Spirito
La morte di Benedetto XVI: analisi e commenti

La morte di Benedetto XVI il 31 dicembre 2022, all’età di 95 anni, seguita dai suoi funerali in piazza San Pietro a Roma, il 5 gennaio, ha suscitato una valanga di analisi e commenti sulla stampa. Per non perdersi in questa mole di documenti è utile raggrupparli in quattro sezioni.
1. La cerimonia funebre: sobrietà o meschinità?
La messa funebre, il 5 gennaio, ha riunito 130 cardinali, 400 vescovi, 3.700 sacerdoti e 50.000 fedeli; è stato seguito da più di 600 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Arrivato in sedia a rotelle, Papa Francesco ha presieduto la celebrazione, ma è stato sostituito all’altare dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, a causa dei suoi persistenti problemi di salute al ginocchio.
L’omelia era attesa per sapere se Francesco avrebbe reso un omaggio personale al suo predecessore. Si è trattato di una breve meditazione sulle ultime parole di Cristo: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», che ha presentato come il «programma di vita» del pastore.
Sul suo blog, il 5 gennaio, Leonardo Lugaresi commenta: «purtroppo, qualunque cosa si pensi dell’omelia di Francesco (e in generale del suo comportamento in questo frangente), mi pare indiscutibile che si è trattato di un discorso assolutamente generico, che sarebbe andato bene per qualsiasi altro defunto, anzi fruibile quasi senza modifiche per ogni altra occasione».
Su Il Giornale dell’8 gennaio Nico Spuntoni annotava: «si sono diffusi i malumori per il mancato lutto in Città del Vaticano, il corteo-lampo dal monastero Mater Ecclesiae [dove risiedeva Benedetto XVI] alla Basilica di San Pietro su un semplice minibus, la prosecuzione delle attività ufficiali come l’udienza generale, la richiesta ai governi di partecipare ai funerali in forma privata e non con delegazioni ufficiali, con l’eccezione di quello italiano e di quello tedesco».
Da parte sua, il connazionale del papa argentino che firma The Wanderer non ha esitato, il 5 gennaio, a parlare di «meschinità», adducendo alcuni fatti:
«Molti cardinali e vescovi sono rimasti delusi di non potersi unire alla processione che ha portato le spoglie del defunto Papa dal monastero Mater Ecclesiae alla Basilica di San Pietro. In qualunque paese, in qualunque monarchia, questa processione assume una particolare e austera solennità, anche quando non si tratta della morte del monarca regnante (si ricordi il caso di Don Juan de Borbón, o della Regina Madre d’Inghilterra o del Principe Filippo di Edimburgo)».
«Le spoglie mortali di Benedetto XVI sono state trasportate in un furgone grigio. Né Francesco né il cardinale vicario hanno presieduto la processione. Dietro il veicolo c’erano semplicemente mons. Georg Gänswein e le donne che hanno assistito Benedetto XVI in questi anni. In curia, questo è stato percepito molto male: “Non lo si fa nemmeno per un vicino del paese più piccolo d’Italia”, si è detto».
«Molti vescovi e cardinali di tutto il mondo, venuti a salutare il papa emerito, sono rimasti stupiti – e lo hanno fatto sapere al loro entourage – per l’indolenza dei gesti e delle parole di papa Francesco nei confronti del suo predecessore. Uno di loro ha dichiarato: “Sfamare le anime e non le bocche, tale è la missione della Chiesa”».
Il sito in lingua spagnola Infovaticana del 6 gennaio ha ripreso il termine «meschinità» in particolare per l’omelia del Papa, riportando alcune delle osservazioni fatte dopo la cerimonia: «L’omelia di Francesco è già diventata motivo di scherno: “Non posso credere a ciò che ho sentito: non una parola sull’immensa eredità di Benedetto XVI”».
«Infatti, ha a malapena menzionato l’uomo, se non brevemente alla fine, per dire “benvenuto”. “Che atto vergognoso. Un segno di immensa mancanza di rispetto”. “Lo scandalo non è quello che ha detto Francesco, ma quello che non ha detto. Avrebbe potuto pronunciare la stessa omelia per il suo maggiordomo”».
2. Omaggi ambivalenti
Gli omaggi rivolti a Benedetto XVI sono stati ambivalenti, in quanto ognuno ha voluto conservare solo l’aspetto del papa emerito che gli conveniva. Così Francesco, la sera della morte, il 31 dicembre, ha parlato della «gentilezza» del suo predecessore – gentilezza che ha presentato come una «virtù civica» che gioca un ruolo importante nella «cultura del dialogo».
