Vaccini
Vaccini, aborti, cosmetici: parlano i Children of God for Life
Il mondo pro-life italiano, durante gli anni, si è sfaldato sempre di più allontanandosi dall’autenticità delle intenzioni. «Pro -life» in Italia è ormai uno slogan, un mondo fatto di associazioni e gruppi che non hanno più voglia – o forse non ne hanno mai avuta – di combattere per difendere la Vita in tutto e per tutto. Mentre da una parte si tentano di difendere i cosiddetti «principi non negoziabili», dall’altra non si ostacolano le voragini create dalla Cultura della Morte in campo bioetico e, oggi più che mai, nel campo delle biogenetica.
Non solo non le si ostacolano, ma a volte le si appoggiano anche.
Ben diverso pare ancora essere il mondo pro-life americano, dove si combattono battaglie che qui in Italia non sono nemmeno lontanamente pensate. È il caso dell’Associazione Children of God for Life, che da anni si batte su temi etici e morali, primo fra tutti, totalmente inesplorato (se non addirittura negato nelle file pro-vita italiane ), quello delle linee cellulari di feti abortiti utilizzate per produrre medicinali, in particolare vaccini, e altri prodotti di cosmesi.
Abbiamo intervistato la Dr.ssa Debi Vinnedge, Executive Director dell’Associazione – per saperne di più sul loro operato e su tutto ciò che riguarda il tema della cooperazione al male.
Signora Vinnedge, quando e come è nata la vostra associazione?
Children of God for Life è stata fondata nel 1999 con l’intento di informare il pubblico sulla ricerca di cellule staminali, embrionali e fetali, sull’uso di questo materiale nella produzione di vaccini, medicine e prodotti di consumo come la cosmesi.
«I vaccini sono richiesti negli Stati Uniti per frequentare la scuola, ma in 47 dei 50 stati, i genitori possono presentare esenzioni religiose per i loro figli e il diritto alla coscienza morale è sacro e riconosciuto»
Perché avete scelto il nome «Figli di Dio per la vita»?
Fin dall’inizio del mio lavoro, sapevo che Dio mi aveva chiamato a fare questo. Andavo alla Messa quotidiana e pregavo con fervore perché sapevo del compito grande che stavo per intraprendere; ma sapevo anche che con la grazia di Dio si poteva fare. «Tutti coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio». (Romani 8:14). Quelli che vogliono ascoltare, imparare e aiutarci nella lotta contro la ricerca sperimentale sui feti sono, come me, mossi dallo Spirito a farlo.
L’aggiunta di “for Life” significava due cose:
1) che siamo per la vita – siamo pro-vita
2) che siamo e saremo figli di Dio per sempre.
Nel concreto di cosa vi occupate?
Il nostro lavoro è quello di educare e informare il pubblico. Io viaggio a livello nazionale e in Canada per tenere conferenze a scopo divulgativo. Disponiamo inoltre di opuscoli che spiegano quali vaccini, medicinali e altri prodotti contengono materiale fetale abortito, fornendo negli stessi opuscoli le opzioni morali disponibili. Lavoriamo con la Catholic Medical Association e la nostra US Conference of Catholic Bishops per promuovere vaccini prodotti con criteri morali leciti, come il nuovo vaccino contro l’herpes zoster Shingrix. Incoraggiamo sia il clero che i laici – e in particolare i nostri medici – a scrivere alle aziende farmaceutiche, chiedendo loro di fornire opzioni moralmente lecite ai pazienti, ringraziandoli quando ciò viene reso possibile.
Quindi vi considerate a tutti gli effetti un’associazione pro-life?
Assolutamente! Siamo al 100% pro-life senza eccezioni, come lo sono tutti i membri del nostro consiglio.
«Attualmente si sta intensificando una grande protesta contro l’uso di materiale ottenuto da cellule di feti abortiti recentemente e impiegate dalle agenzie del governo federale per produrre topi con cellule umane»
Il tema delle linee cellulari di feti abortiti è un argomento conosciuto e dibattuto in America?
Certo. Attualmente, ad esempio, si sta intensificando una grande protesta contro l’uso di materiale ottenuto da cellule di feti abortiti recentemente e impiegate dalle agenzie del governo federale per produrre topi con cellule umane. Non solo: con il suddetto materiale testano anche vaccini e altre medicine. La nostra Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, insieme all’Associazione Medica Cattolica e ad oltre 50 leader pro-life, sta chiedendo al Congresso di porre fine a questa ingiustizia.
