Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

I missili erano ucraini. Ad un passo dalla Terza Guerra Mondiale per una menzogna – o per un ammasso di danaro riciclato?

Pubblicato

il

Contrordine, i missili che hanno colpito la Polonia, a quanto pare uccidendo due contadini, erano S-300 ucraini.

 

In un impeto di sincerità inversamente proporzionale alla preparazione all’apocalisse termonucleare, hanno riconosciuto tutti: da Biden al segretario NATO. Anche la nostra Meloni che dal G20 di Bali ha comunque dato la colpa alla Russia perché la guerra… ecco. Grandissima Giorgia.

 

In rete scherzano: vuole dire quindi che possiamo invocare l’articolo 5 dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico e attaccare tutti insieme Kiev?

 

L’immarcescibile Ron Paul lo ha scritto: «abbiamo rischiato di finire nella Terza Guerra Mondiale per mezzo di una menzogna?»

 

La realtà è che di questa cosa incredibile – una bufala, una fake news che poteva trascinarci in conflitto contro la più grande potenza nucleare del pianeta, la Federazione Russia – vanno cercate le responsabilità.

 

A partire con la storia dei «missili russi», ripetuta a pappagallo da tutti i media mainstream mondiali, era stata l’agenzia Reuters. Citava fonti anonime nell’Intelligence USA con conoscenza della questione. Ora Reuters ha pubblicato una rettifica – la rettifica del secolo, visto che la notizia rischiava di mettere a rischio miliardi di vite umane.

 

E quindi, che faceva girare la balla? Sicuro, Kiev: tutto quello che sparano dal regime Zelens’kyj, che non ha una opposizione di controllo né dai partiti né dai giornali perché li ha aboliti, viene preso per oro colato dai maggiordomi della stampa di TV e giornaloni – quelli che in un articolo che ci eravamo dimenticati di aver scritto avevamo chiamato «leccatori di citofoni NATO».

 

Non stiamo a perdere tempo a ricordarvi la panzana dei martiri dell’Isola dei Serpenti (tutti vivi, e tornati a casa nonostante gli avessero fatto un funerale di Stato!), le accuse di stupri di massa (con il funzionario di Kiev che, sotto il fuoco di domande di una brava giornalista italiana, ammette l’assenza di prove, e si vanta del fatto che il M5S ci era cascato), le stragi (che misteriosamente avvengono quando i russi hanno lasciato la cittadina), il teatro di Mariupol’ (dove non è morto nessuno, e che l’allora ministro Franceschini si era impegnato a ricostruire, a differenza de L’Aquila e Amatrice), l’ospedale di Mariupol’ (con la ragazza incinta che secondo Kiev e i nostri giornali era morta invece è viva e vegeta) i missili trovati nelle scuole con le scritte «Dlja Detej» (salvo poi vedere che non erano missili in dotazione ai russi), le bande neonaziste che in realtà sono «reggimenti nazionalisti» (e le loro svastiche sono antichi simboli indoeuropei»).

 

I giornaloni, e le TV che ci ritroviamo, e i politici corrotti e venduti a organizzazioni di morte, non riescono ad ammettere questa semplice verità: l’unico modo che Zelens’kyj e i suoi hanno di sopravvivere a tutto questo è trascinare il resto del mondo nella catastrofe della guerra nucleare.

 

Dubbi non ve ne sono. Pensato a cosa ha detto il braccio destro di Zelens’kyj, quel Mykhailo Podolyak che già settimane fa insisteva in interviste internazionali per attacchi atomici contro Mosca: «la Russia non può continuare nella sua attuale forma di esistenza». Il che vuol dire, guerra e rovesciamento del Paese più grande del mondo, detentore del primo arsenale di distruzione nucleare del mondo, Nazione in grado di sacrificare 20 milioni di uomini nella guerra contro l’invasore – e vincerla.

 

La guerra totale, quella che può spazzare via centinaia di milioni di persone, e farne morire, nel proseguo, miliardi di fame, è l’unica possibilità per il comico Zelens’kyj e la sua ghenga di rimanere in scena.

 

Sacrificare tutta l’umanità per il singolo tuo profitto personale – sì, un messaggio contrario a quello cristiano, un messaggio satanico, una plastica rappresentazione dell’idea del sacrificio umano che torna fra gli uomini. Uccidi il prossimo tuo per placare gli dei crudeli e ottieni un vantaggio personale.