Allo stesso modo, durante l’udienza generale di mercoledì 4 gennaio, ha parlato del «grande maestro della catechesi» che, secondo lui, era Benedetto XVI, lodando il suo «pensiero acuto e garbato» che «non era autoreferenziale ma ecclesiale».
Nella prefazione che ha scritto per una raccolta di pensieri spirituali di Benedetto XVI, che è uscito il 14 gennaio alla Libreria Editrice Vaticana, Francesco afferma che il suo predecessore stava facendo «teologia in ginocchio», la stessa espressione che ha usato con il cardinale Walter Kasper nel 2014, durante il concistoro sulla famiglia, che stava preparando Amoris laetitia e la comunione dei divorziati «risposati».
Per l’arcivescovo di Parigi, mons. Laurent Ulrich, in una dichiarazione del 31 dicembre, Benedetto XVI è davvero un papa del Vaticano II:
«Ultimo papa ad aver partecipato al Concilio Vaticano II, Joseph Ratzinger ha meditato a lungo sul mistero della Chiesa nel nostro mondo, a partire dalla costituzione conciliare Lumen Gentium, per la quale ha lavorato come giovane teologo, nonché il posto del Popolo di Dio nel dialogo tra il Signore e gli uomini e le donne del nostro tempo».
«Al termine del suo pontificato, Benedetto XVI ha individuato proprio in questo dialogo, voluto da Dio, tra la Chiesa e l’umanità, i frutti che il Concilio ha continuato a portare per 60 anni, e di cui possiamo anche oggi stupirci: lo sviluppo costante della dottrina sociale della Chiesa, la libertà di coscienza, il dialogo interreligioso».
Questa ambivalenza degli omaggi resi a Benedetto XVI si spiega con il fatto che nella mole di dichiarazioni del papa emerito ciascuno può trovare ciò che gli fa comodo. La denuncia di una «dittatura del relativismo» convive con l’elogio della «laicità aperta» nello spirito della libertà religiosa promossa dal Vaticano II:
– «Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». [Omelia della Messa Pro eligendo romano Pontifice, prima del conclave che lo avrebbe eletto, nel 2005]
– «Le religioni non possono avere paura di una laicità equa, una laicità aperta che permetta a ciascuno di vivere ciò che crede, secondo coscienza». [Video trasmesso il 25 marzo 2011, per i cattolici francesi il cui governo rilancia il dibattito sulla laicità]
In questo contesto equivoco, i presuli conservatori conservano soprattutto da Benedetto XVI l’opposizione al relativismo, non senza suggerire una contrapposizione con il relativismo dottrinale e morale che regna attualmente in Vaticano; cosicché l’omaggio reso al papa emerito diventa una critica sottilmente velata all’attuale papa.
Così scrive sul suo blog, ripreso da La Nuova Bussola Quotidiana del 4 gennaio, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, già vescovo di Hong Kong e oppositore della politica vaticana nei confronti della Cina comunista: «ha difeso la verità contro la dittatura del relativismo. Non ha avuto paura di sembrare retrogrado davanti a tanti che esaltano un pluralismo ad oltranza, un inclusivismo indiscriminato».
«Ha detto che l’amore senza un fondamento nella verità diventa un guscio che può contenere qualsiasi cosa». E aggiunge: «Da quando la parola “conservativo” significa un peccato? Purtroppo la fedeltà alla Tradizione può essere presa come “rigidità” o “indietrismo”».
– Quest’ultima parola è un neologismo coniato da Francesco [indietrismo], che può essere tradotto come «arretratezza» o «spirito retrogrado». Serve a castigare tutti coloro che l’attuale papa trova “rigidi” dottrinalmente, moralmente, liturgicamente…
Il presule cinese conclude con una critica mascherata alla politica vaticana di compromesso con le autorità comuniste, in opposizione a quanto stava facendo Benedetto XVI:
«Nell’Angelus del 26 Dicembre 2006, Papa Benedetto esortava i fedeli in Cina a perseverare nella fede, anche se nel momento presente tutto sembra essere un fallimento. Nonostante il suo grande sforzo, Papa Benedetto non era riuscito a migliorare la situazione della Chiesa in Cina. Non poteva accettare un compromesso qualunque».
Nello stesso spirito di velata critica, possiamo leggere su L’Homme Nouveau del 5 gennaio questa dichiarazione del cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: «Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla promessa che la rinuncia all’affermazione della verità di Gesù Cristo porti alla tolleranza della diversità delle verità soggettive, mentre conduce piuttosto alla dittatura del relativismo».
«Lo vediamo nel brutale regno della dissolutezza dominante del mondo occidentale e nel disumano controllo assoluto del pensiero e del comportamento nelle dittature asiatiche. Per noi la parola di Cristo, unico Salvatore del mondo, è: “Così conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32)».