C’è un’obiezione di coscienza a questo problema?
In effetti è un grosso problema per le due parti coinvolte, cioè i medici e pazienti. I medici che non vogliono usare prodotti con materiale fetale abortito, e i pazienti che vogliono proteggere la loro salute ma non possono violare le loro convinzioni religiose, morali ed etiche profondamente radicate. I vaccini sono richiesti negli Stati Uniti per frequentare la scuola, ma in 47 dei 50 stati, i genitori possono presentare esenzioni religiose per i loro figli e il diritto alla coscienza morale è sacro e riconosciuto.
In Italia negano che alcuni vaccini siano prodotti con linee cellulari di feti abortiti. Nel corso degli anni avete raccolto materiale su questo?
Non tutti i vaccini sono prodotti usando cellule fetali abortite, ma in Italia molti lo sono. Ad esempio, non esiste un’alternativa morale per i vaccini MMR (morbillo, parotite, rosolia) o per l’epatite A in tutto il mondo, tranne che in Giappone. Non esiste alcuna alternativa morale in nessuna parte del mondo per la varicella e fino all’inizio di quest’anno, neanche nessuna opzione morale per l’herpes zoster era disponibile. La abbiamo ora negli Stati Uniti, in Canada e forse in alcune parti dell’Europa arriverà presto.
«Ci sono migliaia di linee cellulari fetali abortite che vengono immagazzinate e vendute attraverso società come American Type Cell Culture e Coriell Cell Repository per la ricerca e per le colture»
Quante linee derivate da feti abortiti volontariamente esistono ad oggi?
Ci sono migliaia di linee cellulari fetali abortite che vengono immagazzinate e vendute attraverso società come American Type Cell Culture e Coriell Cell Repository per la ricerca e per le colture. Quelle che vengono utilizzate per produrre vaccini e medicinali alcuni ancora in fase di sviluppo, ma la maggior parte già sul mercato sono 9: WI-26, WI-38, MRC-5, RA273, HEK-293, lambda.hE1, PER C6, Walvax 2 e PSP che viene utilizzato nelle creme per la pelle Neocutis.
E in quali vaccini sono presenti?
Questo può variare nei diversi paesi, ma i vaccini contenenti materiale fetale abortito negli Stati Uniti e in Canada sono: MMR, Varivax (varicella) Zostavax (fuoco di Sant’Antonio), Polio, Rabbia, Epatite-A (4 di questi), Vaiolo ed Ebola. Poi ci sono alcuni vaccini che si combinano con quanto sopra, come un morbillo-rosolia, parotite-rosolia, MMR + varicella (4 di questi), epatite-A + B, epatite-A più tifoidea, combinazioni di poliomielite come Pentacel, Quadracel , Infanrix-IPV-HiB. Inoltre ci sono molti altri medicinali che usano materiale fetale abortito come Adenovirus 4,7, Pulmozyme, Procrit, Epoetin alfa, Epogen, Aranesp, Darbepoetin alfa, Abciximab, rhFV1, Nuwiq, Eloctate, G-CSF ( per le gravi infezioni) – sono oltre 40 in totale.
Lo scandalo della Planned Parenthood ha a che fare, secondo lei, con tutta questa combinazione di morte e “ricerca”?
Solo nella misura in cui ha codificato tutto ciò che dicevamo da anni. Qui non si trattava solo di uno o due aborti (come qualcuno vuole far credere riferendosi sempre ai due casi degli anni ’60) : ce n’erano migliaia, e i tessuti e gli organi fetali sono stati voluti e ottenuti con il pieno intento di produrre vaccini – in molti casi gli aborti sono stati forzati come nella ricerca iniziale della poliomielite.
«Qui non si trattava solo di uno o due aborti (come qualcuno vuole far credere riferendosi sempre ai due casi degli anni ’60) : ce n’erano migliaia, e i tessuti e gli organi fetali sono stati voluti e ottenuti con il pieno intento di produrre vaccini – in molti casi gli aborti sono stati forzati come nella ricerca iniziale della poliomielite»
Ma la Chiesa, in particolare l’organo della Pontificia Accademia per la vita, ha affermato che non vi è alcun problema morale perché gli aborti sono stati fatti molti anni fa. Cosa ne pensate e come avete reagito a queste affermazioni?
