Intelligence
Ex analista della CIA: l’Occidente si prepara al colpo di Stato militare contro Zelens’kyj
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj sarebbe ormai in pericolo, mentre l’élite occidentale sembra cercare qualcun altro per prendere il suo posto, ha detto Larry Johnson, ufficiale in pensione della CIA e funzionario del Dipartimento di Stato durante il podcast New Rules della testata governativa russa Sputnik.
Johnson dice che segni di una lotta dietro le quinte in Ucraina si sarebbero recentemente manifestati nella reazione del comandante in capo generale Valery Zaluzhny ai piani di guerra senza sosta di Zelens’kyj, a cui si aggiunge la misteriosa morte di uno stretto collaboratore di Zaluzhny tramite granate in un regalo di compleanno, nonché l’aperto rifiuto del presidente ucraino di tenere le elezioni l’anno prossimo.
Il veterano della CIA Larry Johnson ritiene che la «mano invisibile» dell’Occidente stia orchestrando ciò che potrebbe portare a un cambio di regime in Ucraina.
Secondo lui, la lunga intervista di Zaluzhny all’Economist in cui si parlava della guerra in «stallo» – che ha suscitato l’ira della presidenza – non è stata affatto una coincidenza.
«È sempre importante prestare molta attenzione a ciò che accade nei media perché queste storie non appaiono dal nulla», ha detto l’ex spia statunitense a Sputnik.
«Non è come se qualche intrepido reporter dell’Economist dicesse: “Ehi, sai, penso che sarebbe una bella idea se potessi andare a intervistare il generale Zaluzhny”. Perché penso che l’intero accordo sia stato reso possibile grazie all’intervento dell’MI6 per far aumentare la visibilità di Zaluzhny in Occidente. E ricordate che in quella rivista Economist, è stato intervistato, poi ha scritto un editoriale e gli hanno dato un pezzo più lungo online» continua Johnson. «Così Zaluzhny (…) è visto come colui che mina il messaggio che viene dall’Ucraina».
Sostieni Renovatio 21
Allo stesso modo, la morte di Gennady Chastyakov, assistente del comandante in capo, secondo l’ex analista della CIA, puzza di un potenziale sabotaggio da parte dei servizi di sicurezza ucraini.
«Questa granata che è esplosa… ho visto in un paio di resoconti diversi che qualcuno gli ha dato una granata viva e poi suo figlio ci stava giocando e ha accidentalmente tirato la sicura ed è esplosa. Ma sicuramente sembra un sabotaggio. E Zelens’kyj ha ancora il sostegno all’interno del Servizio di sicurezza». Per Zelens’kyj, accusa Johnson, non è del tutto fuori dal mondo «pensare che sia una buona idea inviare un messaggio come questo per cercare di intimidire Zaluzhny».
L’ex ufficiale della CIA ha attirato l’attenzione sul fatto che, inoltre, NBC News ha diffuso il 4 novembre la notizia per cui funzionari statunitensi ed europei avrebbero iniziato a «parlare tranquillamente» con il regime di Kiev di possibili «negoziati di pace con la Russia» per porre fine allo stallo.
Sembra che i decisori occidentali non abbiano alcuna illusione su Zelens’kyj: sanno che non aveva alcuna qualifica per assumere la presidenza, ma era «un comico noto per la sua capacità di usare i suoi genitali per suonare il piano», ricorda l’ex uomo CIA.
Da parte sua, Zaluzhny sembra essere qualcuno «che potrebbe negoziare con la Russia, perché Zaluzhny all’epoca almeno aveva contatti e si era addestrato con membri dell’esercito russo prima della scissione, quando l’Ucraina andò nella sua direzione» ha sottolineato Johnson.
«Quindi chiaramente l’unica voce che diceva “L’Ucraina sta vincendo, la Russia sta perdendo, Putin sta morendo, Putin è morto, l’economia è nel caos e l’esercito russo è incompetente”, tutta quell’operazione informativa, ora è stata messa da parte» sostiene Johnson. «La nuova operazione d’informazione è “L’Ucraina non ha la manodopera per sopravvivere, l’Ucraina deve trovare una via d’uscita negoziata”. E penso che Zelens’kyj non sia un partecipante disponibile a tutto questo».
Secondo l’ex agente CIA, il presidente ucraino «sta lottando per resistere e cercare di sopravvivere. E questo potrebbe essere dovuto al fatto che teme che questo movimento ultra neonazista che ha contribuito a creare, lo ucciderebbero se lo vedessero fare qualsiasi tipo di gesto per cercare di essere conciliante con la Russia».
Come riportato da Renovatio 21, i nazionalisti integralisti ucraini, appena dopo le elezioni, dissero pubblicamente che, nel caso avesse retrocesso di un centimetro i confini ucraini, il presidente sarebbe stato impiccato ad un albero del Khreshatyk, il vialone di Kiev che porta a piazza Maidan. Secondo alcuni, la cintura di protezione personale dell’ex attore è ora composta di elementi neonazisti.