E ricorda il ruolo del successore di Pietro di confermare i suoi fratelli nella fede: «il Papa è il principio e il fondamento permanente della Chiesa nella verità della fede e nella comunione di tutti i vescovi e credenti, perché in lui tutta la Chiesa volge lo sguardo a Gesù e confessa: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente”».
«E indissolubilmente legata a questo è la promessa fatta a Pietro e ai suoi successori a Roma: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e il potere dell’inferno non la vincerà. Ti darò le chiavi del regno dei cieli”. (Mt 16, 18-19)».
3. Il pontificato di Francesco può cambiare dopo la morte di Benedetto XVI?
Su La Nuova Bussola Quotidiana del 7 gennaio, Stefano Fontana pone la questione dell’eredità di Benedetto XVI. Secondo lui, questo patrimonio consiste nel «nel riprendere in mano l’intera questione del concilio e del post-concilio da dove egli l’ha lasciata, proseguendo nel fermo delle tendenze dissolutrici e proseguendo nella ricostruzione. Per Francesco invece il dibattito su concilio e post-concilio è finito e la Chiesa è ancora in posizione di conservazione e non di uscita».
Afferma Stefano Fontana: «egli [Francesco] vuole essere post-postconciliare. È vero che egli richiama spesso il Concilio, ma proprio per dire che non è più il caso di attardarsi su di esso e sull’epoca da esso inaugurata. Il dibattito cu concilio e post-concilio per lui è finito».
«La prova più evidente di questa sua posizione, tra le infinite che potremmo ricordare, è stato il motu proprio Traditionis custodes il quale ha stabilito che la “questione liturgica” è finita e, con essa, la questione di una intera epoca. Ma proprio questa era invece la principale questione che secondo Benedetto XVI bisognava lasciare aperta».
Questo significa che con lui è morto il ruolo di «rallentatore» o «freno» svolto da Benedetto XVI? Il giornalista italiano pensa invece che «Benedetto e la sua eredità influiranno sulla Chiesa più di prima, più adesso, dopo la sua morte fisica, che prima, quando era ancora in vita. Tutti ricordiamo i suoi due ultimi interventi pubblici: l’uno a proposito degli abusi da parte del clero e l’altro sul celibato sacerdotale insieme al cardinale Sarah».
«Questi due interventi hanno “frenato” alcuni processi negativi e impedito decisioni che forse erano già stata prese ma che vennero congelate. Con la sua morte ciò non sarà più possibile, ma quest’opera, da ora in poi, sarà proseguita da quanti si sono fatti carico in questi giorni della sua eredità».
Questa ipotesi di Stefano Fontana solleva una domanda. Dobbiamo vedere «l’ermeneutica della riforma nella continuità» promossa da Benedetto XVI nel 2005, come capace di produrre concretamente solo il «rallentamento» di una caduta inesorabile?
Come un paracadute che rallenta la discesa, ma non impedisce la caduta a terra, rendendola solo meno brutale? Questa eredità di Benedetto XVI non è conforme al programma del pontificato di san Pio X: «Restaurare tutto in Cristo» (Ep 1, 10).
Per The Wanderer dell’8 gennaio, seguendo il Tagespost tedesco, «con la morte di Benedetto XVI inizia una nuova tappa del pontificato di Francesco, anzi della stessa Chiesa. E il motivo è che Ratzinger ha agito come una sorta di cuscinetto che ha smorzato la furia dei conservatori per gli eccessi di Bergoglio».
«Oppure, come ha detto il cardinale Müller, i conservatori potevano andare a farsi assistere al monastero Mater Ecclesiæ. Ora non c’è il cuscinetto e non c’è nemmeno la casa di cura. Il confronto è inevitabile».
Tuttavia, secondo il commentatore argentino, il contesto attuale modifica gli equilibri di potere: «la morte di Benedetto XVI è arrivata tardi; la storia sarebbe stata molto diversa se fosse accaduta cinque o sei anni fa. Adesso Bergoglio è un pontefice logoro e indebolito, e tutti intorno a lui, in circoli più o meno ristretti, attendono la sua morte. […]. Come dicono da qualche mese gli esperti, il Vaticano odora di conclave».
Inoltre, «lo stile di governo estremamente autoritario di Francesco gli ha creato nemici ovunque, anche tra coloro che condividono il suo progressismo. Pensiamo, ad esempio, a come il cardinale vicario e tutto il clero romano possano essere stati colpiti dalla costituzione apostolica da lui promulgata venerdì scorso [In Ecclesiarum comunione, 6 gennaio 2023], intervenendo di fatto nel governo della diocesi di Roma e obbligando il suo vicario, ad esempio, a consultarlo sulla nomina di tutti i parroci o sull’ordinazione dei seminaristi».
