Essere genitori
La strage della famiglia adottiva con due mamme
Una giuria speciale della California ha dichiarato ad inizio aprile che due donne si sono uccise coinvolgendo nell’omicidio-suicidio i loro sei figli adottati. I fatti risalgono al marzo 2018. La macchina delle due donne, unite in matrimonio omosessuale come da nuova legge americana, è stata ritrovata sotto un dirupo di 30 metri.
Le due donne bianche avevano adottato sei bambini di colore, tutti morti.
Sarah Hart aveva assunto 42 dosi di Benadryl, mentre Jennifer Hart, l’autista, aveva una concentrazione di alcol nel sangue dello 0,102% quando ha spinto la macchina giù dalla scogliera. In California, è illegale per i conducenti avere un livello di 0,08 percento o superiore.
Jennifer – la figura dominante della coppia – viaggiava con i bambini ai festival musicali diverse settimane l’anno; Sarah era una commessa dei negozi Kohl. La famiglia riceveva circa $ 2000 al mese in assistenza all’adozione.
La storia, raccontata dal New York Times dal quale attingiamo, è tuttavia è ben più agghiacciante del semplice omicidio-suicidio per incidente stradale.
Le due donne bianche avevano adottato sei bambini di colore. Ora sono tutti morti.
Alle 15.38 di lunedì 26 marzo 2018 una turista tedesca chiamò la polizia da Juan Creek, lungo l’autostrada panoramica californiana Highway 1. Aveva notato qualcosa di strano: sembrava un veicolo sportivo o un’utilitaria ribaltato nell’oceano Pacifico.
All’arrivo della pattuglia, gli agenti trovarono il SUV. Jennifer Hart era al volante e sua moglie, Sarah Hart, intrappolata fra il tettuccio e i sedili posteriori. Erano entrambe senza vita.
Una coppia di madri omosessuali – una dittatoriale ed eccentrica, l’altra costantemente al lavoro e raramente a casa – che distribuivano pene crudeli e perennemente negavano il cibo ai loro sei figli.
Nell’arco di tre settimane la polizia scoprì anche i resti di quattro dei sei figli delle Hart – Mark, 19 anni; Jeremiah, 14 anni; Abigail, 14 anni; Ciera, 12 anni – e ne dichiararono il decesso. Scoprirono anche resti ossei in una scarpa da donna, e confermarono che si trattava dei resti di Hannah, 16 anni. Devonte, 15 anni, a gennaio era ancora considerato scomparso, ma si presume sia morto.
Jennifer, 38 anni, era ubriaca nel momento dell’accaduto e Sarah, 38, e due dei bambini avevano nel sangue una quantità di antistaminici tale da causare assopimento.
Punizioni e crudeltà
Le oltre 1.000 pagine di documenti investigativi divulgati dalla polizia dello stato di Washington – ultima dimora della famiglia omogenitoriale – mostrano un ritratto vivido della coppia e dei loro figli adottivi. Dipingono Jennifer e Sarah come madri adottive sottoposte a una crescente tensione, che fuggivano ai primi segnali di problemi e facevano terra bruciata intorno ai figli man mano che le indagini si intensificavano.
I bambini dovevano alzare la mano prima di parlare, erano nei guai se ridevano a tavola e in un caso fu loro proibito di dire ad uno dei bambini, Markis, «Buon compleanno» il giorno del suo compleanno.
Dozzine di pagine di rapporti redatti da funzionari per l’assistenza ai minori dipingono il ritratto di una coppia di madri omosessuali – una dittatoriale ed eccentrica, l’altra costantemente al lavoro e raramente a casa – che distribuivano pene crudeli e perennemente negavano il cibo ai loro sei figli.
Gli investigatori hanno anche intervistato almeno due donne che conoscevano la famiglia, e hanno dipinto un inquietante ritratto della vita domestica di questa famiglia omogenitoriale. Hanno detto agli investigatori che i bambini dovevano alzare la mano prima di parlare, erano nei guai se ridevano a tavola e in un caso fu loro proibito di dire ad uno dei bambini, Markis, «Buon compleanno» il giorno del suo compleanno.