In realtà non è quello che hanno detto nel 2005. La Pontificia Accademia per la Vita, in quel documento dichiarò i vari gradi di colpevolezza morale, osservando che gli abortisti, i ricercatori e le compagnie farmaceutiche che li hanno prodotti sono colpevoli di una cooperazione materiale diretta e formale con il male, che è illecita e peccaminosa. I gradi di cooperazione per medici e pazienti che avevano bisogno di usarli erano vari e complicati. Ecco cosa hanno dichiarato nel documento del 2005:
«Per quanto concerne chi ha la necessità di utilizzare tali vaccini per ragioni di salute, va precisato che, esclusa ogni c. formale, generalmente medici o genitori per i loro bambini che ricorrono all’uso di tali vaccini, pur conoscendone l’origine (l’aborto volontario), realizzano una forma di cooperazione materiale mediata molto remota, e quindi molto debole, rispetto alla produzione dell’aborto, e una cooperazione materiale mediata, rispetto alla commercializzazione di cellule procedenti da aborti, e immediata, rispetto alla commercializzazione dei vaccini prodotti con tali cellule. La cooperazione è più forte da parte delle autorità e dei sistemi sanitari nazionali che accettano l’uso dei vaccini.
Ma in questa situazione, più emergente è l’aspetto della c. passiva. Ai fedeli e ai cittadini di retta coscienza (padri famiglia, medici, ecc.) spetta di opporsi, anche con l’obiezione di coscienza, ai sempre più diffusi attentati contro la vita e alla “cultura della morte” che li sostiene. E da questo punto di vista, l’uso di vaccini la cui produzione è collegata all’aborto provocato costituisce almeno una cooperazione materiale passiva mediata remota all’aborto, e una cooperazione materiale passiva immediata alla loro commercializzazione. Inoltre, sul piano culturale, l’uso di tali vaccini contribuisce a creare un consenso sociale generalizzato all’operato delle industrie farmaceutiche che li producono in modo immorale».
Hanno poi continuato a parlare dei doveri di noi cattolici in questa materia:
«Pertanto, i medici e i padri di famiglia hanno il dovere di ricorrere a vaccini alternativi (se esistenti), esercitando ogni pressione sulle autorità politiche e sui sistemi sanitari affinché altri vaccini senza problemi morali siano disponibili. Essi dovrebbero invocare, se necessario, l’obiezione di coscienza rispetto all’uso di vaccini prodotti mediante ceppi cellulari di origine fetale umana abortiva.
Ugualmente dovrebbero opporsi con ogni mezzo (per iscritto, attraverso le diverse associazioni, i mass media, ecc.) ai vaccini che non hanno ancora alternative senza problemi morali, facendo pressione affinché vengano preparati vaccini alternativi non collegati a un aborto di feto umano e chiedendo un controllo legale rigoroso delle industrie farmaceutiche produttrici.
Per quanto riguarda le malattie contro le quali non ci sono ancora vaccini alternativi, disponibili, eticamente accettabili, è doveroso astenersi dall’usare questi vaccini solo se ciò può essere fatto senza far correre dei rischi di salute significativi ai bambini e, indirettamente, alla popolazione in generale».
Come può vedere non è un problema semplice, e certamente una parte di Chiesa lo ha preso molto seriamente, così come i nostri medici e tutti quelli che seguono Children of God for Life in questa opera di apostolato.
In America ci sono preti, vescovi o cardinali che sostengono la vostra battaglia bioetica?
Sì! Abbiamo avuto il pieno sostegno di numerosi membri del clero, tra cui cardinali e vescovi, molti dei quali mi hanno fatto parlare nelle loro parrocchie o in eventi pro-life su questo tema, nel tentativo di informare il pubblico e di unire le forze impegnandosi a fare pressione per ottenere alternative moralmente lecite.
Cambiamo argomento: come state vivendo le vicende sugli scandali degli abusi sessuali in America, a quanto pare coperti da così tante autorità ecclesiali?
