un missile ipersonico russo «è come qualsiasi altro missile, solo che è impossibile fermarlo».
Nel frattempo, il leader russo ha suggerito che Washington abbia abbastanza esperti in deterrenza strategica, compreso lo stesso presidente Joe Biden, per evitare una conflagrazione nucleare. Ma ha aggiunto che se gli Stati Uniti abbandonano la moratoria di fatto sui test nucleari, Mosca farà lo stesso.
Secondo il Bullettin of the Atomic Scientists diversi Paesi starebbero preparando una ripresa dei test atomici.
Come riportato da Renovatio 21, sulla stampa americana la settimana scorsa è circolata la storia per cui nell’ottobre 2022 l’Intelligence USA avrebbe informato il presidente Biden che Putin stava per utilizzare un’atomica tattica su suolo ucraino.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Nucleare
Trump reagisce all’offerta di trattato nucleare di Putin

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Nucleare
La Russia resta il principale fornitore di combustibile all’uranio per gli Stati Uniti

La Russia rimane il principale fornitore di combustibile nucleare per gli Stati Uniti, nonostante il divieto di importazione firmato dall’ex presidente Joe Biden, secondo quanto emerso dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti.
Il rapporto annuale sull’uranio dell’agenzia, pubblicato martedì, rivela che nel 2024 la Russia ha fornito il 20% dell’uranio arricchito acquistato per i reattori commerciali americani. Seguono la Francia con il 18%, i Paesi Bassi con il 15%, la Gran Bretagna con il 9% e la Germania con il 7%, mentre il 19% dell’uranio arricchito è stato prodotto internamente.
Biden ha promulgato il Prohibiting Russian Uranium Imports Act nel 2024, con il divieto entrato in vigore ad agosto. In risposta, a novembre Mosca ha imposto un limite temporaneo alle esportazioni di uranio arricchito verso gli Stati Uniti.
Tuttavia, la legge prevede deroghe che consentono acquisti dalla Russia fino al 2028, in caso di mancanza di fonti alternative o se le importazioni sono ritenute strategicamente necessarie. Secondo Bloomberg, deroghe sono state concesse a Constellation Energy Corp, il maggiore operatore nucleare statunitense, e a Centrus Energy Corp, uno dei due soli arricchitori di uranio nazionali.
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Sebbene Biden abbia destinato fondi per incrementare la capacità di arricchimento degli Stati Uniti, l’ex assistente segretario di Stato per le risorse energetiche Geoffrey Pyatt (già ambasciatore a Kiev durante il golpe di Maidan) aveva avvertito a gennaio che «sarà necessario tempo per sviluppare una catena di approvvigionamento indipendente dalla Russia».
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca quest’anno, Washington e Mosca hanno ripreso i negoziati diretti per esplorare misure volte a normalizzare le relazioni commerciali.
Il mese scorso, Rosatom, il colosso nucleare statale russo, ha ribadito di essere il principale produttore mondiale di combustibile per centrali nucleari. «Manteniamo la leadership globale nell’arricchimento dell’uranio», ha dichiarato il primo vicedirettore Generale Kirill Komarov.
Come riportato da Renovatio 21, il tema della dipendenza statunitense dal combustibile nucleare russo è risalente. La Russia possiede circa il 50% delle infrastrutture mondiali per l’arricchimento dell’uranio, fondamentali per la produzione di combustibile nucleare. Mosca continua ad essere un importante fornitore di servizi di estrazione, macinazione, conversione e arricchimento dell’uranio per i servizi pubblici statunitensi.
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Come riportato da Renovatio 21, negli anni è emerso che le società americane acquistano ancora circa 1 miliardo di dollari di uranio russo ogni anno, con gli sforzi per ridurre questa dipendenza considerati come falliti. Mosca è il principale esportatore di tecnologia atomica al mondo.
La Rosatom è altresì al centro di una controversia che coinvolge i Clinton, accusati di corruzione in un caso che coinvolge Uranium One, una società venduta a Rosatom. Secondo le accuse, ritenute dal mainstream come teorie del complotto, vi sarebbe una scandalosa bustarella da 145 milioni di dollari dietro alla cessione. La storia è raccontata dal libro di Peter Schweizer Clinton Cash.
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Immagine di MBH via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Nucleare
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