Questo potrebbe essere, in ultima analisi, uno dei motivi del fallimento degli accordi di Minsk: l’allora presidente Petro Poroshenko firmava, per poi tornare in patria e trovarsi sotto la minaccia dei neonazisti, oltre che delle forze occidentali che li comandano dopo averli nutriti e addestrati per anni.
Aiuta Renovatio 21
In un’intervista al Corriere della Sera, la scorsa primavera Poroshenko ha ammesso, pure vantandosi, che gli accordi di Minsk hanno permesso di guadagnare tempo per riarmare l’Ucraina.
Come riportato da Renovatio 21, la versione di Poroshenko era già stata sostanzialmente confermata dagli ex presidenti tedesco e francese Angela Merkel e François Hollande, che avevano a poca distanza l’una dall’altro affermato pubblicamente che gli accordi avevano lo scopo di guadagnare tempo per Kiev.
L’inadempienza boriosa rispetto a trattati internazionali è probabilmente dietro alle parole del discorso che Putin fece la sera dell’inizio dell’Operazione Militare Speciale, quando parlò dell’Occidente come «Impero della menzogna».
«Possiamo affermare con sicurezza che l’intero cosiddetto blocco occidentale, formato dagli Stati Uniti a propria immagine e somiglianza, è tutto un vero “impero della menzogna”» disse il presidente russo. «In risposta alle nostre proposte, ci siamo trovati costantemente di fronte a cinici inganni e menzogne, o a tentativi di pressioni e ricatti».
Gli stessi leader del blocco avversario, di fatto, hanno mostrato se avesse ragione o meno.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Intelligence
Gehlen, la superspia da Hitler alla CIA
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Intelligence
Il Congresso USA potrebbe costringere le agenzie di spionaggio a declassificare le prove sulle origini del COVID
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nascosto nel vasto National Defense Authorization Act per l’anno fiscale 2026, c’è un testo che richiede al direttore dell’intelligence nazionale di condurre una revisione di declassificazione con i responsabili delle agenzie di intelligence federali delle informazioni su coloro che hanno finanziato la ricerca sul coronavirus e su ciò che si sa sul rischioso lavoro di «acquisizione di funzione» svolto presso il Wuhan Institute of Virology.
Per quasi sei anni, la battaglia per scoprire cosa sanno realmente le agenzie di spionaggio statunitensi sulle origini del COVID-19 si è svolta nelle aule dei tribunali, nelle lunghe file del Freedom of Information Act (FOIA) e nei PDF pesantemente censurati.
Ora è inserito in un disegno di legge sulla difesa.
Nascosta nel vasto National Defense Authorization Act per l’anno fiscale 2026 c’è una disposizione breve ma incisiva: «Declassificazione dei dati di intelligence e ulteriori misure di trasparenza relative alla pandemia di COVID-19».
Sostieni Renovatio 21
Il testo chiave del disegno di legge, che sarà votato questa settimana alla Camera e al Senato, incarica il Direttore dell’intelligence nazionale (DNI) di condurre congiuntamente una revisione della declassificazione con i responsabili delle agenzie di intelligence federali su due fronti principali: informazioni sulla ricerca sul coronavirus nei laboratori cinesi, comprese informazioni su coloro che l’hanno finanziata e ciò che si sa sul rischioso lavoro di «acquisizione di funzione» svolto presso il Wuhan Institute of Virology (WIV), e informazioni sul controllo da parte di Pechino delle informazioni sulla pandemia, incluso il modo in cui i funzionari cinesi potrebbero aver bloccato, ritardato o plasmato le prime narrazioni sulle origini della pandemia e sulla sua diffusione iniziale.
La revisione della declassificazione deve essere effettuata entro 180 giorni dall’approvazione del disegno di legge.
Successivamente, il DNI deve «rendere pubblici i prodotti di Intelligence» identificati per la divulgazione, apportando solo le modifiche necessarie a proteggere le fonti e i metodi di intelligence, e che sono concordate con l’ agenzia da cui provengono i prodotti di Intelligence.
Il DNI deve inoltre presentare una versione non censurata dei prodotti di intelligence declassificati alle commissioni di intelligence del Congresso.
