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La vedova McCain dona al papa un idolo pagano con un coltello insaguinato

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Cindy McCain, direttrice esecutiva del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite e vedova del defunto senatore americano guerrafondaio John McCain, ha regalato a Papa Francesco quello che sembrerebbe essere un idolo pagano in un’udienza privata la scorsa settimana.

 

Il video pubblicato giovedì da Vatican News mostra la McCain che presenta a Francesco l’oggetto, cosa che ha scatenato polemiche online.

 

Si tratta di un regalo insolito quanto inquietante, la cui cifra idolatrica è totalmente evidente.

 

 

Secondo quanto è possibile leggere in rete, l’idolo, che si presenta con una maschera nera e un coltello insanguinato, sarebbe una bambola kachina, una figura che rappresenta gli spiriti maligni adorati dal popolo indiano Hopi. Alcune kachina raffigurano «Yowe» – un Hopi che, secondo quanto riferito, uccise e decapitò un prete francescano, scrive LifeSiteNews.

 

Il Lepanto Institute ha dichiarato in un post su Twitter che l’oggetto sarebbe «molto probabilmente la donna-orco chiamata Soyoko Mana, non l’assassino di preti».

«Siamo stati in grado di confermare che l’idolo demoniaco che Cindy McCain ha dato a Papa Francesco è molto probabilmente la donna-orco chiamata Soyoko Mana, non l’assassino del prete. Soyoko Mana porta con sé un coltello e un bastone per catturare i bambini, che lei mangia. Il cesto di cibo che porta sulla schiena è ciò che raccoglie dai bambini che sperano di non essere catturati e mangiati da lei. Lo stile distintivo dei capelli sull’idolo, insieme al cesto di cibo e agli occhi gialli piatti, rendono questa l’identità più probabile dell’idolo. A parte il coltello, non ha nessun’altra somiglianza con l’idolo assassino del prete».

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«Soyoko Mana», secondo il Museo di antropologia Timothy SY Lam della Wake Forest University, «porta un coltello e un bastone e ha un cestino sulla schiena. Questi oggetti vengono utilizzati per catturare le sue prede, i bambini, e portarli via. Ci si aspetta che i bimbi le forniscano il cibo e, se non lo fanno, gli viene detto che sarà lei a mangiarli».

 

Si può sentire la vedova McCain nel video di Vatican News dire: «È un guerriero».

 

 

John McCain (1936-2018) è stato senatore dell’Arizona dal 1987 alla morte e candidato presidente USA nel 2008, quando fu sconfitto da Barack Obama.

 

Il senatore è noto per le sue incursioni in giro per il mondo dove andava ad appoggiare parti in conflitto. In molti asserivano che una foto che circolava in rete mostrasse attorno a lui figure delle milizie islamiche che hanno dilaniato la Siria.

 

McCain nel 2014 era a Kiev in Piazza Maidan ad aizzare la folla contro il presidente legittimamente eletto – ma considerato filorusso – Viktor Yanukovich.

 

McCain è altresì noto per essere stato catturato dai Vietcong quando l’aereo da guerra che pilotava fu abbattuto nel 1967 durante la Guerra del Vietnam. Rimase prigioniero fino al 1973.

 

In una trasmissione TV di qualche anno fa – il programma in cui ogni anno il presidente russo risponde alle domande dei cittadini – a Putin fu chiesto di McCain e delle sue posizioni di falco antirusso. Putin rispose suggerendo che la prigionia in Vietnam del Nord forse non gli aveva fatto bene.

 

Nel 2016 McCain rifiutò di appoggiare il candidato repubblicano Trump anche quando questi aveva vinto le primarie del partito. L’antipatia era ricambiata: il futuro presidente disse che preferiva gli eroi di guerra «che non si fanno catturare».

 

Cindy Lou Henshley, la sua seconda moglie, è l’erede di un magnate della distribuzione della birra, ed aveva una ventina di anni in meno rispetto a John. Dal 2021 al 2023 è stata ambasciatore degli Stati Uniti presso le agenzie delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’agricoltura dal 2021 al 2023; dal 5 aprile è direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale.