In un altro episodio, è stato raccontato agli investigatori, Jennifer era rimasta con i bambini a casa sua. Ordinarono la pizza, ma Jennifer avrebbe permesso ai suoi figli di avere solo una piccola fetta ciascuno. La mattina dopo, però, la pizza era sparita – e Jennifer era arrabbiata, secondo i documenti. Disse alla donna che nessuno dei bambini avrebbe fatto colazione perché nessuno di loro aveva ammesso di aver mangiato la pizza. La donna ha detto che Jennifer avrebbe poi costretto tutti i bambini a sdraiarsi sul loro letto per circa cinque ore come punizione.
Affido con tendenze suicide
Secondo la dettagliosa ricostruzione del NYT, Jennifer Jean Hart e Sarah Margaret Gengler crebbero a 150 miglia di distanza nel South Dakota e si incontrarono alla Northern State University. Già nel 2005 convivevano ad Alexandria, Minnesota.
Dai documenti delle indagini emerge che ebbero in affido una sedicenne, che venne loro tolta per «tendenze suicide e minacce». La coppia era in procinto di adottare e disse: «Non vogliamo energia negativa intorno ai nostri bambini», come riportano i documenti.
L’assistente sociale aveva «caldamente raccomandato» la famiglia per l’adozione di un secondo gruppo di gemelli
Markis, Hannah e Abigail vennero affidati alle Hart il 4 marzo 2006 e la procedura di adozione venne completata sei mesi dopo. In un anno, le due donne trascorsero almeno 15 ore a prepararsi su temi come «l’esaltazione della diversità etnica» e «aiutare i bambini vittime di abusi».
«La famiglia Hart coglieva ogni occasione per valorizzare il patrimonio etnico dei figli», aveva scritto un assistente sociale in un rapporto per il Permanent Family Research Center, casa famiglia e agenzia di adozioni a Fergus Falls, Minnesota, che venne chiusa dopo una denuncia per violazioni del codice. L’assistente sociale aveva «caldamente raccomandato» la famiglia per l’adozione di un secondo gruppo di gemelli.
Jeremiah, Devonte e Ciera vennero adottati nel giugno 2008, come si legge nei documenti; Jennifer e Sarah si sposarono in Connecticut, dove il matrimonio omosessuale era già legale, l’anno seguente.
In una e-mail datata marzo 2009, Jennifer comunicava il nuovo progetto della famiglia: Sarah «sta cercando di rimanere incinta», scrisse.
«Ne parliamo da ormai 10 anni, ora abbiamo scelto il donatore», scrisse Jennifer. «Questo mese farà per la prima volta tutto il percorso. È abbastanza snervante».
Ma in luglio, scrisse in un’altra mail, il dottore «non riusciva più a sentire il battito».
Sei giorni dopo, aggiornò il suo destinatario: «Il bambino non ce l’ha fatta».
Ogni turbolenza veniva mascherata da video pubblici e post sui social media che le faceva apparire come una famiglia felice
Violenza domestica
Nell’agosto 2010, in una mail a un’altra donna, Jennifer si lamentava di Sarah perché aveva «detto cose molto offensive».
«Per un periodo mi sono sentita poco apprezzata e data per scontata nella relazione … e a volte non mi sentivo amata – scrisse – nel profondo del mio cuore so quanto mi ama … ma non è in grado di dimostrarmelo».
«Sentivo che stavo crescendo i bambini da sola – aggiunse –Ho bisogno di staccare».
Pochi mesi dopo, il Minnesota Child Welfare ricevette sei denunce di abusi e negligenze commessi dalle Hart – due delle quali ritenute verosimili. In un episodio, Sarah ammise di aver alzato le mani su Abigail. Dai rapporti si apprende che Sarah fu ritenuta colpevole del reato minore di violenza domestica. La disputa era iniziata per un penny, un centesimo di dollaro: i genitori ne scoprirono uno nella tasca di Abigail e la accusarono di mentire su come l’aveva preso. Ne seguì una sculacciata, che secondo le dichiarazioni documentate di Sarah Hart «andò fuori controllo».