Scoprire cosa sa la comunità di intelligence statunitense su come è iniziata la pandemia potrebbe aiutare a definire tutto, dalla regolamentazione dei laboratori al modo in cui viene supervisionata la rischiosa ricerca virologica, fino alla serietà con cui i governi prendono la possibilità che la prossima epidemia possa iniziare dietro le porte chiuse di un laboratorio di ricerca.
Secondo alcuni esperti di biosicurezza, la divulgazione pubblica di tali informazioni potrebbe aiutare i decisori politici a stabilire quali misure di sicurezza adottare per impedire che si verifichi una prossima pandemia.
Per anni, organismi di controllo e redazioni hanno indagato sulle tracce lasciate dalla comunità dell’intelligence sulla pandemia, cercando cablogrammi, analisi genomiche, rapporti di allerta precoce e deliberazioni interne, tra una lista di documenti segreti. Hanno presentato richieste FOIA a quasi tutte le principali agenzie di intelligence, per poi seguire tali richieste fino ai tribunali federali, quando le agenzie hanno risposto con ritardi, smentite o pagine piene di omissioni.
Anche quando il Congresso approvò il COVID-19 Origin Act del 2023, ordinando al DNI di declassificare le informazioni sui possibili collegamenti tra il WIV e l’inizio della pandemia, il pubblico ottenne poco più di un breve riassunto dell’Office of the Director of National Intelligence (ODNI) che delineava la posizione di ciascuna agenzia di intelligence sulla questione.
Il rapporto li divideva in due schieramenti: la maggior parte delle agenzie sosteneva l’ipotesi di un’origine naturale, mentre altre erano favorevoli allo scenario secondo cui il SARS-CoV-2, il virus che ha causato la pandemia, sarebbe fuoriuscito da un laboratorio.
Ma le prove di base, le valutazioni, le email degli analisti e le analisi tecniche sono rimaste per lo più nascoste al pubblico.
Ora, con l’attesa proposta di legge sull’autorizzazione alla difesa, il Congresso è pronto a riprovarci, chiedendo alle agenzie di intelligence di rivelare pubblicamente ciò che sanno sull’inizio di una pandemia che, secondo alcune stime, ha ucciso più di 20 milioni di persone in tutto il mondo.
Aiuta Renovatio 21
Declassificazione delle registrazioni grezze
Il linguaggio operativo sulla declassificazione delle informazioni di Intelligence sulle origini del COVID-19 è contenuto in più di 2.200 pagine del disegno di legge, all’interno della sezione che stabilisce le regole e gli ordini di marcia per la comunità di intelligence degli Stati Uniti e dove il Congresso approva i budget per le spie, le politiche sull’intelligenza artificiale e le tutele dei whistleblower.
Quest’autunno, le commissioni di intelligence sia della Camera che del Senato hanno prodotto rispettivi progetti di legge di autorizzazione all’intelligence, che hanno elaborato gran parte del linguaggio che ora popola quella sezione nascosta nel disegno di legge sulla difesa.
Una delle principali differenze tra le due versioni iniziali era che la proposta della Camera conteneva una disposizione volta a garantire che l’ambito delle informazioni declassificate includesse «la possibilità di origini zoonotiche del COVID-19», una clausola che è sopravvissuta nel testo finale compromesso in vista delle votazioni in aula.
Ciò che non è sopravvissuto è stato l’obbligo, nella versione del Senato, di rendere pubblici al DNI «i nomi dei ricercatori che hanno condotto ricerche sui coronavirus, nonché le loro attuali sedi di lavoro».
La versione di compromesso che ora è pronta per l’adozione inasprisce anche l’obbligo di rendere pubblici i prodotti classificati delle agenzie di intelligence, anziché un rapporto su di essi, come inizialmente richiesto dal disegno di legge del Senato.
Ciò significa che il Congresso non chiede più un altro riassunto rifinito, ma chiede alla comunità dell’intelligence di tornare alla documentazione originale e decidere cosa può essere declassificato.
Finora, l’unica valutazione completa da parte di un elemento dell’intelligence statunitense ad essere resa pubblica è stata fatta all’inizio di quest’anno, quando l’organizzazione statunitense Right to Know ha estratto una valutazione genomica del SARS-CoV-2 risalente a cinque anni prima, preparata dal National Center for Medical Intelligence della Defense Intelligence Agency.
Ottenuta tramite una causa FOIA, l’analisi di giugno 2020 si è presentata sotto forma di una presentazione tecnica di diapositive preparata da tre scienziati governativi che hanno esaminato le caratteristiche genetiche del virus e hanno esposto le capacità di ricerca del WIV per concludere che era plausibile che il SARS-CoV-2 fosse «un virus progettato in laboratorio» che «è sfuggito al contenimento».
