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La NATO e il sistema statale-industriale della censura globale: la democrazia capovolta da militari e tecnologia

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Tucker Carlson ha trasmesso il 16 febbraio un’intervista di importanza epocale sulla manipolazione del discorso sociale da parte di forze dello Stato profondo attraverso il controllo di Internet, compresi gli sforzi per censurare ciò che viene etichettato come «disinformazione» – un’operazione che in realtà nasconde un intero cambio di paradigma della democrazia nello Stato moderno, una trasformazione che avviene, letteralmente, manu militari, e sotto i nostri occhi.

 

L’intervistato, Michael Benz, aveva lavorato nella campagna di Donald Trump nel 2016, e nei quattro anni successivi aveva servito come vice segretario di Stato aggiunto per le comunicazioni internazionali e la politica dell’informazione presso l’Ufficio per gli affari economici e commerciali. La sua Foundation for Freedom Online, di cui è direttore esecutivo, ha avviato le sue attività nell’ottobre 2022, e si occupa del tema della libertà di parola nell’era delle reti digitali.

 

Nell’intervista, Benz afferma che negli anni Novanta la squadra del Dipartimento di Stato, Dipartimento della Difesa, CIA, NSA e il gruppo della Silicon Valley, spingeva sul concetto della «libertà di parola su Internet», poiché avrebbe promosso i dissidenti, gruppi e rivoluzioni colorate nelle società considerate «chiuse».

 

«Ora, il culmine di questo tipo di momento di libertà di parola su Internet è stata la Primavera Araba del 2011-2012, quando uno dopo l’altro tutti i governi avversari dell’amministrazione Obama, Egitto, Tunisia, hanno cominciato a essere rovesciati nelle rivoluzioni di Facebook e nelle rivoluzioni di Twitter» dichiara il Benz.

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Tuttavia, nel 2014, «dopo il colpo di Stato in Ucraina, si è verificato un inaspettato contro-colpo di stato in cui la Crimea e il Donbass si sono separati…. E quando i cuori e le menti del popolo della Crimea hanno votato per l’adesione alla Federazione Russa, quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso il concetto di libertà di parola su Internet», ha detto Benz.

 

«Per esempio, come abbiamo fatto in Ucraina, Viktor Yanukovich è stato eletto democraticamente dal popolo ucraino, come lui o lo odia. Non esprimo nemmeno un parere in merito. Ma il fatto è che, lo abbiamo defenestrato via rivoluzione colorata, lo abbiamo licenziato con una sorta di 6 gennaio».

 

«In realtà, ad essere sincero, abbiamo un Dipartimento di Stato finanziato da sgherri del Settore Destro e, sapete, 5 miliardi di dollari di denaro della società civile pompati in questo per rovesciare un governo democraticamente eletto nel Paese in nome della democrazia. E hanno portato a casa quella speciale serie di abilità. E ora è qui, forse potenzialmente, per restare. E questo ha cambiato radicalmente la natura della governance americana a causa della minaccia che una piccola voce diventi popolare sui social media».

 

 

Il nuovo focus, dice l’ex funzionario americano, è diventato quello di «controllare i media e l’ecosistema dei social media, perché è quello che controlla le elezioni. E se si mette semplicemente al potere la giusta amministrazione, questi controllano le forze armate».

 

«Era stata creata un’industria che comprendeva il Pentagono, il Ministero della Difesa britannico e Bruxelles in un’organizzazione di guerra politica organizzata. Essenzialmente un’infrastruttura creata, inizialmente di stanza in Germania e nell’Europa centrale e orientale (…) per creare la capacità di far collaborare i militari con le società di social media, per censurare la propaganda russa» e poi «i gruppi populisti di destra nazionali in Europa».

 

La Brexit del giugno 2016, insieme al generale malcontento dei lavoratori nei confronti dell’immigrazione, hanno fatto sì che i gruppi militare-finanziari non potessero più controllare le elezioni, sostiene il Benz, che dice inoltre che nello stesso anno una botta non indifferente fu percepita anche con le elezioni filippine, quando al potere arrivò Rodrigo Duterte.