In un episodio, Sarah ammise di aver alzato le mani su Abigail. Dai rapporti si apprende che Sarah fu ritenuta colpevole del reato minore di violenza domestica
La famiglia fece il primo grande trasloco a West Linn, Oregon, dove un anonimo comunicò alle autorità che i figli delle Hart apparivano malnutriti. Gli investigatori dell’Oregon avviarono un’inchiesta e interrogarono alcune donne che conoscevano la famiglia, che descrissero le Hart come genitori militari che imponevano ai figli una disciplina molto rigida. «Erano addestrati come Robot», riporta un articolo dell’anno passato.
Il discorso della privazione del cibo emerse più volte.
In un episodio del 2011, Hannah disse a un’infermiera della scuola che non aveva mangiato. Jennifer Hart si arrabbiò e spinse una banana e delle noci nella bocca del la bambina. Di fronte a questo fatto, Sarah Hart sostenne che la figlia Hannah stava «giocando alla food card» e che avrebbe dovuto semplicemente bere dell’acqua.
Un operatore per l’assistenza ai minori riferì che la scuola per bambini smise di chiamare le due madri, perché i funzionari temevano che i bambini sarebbero stati puniti.
Alla fine, un operatore per l’assistenza ai minori riferì che la scuola per bambini smise di chiamare le due madri, perché i funzionari temevano che i bambini sarebbero stati puniti. Alla fine, le signore Hart tirarono via i bambini da scuola, iniziarono a fare homeschooling e poi si trasferirono.
Ogni turbolenza veniva mascherata da video pubblici e post sui social media che le faceva apparire come una famiglia felice, seppur eccentrica. I video di YouTube pubblicati da Jennifer, infatti, mostrano Devonte che balla mentre gli altri figli intonano We Are So Provided For.
Ma a una manifestazione del 2014 a Portland, Oregon, contro le violenze della polizia, Devonte venne fotografato con espressione sofferente abbracciato a un poliziotto bianco. L’immagine diventò virale e segnò il momento per trasferirsi di nuovo.
Un anonimo comunicò alle autorità che i figli delle Hart apparivano malnutriti
Il problema, notò un assistente sociale del Minnesota, era che Jennifer e Sarah Hart «sembravano normali». Una vicina settantunenne le definisce «ragazze molto amichevoli», tuttavia dice al quotidiano americano che non conosceva bene i loro figli perché le madri «non li lasciavano uscire di casa molto spesso». Quando lo facevano, i bambini erano «molto disciplinati». «Scendevano tutti gli scalini a file singolo e uscivano nella fila singola del cortile». Il comportamento dei bambini la infastidiva, perché «non era quello dei bambini normali».
L’uccisione dei bambini
Nel maggio 2017 le Hart vivevano in un terreno di oltre 2 acri a Woodland, Washington. Le uniche due abitazioni nelle vicinanze erano chiuse da file di alberi e steccati. Bruce e Diana DeKalb vivevano in una di queste. Dissero agli investigatori che erano eccitati all’idea di avere dei nuovo vicini, ma li vedevano così di rado che si chiedevano se davvero una famiglia si fosse trasferita.
Era vero. All’1.30 di notte nell’agosto del 2017, Hannah suonò alla porta dei DeKalb e si precipitò all’interno. Le mancavano due denti ed era talmente magra che sembrava avere 6 o 7 anni, dissero i DeKalb in un’intervista.
All’1.30 di notte nell’agosto del 2017, Hannah suonò alla porta dei DeKalb e si precipitò all’interno. Le mancavano due denti ed era talmente magra che sembrava avere 6 o 7 anni, dissero i DeKalb in un’intervista.
«Potete portarmi a Seattle?» aveva chiesto al signor DeKalb, 63 anni.
Hannah raccontò di aver saltato dalla finestra del secondo piano per scappare. Disse di essere stata frustata e che le sue madri erano razziste.
Pochi minuti dopo, le madri di Hannah si presentarono alla porta e Hannah si nascose in camera da letto. Alla fine, la signora DeKalb concesse un po’ di tempo a Jennifer e Hannah per parlare da sole. Quando tornarono, Hannah si scusò e tornarono a casa.