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Spirito

La conferenza episcopale UE sostiene l’allargamento della UE

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Il 19 aprile 2024 i membri della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) hanno pubblicato una dichiarazione in cui chiedono di accelerare il processo di allargamento dell’Unione. Un testo dai toni progressisti, giudicato dai detrattori una posizione «fuori dal reale» a poche settimane dalle elezioni europee dove i partiti nazional-conservatori sono in ascesa.   «Al di là di una necessità geopolitica per la stabilità del nostro continente, consideriamo la prospettiva della futura adesione all’Unione Europea (UE) come un forte messaggio di speranza per i cittadini dei Paesi candidati e come una risposta al loro desiderio di vivere in pace e giustizia». La dichiarazione congiunta pubblicata dalla COMECE non dà realmente visibilità alla linea seguita dall’organismo incaricato dalla Chiesa di «dialogare» con le istituzioni europee.   Poco prima, i rappresentanti delle conferenze episcopali europee avevano tuttavia espresso la loro contrarietà all’inclusione di un cosiddetto «diritto» all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE, come deciso dai Parlamentari l’11 aprile scorso.

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In questa occasione i vescovi hanno ribadito il loro «no all’aborto e alle imposizioni ideologiche», chiedendo che «l’Unione europea rispetti le diverse culture e tradizioni degli Stati membri e le loro competenze nazionali». Ma come potrebbe crescere il «rispetto» per queste diverse culture se i ventisette Stati dell’Ue diventassero trentaquattro, o addirittura trentacinque?   Perché nella coda di candidati che la COMECE sembra richiamare, ci sono innanzitutto i sei Stati balcanici dell’ex Jugoslavia, candidati dal 2003. Poi altri tre Paesi che vogliono uscire dall’orbita russa dopo lo scoppio della guerra in Ucraina: quest’ultima in primis, ma anche la Moldavia e forse anche la Georgia.   A chi rimprovera «una forma di ingenuità» ai prelati europei, mons. Antoine Hérouard, primo vicepresidente della COMECE e arcivescovo di Digione, pretende di difendere «una posizione di ordine morale, che si inserisce nella prospettiva del progetto di Unità europea, perseguita dai padri fondatori». Padri fondatori, che, come Jean Monnet, hanno contribuito soprattutto a eludere un’idea sana di Europa instaurando il regno della tecnocrazia e dell’economia.   Nella stessa ottica, la dichiarazione del 19 aprile ricorda che «la Chiesa sostiene fortemente il processo volto a riunire i popoli e i Paesi d’Europa in una comunità che garantisca la pace, la libertà, la democrazia, lo stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e la prosperità».   Abbastanza deludente, quando sarebbe stato più opportuno ricordare la base comune delle radici cristiane dell’Europa da parte dei membri della Chiesa docente, senza la quale essa è solo una barca alla deriva.

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La ferocia del mondo e la proliferazione della violenza – in particolare quella che colpisce il diritto alla vita in tutte le sue forme – ci impongono di ripensare l’Unione in termini di sovranità e comunità di destino basata sul cristianesimo. Esso solo è capace di portare una disciplina collettiva: ma la Chiesa deve prima ricordarsi di far regnare Cristo nei cuori e nelle istituzioni, altrimenti diventa solo una ONG umanitaria.   La posizione della COMECE è anche un posizionamento politico piuttosto rischioso, poiché potrebbe essere interpretato come un sostegno alle liste progressiste che incoraggiano l’allargamento dell’UE nella campagna per le prossime elezioni europee del 9 giugno: liste verso le quali i cattolici praticanti non necessariamente sono simpatizzanti.   «L’Unione è un paradiso visto da altrove, ma la porta verso questo paradiso deve rimanere stretta», osservava nel luglio 2023 un rapporto parlamentare francese che esaminava la politica di allargamento dell’UE. Quanto basta per far riflettere la COMECE, che dovrebbe ricordare che, da cinquant’anni, spesso sono proprio coloro che si definiscono più «europei» a fare più male all’Europa.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di Cyclotron via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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«Imperet illi Deus». Omelia di mons. Viganò nell’Apparizione di San Michele Arcangelo

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Renovatio 21 pubblica l’omelia di monsignor Carlo Maria Viganò nell’anniversario dell’apparizione dell’Arcangelo Michele sul Gargano.

 

 

Salve, tu che nel tempo opportuno
meravigliosamente poni i servi fedeli di Dio ai posti elevati.
Salve, tu che invisibilmente deponi dall’altezza del potere e della gloria
quanti sono indegni e malvagi.