Lo scandalo non ha colpito direttamente la nostra attuale diocesi, ma in passato ci sono stati problemi qui in Florida e negli Stati Uniti. I laici stanno alzando la voce chiedendo risposte e rimozioni di quei cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi. Anche i nostri buoni vescovi chiedono una riforma completa. C’è grande dolore e bisogno di una preghiera senza fine rispetto a queste gravi vicende.
Cosa ne pensa del memoriale di Mons. Viganò?
Anche se non conosco personalmente l’ex Nunzio, non ho motivo per dubitare della veridicità di ciò che ha detto e scritto. Lo ricordo e lo sostengo sempre nelle mie preghiere.
Grazie signora Vinnedge, per il tempo e la disponibilità. I migliori auguri per il vostro lavoro!
Cristiano Lugli
Intelligence
Il Congresso USA potrebbe costringere le agenzie di spionaggio a declassificare le prove sulle origini del COVID
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nascosto nel vasto National Defense Authorization Act per l’anno fiscale 2026, c’è un testo che richiede al direttore dell’intelligence nazionale di condurre una revisione di declassificazione con i responsabili delle agenzie di intelligence federali delle informazioni su coloro che hanno finanziato la ricerca sul coronavirus e su ciò che si sa sul rischioso lavoro di «acquisizione di funzione» svolto presso il Wuhan Institute of Virology.
Per quasi sei anni, la battaglia per scoprire cosa sanno realmente le agenzie di spionaggio statunitensi sulle origini del COVID-19 si è svolta nelle aule dei tribunali, nelle lunghe file del Freedom of Information Act (FOIA) e nei PDF pesantemente censurati.
Ora è inserito in un disegno di legge sulla difesa.
Nascosta nel vasto National Defense Authorization Act per l’anno fiscale 2026 c’è una disposizione breve ma incisiva: «Declassificazione dei dati di intelligence e ulteriori misure di trasparenza relative alla pandemia di COVID-19».
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Il testo chiave del disegno di legge, che sarà votato questa settimana alla Camera e al Senato, incarica il Direttore dell’intelligence nazionale (DNI) di condurre congiuntamente una revisione della declassificazione con i responsabili delle agenzie di intelligence federali su due fronti principali: informazioni sulla ricerca sul coronavirus nei laboratori cinesi, comprese informazioni su coloro che l’hanno finanziata e ciò che si sa sul rischioso lavoro di «acquisizione di funzione» svolto presso il Wuhan Institute of Virology (WIV), e informazioni sul controllo da parte di Pechino delle informazioni sulla pandemia, incluso il modo in cui i funzionari cinesi potrebbero aver bloccato, ritardato o plasmato le prime narrazioni sulle origini della pandemia e sulla sua diffusione iniziale.
La revisione della declassificazione deve essere effettuata entro 180 giorni dall’approvazione del disegno di legge.
Successivamente, il DNI deve «rendere pubblici i prodotti di Intelligence» identificati per la divulgazione, apportando solo le modifiche necessarie a proteggere le fonti e i metodi di intelligence, e che sono concordate con l’ agenzia da cui provengono i prodotti di Intelligence.
Il DNI deve inoltre presentare una versione non censurata dei prodotti di intelligence declassificati alle commissioni di intelligence del Congresso.
Scoprire cosa sa la comunità di intelligence statunitense su come è iniziata la pandemia potrebbe aiutare a definire tutto, dalla regolamentazione dei laboratori al modo in cui viene supervisionata la rischiosa ricerca virologica, fino alla serietà con cui i governi prendono la possibilità che la prossima epidemia possa iniziare dietro le porte chiuse di un laboratorio di ricerca.
Secondo alcuni esperti di biosicurezza, la divulgazione pubblica di tali informazioni potrebbe aiutare i decisori politici a stabilire quali misure di sicurezza adottare per impedire che si verifichi una prossima pandemia.
Per anni, organismi di controllo e redazioni hanno indagato sulle tracce lasciate dalla comunità dell’intelligence sulla pandemia, cercando cablogrammi, analisi genomiche, rapporti di allerta precoce e deliberazioni interne, tra una lista di documenti segreti. Hanno presentato richieste FOIA a quasi tutte le principali agenzie di intelligence, per poi seguire tali richieste fino ai tribunali federali, quando le agenzie hanno risposto con ritardi, smentite o pagine piene di omissioni.