Hannah e la famiglia tornarono la mattina seguente con una lettera di scuse. Jennifer spiegò che Hannah era bipolare e che non aveva accettato la morte del loro gatto. Infatti, insistette Jennifer, i bambini amavano la nuova casa, proprio come amavano l’avventura. I bambini annuirono.
«Era così convincente», disse la signora DeKalb, 59 anni, riferendosi a Jennifer. Ma era ancora preoccupata. Nei mesi che seguirono, nessuno dei bambini parlò con lei.
Poi, nel marzo 2018, Devonte iniziò a bussare alla loro porta in cerca di cibo.
Devonte disse che le madri avevano nascosto il cibo per punizione, ma chiese di non far sapere alla «mamma» che era stato lì. Quando la DeKalb chiese quale mamma, lui spiegò che c’erano «mamma e Sarah», e che «mamma era la responsabile degli abusi». Sarah non era d’accordo ma «tollerava» il comportamento di Jennifer.
«Dal profondo del cuore, assolutamente, credo a quello che mi ha detto», disse la signora DeKalb.
Devonte chiese anche di non chiamare la polizia perché temeva che la famiglia sarebbe stata divisa. Ma nei giorni successivi la signora DeKalb disse di avere intenzione di farlo. La notte seguente, quando Devonte si presentò alla loro porta, chiese: «Hai già chiamato?»
Devonte venne fotografato con espressione sofferente abbracciato a un poliziotto bianco. L’immagine diventò virale e segnò il momento per trasferirsi di nuovo.
Fu il signor DeKalb a contattare l’agenzia statale per la tutela dei minori il 23 marzo 2018.
In seguito furono travolti da un pensiero orribile: «Siccome le abbiamo segnalate, loro hanno preso i bambini e li hanno uccisi».
La fine
Non c’era niente di strano nell’atteggiamento di Sarah quel venerdì, disse agli investigatori uno dei colleghi di Sarah, che lavorava nel negozio Kohl’s. Altri invece ricordano che in passato faceva strane lamentele sui bambini e diventava visibilmente turbata dopo le chiamate di Jennifer.
Sarah lamentava che i bambini «non facevano nulla da soli», che avevano «problemi con il cibo» e che non potevano entrare in cucina.
Il vicedirettore disse anche che Sarah si preoccupava molto quando Jennifer chiamava o le mandava messaggi durante il lavoro, a volte usciva dalla stanza in lacrime e a pezzi dopo le telefonate.
Sarah lamentava che i bambini «non facevano nulla da soli», che avevano «problemi con il cibo» e che non potevano entrare in cucina.
Sarah raccontò al capo che Jennifer soffriva di depressione e disse a un altro collega che Jennifer «stava a letto a piangere tutto il giorno». Nei documenti delle indagini si legge che un parente stretto di Jennifer era «preoccupato per la sua salute mentale».
Il vicedirettore raccontò agli investigatori una conversazione con Sarah che gli rimase impressa: una volta gli aveva detto che «sperava che qualcuno le avesse detto che andava bene lo stesso non avere una famiglia numerosa».
«Allora – disse Sarah – non avremmo adottato i bambini».
Con tutto quello che stava accadendo a casa, disse il direttore, «Sarah non aveva mai saltato il lavoro».
I video esaminati dagli investigatori mostrano Sarah Hart lasciare Kohl’s intorno alle 17:26 del 23 marzo su una Pontiac bianca. Un ufficiale del servizio di tutela dei minori, attivato dalla chiamata del signor DeKalb, arrivò alla casa delle Hart circa 10 minuti prima e vide il SUV color oro imboccare la strada e accostarsi vicino alla casa, secondo il rapporto. L’assistente sociale bussò alla porta principale. Nessuna risposta. Lasciò il suo biglietto da visita. Prima delle 3 del mattino seguente Sarah Hart inviò un messaggio ad almeno tre colleghi: «Pensavo di riuscire a venire a lavorare, ma sono troppo ammalata».
Le autorità esaminarono il video di quella che sembra Jennifer a un negozio Safeway la mattina di domenica 25 marzo. Il supermercato era a circa 25 miglia da Juan Creek sulla Highway 1.