Questa opinione non è mai apparsa nel rapporto pubblico dell’ODNI ai sensi della legge del 2023, che si basava sui livelli di fiducia dell’agenzia e minimizzava l’idea che il SARS-CoV-2 potesse essere stato progettato. È rimasta invece in un canale riservato, accessibile ad alcuni decisori politici ma non al pubblico le cui vite sono state sconvolte dal virus.
L’ultima richiesta di declassificazione è, per molti versi, una risposta al divario tra ciò che esiste sulla carta e ciò che le persone esterne al sistema sono autorizzate a vedere.
E non è l’unica parte del disegno di legge che guarda agli insegnamenti tratti dalla pandemia.
Un’altra disposizione incarica il direttore dell’intelligence nazionale di stabilire una politica per «semplificare la declassificazione o il declassamento e la condivisione delle informazioni di intelligence relative agli sviluppi e alle minacce biotecnologiche», compresi gli sforzi da parte di avversari stranieri di trasformare la ricerca biologica in un’arma.
Rivolto a future pandemie e minacce biologiche, riecheggia la clausola COVID-19, secondo cui il Congresso vuole che queste informazioni vengano tenute meno segrete ai decisori politici e all’opinione pubblica.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Arrivare a vedere le prove
A sei anni dai primi casi di Wuhan, le origini del COVID-19 restano incerte.
Sebbene all’inizio di quest’anno l’amministrazione Trump abbia creato una pagina web accattivante sul sito della Casa Bianca intitolata Lab Leak: The True Origins of COVID-19, non ha pubblicato alcuna nuova prova sostanziale che dimostri che il virus sia emerso da un laboratorio e la posizione ufficiale della comunità dell’Intelligence rimane quella secondo cui l’origine del COVID-19 è incerta e controversa.
Alcune agenzie propendono ancora per una ricaduta naturale, altre per un incidente di laboratorio, e molte si collocano a metà strada, esprimendo scarsa fiducia nelle proprie valutazioni.
Ma la questione non è più solo quale ipotesi vincerà. È se il pubblico avrà mai accesso alle prove e ai dibattiti che hanno plasmato quei giudizi interni. Tali informazioni potrebbero essere utili per elaborare nuove politiche in grado di prevenire la prossima pandemia, affermano alcuni esperti.
Delle oltre 200 richieste di accesso ai documenti pubblici presentate negli ultimi sei anni dall’organizzazione statunitense US Right to Know su questo argomento, decine sono ancora aperte presso le agenzie di intelligence statunitensi.
Diverse richieste hanno dato luogo a cause legali contro l’FBI, la CIA, la DIA, l’ODNI e il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Anche quando i giudici ordinano a queste agenzie di consegnare i documenti, molti di questi arrivano sepolti sotto censura.
Fino alla scorsa settimana, sette mesi dopo aver richiesto alla DIA la «valutazione più recente» sulle origini del COVID-19, l’agenzia ha prodotto solo 12 pagine. Inizialmente aveva affermato che non esistevano tali documenti. Solo dopo una causa legale ha restituito quelle 12 pagine, 11 delle quali sono così pesantemente censurate che non si riesce quasi a leggere nulla di sostanziale.
Lewis Kamb
Pubblicato originariamente da US Right to Know.
Lewis Kamb è un giornalista investigativo specializzato nell’uso delle leggi sulla libertà di informazione e dei registri pubblici per scoprire illeciti e chiamare i potenti a risponderne.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Ureem2805 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Intelligence
Generale Flynn: valutazione strategica della rivoluzione colorata in America
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-



Politica2 settimane faIl «Nuovo Movimento Repubblicano» minaccia i politici irlandesi per l’immigrazione e la sessualizzazione dei bambini
-



Persecuzioni2 settimane faFamosa suora croata accoltellata: possibile attacco a sfondo religioso
-



Spirito2 settimane fa«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
-



Vaccini2 settimane faIl vaccino antinfluenzale a mRNA di Pfizer associato a gravi effetti collaterali, soprattutto negli anziani
-



Pensiero5 giorni faDi tabarri e boomerri. Pochissimi i tabarri
-



Senza categoria1 settimana faI malori della 49ª settimana 2025
-



Spirito1 settimana faNotre-Dame brucia e la Madonna viene privata del suo titolo
-



Intelligenza Artificiale1 settimana faL’AI renderà il lavoro «facoltativo» e il denaro «irrilevante»: Musk come Marx e i sovietici