Anche quando il Congresso approvò il COVID-19 Origin Act del 2023, ordinando al DNI di declassificare le informazioni sui possibili collegamenti tra il WIV e l’inizio della pandemia, il pubblico ottenne poco più di un breve riassunto dell’Office of the Director of National Intelligence (ODNI) che delineava la posizione di ciascuna agenzia di intelligence sulla questione.
Il rapporto li divideva in due schieramenti: la maggior parte delle agenzie sosteneva l’ipotesi di un’origine naturale, mentre altre erano favorevoli allo scenario secondo cui il SARS-CoV-2, il virus che ha causato la pandemia, sarebbe fuoriuscito da un laboratorio.
Ma le prove di base, le valutazioni, le email degli analisti e le analisi tecniche sono rimaste per lo più nascoste al pubblico.
Ora, con l’attesa proposta di legge sull’autorizzazione alla difesa, il Congresso è pronto a riprovarci, chiedendo alle agenzie di intelligence di rivelare pubblicamente ciò che sanno sull’inizio di una pandemia che, secondo alcune stime, ha ucciso più di 20 milioni di persone in tutto il mondo.
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Declassificazione delle registrazioni grezze
Il linguaggio operativo sulla declassificazione delle informazioni di Intelligence sulle origini del COVID-19 è contenuto in più di 2.200 pagine del disegno di legge, all’interno della sezione che stabilisce le regole e gli ordini di marcia per la comunità di intelligence degli Stati Uniti e dove il Congresso approva i budget per le spie, le politiche sull’intelligenza artificiale e le tutele dei whistleblower.
Quest’autunno, le commissioni di intelligence sia della Camera che del Senato hanno prodotto rispettivi progetti di legge di autorizzazione all’intelligence, che hanno elaborato gran parte del linguaggio che ora popola quella sezione nascosta nel disegno di legge sulla difesa.
Una delle principali differenze tra le due versioni iniziali era che la proposta della Camera conteneva una disposizione volta a garantire che l’ambito delle informazioni declassificate includesse «la possibilità di origini zoonotiche del COVID-19», una clausola che è sopravvissuta nel testo finale compromesso in vista delle votazioni in aula.
Ciò che non è sopravvissuto è stato l’obbligo, nella versione del Senato, di rendere pubblici al DNI «i nomi dei ricercatori che hanno condotto ricerche sui coronavirus, nonché le loro attuali sedi di lavoro».
La versione di compromesso che ora è pronta per l’adozione inasprisce anche l’obbligo di rendere pubblici i prodotti classificati delle agenzie di intelligence, anziché un rapporto su di essi, come inizialmente richiesto dal disegno di legge del Senato.
Ciò significa che il Congresso non chiede più un altro riassunto rifinito, ma chiede alla comunità dell’intelligence di tornare alla documentazione originale e decidere cosa può essere declassificato.
Finora, l’unica valutazione completa da parte di un elemento dell’intelligence statunitense ad essere resa pubblica è stata fatta all’inizio di quest’anno, quando l’organizzazione statunitense Right to Know ha estratto una valutazione genomica del SARS-CoV-2 risalente a cinque anni prima, preparata dal National Center for Medical Intelligence della Defense Intelligence Agency.
Ottenuta tramite una causa FOIA, l’analisi di giugno 2020 si è presentata sotto forma di una presentazione tecnica di diapositive preparata da tre scienziati governativi che hanno esaminato le caratteristiche genetiche del virus e hanno esposto le capacità di ricerca del WIV per concludere che era plausibile che il SARS-CoV-2 fosse «un virus progettato in laboratorio» che «è sfuggito al contenimento».
Questa opinione non è mai apparsa nel rapporto pubblico dell’ODNI ai sensi della legge del 2023, che si basava sui livelli di fiducia dell’agenzia e minimizzava l’idea che il SARS-CoV-2 potesse essere stato progettato. È rimasta invece in un canale riservato, accessibile ad alcuni decisori politici ma non al pubblico le cui vite sono state sconvolte dal virus.
L’ultima richiesta di declassificazione è, per molti versi, una risposta al divario tra ciò che esiste sulla carta e ciò che le persone esterne al sistema sono autorizzate a vedere.
E non è l’unica parte del disegno di legge che guarda agli insegnamenti tratti dalla pandemia.