Inno acatisto a San Michele

 

Celebriamo oggi la festa dell’Apparizione di San Michele, a ricordo della manifestazione dell’Arcangelo sul monte Gargano in Puglia, l’8 Maggio nell’anno 490, sotto il Pontificato di Gelasio I. Ed è in questo giorno, dopo 1534 anni, che vorrei soffermarmi con voi per una breve meditazione su colui che la Chiesa d’Oriente chiama glorioso Archistratega, e che la Chiesa universale venera come Patrono della Chiesa e delle Milizie celesti.

 

Quando San Michele apparve sul Gargano, affermò che la cima del monte era un luogo posto sotto la sua protezione e che voleva vi fosse costruita e consacrata una chiesa in onore suo e dei Santi Angeli. Esistono dunque – e lo sappiamo dalle molteplici apparizioni – e vi sono delle località che beneficiano della presenza dell’Arcangelo e che sono protetti dal potere nefasto di Satana.

 

In quella stessa epoca in Frigia – l’antica Colossi, oggi Konya in Turchia – egli aveva protetto dalla distruzione per mano dei pagani un santuario a lui dedicato. E molte altre volte l’intervento del Principe delle schiere angeliche ha manifestato la propria potenza, sia in luoghi specifici, sia su particolari comunità: prima fra tutte, la Santa Chiesa; ma anche gruppi di fedeli a lui devoti. Possiamo sperare, con la fiduciosa umiltà di chi confida nell’aiuto divino, che anche questa nostra piccola familia tradizionale e i suoi membri possano godere dell’efficace patrocinio di San Michele e della sua speciale protezione contra nequitiam et insidias diaboli.

 

Ed è di grande consolazione che questo grande protettore sia stato prescelto tra i puri spiriti per sprofondare nell’abisso Lucifero, il più bello ma anche il più orgoglioso degli angeli apostati, ribelle alla volontà di Dio.

 

Quis ut Deus? Questo significa in ebraico il nome Michele: chi è come Dio? Un nome che suona come un’umile e coraggiosa risposta all’arrogante Non serviam di Satana, e che ci porta ancora una volta – assieme al fulgido esempio di Maria Santissima – a vedere premiata l’umiltà e punito l’orgoglio: Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles.

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Nell’antichissimo inno della liturgia orientale, l’akatisthos in onore di San Michele, il cantore si rivolge all’Arcangelo con una serie di salutazioni che celebrano le sue glorie. Tra esse, ne riporto due che considero particolarmente appropriate per questi tempi di crisi.

 

Salve, tu che nel tempo opportuno
meravigliosamente poni i servi fedeli di Dio ai posti elevati.

 

San Michele viene elogiato per il suo ruolo al servizio della Provvidenza nel determinare l’ascesa ai posti elevati dei servi fedeli di Dio. Egli è dunque lo strumento mediante il quale la Signoria di Cristo Re e Pontefice si trova rappresentata, nella sfera civile e religiosa, da coloro che con la propria fedeltà e con spirito di servizio meritano di esercitare in forma vicaria l’autorità di Dio in terra. E questa azione «politica», per così dire, avviene nel tempo opportuno, ossia quando ciò è conforme alla sovrana volontà del Signore.

 

La seconda salutazione è ancora più esplicita, ed echeggia la Sacra Scrittura:

 

Salve,
tu che invisibilmente deponi dall’altezza del potere e della gloria
quanti sono indegni e malvagi.

 

Anche in questo caso l’Arcangelo è celebrato come ministro dell’Altissimo, grazie al cui ministero gli indegni e i malvagi sono deposti dai ruoli di comando e di potere; e questa azione viene indicata come invisibile perché opera seguendo percorsi spesso ignoti e senza ostentazione, ma con indefettibile efficacia.

 

Se guardiamo a ciò che avviene nella società e nella Chiesa, possiamo vedere governanti e prelati corrotti e indegni, che si sono appropriati del potere e dell’autorità per scopi opposti a quelli che invece dovrebbero perseguire. Servi del demonio, costoro vogliono procurare la morte fisica e spirituale per strappare anime a Dio, illudendosi di offuscare la vittoria che il Signore ha ottenuto sul Golgota. Non vediamo però i servi fedeli di Dio posti in ruoli di comando, anzi tutto ci induce a credere che umanamente il trionfo del Male sia ormai ineluttabile.