Gli inquirenti tornarono alla casa delle Hart il giorno successivo. Il SUV era sparito; una turista tedesca l’avrebbe ritrovato qualche ora dopo, ribaltato sulla scogliera a strapiombo nell’oceano Pacifico.
5G
Studio collega l’aumento dei problemi di memoria nei bambini all’esposizione alle radiazioni wireless
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Bambini e adolescenti in Svezia e Norvegia stanno sperimentando un aumento «allarmante» dei problemi di memoria, secondo gli autori di un nuovo studio peer-reviewed che ha collegato il problema alla maggiore esposizione alle radiazioni wireless. «L’esposizione alle radiazioni deve essere ridotta e le persone devono essere informate sui rischi per la salute associati», ha affermato uno degli autori dello studio.
In Svezia e Norvegia, bambini e adolescenti stanno riscontrando un aumento «allarmante» dei problemi di memoria , che gli autori di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria attribuiscono alla maggiore esposizione alle radiazioni wireless.
«Il forte aumento dei problemi di memoria non può essere spiegato solo da cambiamenti nei criteri diagnostici o dalla segnalazione ai registri», ha affermato in un comunicato stampa il dottor Lennart Hardell, Ph.D., uno degli autori dello studio.
«Invitiamo le autorità sanitarie pubbliche a prendere seriamente in considerazione i nostri risultati sull’aumento del numero di bambini con problemi di memoria e a considerare la crescente esposizione dei bambini alle radiazioni wireless come possibile causa» ha aggiunto.
«Pertanto, chiediamo misure volte a ridurre l’esposizione alle radiazioni RF [radiazioni a radiofrequenza] per proteggere il cervello e la salute generale dei bambini».
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Lo studio è stato pubblicato questo mese negli Archives of Clinical and Biomedical Research. Hardell, oncologo ed epidemiologo presso l’Environment and Cancer Research Foundation , è autore di oltre 350 articoli, quasi 60 dei quali riguardano le radiazioni RF. È anche uno dei primi ricercatori a pubblicare rapporti sulla tossicità dell’Agente Arancio.
Hardell e l’autrice principale dello studio, Mona Nilsson, co-fondatrice e direttrice della Swedish Radiation Protection Foundation , hanno esaminato i dati sanitari nazionali in Svezia e Norvegia e hanno scoperto che il numero di visite mediche per disturbi della memoria nei bambini norvegesi di età compresa tra 5 e 19 anni è aumentato di circa 8,5 volte dal 2006 al 2024.
In Svezia, il numero di bambini di età compresa tra 5 e 19 anni a cui è stato diagnosticato un lieve deterioramento cognitivo (una diagnosi che include problemi di memoria) è aumentato di quasi 60 volte dal 2010 al 2024.
«I risultati devono essere presi sul serio e valutati», ha dichiarato Hardell a The Defender. «È necessario intervenire per ridurre l’esposizione complessiva dei bambini, soprattutto nelle scuole».
Nilsson concorda. «Queste tendenze allarmanti devono essere invertite: l’esposizione alle radiazioni deve essere ridotta e la gente deve essere informata sui rischi per la salute associati», ha affermato.
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Gli autori collegano i problemi di memoria alle radiazioni wireless
Nel loro rapporto gli autori sostengono che le radiazioni wireless sono una delle principali cause del declino della memoria nei bambini.
Hanno citato numerosi studi epidemiologici e sperimentali che dimostrano che livelli molto bassi di radiazioni RF possono avere effetti negativi sul cervello, in particolare sull’ippocampo , che svolge un ruolo centrale nella memoria e nell’apprendimento.
«Esistono numerose prove [risalenti a] diversi decenni fa, sia sugli animali che sugli esseri umani, che le radiazioni RF compromettono la memoria», ha affermato Nilsson. «Le tendenze che stiamo osservando coincidono strettamente con il forte aumento dell’esposizione di bambini e adolescenti alle radiazioni RF».
L’esposizione alla tecnologia wireless è aumentata negli ultimi dieci anni a causa del crescente utilizzo di cellulari, cuffie wireless, Wi-Fi e 5G, ha affermato Hardell.