Un’altra disposizione incarica il direttore dell’intelligence nazionale di stabilire una politica per «semplificare la declassificazione o il declassamento e la condivisione delle informazioni di intelligence relative agli sviluppi e alle minacce biotecnologiche», compresi gli sforzi da parte di avversari stranieri di trasformare la ricerca biologica in un’arma.
Rivolto a future pandemie e minacce biologiche, riecheggia la clausola COVID-19, secondo cui il Congresso vuole che queste informazioni vengano tenute meno segrete ai decisori politici e all’opinione pubblica.
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Arrivare a vedere le prove
A sei anni dai primi casi di Wuhan, le origini del COVID-19 restano incerte.
Sebbene all’inizio di quest’anno l’amministrazione Trump abbia creato una pagina web accattivante sul sito della Casa Bianca intitolata Lab Leak: The True Origins of COVID-19, non ha pubblicato alcuna nuova prova sostanziale che dimostri che il virus sia emerso da un laboratorio e la posizione ufficiale della comunità dell’Intelligence rimane quella secondo cui l’origine del COVID-19 è incerta e controversa.
Alcune agenzie propendono ancora per una ricaduta naturale, altre per un incidente di laboratorio, e molte si collocano a metà strada, esprimendo scarsa fiducia nelle proprie valutazioni.
Ma la questione non è più solo quale ipotesi vincerà. È se il pubblico avrà mai accesso alle prove e ai dibattiti che hanno plasmato quei giudizi interni. Tali informazioni potrebbero essere utili per elaborare nuove politiche in grado di prevenire la prossima pandemia, affermano alcuni esperti.
Delle oltre 200 richieste di accesso ai documenti pubblici presentate negli ultimi sei anni dall’organizzazione statunitense US Right to Know su questo argomento, decine sono ancora aperte presso le agenzie di intelligence statunitensi.
Diverse richieste hanno dato luogo a cause legali contro l’FBI, la CIA, la DIA, l’ODNI e il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Anche quando i giudici ordinano a queste agenzie di consegnare i documenti, molti di questi arrivano sepolti sotto censura.
Fino alla scorsa settimana, sette mesi dopo aver richiesto alla DIA la «valutazione più recente» sulle origini del COVID-19, l’agenzia ha prodotto solo 12 pagine. Inizialmente aveva affermato che non esistevano tali documenti. Solo dopo una causa legale ha restituito quelle 12 pagine, 11 delle quali sono così pesantemente censurate che non si riesce quasi a leggere nulla di sostanziale.
Lewis Kamb
Pubblicato originariamente da US Right to Know.
Lewis Kamb è un giornalista investigativo specializzato nell’uso delle leggi sulla libertà di informazione e dei registri pubblici per scoprire illeciti e chiamare i potenti a risponderne.
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Immagine di Ureem2805 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Il comitato consultivo del CDC vota per porre fine alla raccomandazione di vaccinare i neonati contro l’epatite B
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Vaccini
Uno studio minimizza il rischio di miocardite nei bambini a causa del vaccino COVID
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Questo mese, 22 scienziati britannici hanno pubblicato uno studio volto a tranquillizzare i genitori sui rischi del vaccino contro il COVID-19 e a spaventarli sui pericoli di contrarre il virus. Ma il modello di studio era imperfetto perché poneva la domanda sbagliata. E gli autori hanno nascosto nell’appendice prove che dimostravano che il rischio del vaccino superava quello del virus, pur affermando il contrario nel loro riassunto ampiamente pubblicizzato.
I lettori di The Defender sanno bene che i vaccini a mRNA contro il COVID-19 comportano un rischio di miocardite, soprattutto nei bambini. Ma potrebbero non sapere che la miocardite è solitamente invalidante in modo permanente e, negli adulti, spesso fatale entro cinque anni.
Purtroppo, ora stiamo anche scoprendo qual è l’evoluzione della miocardite nei bambini vaccinati.
Ciò ha rappresentato una battuta d’arresto nelle relazioni pubbliche per l’industria e i governi che hanno sostenuto, e talvolta imposto, che i bambini di età pari a 6 mesi ricevano i vaccini, nonostante il COVID-19 sia quasi sempre lieve o asintomatico nei giovani.