 

Ma proprio alla luce delle parole dell’inno acatisto, dobbiamo ricordarci di quel tempo opportuno in cui i buoni meriteranno di riappropriarsi dell’autorità oggi usurpata dai malvagi; e di quell’invisibilmente, riferito alla caduta degli indegni e corrotti usurpatori.

 

Sono parole consolanti, che riaffermano quanto il Magistero ci insegna e quanto la divina Liturgia ripete, ossia che ogni potestà viene da Dio, e che il Salvatore Gesù Cristo è realmente l’unico Signore, nel Quale inizia e finisce ogni autorità in cielo, sulla terra e sotto terra (Fil 2, 10), supremo Garante di quella medesima autorità che è concessa ai governanti e ai prelati come a luogotenenti di Cristo.

 

La potenza dell’intervento di San Michele si dispiega in virtù della benedetta umiltà dell’Arcangelo, e quanto più la creatura è umile e incorporata in Cristo, tanto più potente è la forza che il Signore le concede, perché la Maestà divina si compiace di manifestarSi proprio in chi riconosce il proprio nulla e si inchina adorante al tutto che gli viene da Dio.

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Per questo Nostra Signora, la più sublime e perfetta di tutte le creature, è onnipotente per Grazia: perché la Grazia divina e la potenza dello Spirito Santo trovano in Lei l’ancilla e ne fanno la Regina del Cielo, la Sposa del Paraclito, la Madre di Dio, il tabernacolo dell’Altissimo. In questa mirabile economia soprannaturale, invisibilmente cadono i potenti malvagi, perché nel tempo opportuno siano gli eletti, i fedeli servi di Dio, a ricapitolare in Cristo tutte le cose, instaurare omnia in Christo, secondo le parole dell’Apostolo (Ef 1, 10).

 

Queste considerazioni ci devono portare a meditare due grandi verità.

 

La prima è che, essendo l’autorità terrena un riflesso della sovrana Signoria di Cristo, essa non può che tornare necessariamente a quella armonia universale stabilita da Dio. Le alterne vicissitudini della Storia non inficiano minimamente questa Signoria, conquistata una volta per tutte dalla Passione redentrice del Salvatore.

 

La seconda è che questo ritorno dell’ordine divino avverrà nel tempo opportuno, e cioè quando vi saranno persone degne – per santità di vita e soprattutto per umiltà – degne di ricoprire quei posti di cui i malvagi si sono impadroniti. E questo accadrà solo quando i fedeli comprenderanno che le sorti del mondo e della Chiesa non possono essere mutate secondo la mentalità del mondo o ricorrendo a mezzi umani, ma piuttosto nel riconoscere Gesù Cristo come Pantocratore, Sovrano universale, Dio vivo e vero, unico Signore onnipotente.

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In questo giorno i nostri carissimi amici, i Conti Giuseppe e Cristina, festeggiano il venticinquesimo anniversario delle loro Nozze. Cinque lustri sono trascorsi dal giorno in cui le vostre promesse solenni hanno suggellato la vostra unione nel Matrimonio. Anche voi, come ogni coppia di sposi cattolici, avete posto ogni vostra speranza nelle mani di Dio, fiduciosi di potervi conservare nella fedeltà non per le vostre forze, ma in virtù della Grazia santificante. La Provvidenza, che opera per vie insondabili, vi consola oggi – nel tempo opportuno – con una figliolanza spirituale, perché il vostro impegno per la Fondazione Exsurge Domine e per il Collegium Traditionis consentirà di formare santi sacerdoti che in qualche modo potranno considerarsi legati a voi da un vincolo più forte e duraturo di quello della carne e del sangue. Se questo ambizioso progetto è oggi possibile, lo dobbiamo anche al Conte Giovanni Vannicelli, che tanto si è adoperato per la rinascita della Tradizione, nei grigi anni del Vaticano II: la sua eredità spirituale rivive nel figlio Giuseppe, nato e cresciuto in una famiglia solidamente cattolica.