A Francesco, inoltre, «manca anche il sostegno delle più potenti forze progressiste: l’episcopato tedesco e, con esso, quello di altri Paesi nella sua orbita. Manca anche il sostegno popolare. Il popolo, il “popolo fedele”, non è vicino a papa Francesco. Basta guardare la scarsa affluenza a ciascuna delle sue apparizioni pubbliche».
«Bergoglio è quindi debole perché è vecchio e malato, perché il suo pontificato si è esaurito in tanto rumore per nulla, perché il suo stile di governo gli ha procurato innumerevoli nemici e perché gli manca il sostegno e la devozione popolare».
The Wanderer, però, non vede emergere una reazione da parte dei prelati conservatori che cita senza un ordine: «Cardinali Burke, Sarah; vescovi come Viganò o Schneider, sono forse i più noti. Ma includerei in questo gruppo anche i cardinali Müller, Pell [che ha da poco reso la sua anima a Dio, lo scorso 10 gennaio. Ndr], Erdö ed Eijk, e un buon numero di vescovi americani».
Non c’è nessuna reazione conservatrice, perché tra questi prelati non c’è un leader capace di unirli. Anche se attualmente la stampa progressista designa l’uomo da abbattere: monsignor Georg Gänswein, l’ex segretario particolare di Benedetto XVI, che il lancio del suo libro Nient’altro che la verità, la mia vita accanto Benedetto XVI, Edizioni Piemme, ha messo sotto i riflettori.
Il sito argentino ritiene che per catalizzare una reazione ci vorrebbe un evento particolarmente forte. Lo vede nella possibile nomina di un progressista chimicamente puro a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede: «Negli ambienti vaticani gira voce che la vera intenzione di Francesco sia quella di nominare prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il vescovo tedesco Heiner Wilmer».
«È un personaggio descritto da tutti come ultraprogressista, allineato alle decisioni più estreme del Cammino sinodale tedesco. Per lui, ad esempio, la Santa Messa non è un elemento importante della vita cristiana, e propone una revisione completa dell’insegnamento della Chiesa sulla sessualità. Si dice che non sia ancora stato nominato per la forte opposizione che Francesco ha incontrato da parte di molti vescovi e cardinali, come il cardinale Müller».
«Ma se dovesse fare pressioni per questa nomina, cosa molto probabile date le circostanze, non c’è dubbio che la Chiesa entrerebbe in una lotta e divisione molto profonde, e nessuno sa come andrebbe a finire».
4. La questione della Messa tradizionale, pietra d’inciampo tra Benedetto e Francesco?
Una dichiarazione di mons. Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, mostra che i rapporti tra papa Francesco e il suo predecessore non sono sempre stati così fraterni come hanno mostrato le fotografie ufficiali. Rispondendo alle domande del vaticanista Guido Horst del Tagespost, il 2 gennaio il presule tedesco ha affermato a proposito del motu proprio Traditionis custodes che ha praticamente annullato il Summorum pontificum:
«Sì, credo che sia stata una ferita dolorosa. Quando Benedetto XVI ha letto questo motu proprio aveva il dolore nel cuore, perché lui voleva aiutare proprio coloro che hanno trovato nel rito antico la loro casa, a ritrovare la pace interiore e la pace liturgica, per tirarli via da Lefebvre».
«E non dobbiamo dimenticare che tanti giovani nati dopo il Concilio Vaticano II, e che non comprendono veramente tutto il dramma che ha riguardato il Concilio, anche la nuova Messa, hanno trovato nella Messa tradizionale una dimora spirituale, un tesoro spirituale. Strappare questo tesoro ai fedeli… devo dire che è una cosa che non mi piace».
Siamo felici di apprendere che Benedetto XVI e il suo segretario condividevano lo stesso attaccamento al tesoro spirituale della Messa tridentina, ma siamo sorpresi di sentire, per bocca di mons. Gänswein, che questo attaccamento doveva essere accompagnato da un distacco: abbandonare la posizione di Mons. Lefebvre.
Poiché il fondatore della Fraternità San Pio X non ha mai affermato di avere una dottrina personale, né una posizione originale, viene da chiedersi cosa significhi esattamente l’affermazione del prelato tedesco. Un elemento di risposta ce lo fornisce Luisella Scrosati su La Nuova Bussola Quotidiana del 5 gennaio:
«Il cardinale Joseph Ratzinger aveva, infatti, a lungo lavorato per permettere a quanti erano profondamente legati al rito antico di poter avere il loro posto nella Chiesa, senza che fossero considerati una riserva indiana di nostalgici, ma comprendendo il loro amore per quel rito venerando della Chiesa».