Questo mese, 22 scienziati britannici provenienti da prestigiose università hanno pubblicato uno studio volto a tranquillizzare i genitori sui rischi del vaccino e, allo stesso tempo, a spaventarli sui pericoli di contrarre il COVID-19.
Il messaggio è che sì, ci sono casi rari – usano sempre la parola «rari» – in cui i bambini contraggono la miocardite dopo la vaccinazione, ma ehi, nessun prodotto può essere perfetto. Ed è meglio rischiare con il vaccino che rischiare di contrarre il COVID-19. Inoltre, sostengono, i bambini hanno maggiori probabilità di contrarre la miocardite se contraggono il virus rispetto a quando contraggono la miocardite con il vaccino.
Questo è il messaggio, e gli autori e l’editore hanno l’autorità per diffonderlo ampiamente tramite comunicati stampa e titoli di giornale in Gran Bretagna e in America.
Ma cosa dice realmente lo studio? In breve, pone la domanda sbagliata e, nonostante ciò, la risposta che ottengono deve essere sepolta in appendice, perché incoerente con il messaggio che vogliono promuovere.
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Il riassunto dell’articolo ometteva prove del rischio del vaccino
Il disegno dello studio è profondamente compromesso perché i 22 autori hanno costruito un modello complicato per evitare di effettuare un confronto diretto (solo vaccino contro solo malattia).
E anche dopo aver falsificato i conti, anche dopo aver preso i dati di quasi 14 milioni di bambini e adolescenti sotto i 18 anni in Inghilterra, hanno ottenuto un risultato che è appena statisticamente significativo, con barre di errore sovrapposte per il rischio da COVID-19 e il rischio da vaccinazione.
La situazione peggiora. I risultati, che favorivano marginalmente la vaccinazione, furono annunciati in un riassunto in cima al documento e annunciati alla stampa.
Ma nascosta nell’appendice, pubblicata separatamente online, c’è una tabella che mostra una versione più pertinente del confronto.
La versione riportata nel riassunto si riferisce a un periodo iniziale in cui il vaccino non era disponibile. L’appendice mostra dati comparabili per il periodo in cui il vaccino era disponibile, limitatamente alle fasce d’età per le quali il vaccino era offerto.
Nell’appendice, il rischio di miocardite dovuto alla malattia è la metà di quello associato al vaccino. Ciò contraddice palesemente il riassunto e i titoli dell’articolo – e questa era una risposta alla versione ingannevole della domanda, non a quella più diretta a cui i ricercatori hanno scelto di non rispondere.
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Gli autori dello studio hanno posto la domanda sbagliata
La domanda più pertinente è semplice: i bambini vaccinati hanno avuto un’incidenza di miocardite più alta rispetto ai bambini non vaccinati?
È una domanda a cui è facile rispondere, dati i dati a cui questi autori (ma non il pubblico) avevano accesso. In pochi minuti, avrebbero potuto calcolare il tasso di miocardite tra i bambini vaccinati e non vaccinati.
Tuttavia, se hanno fatto il calcolo, non ne hanno riportato i risultati. Immagino che abbiano fatto il calcolo, ma non gli sia piaciuto quello che hanno visto, quindi non l’abbiano incluso nell’articolo pubblicato.
Come ho affermato sopra, credo che gli autori dello studio abbiano «posto la domanda sbagliata». Ciò che intendo dire è che l’articolo confronta il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dalla vaccinazione.
Ma questa non è la domanda più rilevante. Perché?
Poiché molte persone si sono vaccinate e poi hanno comunque contratto il COVID, sono state inutilmente esposte a entrambi i rischi.
Al contrario, molti bambini che non hanno ricevuto il vaccino non hanno contratto il COVID. Oppure, la loro forma è così lieve che non se ne accorgono nemmeno. Questi bambini hanno evitato entrambi i rischi.
Ecco perché confrontare il rischio di miocardite da COVID con il rischio derivante dal vaccino COVID non è la questione pertinente. Non è una questione di «o l’uno o l’altro».
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Gli autori hanno «confuso le acque» analizzando la miocardite nei bambini vaccinati e il virus
Il messaggio che gli autori volevano trasmettere era che, sebbene il vaccino aumentasse il rischio di miocardite, diminuiva il rischio di COVID e, poiché il COVID stesso può causare miocardite, il rischio totale è in realtà inferiore con la vaccinazione rispetto a senza.