 

Centoquarantotto anni fa, l’8 Maggio 1876, iniziava la costruzione della Basilica di Pompei, dedicata alla Regina del Santo Rosario. Al termine della Santa Messa ripeteremo le care parole della Supplica:

 

Dal Trono di clemenza, dove sedete Regina, volgete, o Maria, il vostro sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo, […] in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni.

 

Possa Nostra Signora, assistita dal Suo Scudiero San Michele, rinnovare quelle glorie: Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

8 Maggio 2024
In apparitione S.cti Michaëlis Archangeli

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Immagine: Luca Giordano, La caduta degli angeli ribelli (circa 1666), Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Gender

Celebrato in chiesa un «quasi matrimonio» omosessuale

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Il sito della Catholic News Agency, ripreso dal National Catholic Register e da altri media, riporta una cerimonia celebrata da un sacerdote dell’arcidiocesi di Chicago, padre Joseph Williams, responsabile della parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli, amministrata dai sacerdoti della Congregazione della Missione (CM) o Lazzaristi.  

I fatti

Un video, disponibile su un account Instagram, mostra una cerimonia che sembra un matrimonio, ma le due persone coinvolte sono donne: K. B. e M. K., quest’ultima per 14 anni pastore delle comunità metodiste unite intorno a Chicago.   Contattato da OSV News, il sacerdote ha ammesso di essere il celebrante visibile nel video e che la benedizione, che ha detto di aver impartito su richiesta delle interessate, si è svolta nella parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli. La scena è stata girata utilizzando un cellulare. La chiesa sembra vuota, ma il sacerdote indossa camice e stola.   Il sacerdote si rivolge alle due donne e chiede loro: «vi impegnate di nuovo liberamente ad amarvi come santi sposi e a vivere insieme in pace e concordia per sempre?» – «Noi lo facciamo, io lo faccio», rispondono. Padre Williams continua: «Dio d’amore, aumenta e consacra l’amore che Kelli e Myah nutrono l’una per l’altra».   Anche se non c’è scambio di anelli, il sacerdote dice: «Possano gli anelli che si sono scambiati essere un segno della loro lealtà e del loro impegno. Possano continuare a prosperare nella tua grazia e benedizione. Questo te lo chiediamo per Cristo nostro Signore». Conclude facendo il segno della croce, dicendo: «Scenda su di voi la benedizione di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».

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Spiegazioni confuse e contraddittorie

Nella sua risposta a OSV News, padre Williams ha giustificato l’uso del camice e della stola: «Io lo faccio così. Quando vado a casa di qualcuno per benedire la sua casa, indosso il camice e la stola. (…) Questo è quello che faccio come prete. Fa parte del mio abbigliamento».   Quanto a Fiducia Supplicans, ha spiegato che il suo agire derivava dalla sua «comprensione del testo». Aggiunge che «il Santo Padre ha detto che le coppie dello stesso sesso possono essere benedette purché non rifletta una situazione matrimoniale (…) purché sia ​​chiaro che non si tratta di un matrimonio».   Si difende in ogni caso. Quando la signora K. aveva chiesto la benedizione, padre Williams le aveva detto: «Per favore, capisca che questo non è in alcun modo un matrimonio, un matrimonio vero e proprio, o qualcosa del genere. È semplicemente una benedizione delle persone».   Tuttavia, ha spiegato ulteriormente a OSV News che l’uso del termine «santi sposi» nella benedizione da lui scritta intendeva significare «coppia». – Deve essere uno scherzo… «santi sposi» per persone in situazione di peccato oggettivamente grave!   OSV News è stata piuttosto aggressiva nell’inviare un collegamento al video all’arcidiocesi di Chicago per un commento; nonché al cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) che ha prodotto Fiducia supplicans, per un parere su questo atto.  

Una deriva prevedibile e inevitabile

Non c’era bisogno di essere profeti per dire che questa situazione si sarebbe verificata prima o poi, una volta pubblicata Fiducia supplicans. E questa probabilmente è solo la punta dell’iceberg. La situazione continuerà a peggiorare e le cerimonie diventeranno esplicitamente «matrimoni».   Non esistono trentasei modi per fermare questa deriva mostruosa: eliminare la deriva iniziale, cioè la dichiarazione stessa. Intanto il responsabile in primis di questa cerimonia di Chicago è il prefetto del DDF. È lui che dovrà rispondere innanzitutto a Dio.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di Richie D. via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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