 

«La NATO pubblicava libri bianchi affermando che la più grande minaccia che la NATO deve affrontare non è in realtà un’invasione militare dalla Russia. Sta perdendo le elezioni nazionali in tutta Europa (…) Ora l’intero ordine internazionale basato su regole crollerebbe a meno che i militari non prendessero il controllo sui media (…) L’UE andrebbe in pezzi, quindi la NATO verrebbe uccisa senza che venga sparato un solo proiettile. E poi, non solo, ora che la NATO non c’è più, non c’è più alcun braccio armato per il Fondo Monetario Internazionale, il Fondo monetario internazionale o la Banca mondiale. Quindi ora gli stakeholder finanziari che dipendono dall’ariete dello Stato di sicurezza nazionale sarebbero sostanzialmente impotenti contro i governi di tutto il mondo. Quindi, dal loro punto di vista, se i militari non iniziassero a censurare Internet, tutte le istituzioni e le infrastrutture democratiche che hanno dato origine al mondo moderno dopo la seconda guerra mondiale crollerebbero».

 

L’intervistato dettaglia con precisione le pressioni fatte dagli americani sui Paesi europei, obbligandoli a fare leggi di limitazione della libertà di parola e imponendo, a livello europeo, multe insostenibili per i colossi di internet, che sono sati così indotti ad obbedire.

 

Benz aggiunge inoltre che studi di sul Natural Language Processing – «Intelligenza Artificiale, apprendimento automatico, capacità di creare significato dalle parole per mappare tutto ciò che tutti dicono su Internet e creare questa vasta topografia, topografia di come sono organizzate le comunità online, chi sono i principali influencer, cosa fanno di cui stiamo parlando, quali narrazioni stanno emergendo o di tendenza e di essere in grado di creare questa sorta di grafico di rete, per sapere a chi rivolgersi e, e, e come le informazioni si muovono attraverso un ecosistema» –creati dai militari ed ora impiegati sui civili.

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Tale Intelligenza Artificiale censoria, ufficialmente creata dalla DARPA (il ramo ricerca e sviluppo del Pentagono) per rilevare i gruppi ISIS che reclutavano su Internet, ora è inflitta alla popolazione americana stessa, con granularità sempre maggiore offerta dal progresso tecnologico informatico.

 

«In ogni università, ora ci sono più di 60 università che ricevono sovvenzioni dal governo federale per farlo. Censura, lavoro di censura e lavoro di preparazione alla censura, in cui ciò che fanno è creare questi codici della lingua che le persone usano nello stesso modo in cui li usavano per l’ISIS. Lo fanno, ad esempio, con il COVID, hanno creato questi lessici COVID di ciò che i gruppi dissidenti dicevano sui mandati, sulle maschere, sui vaccini, su individui di alto profilo come Tony Fauci o, se, Peter Daszak o qualcuno di questi altri erano protetti VIP e individui la cui reputazione doveva essere protetta online. E hanno creato questi codici. Hanno suddiviso le cose in narrazioni».

 

Quindi «ha avuto luogo il passaggio dall’estero all’interno, dove hanno preso tutta questa architettura di censura che abbraccia DHS, FBI, CIA, DOD, DOJ e poi le migliaia di ONG finanziate dal governo e le aziende mercenarie del settore privato, sono state tutte sostanzialmente trasmesse da un predicato estero, un predicato di disinformazione russa, a un predicato di democrazia, affermando che la disinformazione non è solo una minaccia quando viene dai russi, ma in realtà è una minaccia intrinseca alla democrazia stessa. E così, in questo modo, sono stati in grado di riciclare l’intero kit di strumenti per il cambio di regime per la promozione della democrazia, giusto in tempo per le elezioni del 2020».

 

Ciò spinge Carlson a rispondere: «è quasi incredibile che sia successo. Voglio dire, mio ​​padre ha lavorato per il governo degli Stati Uniti in questo settore [1986-91] nella guerra dell’informazione contro l’Unione Sovietica e, sai, ha avuto una parte importante in questo. E l’idea che qualcuno di questi strumenti potesse essere usato contro i cittadini americani dal governo degli Stati Uniti era, penso, voglio pensare, assolutamente impensabile, diciamo, nel 1988».

 

«Quando si è verificata la Brexit nel 2016, è stato quel momento di crisi in cui improvvisamente non dovevano più preoccuparsi solo dell’Europa centrale e orientale. Stava arrivando verso ovest l’idea del controllo russo sui cuori e sulle menti. E così la Brexit era nel giugno 2016. Il mese successivo, alla Conferenza di Varsavia, la NATO ha formalmente modificato il suo statuto per impegnarsi espressamente nella guerra ibrida in presenza di questa nuova capacità della NATO».