Se questa è la loro affermazione, è facile stabilirne la veridicità. Il calcolo più semplice che avrebbero potuto fare con i dati a loro disposizione era anche il calcolo più pertinente a ciò che i genitori vogliono sapere: mio figlio sta meglio con o senza vaccino?
Gli autori hanno scelto di non fornirci una risposta semplice a questa domanda semplice.
Ma, dato che avevano posto la domanda sbagliata, avrebbero potuto ottenere una risposta chiara semplicemente confrontando il sottoinsieme di bambini che erano stati vaccinati ma non avevano mai contratto il COVID con il sottoinsieme che aveva contratto il COVID ma non era mai stato vaccinato.
Poiché lo studio ha incluso dati relativi a due anni di ricerche in tutto il Regno Unito, in queste sottocategorie sono stati inclusi centinaia di migliaia di bambini, più che sufficienti per effettuare un confronto statistico preciso.
Ma ancora una volta, gli autori hanno scelto di non farlo. O, secondo me, hanno fatto il confronto e non hanno gradito il risultato, quindi non l’hanno incluso nella pubblicazione.
Gli autori hanno invece analizzato la miocardite nell’ampio gruppo di bambini che avevano ricevuto sia il vaccino che la malattia. Questo ha reso le acque confuse perché non esiste un modo chiaro per determinare se sia stata la malattia o il vaccino a danneggiare il cuore del bambino.
Da qui il modello complicato, basato sulla tempistica.
La possibilità più plausibile è che i bambini che hanno contratto il COVID dopo la vaccinazione abbiano avuto il rischio cardiaco più elevato di tutti. Naturalmente, esiste la possibilità logica che i bambini che hanno contratto il COVID dopo la vaccinazione abbiano avuto una forma più lieve, con un rischio inferiore di miocardite.
Tuttavia, se questo fosse stato il risultato, credo che gli autori non solo lo avrebbero incluso, ma gli avrebbero anche dato un titolo.
Un’altra cosa: lo studio ha preso in considerazione solo il vaccino Pfizer. Si stima che il rischio di miocardite associato al vaccino Moderna sia tre volte superiore rispetto a quello Pfizer. Avevano i dati di Moderna e hanno scelto di non analizzarli.
Oppure l’hanno guardato, hanno deciso che non gli piaceva quello che avevano visto e hanno deciso di non segnalarlo.
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«Si tratta di pubbliche relazioni mascherate da scienza»
Quindi, riassumendo:
- Gli autori hanno posto una domanda complicata quando una semplice era più pertinente.
- Data questa domanda errata, non hanno effettuato l’analisi più diretta per rispondere.
- Ciononostante, hanno scoperto che il vaccino presentava un rischio di miocardite quasi doppio rispetto alla malattia. Questo risultato era riportato solo nella Tabella S16 dell’Appendice Supplementare, ma non era menzionato da nessuna parte nel corpo dell’articolo, né tantomeno nel riassunto in cima.
- E nonostante ciò hanno fatto annunci importanti al pubblico, sostenendo che il loro studio conferma che i bambini stanno meglio con il vaccino che senza.
Questa è solo una forma di pubbliche relazioni mascherata da scienza. Il fatto che un articolo come questo sia stato sottoposto a revisione paritaria e pubblicato in modo prominente sulla rivista medica più prestigiosa della Gran Bretagna ci dice quanto profondamente sia corrotto l’ecosistema della ricerca medica.
Ed è questa la «scienza» su cui si basa la Food and Drug Administration statunitense quando approva vaccini pericolosi per bambini sani che non corrono quasi alcun rischio a causa della malattia stessa.
Nella maggior parte degli articoli statistici, i dati grezzi utilizzati per uno studio sono pubblicati online e collegati in un’appendice all’articolo. Tuttavia, in questo caso, il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) del Regno Unito ha concesso l’accesso ai dati esclusivamente a questo prestigioso gruppo di scienziati.
Personalmente, vorrei vedere i dati grezzi ed eseguire l’analisi che i 22 scienziati avrebbero dovuto fare fin dall’inizio. Children’s Health Defense sta richiedendo l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Restate sintonizzati…
Dott. Josh Mitteldorf
© 3 dicembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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