«Quando ci furono le ordinazioni episcopali senza mandato pontificio da parte di mons. Marcel Lefebvre e mons. Antônio de Castro Mayer, nel 1988, sembrava che l’unica possibilità per poter continuare ad abbeverarsi a quella inesauribile e sicura sorgente spirituale, fosse quella di seguire mons. Lefebvre nella creazione di una realtà canonicamente non riconosciuta dalla Chiesa e nell’adesione alle sue posizioni di sostanziale rifiuto dei documenti del Vaticano II, del magistero post-conciliare e della riforma liturgica».
Continua la giornalista italiana: «Ratzinger fu in prima linea nella creazione di una configurazione canonica perché intere comunità e singoli sacerdoti e fedeli non dovessero più trovarsi di fronte all’incredibile dilemma: o il rito antico o la comunione ecclesiale».
«Così venne creata la Pontificia Commissione Ecclesia Dei e i vari istituti sacerdotali e comunità monastiche e religiose ad essa afferenti. Fu un primo passo importante, ma era chiaro che in questo modo non si usciva dalla realtà della “zona protetta” e dall’idea che il rito antico fosse interesse di qualche nostalgico, magari anche un po’ fanatico. Il Summorum Pontificum fu il grande riconoscimento che quel rito appartiene pienamente all’espressione liturgica della Chiesa, nel rito romano».
In risposta al «dilemma» posto da Luisella Scrosatti, «o il rito antico o la comunione ecclesiale», non citeremo espressioni come «zona protetta di qualche nostalgico» o «magari anche un po’ fanatico», citeremo semplicemente un vescovo che non appartiene alla Fraternità San Pio X, ma che vede oggi quello che vedeva Mons. Lefebvre proprio all’inizio della crisi.
Infatti, in una videointervista trasmessa da LifeSiteNews il 13 settembre 2022, mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana in Kazakistan, ha detto della Fraternità fondata da mons. Lefebvre: «dobbiamo essere realisti. La situazione della Fraternità San Pio X è legata alla straordinaria crisi della Chiesa».
«Essi [i suoi sacerdoti] fanno solo quello che la Chiesa ha sempre fatto fino al Concilio: non ci sono cose nuove, semplicemente hanno continuato a fare quello che hanno fatto i santi stessi, e ripeto: la loro situazione è canonicamente irregolare a causa della grande crisi che stiamo attraversando dal Concilio. Dobbiamo essere onesti e vederlo».
«Ovviamente dobbiamo pregare affinché ottengano la piena struttura canonica e aiutarli, ma quando c’è un’emergenza in materia di fede, l’aspetto legale canonico è secondario. Viene prima la fede, la verità e la liturgia, e tutto questo la Chiesa l’ha sempre custodito, come avvenne nel IV secolo durante la crisi ariana».
«Sant’Atanasio fu scomunicato e disse: Loro [gli ariani] hanno preso tutte le chiese, ma noi abbiamo la fede. Loro hanno gli edifici, noi abbiamo la fede. Forse [i neo-ariani] hanno il potere canonico e le strutture, ma tanti vescovi non hanno la fede… o non hanno la piena fede».
E conclude: «dobbiamo quindi avere una visione globale, e pregare perché ci sia [un giorno] un Papa che riconosca e dia tutte le facoltà alla Fraternità San Pio X, e alle altre comunità che si sforzano di custodire la fede».
Il 21 novembre 1974 Mons. Lefebvre fece questa dichiarazione, divenuta famosa:
«Per questo ci atteniamo fermamente a tutto ciò che è stato creduto e praticato nella fede, i costumi, il culto, l’insegnamento del catechismo, la formazione del sacerdote, l’istituzione della Chiesa, della Chiesa di sempre e codificato nei libri apparsi prima dell’influenza modernista del Concilio, attendendo che la vera luce della Tradizione dissipi le tenebre che oscurano il cielo della Roma eterna».
E precisa: «così facendo siamo convinti, con la grazia di Dio, l’aiuto della Vergine Maria, di San Giuseppe, di San Pio X, di rimanere fedeli alla Chiesa Cattolica e Romana, a tutti i successori di Pietro e di essere i fideles dispensatores mysteriorum Domini Nostri Jesu Christi in Spiritu Sancto. Amen».
Quasi 50 anni dopo, la validità dei principi enunciati dal fondatore della Fraternità San Pio X si manifesta a vescovi, sacerdoti e fedeli che non lo conoscevano, ma che onestamente riconoscono che questi principi tradizionali illuminano la situazione attuale e rendono possibile lavorare per la salvezza delle anime.