 

«Quindi sono passati da praticamente 70 anni di carri armati a questo esplicito rafforzamento delle capacità per censurare i tweet se fossero considerati delegati russi. E ancora una volta, non è solo propaganda russa. Erano questi ora i gruppi Brexit o gruppi come Matteo Salvini in Italia, o in Grecia o in Germania o in Spagna con il partito Vox».

 

Il nome di Salvini saltato fuori ha colpito molti osservatori italiani. Tuttavia, rammentiamo il ruolo centrale di Facebook – o meglio, di quella che si chiamava «la Bestia» – nel successo di Salvini, che difesa appassionatamente il colosso zuckerberghiano in sede del Parlamento europeo gridando «viva Facebook» con indosso una t-shirt con su scritto «Basta Euro» (altri tempi…)

 

Benz passa quindi ad attaccare tutta una serie di think tank più o meno legati alla NATO e allo Stato profondo, dall’Atlantic Council all’Aspen Institute, tutti con un qualche ruolo nel processo che ha portato allo Stato di sorveglianza censoria digitale; Carlson, una vita a Washington come figlio di papà dell’apparato diplomatico-propagandistico, nell’intervista si trova spesso in contropiede perché ammette di conoscere personalmente alcune delle persone accusate da Benz.

 

Un nome particolare fatto nell’illuminante conversazione è quello del veterano del giornalismo USA Walter Isaacson, già a capo di TIME Magazine (considerata, da molti, una creatura della CIA) e ai vertici dell’Aspen Institute. Tucker interrompe, e fa una domanda ficcante: com’è possibile che lo stesso Isaacson sia l’autore della recente, e piuttosto simpatetica, biografia di Elon Musk, l’uomo che acquistando per 44 miliardi di dollari (cifra monstre in ogni senso possibile) Twitter rappresenta il nemico numero uno dell’apparato di censura globale?

 

Alla domanda non si sa rispondere, tuttavia apprendendo questo lato del teatro, il lettore italiano può fare supposizioni sul retroscena del rapporto forte e diretto tra Musk e Giorgia Meloni, detta dai suoi critici «Lady Aspen».

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Il significato principale dell’incredibile intervista, diremmo anche più scioccante ed importante di quella a Putin, è il cambiamento di paradigma in atto presso lo Stato moderno: «ciò che essenzialmente hanno detto è che dobbiamo ridefinire la democrazia da una questione di volontà degli elettori a una questione di sacralità delle istituzioni democratiche. E quali sono le istituzioni democratiche? Oh, siamo noi, sai, sono i militari, è la NATO, è il FMI e la Banca Mondiale. Sono i media mainstream, le ONG. E, naturalmente, queste ONG sono in gran parte finanziate dal Dipartimento di Stato o dall’IC».

 

La democrazia «sono essenzialmente tutte le élites, minacciate dall’ascesa del populismo interno, che hanno dichiarato che il proprio consenso è la nuova definizione di democrazia. Perché se definisci la democrazia come la forza delle istituzioni democratiche piuttosto che come un focus sulla volontà degli elettori, allora ciò che ti rimane è essenzialmente che la democrazia è solo l’architettura di costruzione del consenso all’interno delle stesse istituzioni democratiche».

 

Come insiste negli anni Renovatio 21: lo Stato moderno è una macchina che difende se stessa, a discapito delle masse di esseri umani che dovrebbe governare e proteggere. Lo Stato moderno è una macchina di morte che non ha interesse per gli uomini. Questa è la realtà vera dell’oligarchia che viviamo nell’ora presente, con tutti i suoi presidenti e partiti «democratici» che agiscono di fatto contro l’interesse e la vita stessa dei cittadini.

