Economia
Ingratitudine e faccia tosta: l’Italia sta continuando a importare gas dalla Russia
Hanno fatto scalpore le dichiarazioni dell’ex console russo a Milano, ora direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri di Mosca Aleksej Vladimirovic Paramonov, che ha detto che vi possono essere «conseguenze irreversibili» alle sanzioni italiane verso Mosca e ha definito il ministro della Difesa Lorenzo Guerini un «falco» antirusso, ricordandogli l’«assistenza significativa» fornita dalla Federazione russa nel coronavirus, richiestaa suo tempo anche dal Guerini.
L’intero arco costituzionale italiota – compresa la cosiddetta opposizione – abbaia pazzamente e fa quadrato attorno al ministro piddino.
Tuttavia è un altro il passaggio delle dichiarazioni di Paramonov che ci sembra interessante, e rivelatore di qualcosa che i giornali si guardano bene dal farci sapere: l’Italia sta tutt’ora importando gas dalla Russia.
Proprio così. E il Paramonov è stato piuttosto chiaro sull’argomento.
«Mosca non ha mai utilizzato le esportazioni di energia come strumento di pressione politica. Le compagnie energetiche russe hanno sempre adempiuto pienamente ai loro obblighi. Continuano a farlo anche adesso».
Tutto vero: il rispetto dei patti è un vanto della Russia. Di recente è stato fatto presente che anche nelle fasi più calde della Guerra Fredda (bei tempi…) i russi hanno sempre rispettato gli impegni. Anzi: ricordiamo che la presente guerra arriva proprio al momento di aprire il gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, osteggiato dagli USA in ogni modo possibile.
«Tenuto conto della significativa dipendenza di Roma dagli idrocarburi russi – ha continuato Paramonov – il rifiuto di meccanismi affidabili di trasporto dei vettori energetici sviluppatisi in molti decenni avrebbe conseguenza estremamente negative per l’economia italiana e per tutti gli italiani».
Ciò non è solo vero. È tragicamente vero.
Ad ogni modo, il lettore è dunque informato che il colosso energetico Gazprom sta ancora inviando gas attraverso… l’Ucraina.
Ma come? Putin non aveva chiuso i rubinetti? Il ministro dei «giri a vuoto per assaggiare piatti esotici» (copyright Lavrov) Giggino di Maio e l’ENI non stanno facendo il giro delle sette chiese (non quelle di Monselice, ma quelle algerine, qatarine, congolesi, angolesi) perché siamo a secco di energia?
Con evidenza, no.
Se perfino ora, mentre l’Italia sta incredibilmente armando l’Ucraina e imponendo sanzioni masochiste verso Mosca, i russi continuano a venderci il gas, significa che il problema energetico è innanzitutto una questione politica – un programma che va al di là delle contingenze perfino belliche.
Secondo dati SNAM, la Russia avrebbe inviato in Italia 55 milioni di metri cubi di gas, anche se la domanda sarebbe di 243 milioni. La situazione della Germania – legata mani e piedi al gas russo e già sull’orlo di blackout energetici – è ben più disperata della nostra.
Tuttavia, in questo contesto ci tocca di sopportare anche le pressioni dei Paesi (per esempio Francia e USA) che invece dal gas russo non dipendono, e che chiedono la cancellazione della Gazprombank (l’istituto bancario usato per i pagamenti del gas) dal circuito SWIFT – la sanzione definita la «bomba atomica finanziaria» – di modo da non rendere più possibile il pagamanto dell’energia.
Una parola sulla questione di onore personale che si è andati qui a toccare.
Paramonov, che parla perfettamente l’italiano, non è un diplomatico qualsiasi. Il 27 dicembre 2018 è stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica su proposta della presidenza del Consiglio. Come ringraziamento dello sforzo russo ai tempi dell’epidemia di coronavirus a Bergano, nel dicembre 2020 è stato insignito del titolo di Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia su proposta del ministro degli Esteri per « particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con l’Italia».
Ora i partiti italiani (tutti) chiedono la revoca delle onorificenze a Paramonov. Anche ad altri funzionari russi, dal premier Mikhail Mishustin al ministro dell’Industria e Commercio Estero Denis Manturov, sono stati revocati titoli elargiti loro dalla Repubblica Italiana.
Il rispetto («uvazhenie») è il fondamento morale di questi venti anni di Russia putiniana: un qualcosa che ha guidato visibilmente anche la politica estera.
L’onore è quindi qualcosa che i russi comprendono ancora molto bene. E gli italiani?
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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