Somma di articoli previamente apparsi su FSSPX.news.
Immagine di Agência Lusa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0)
Spirito
La messa tradizionale nuovamente autorizzata in San Pietro

Durante il 14° Pellegrinaggio ad Petri Sedem, organizzato dal Coetus Internationalis Summorum Pontificum, che si terrà a Roma e in Vaticano dal 24 al 26 ottobre, il Cardinale Raymond Leo Burke celebrerà una Messa pontificale secondo il rito tridentino presso l’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro sabato 25 ottobre.
Il presidente del Coetus Internationalis Summorum Pontificum ha annunciato l’autorizzazione di questa celebrazione, che fa parte del calendario degli eventi del pellegrinaggio, che da oltre un decennio riunisce fedeli provenienti da diversi Paesi attorno alla liturgia tradizionale latina.
Questo pellegrinaggio è stato fondato nel 2012. Negli ultimi anni, aveva subito le conseguenze delle restrizioni imposte dal motu proprio Traditionis Custodes di papa Francesco, che limitava l’uso della Messa tradizionale, una limitazione che aveva influenzato l’organizzazione del pellegrinaggio.
È tuttavia gratificante che, per la prima volta dall’entrata in vigore del Traditionis Custodes, la celebrazione della Messa tradizionale sia autorizzata presso l’altare della Cattedra di San Pietro nella Basilica Vaticana, mentre il rito tridentino era stato praticamente vietato. Questo va certamente attribuito a Papa Leone XIV, senza dubbio su richiesta del Cardinale Burke.
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Durante i primi pellegrinaggi ad Petri Sedem, la Messa tridentina veniva celebrata liberamente nella Basilica di San Pietro. Tuttavia, già nel marzo 2021, la Segreteria di Stato aveva vietato le Messe private secondo il rito tradizionale, autorizzandole solo nella piccola Cappella Clementina.
Dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes, i pellegrinaggi non furono autorizzati a celebrare nella Basilica Vaticana per l’anno 2022, un divieto che fu mantenuto negli anni successivi. I pellegrini dovettero invece recarsi nella Chiesa della Trinità dei Pellegrini o al Pantheon. Quest’anno il divieto verrà revocato.
Speriamo che questo episodio non sia isolato, ma che le restrizioni assolutamente ingiuste, del tutto contrarie alla tradizione e al diritto, che gravano sulla celebrazione del cosiddetto Rito di San Pio V, vengano completamente revocate e che il rito tradizionale possa essere celebrato liberamente da tutti i sacerdoti che lo desiderano. Questo è ciò che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha sempre chiesto.
Sarebbe bene, a partire da Roma, che le direttive della Segreteria di Stato venissero abolite, che il rito tradizionale non fosse più confinato in una piccola cappella della Basilica Vaticana, ma che riacquistasse il suo giusto posto all’interno di questa basilica, che, va ricordato, è stata costruita per esso.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Steven Zucker via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
Spirito
Trump posta gli auguri della Madonna in occasione dell’8 settembre

La Chiesa cattolica celebra la festa della Natività della Beata Vergine Maria l’8 settembre, esattamente nove mesi dopo la solennità dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre. Nelle elezioni presidenziali dello scorso anno, il 55% dei cattolici statunitensi ha votato per Trump. Nel 2020, Trump ha superato il cattolico Joe Biden con un margine del 50% contro il 49%. Tra il 2020 e il 2024, durante l’amministrazione Biden, il 7% degli elettori cattolici ha cambiato la propria affiliazione politica da democratica a repubblicana. Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Trump aveva pubblicato sui social la preghiera di San Michele Arcangelo, spingendo molti a dire che era «più cattolico dei vescovi». Due settimane fa Trump ha dichiarato di voler andare in paradiso.JUST IN – Trump: “Happy Birthday Mary, Queen of Peace!” pic.twitter.com/zfZXWchGvS
— Disclose.tv (@disclosetv) September 8, 2025
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Spirito
Mons. Viganò reagisce alla pellegrinaggio romano omotransessualista

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha reagito al recente pellegrinaggio delle organizzazione LGBT a Roma per il giubileo citando le visioni della Beata Caterina Emmerich, datate 1820.
«Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda…»
«Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini vi venivano perpetrati. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Tutte queste cose diedero tanta tristezza»
“Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che… pic.twitter.com/t2MkhsEq4W
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 7, 2025
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«Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione. In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre»
«Stavano costruendo una chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione»
«Ho visto di nuovo la strana grande chiesa. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto anche un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo.»
«Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità… Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo»
«Ho avuto un’altra visione della grande tribolazione. Mi sembrava che si pretendesse dal clero una concessione che non poteva essere accordata. Vidi molti sacerdoti anziani, specialmente uno, che piangevano amaramente. Anche alcuni più giovani stavano piangendo. Ma altri (e i tiepidi erano fra questi) facevano senza alcuna obiezione ciò che gli veniva chiesto. Era come se la gente si stesse dividendo in due fazioni».
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) September 7, 2025
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«Vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande. Aggiunse che queste persone devono pregare ferventemente…Devono pregare soprattutto perché la chiesa delle tenebre abbandoni Roma»
«Vidi la Chiesa di San Pietro: era stata distrutta ad eccezione del presbiterio e dell’altare maggiore».
«Vedo altri martiri, non ora ma in futuro… Vidi le sette segrete minare spietatamente la grande Chiesa. Vicino ad esse vidi una bestia orribile che saliva dal mare. (Ap 13,1). In tutto il mondo le persone buone e devote, e specialmente il clero, erano vessate, oppresse e messe in prigione».
Le visioni della beata sono state varie volte riprese negli ultimi anni.
Come riportato in un vecchio articolo pubblicato da Renovatio 21, la beata Anna Caterina Emmerick, suora tedesca, nacque il 250 anni fa, l’8 settembre 1774, a Coesfeld, e il 9 febbraio si è commemorato il 200° anniversario della sua morte a Dülmen, in Vestfalia. Un ventennio fa papa Giovanni Paolo II la beatificò, evidenziando nell’omelia del 3 ottobre 2004 come la mistica avesse vissuto e sofferto nella propria carne «il dolore amaro di nostro Signore Gesù Cristo».
La monaca agostiniana ricevette le stimmate dopo il suo tempo nel convento di Agnetenberg, chiuso nel 1811 a causa della secolarizzazione. Accolta nella casa parrocchiale di Dülmen, incontrò lo scrittore Clemens Brentano, che per cinque anni la visitò quotidianamente per trascrivere le sue visioni, poi pubblicate.
La sua opera principale, L’amara passione di Nostro Signore Gesù Cristo, narra in dettaglio gli eventi della Passione e della morte di Cristo. Queste visioni ispirarono Mel Gibson per il film La passione di Cristo.
Tuttavia, Anna Caterina non vide solo le sofferenze di Cristo di 2000 anni fa, ma anche quelle del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, nel presente. Nelle sue visioni, descrisse profezie sul futuro della Chiesa, includendo con chiarezza l’attacco della massoneria, sia dall’esterno che dall’interno.
«Lo stato dell’intera Chiesa le fu mostrato, come sempre in tali visioni, nell’immagine della Chiesa di San Pietro, e della setta segreta che si ramificava in tutto il mondo in una guerra ininterrotta di distruzione contro di essa come regno dell’anticristo. La setta riceve la sua firma dalla bestia apocalittica che, essendo sorta dal mare, dimora con essa e la spinge a combattere contro il gregge di Cristo».
«Spesso giaceva in mezzo a loro mentre lavoravano; andavano anche da lei nella caverna dove a volte si nascondeva. Durante questo periodo, vidi molte persone buone e pie e specialmente ecclesiastici torturati, imprigionati e oppressi qua e là in tutto il mondo, e avevo la sensazione che un giorno sarebbero diventati nuovi martiri». Il piano ostile portò gli «abortisti a entrare nella chiesa con la bestia».
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La mistica descrisse molto chiaramente la giustapposizione delle due chiese: «ora mi è stato anche mostrato il paragone tra quel papa e questo e tra quel tempio e questo». Le è stato «detto e mostrato quanto debole nel numero e nel sostegno» l’uno fosse, «ma quanto forte nella volontà, avendo rovesciato così tanti dei».
Tuttavia, guardava all’altro con grande devozione, per cui «egli aveva l’unico vero Dio e l’unica vera devozione dissolti in così tanti dei e false devozioni» consentendo il falso tempio. Ciò portò all’adorazione di «mille idoli», ma non fu dato alcun posto al Signore. (4)
Nella descrizione, alla falsa chiesa venne dato un nome inequivocabile:
«Ho visto anche quanto sarebbero state gravi le conseguenze di questa chiesa post-cristiana. L’ho vista crescere, ho visto molti eretici di ogni rango trasferirsi nella città. (…) Ho avuto di nuovo l’immagine di come la chiesa di San Pietro sarebbe stata sistematicamente demolita dalla setta segreta e anche demolita dalle tempeste».