 

Per il nuovo potere, prosegue imperterrito il Benz, «la democrazia è portare le ONG ad essere d’accordo con Blackrock, ad essere d’accordo con il Wall Street Journal, sai, ad essere d’accordo con, ad esempio, la comunità e i gruppi di attivisti che sono coinvolti rispetto a una particolare iniziativa. Questo è il difficile processo di costruzione del voto dal loro punto di vista. Alla fine, un gruppo di gruppi populisti decide che a loro piace un camionista popolare su TikTok più del consenso, accuratamente costruito, dei vertici militari della NATO. Ebbene, allora, dal loro punto di vista, questo è un attacco alla democrazia (…) E, naturalmente, ancora una volta la democrazia ha quel magico predicato di cambiamento di regime, dove la democrazia è, è la nostra parola d’ordine magica per essere in grado di rovesciare i governi da zero in una sorta di rivoluzione colorata, lo sforzo dell’intera società per rovesciare un governo democraticamente eletto dall’interno»

 

«Quindi, dal loro punto di vista, se i militari non avessero iniziato a censurare Internet, tutte le istituzioni e le infrastrutture democratiche che hanno dato origine al mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale crollerebbe».

 

A Carlson che chiede di cosa resta della democrazia, Benz risponde dicendo «Quello che sto descrivendo è un governo militare. È l’inversione della democrazia». E di fatto la radice NATO – cioè del più potente compagine miliare della storia umana – di tutta l’operazione per la quale probabilmente anche voi siete stati spiati e censurati (che lo sappiate o no) sui social media o su altre app (credete che le chat siano sicure, innocue?) sta emergendo in tutta la sua dimensione drammatica.

 

Siamo oggetto di un’operazione militare, un’azione di guerra psicologica vera e propria – del quale siamo vittime ma pure contribuenti. Quousque tandem?

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Internet

Zuckerberg voleva comprare l’Associated Press

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Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha preso in considerazione l’acquisizione o la presa di una quota importante nell’agenzia di stampa Associated Press, ha riferito la testata americana Business Insider lo scorso martedì, citando fonti.   Il potenziale accordo è stato messo in discussione dopo che il colosso dei social media è stato accusato di aver influenzato le elezioni presidenziali americane del 2016.   Ora conosciuta come Meta, il ruolo della società nelle elezioni, in cui Donald Trump è stato votato al potere, è stato oggetto di un intenso controllo da parte di Washington, tra le accuse secondo cui la piattaforma aveva contribuito a diffondere notizie false.   La situazione della società presso l’establishment era ulteriormente peggiorato dopo che Facebook ha rivelato che un’agenzia russa aveva speso 100.000 dollari in annunci sui social network che presumibilmente tentavano di incitare divisioni durante la campagna presidenziale, scrive RT, che ricorda che Mosca ha negato qualsiasi tentativo di interferire nelle elezioni americane, mentre il vicepresidente di Facebook per la pubblicità, Rob Goldman, ha poi rivelato che le spese russe erano in realtà arrivate dopo le elezioni.   Lo Zuckerberg, tuttavia, è stato comunque costretto ad apportare modifiche significative ai servizi e alle politiche sulla privacy di Facebook, e nel 2018 si è persino scusato ufficialmente con il Congresso degli Stati Uniti per la sua gestione della piattaforma.