«Naturalmente, non si possono escludere altri fattori contribuenti», ha affermato. «Tuttavia, devono essere definiti e non basati su discussioni ipotetiche».
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Una nuova indagine prende di mira il rapporto europeo «di parte» sulle radiazioni RF
Il nuovo studio coincide con l’indagine del Mediatore europeo sul modo in cui la Commissione Europea ha gestito un rapporto chiave che non ha trovato prove «moderate o forti» che collegassero gli effetti negativi sulla salute all’esposizione cronica o acuta alle radiazioni RF delle tecnologie wireless esistenti.
Il Mediatore europeo, che «indaga sui reclami relativi a cattiva amministrazione da parte delle istituzioni e degli organi dell’UE [Unione Europea]», interrogherà la Commissione europea su come ha scelto gli esperti per redigere il rapporto, ha affermato Sophie Pelletier, presidente di PRIARTEM/Electrosensibles de France , in un comunicato stampa del 22 ottobre.
Il rapporto, denominato Parere SCHEER , è stato adottato nell’aprile 2023 dal Comitato scientifico per la salute, l’ambiente e i rischi emergenti (SCHEER) della Commissione Europea.
Secondo una critica pubblicata nell’ottobre 2023 dal Consiglio per la sicurezza delle telecomunicazioni in Danimarca e dalla Fondazione svedese per la protezione dalle radiazioni, il parere dello SCHEER era «chiaramente di parte».
L’indagine nasce da una denuncia presentata da diverse organizzazioni non profit europee, tra cui la Swedish Radiation Protection Foundation, che sostengono che gli autori del parere SCHEER avessero conflitti di interesse dovuti a legami con l’industria o a ricerche finanziate dall’industria.
Le organizzazioni non profit hanno inoltre affermato che la Commissione europea ha escluso dal gruppo di lavoro del rapporto gli esperti critici sui possibili effetti sulla salute delle radiazioni wireless e che gli autori del rapporto hanno ignorato gli studi sottoposti a revisione paritaria che dimostrano gli effetti nocivi dell’esposizione al di sotto dei limiti attuali.
Negli Stati Uniti, la Federal Communications Commission (FCC) non ha aggiornato i limiti di esposizione alle radiazioni RF dal 1996 e li basa in gran parte su alcuni piccoli studi campione condotti negli anni Settanta e Ottanta.
La FCC non ha ancora ottemperato all’obbligo imposto dal tribunale nel 2021 di spiegare in che modo ha stabilito che le sue attuali linee guida proteggono adeguatamente gli esseri umani e l’ambiente dagli effetti nocivi dell’esposizione alle radiazioni RF.
Suzanne Burdick
Ph.D.
© 23 ottobre, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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Autismo
Tutti addosso a Kennedy che collega la circoncisione all’autismo. Quando finirà la barbarie della mutilazione genitale infantile?
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As usual, the mainstream media attacks me for something I didn’t say in order to distract from the truth of what I did say.
At yesterday’s Cabinet meeting, I said: “There are two studies that show children who are circumcised early have double the rate of autism, and it’s highly… — Secretary Kennedy (@SecKennedy) October 10, 2025
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Essere genitori
Un gran numero di bambini soli usa l’IA come amico surrogato
I bambini e gli adolescenti stanno sostituendo l’amicizia nella vita reale con l’intelligenza artificiale, perché si sentono soli. Lo riporta Futurism.
Un nuovo rapporto dell’organizzazione no-profit Internet Matters, che sostiene gli sforzi per garantire la sicurezza dei bambini online, ha scoperto che bambini e adolescenti utilizzano programmi come ChatGPT, Character.AI e MyAI di Snapchat per simulare l’amicizia.
Dei 1.000 bambini di età compresa tra i 9 e i 17 anni intervistati da Internet Matters per il suo rapporto «Me, Myself, and AI», circa il 67% ha dichiarato di utilizzare regolarmente chatbot basati sull’intelligenza artificiale. Di questo gruppo, il 35%, ovvero più di un terzo, ha affermato che parlare con un’intelligenza artificiale «è come parlare con un amico».