 

Come può qualcuno pensare una cosa del genere? Ebbene, serve, più che fegato, il nichilismo. Quello che hanno «i neonazisti e i drogati», come li ha definiti ad inizio conflitto Putin.

 

La storia ve l’abbiamo raccontata su Renovatio 21: di fatto lo Zelens’kyj, che è un attore con magari i vizi degli attori, è attorniato da zeloti neonazisti, che di fatto gestiscono il conflitto oltre che la sua sicurezza personale (soprattutto dalla loro stessa minaccia), e che da decenni sono controllati dalla CIA e dal Deep State di Washington.

 

Quel che si dice è che nazisti tengono Zelens’kyj tranquillo e soddisfatto, su di giri quanto basta e qui non ripeteremo la propaganda russa che indica come. Anche perché, e questo invece è un fatto pubblico, c’è la cortese minaccia, mandata nel 2019 a mezzo stampa appena dopo le elezioni, che se Zelens’kyj arretra di un millimetro, gli ucronazisti lo impiccano ad un albero del Kreshatik, il vialone della capitale che va verso piazza Maidan.

 

Tuttavia, questo quadretto disfunzionale («drogati e nazisti» che si inventano frottole per far scoppiare la Terza Guerra Mondiale, e i media mondiali che se le bevono, corroborando con le menzogne delle spie, che sono mentitori di professione) potrebbe non essere esaustivo di ciò che sta davvero succedendo.

 

In America si fa un gran parlare di questa faccenda del crollo del banco di criptovalute FTX. Tucker Carlson ieri sera è arrivato a definirlo in diretta TV «il braccio finanziario del Partito Democratico» USA, dando dettagli sempre più ficcanti, come la presenza del giovane bancarottiere poliamoroso alla Casa Bianca per parlare di misure regolatorie per le cripto – situazione tipo volpe nel pollaio, ma qui sono certe galline che aprono la porta, per qualche tornaconto.

 

Come riportato da Renovatio 21, FTX aveva messo in piedi anche un affare per il sostegno via cripto del governo ucraino. Le accuse fatte dal sito americano Gateway Pundit, secondo cui questo sarebbe uno schema di riciclaggio del danaro pro-Democrat Party, sono state sdegnosamente respinte da un viceministro ucraino così come dagli interessati. Teorie del complotto. Via.

 

Tuttavia, vale la pena di guardare, anche solo a livello macroscopico, alle cifre, come ha fatto il giornalista investigativo Glenn Greenwald, quello del caso Snowden.

 

«Finanziamenti statunitensi per la guerra in Ucraina in 9 mesi: marzo: 13,6 miliardi di dollari; maggio: 40 miliardi di dollari; novembre: 37,7 miliardi di dollari: la nuova richiesta di Biden. Quei 91,3 miliardi di dollari sono il 33% in più della spesa militare totale della Russia per l’anno. È il doppio della spesa annuale media degli Stati Uniti per la propria guerra in Afghanistan».

 

Si tratta di cifre sproporzionate persino per gli USA, che starebbero dando a Kiev più di quando spendevano per occupare Kabul, e più di quanto costa l’intero apparato militare russo, incluse le 7000 e più testate termonucleari.

 

E quindi, cosa sta succedendo davvero? Dove finiscono tutti quei 91 (novantuno) miliardi di dollari?

 

C’è una possibilità, cosa che si sta cominciando a chiedere qualcuno negli USA, che una parte di quella valanga di danaro senza precedenti torni indietro al partito che è riuscito a sopravvivere alle elezioni midterm?

 

E ancora: è possibile che una guerra con la Russia possa essere il modo migliore per evitare che se ne parli?

 

Non è che la Terza Guerra Mondiale sia l’unica possibilità di sopravvivenza non solo per il regime di Kiev, ma anche per la palude infame del Deep State di Washington con il suo partito di riferimento?

 

Se ciò fosse vero, quanto bisogno ci sarebbe, per il bene dell’umanità, di spazzare via tutto questo?

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

Continua a leggere

Economia

I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump

Pubblicato

il

Da

Il presidente argentino Javier Milei ha conquistato una vittoria schiacciante alle elezioni di medio termine del suo Paese, considerate un importante banco di prova per il sostegno alle sue riforme radicali di «terapia d’urto» e alla sua politica economica «a motosega».

 

Il partito di Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto il 40,8% dei voti a livello nazionale per la camera bassa del Congresso e ha prevalso in sei delle otto province che hanno eletto un terzo del Senato.