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Secondo Business Insider, nello stesso periodo l’amministratore delegato ha avuto l’idea di acquisire un’agenzia di stampa. Le fonti hanno affermato che Zuckerberg aveva pianificato di utilizzarlo come fonte affidabile di informazioni per creare post di notizie di alta qualità e affrontare le controversie sui contenuti della piattaforma. Secondo quanto riferito, il miliardario ha discusso ampiamente l’idea all’interno di Facebook.   Anche se si dice che Zuckerberg abbia preso in considerazione l’acquisizione di diversi gruppi mediatici, alla fine si sarebbe concentrato sull’Associated Press (AP), la principale agenzia di stampa internazionale con sede a Nuova York.   L’AP è una cooperativa giornalistica, che ha reso difficile un’acquisizione definitiva, hanno affermato le fonti. Secondo quanto riferito, Zuckerberg si è invece concentrato sul potenziale sussidio permanente dell’agenzia. Secondo il rapporto, il capo della tecnologia era determinato ad acquisire l’AP e ha coinvolto nei suoi piani anche il team di fusioni e acquisizioni di Facebook.   Alla fine, tuttavia, lo Zuckerbergo avrebbe abbandonato l’idea, presumibilmente temendo un controllo normativo ancora maggiore sull’operazione progettata.   Successivamente, secondo quanto riferito, il giovane oligarca tecnologico avrebbe riflettuto sull’idea di lanciare la propria testata giornalistica di Facebook per produrre contenuti originali e ha preso in considerazione l’idea di attirare i migliori giornalisti da altri organi di informazione con incentivi finanziari. Si dice anche che questa idea sia stata abbandonata a causa delle preoccupazioni per la mancanza di fiducia del pubblico nel gigante dei social media in quel momento.   Meta ha rifiutato di commentare l’articolo, mentre un portavoce di AP ha detto che l’agenzia non era a conoscenza di eventuali trattative per l’acquisizione.   La verticalizzazione intentata sarebbe stata impressionante: il controllo sull’origine delle notizie – l’agenzia stampa più prestigiosa al mondo – e la sua distribuzione a miliardi di persone tramite il social network.   Come non esista ancora all’orizzonte un’operazione anti-trust nei confronti della situazione rimane un mistero. Come enigmatico è il silenzio in Italia di chi per decenni urlava al «conflitto di interessi» mediatico-industriale-politico di Silvio Berlusconi.   La questione delle notizie su Facebook – la cui distribuzione è stata normata, con frizioni significative, da Stati come l’Australia – avrebbe poi preso una piega completamente diversa con il COVID, quando le piattaforme cominciarono una censura globale su ordine diretto della Casa Bianca e di altre agenzie, come risulta da continue rivelazioni alle audizioni del Congresso.   Come noto al lettore, per la pressione sulla questione COVID la pagina Facebook di Renovatio 21 e l’account personale dell’amministratore furono disattivati, per poi essere riaperti solo tramite ordinanza di un giudice.   La centralità che Meta vuole ricoprire nelle esistenze della popolazione mondiale è dimostrata dagli investimenti multimiliardari sulla realtà virtuale, che Zuckerberg dice essere «il nuovo internet mobile», cioè lo spazio dove la gente si troverà e condurrà le sue attività – il «metaverso».   Esperimenti portati avanti per un certo periodo dalla società per leggere il pensiero degli utenti vanno nella stessa direzione: controllo sempre più totale dell’essere umano collegato.

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Giovane maggiorata di Onlyfans afferma di essere stata pagata per fare «propaganda politica totale» per Biden

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Un’influencer famosa sulla controversa piattaforma parapornografica OnlyFans ha affermato che l’amministrazione Biden voleva assumerla per diffondere contenuti, specificando tuttavia che facesse in modo che non si capisse che era una pubblicità a pagamento.

 

La giovane Farha Khalidi, nota come tante altre per il seno prorompente, ha descritto il contenuto che le è stato chiesto di promuovere come «propaganda politica totale».

 

La ragazza, cresciuta in una famiglia musulmana e bisessuale dichiarata, ha anche dichiarato che la multinazionale dell’aborto Planned Parenthood la stava pagando.

 

Durante un’intervista podcast, la curvacea fanciulla– che evidentemente nella prospettiva neorazzista della sinistra americana deve etichettarsi come non-bianca – ha affermato che la Casa Bianca le ha chiesto di dire ai suoi seguaci che si sentiva rappresentata dall’allora giudice Ketanji Brown Jackson dopo che Biden l’aveva nominata alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La Jackson, nera con le treccine, rimane alla storia per non aver saputo rispondere, durante le udienze di conferma della nomina, alla semplice domanda «che cos’è una donna». La donna replicò oscuramente che non era una biologa.

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La Khalidi, che ha anche milioni di follower su TikTok, ha osservato: «la cosa divertente è che dicono, “non rivelare che questa è una pubblicità” perché, sai, dicono, “tecnicamente non è un prodotto, quindi tu non c’è bisogno di rivelare che si tratta di un annuncio”».

 


«Penso che volessero solo che una ragazza di colore d’avanguardia lo dicesse alla gente – quando hanno nominato Ketanji Brown Jackson, hanno detto, “puoi dire come persona di colore, che ti senti rappresentata?”», ha aggiunto la popputa ragazzina dell’internetto, apparentemente realizzando gli intenti razzisti della situazione.

 

Notando che l’amministrazione aveva impiegato una società di media di terze parti per contattarla, Khalidi ha detto di non averlo fatto perché non si sentiva rappresentata.

 

«Ed è una donna bianca che mi ha mandato un’e-mail e mi sta dando questa sceneggiatura. E io dico, no, mi piacerà parlare delle novità a riguardo. Ma non permetterò che una persona bianca mi dica di dire: “Sai, è così che mi sento come persona di colore”». A quanto sembra, il complesso neorazzista è installato anche nella mente della tettonica ragazzetta che lo lamenta.