La Emmerick vide l’impronta diabolica della chiesa successiva in una dimensione sconvolgente:
«Questa chiesa è piena di feci, di nulla, di piattezza e di notte. (…) È tutto vuoto concetto. I muri sono ripidi, è vuoto. Una sedia è un altare. Su un tavolo c’è un teschio, coperto, tra le luci. A volte è scoperto; nelle loro consacrazioni hanno bisogno di semplici spade. È tutto malvagio da cima a fondo, la comunità degli empi. Non posso dirvi quanto siano abominevoli, corrotte e vane tutte le loro attività, che molti di loro non conoscono nemmeno. Vogliono diventare un corpo in qualcosa di diverso dal Signore».
La mistica riconobbe questa spirale discendente fino alle ultime conseguenze, sottolineando che ciò che era pericoloso nell’agenda era «l’apparente innocenza» e l’innocuità ostentata per nascondere malizia, errore, bugie e ipocrisia.
«Nacque un corpo, una comunità separata dal corpo di Gesù, la Chiesa, una dopo-chiesa senza salvezza, il cui segreto è di non avere segreti, e perciò la sua attività è ovunque temporale, finita, arrogante, autoindulgente e quindi corrotta e (…) che conduce al disastro». (6)
Alla suora prescelta venne mostrato fino a che punto sarebbe arrivata la devastazione della chiesa: «riguardava solo il pavimento e il retro, il resto è stato tutto distrutto dalla setta segreta e dagli stessi ministri della chiesa».
La Beata Emmerick vide i «Dodici», che riconobbe come i «nuovi apostoli». «Portarono la chiesa in un altro luogo, e fu come se diversi palazzi crollassero davanti a loro come campi di grano».
La Emmerick fu profondamente colpita dall’entità della devastazione: «Quando vidi la chiesa di San Pietro nel suo stato di demolizione e come così tanti ecclesiastici stavano lavorando all’opera di distruzione, senza che nessuno di loro volesse farlo pubblicamente davanti agli altri, fui così rattristata che gridai con veemenza a Gesù di avere pietà di me».
Il Signore le diede la risposta alla sua supplica:
«E vidi il mio Sposo celeste davanti a me, come un giovane, e parlò a lungo con me. Disse anche che questo trasporto della Chiesa significava che apparentemente sarebbe affondata completamente, ma che si sarebbe appoggiata a questi portatori e sarebbe emersa di nuovo da loro; anche se fosse rimasto un solo cattolico, la Chiesa avrebbe potuto trionfare di nuovo, perché non era fondata nelle menti e nei consigli degli uomini. Ora mi mostrò come non mancassero mai persone che pregavano e soffrivano per la Chiesa. Mi mostrò tutto ciò che aveva sofferto per la Chiesa, e come aveva dato forza ai meriti e alle fatiche dei martiri, e come avrebbe sofferto di nuovo tutto se avesse potuto ancora soffrire. Mi mostrò anche in innumerevoli immagini tutte le miserabili vicende dei cristiani e del clero in cerchi sempre più ampi attraverso il mondo intero fino alla mia patria e mi ammonì di perseverare nella preghiera e nella sofferenza. Era un’immagine indescrivibilmente grande e triste che è impossibile esprimere. Mi fu anche mostrato che non c’erano quasi più cristiani anziani». (7)
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Tuttavia, nella sua più grande miseria, Anne Catherine Emmerick vide l’avvicinarsi della salvezza. Vide «una grande croce splendente in cielo, sulla quale pendeva il Salvatore, dalle cui ferite si diffondevano sul mondo fasci di raggi splendenti. (…) La chiesa ne fu completamente illuminata, e attraverso questo splendore vidi la maggior parte delle anime entrare nel Signore».
La beata suora riconobbe la posizione di rilievo della Beata Madre nel piano di salvezza del Redentore:
«Vidi anche un cuore rosso e luminoso sospeso nel cielo, dal quale un raggio bianco si dipartiva nella ferita del costato, e dal quale un altro raggio si diffondeva sulla Chiesa e su molte regioni; e questi raggi attiravano molte anime, che entravano nel costato di Gesù attraverso il cuore e il raggio di luce. Mi fu detto che questo cuore era Maria». (8)
Così, la vittoria alla fine della battaglia apocalittica è accompagnata da uno straordinario intervento della Beata Vergine e Regina Celeste. Il mistico vide la «donna maestosa camminare attraverso la grande piazza antistante la chiesa. Aveva stretto il suo ampio mantello con entrambe le braccia e fluttuava silenziosamente verso l’alto.
Stava sulla cupola e stendeva il suo mantello su tutto lo spazio della chiesa, che brillava come l’oro»
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Immagine screenshot da Twitter
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