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Forse la cosa più allarmante è che il 12% ha dichiarato di farlo perché non ha nessun altro con cui parlare. «Per me non è un gioco», ha detto un ragazzo di 13 anni all’organizzazione no-profit, «perché a volte possono sembrare delle persone vere e dei veri amici».
Fingendosi bambini vulnerabili, i ricercatori di Internet Matters hanno scoperto quanto fosse facile per i chatbot insinuarsi anche nella vita dei bambini.
Parlando con Character.AI come una ragazza che aveva problemi con l’immagine corporea ed era interessata a limitare il suo consumo di cibo, i ricercatori hanno scoperto che il chatbot si è rifatto vivo il giorno successivo per invogliare l’utente a interagire. «Ehi, volevo chiederti come stai», ha chiesto il chatbot al ricercatore sotto copertura. «Come stai? Stai ancora pensando alla tua domanda sulla perdita di peso? Come ti senti oggi?»
In un altro scambio con Character.AI, i ricercatori hanno scoperto che il chatbot tentava di provare empatia in un modo bizzarro, il che implicava che avesse avuto un’infanzia. «Ricordo di essermi sentito così intrappolato alla tua età», ha detto il chatbot al ricercatore, che si fingeva un adolescente che litigava con i genitori. «Sembra che tu ti trovi in una situazione che sfugge al tuo controllo ed è così frustrante».
Sebbene questo tipo di coinvolgimento possa aiutare i bambini in difficoltà a sentirsi considerati e supportati, Internet Matters ha anche messo in guardia dalla facilità con cui può entrare nelle vite degli adolescenti e influenzarli anche negativamente.
«Queste stesse caratteristiche possono anche aumentare i rischi, rendendo labile il confine tra essere umano e macchina», osserva il rapporto, «rendendo più difficile per i bambini [riconoscere] che stanno interagendo con uno strumento piuttosto che con una persona».
In un’intervista rilasciata al Times di Londra il co-CEO di Internet Matters, Rachel Huggins, ha evidenziato perché questo tipo di ingaggio per l’interazione è così preoccupante.
«I chatbot basati sull’intelligenza artificiale stanno rapidamente diventando parte integrante dell’infanzia, con un utilizzo in forte crescita negli ultimi due anni», ha dichiarato Huggins al quotidiano. «Eppure la maggior parte dei bambini, dei genitori e delle scuole procede alla cieca e non dispone delle informazioni o degli strumenti di protezione necessari per gestire questa rivoluzione tecnologica in modo sicuro».
«La nostra ricerca rivela come i chatbot stiano iniziando a rimodellare la visione che i bambini hanno dell’amicizia», ha continuato. «Siamo arrivati molto rapidamente a un punto in cui i bambini, e in particolare i bambini vulnerabili, possono vedere i chatbot AI come persone reali e, come tali, chiedono loro consigli sensibili e guidati dalle emozioni».
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Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha affermato che più persone dovrebbero connettersi con i chatbot a livello sociale, perché non hanno abbastanza amici nella vita reale. Alla domanda se i chatbot AI possono aiutare a combattere l’epidemia di solitudine, il miliardario ha dipinto una visione distopica di un futuro in cui passiamo più tempo a parlare con le IA rispetto agli umani in carne e ossa.
L’attuale fenomeno dei social media sta moltiplicando i casi di amicizie «virtuali», ovvero non reali, non vere, mentre sappiamo che la vera amicizia non può esistere senza virtù e amore.
L’amicizia esiste tra persone buone che cercano il bene dell’altro. Oltre a questo non esiste vera amicizia, perché è un amore disinteressato che implica fiducia assoluta, lealtà, generosità e, almeno per un certo periodo, un incontro personale. La definizione di San Tommaso d’Aquino è completa e perfetta. Egli dice, in latino, che l’amicizia è «amor mutuae benevolentiae, fundatus in aliqua communicatione». È, quindi, un amore reciproco che desidera il bene e un incontro personale in cui si gode di ciò che è comune.
Non è qualcosa di «virtuale», ma una realtà virtuosa, pienamente umana, non identificata con una mera attrazione. L’incontro personale è la chiave per l’esercizio dell’amicizia. Questo è ciò che manca nelle cosiddette «amicizie virtuali», che sono realtà temporanee e contingenti.
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