 

«Il fatto che gli assistenti di Biden sappiano anche chi è Farha Khalidi la dice lunga di per sé» nota Modernity News.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’alleanza combinata tra Biden e influencer – per lo più trans, fluidi, o giù di lì – di TikTok e social vari ha già prodotto esiti allucinanti e fortemente lesivi per la reputazione della Casa Bianca: pensiamo alle clip con influencer LGBTQ che, dal palazzo presidenziale, invitavano alla vaccinazione.

 

In alcuni casi, si è scoperto che dietro i gruppi di produttori di contenuti filo-Biden vi erano i finanziamenti di Giorgio Soros.

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Intelligenza Artificiale

Top ricercatori di Intelligenza Artificiale lasciano Facebook

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Il social media di Mark Zuckerberg sta perdendo i suoi massimi leader nel campo dell’Intelligenza Artificiale. Lo riporta Fortune, che scrive come l’azienda abbia visto almeno tre importanti leader dell’IA lasciare nel solo mese di marzo.   Si tratterebbe di Devi Parikh, ex direttore senior dell’intelligenza artificiale generativa di Meta, Abhishek Das, ex capo del team Fundamental AI Research (FAIR) di Meta, ed Erik Meijer, ex direttore dell’ingegneria di Meta.   Ogni dirigente ha dato l’addio ai propri colleghi alla fine del mese scorso annunciandolo su X. Sembra che non ci siano rancori, in quanto la Parikh ha detto che «le sarebbe mancato Meta», mentre il Das ha scritto nel suo addio che la squadra FAIR di Meta rimane «davvero forte. Faccio il tifo per loro!».   Tuttavia, nessuno di questi tre ricercatori è stato così disponibile come Meijer, che ha dichiarato in un post su X molto schiettamente che mentre è «più ottimista che mai nei confronti di Meta con la maggiore attenzione dell’azienda all’intelligenza artificiale», crede che continuare a lavorare per tale azienda potrebbe limitarsi a qualcuno che non vuole necessariamente costruire il proprio modello linguistico di grandi dimensioni (LLM).

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«Data l’incredibile pressione competitiva sul campo», ha scritto Meijer, «non c’è davvero alcun vantaggio nell’essere all’interno di una grande azienda se si vuole costruire cose interessanti sopra i LLM».   Considerando che il CEO di Meta ha scritto personalmente e-mail di reclutamento per lo staff di Intelligenza Artificiale presso il suo concorrente Google, perdere tre dei migliori scienziati di intelligenza artificiale in un periodo così breve non è rassicurante per la crescita dell’azienda, scrive Futurism.   Da un lato, data la quantità di venture capital investito nelle startup di intelligenza artificiale, non sorprende vedere alcuni direttori rischiare di lasciare le grandi aziende in una fase importante e delicata per quanto riguarda questo nuovo sviluppo dell’AI.   Tuttavia, alcuni esperti affermano che questi licenziamenti volontari riflettono i modelli dei precedenti cambiamenti tecnologici. «Ogni volta che c’è una nuova piattaforma o livello dello stack tecnologico, c’è l’opportunità per le startup di creare app sopra di essa», ha dichiarato a Fortune Arvind Narayanan, professore di informatica a Princeton. «Lo abbiamo visto con il PC, il web, gli app store mobili e ora lo stiamo vedendo con l’Intelligenza Artificiale generativa».   Secondo il Narayanano, questo è un ciclo previsto nella Silicon Valley. E anche se Meijer ha detto a Fortune che la partenza simultanea dei tre dirigenti è probabilmente dovuta al ciclo di revisione annuale dell’azienda, si potrebbe trattare di un colpo duro per Meta, soprattutto perché la corsa all’Intelligenza Artificiale della Silicon Valley continua a surriscaldarsi ed è sempre più competitiva.   Secondo un articolo di sette mesi fa del Wall Street Journal, Meta – società padrona, oltre che di Facebook, di Instagram e Whatsapp – starebbe sviluppando segretamente un potente modello di Intelligenza artificiale progettato per competere con GPT-4 di OpenAI.   Come riportato da Renovatio 21, per quanto poco reclamizzato, Facebook nel tempo ha eseguito ricerche molto avveniristiche, come quella per creare dispositivi in grado di leggere il pensiero degli utenti.

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