 

L’opposizione di sinistra, rappresentata dai peronisti, ha raccolto il 31,7% dei voti. Sebbene Milei non abbia conquistato la maggioranza assoluta in Congresso, questo risultato complicherà notevolmente gli sforzi dei suoi oppositori per ostacolare il suo programma.

 

Milei ha implementato un ambizioso piano libertario, caratterizzato da tagli significativi a normative, spesa pubblica, politiche statali e dipartimenti governativi, con l’obiettivo di risollevare l’Argentina da decenni di stagnazione economica.

 

Il suo approccio ha ricevuto il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha offerto supporto finanziario per garantire l’avanzamento delle riforme, soprattutto dopo il recente crollo drammatico del peso argentino.

 

Durante un incontro alla Casa Bianca con Milei la settimana scorsa, Trump ha promesso un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, con la possibilità di raddoppiarlo in caso di successo alle elezioni di medio termine.

 

«Se non vince, siamo fuori», ha dichiarato Trump. «Se perde, non saremo generosi con l’Argentina».

Aiuta Renovatio 21

All’inizio di questo mese, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha stipulato uno swap valutario da 20 miliardi di dollari con la banca centrale argentina per stabilizzare il mercato obbligazionario del Paese in vista delle elezioni. Bessent ha chiarito che il pacchetto di aiuti non va considerato un «salvataggio», ma piuttosto una «Dottrina Monroe economica», richiamando la politica del XIX secolo volta ad affermare la supremazia degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale.

 

Il segretario del Tesoro USA ha sottolineato che il successo dell’Argentina è nell’interesse degli Stati Uniti, non solo per stabilizzare il Paese, ma anche per renderlo un «faro» per altre nazioni della regione. «Non vogliamo un altro Stato fallito o sotto l’influenza cinese in America Latina», ha affermato Bessent.

 

Le obbligazioni, la valuta e le azioni argentine hanno registrato un’impennata lunedì mattina, dopo che il partito del presidente Javier Milei ha ottenuto una decisiva vittoria alle elezioni di medio termine. Il risultato è fondamentale per preservare il radicale rilancio economico di Milei in un Paese devastato da decenni di mala gestione socialista che ha distrutto la nazione.

 

Le riforme del libero mercato e l’aggressivo programma di austerità di Milei hanno già iniziato a raffreddare l’inflazione e a stabilizzare le condizioni finanziarie, segnalando agli investitori che il percorso di ristrutturazione resta intatto.

 

Milei ha poi ringraziato Trump su X:

 

 

«Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Geopolitica

Sudan, le Forze di Supporto Rapido rivendicano la cattura del quartier generale dell’esercito

Pubblicato

il

Da

Le Forze di Supporto Rapido (RSF), milizia paramilitare sudanese, hanno annunciato di aver assunto il controllo del quartier generale dell’esercito nella città di Al-Fashir, devastata dal conflitto.   La capitale del Darfur settentrionale è sotto assedio da parte delle milizie da oltre un anno, con le Nazioni Unite che denunciano attacchi sistematici contro i civili, inclusi l’uccisione e la mutilazione di oltre 1.000 bambini.   Domenica, un portavoce delle RSF ha dichiarato in un comunicato che il gruppo ha conquistato completamente il comando della Sesta Divisione di Fanteria delle Forze Armate Sudanesi (SAF) dopo «battaglie eroiche caratterizzate da operazioni mirate e assedi strategici».

Sostieni Renovatio 21

«La liberazione… segna una svolta cruciale nelle battaglie condotte dalle nostre valorose forze. Traccia le basi per un nuovo Stato a cui tutti i sudanesi contribuiranno», ha affermato il rappresentante delle RSF.   Si ritiene che il quartier generale della Sesta Divisione di fanteria fosse l’ultima roccaforte dell’esercito nel Darfur, dove i combattimenti tra SAF e RSF infuriano da oltre due anni.   Da quando ha assediato Al-Fashir nell’aprile 2024, le RSF sono state accusate di attacchi indiscriminati contro i civili, con droni e artiglieria. Secondo le Nazioni Unite, circa 260.000 civili, di cui 130.000 bambini, sono intrappolati in condizioni disperate, isolati dagli aiuti umanitari nella città.   Secondo organizzazioni per i diritti umani, all’inizio di questo mese almeno 20 persone sono state uccise in attacchi contro una moschea e l’ospedale saudita, l’ultima struttura medica operativa di Al-Fashir, dopo l’uccisione di circa 100 civili a settembre.   Domenica, Tom Fletcher, coordinatore degli aiuti d’emergenza delle Nazioni Unite, si è detto «profondamente allarmato» dalla situazione ad Al-Fashir, chiedendo un cessate il fuoco immediato in tutto il Sudan. Il Fletcher sottolineato che i combattenti continuano ad avanzare in città, bloccando le vie di fuga e lasciando i civili intrappolati, affamati e terrorizzati.   Il conflitto tra l’esercito e le RSF, scoppiato a Khartoum nell’aprile 2023, ha generato quella che l’ONU considera una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.   L’esercito non ha ancora commentato la presunta perdita del quartier generale di Al-Fashir, ma il suo comandante, Abdel Fattah Al-Burhan, ha discusso con l’ambasciatore turco Fatih Yildiz di questioni come gli sforzi per revocare l’assedio alla capitale della regione, secondo una nota ufficiale.   Come riportato da Renovatio 21, il comandante delle Forze di supporto rapido (RSF) paramilitari sudanesi, Mohamed Hamdan Dagalo, ha prestato giuramento come capo di un governo rivale del Sudan.   Come riportato da Renovatio 21, la RSF aveva annunciato un «governo di pace e unità» parallelo ancora lo scorso febbraio.   Le stragi nel Paese non si contano. Due mesi fa si era consumato un orribile massacro a seguito di un attacco aereo ad un mercato. Settimane fa c’era stato un attacco ad un ospedale.   Come riportato da Renovatio 21, a fine 2024 le fazioni rivali sudanesi avevano interrotto i negoziati.   Il conflitto ha casato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».

Iscriviti al canale Telegram

Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan.   Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.   Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.   Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.   La Russia nel frattempo fa ha annunziato l’apertura di una base navale in Sudan.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Coordenação-Geral de Observação da Terra/INPE via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Continua a leggere

Geopolitica

Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti

Pubblicato

il

Da

L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta affrontando pressioni «incredibili» da parte dei «falchi» in Europa e in Ucraina, determinati a far fallire i negoziati con la Russia, ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.

 

Queste affermazioni sono state rilasciate durante un’intervista al canale YouTube ungherese Ultrahang, trasmessa domenica.

 

La Russia non intende influenzare né «interferire» nelle «decisioni interne» della leadership statunitense, che sta subendo crescenti pressioni nel contesto degli sforzi di riavvicinamento con Mosca avviati sotto Trump, ha precisato Lavrov.

 

«Non vogliamo creare difficoltà agli Stati Uniti, che sono sottoposti a una pressione enorme e straordinaria da parte dei “falchi” europei», di Volodymyr Zelens’kyj dell’Ucraina e «di altri che si oppongono a qualsiasi cooperazione tra Stati Uniti e Russia su qualsiasi questione», ha detto Lavrov.

Iscriviti al canale Telegram

«Ci sono molte persone poco ragionevoli che cercano di influenzare i politici di Washington, utilizzando ogni mezzo per ostacolare un processo che avrebbe potuto già raggiungere i suoi obiettivi».

 

Coloro che tentano di sabotare i negoziati tra Washington e Mosca stanno «cercando di distogliere il presidente Trump dalla linea che ha ripetutamente sostenuto in passato», ha aggiunto Lavrov. Il presidente degli Stati Uniti ha più volte dichiarato che il conflitto in Ucraina deve essere risolto in modo definitivo, una posizione ribadita chiaramente durante l’incontro con il suo omologo russo, Vladimir Putin, in Alaska, ha sottolineato il ministro.

 

«Tutti concordano che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina sia raggiungere un accordo di pace definitivo, che metta fine al conflitto, e non un semplice cessate il fuoco. Questo è essenziale», ha affermato.

 

I recenti cambiamenti nella retorica statunitense, «quando ora si parla di “nient’altro che un cessate il fuoco, un cessate il fuoco immediato, lasciando poi che la storia giudichi”, rappresentano un cambiamento molto radicale», ha osservato Lavrov.

 

«Questo indica anche che gli europei non stanno fermi, non mangiano e cercano di forzare la mano a questa amministrazione».

 

Mosca ha dichiarato di perseguire una soluzione duratura al conflitto ucraino, piuttosto che una pausa temporanea. Tuttavia, Kiev e i suoi alleati occidentali hanno ripetutamente richiesto un cessate il fuoco immediato, che Mosca considera un’opportunità per l’Ucraina di riorganizzare le sue forze armate e riarmarsi.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

Continua a leggere

Più popolari