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La CIA si è «vantata» di aver ingannato il Congresso nell’indagine su JFK
Alcuni funzionari della CIA avrebbero volutamente ingannato il Congresso statunitense nascondendo informazioni sui movimenti di Lee Harvey Oswald a Città del Messico poche settimane prima dell’assassinio del presidente John F. Kennedy, e uno di loro se ne sarebbe addirittura vantato. A dirlo è l’ex storico della CIA e del Dipartimento di Stato Thomas Pearcy, diventato «gola profonda». Lo riporta Axios.
Per oltre sessant’anni ricercatori e attivisti chiedono la declassificazione totale dei documenti sull’omicidio di JFK del 22 novembre 1963, mettendo in dubbio che l’Oswald abbia agito da solo o che sia stato davvero lui l’esecutore.
Pearcy sostiene di aver scoperto casualmente nel 2009, in una stanza protetta della CIA, un rapporto riservato dell’ispettore generale dell’agenzia: un’analisi interna sui danni d’immagine subiti dalla CIA dopo che la Commissione speciale della Camera sugli assassinii (HSCA), negli anni Settanta, aveva riaperto il caso concludendo che Kennedy era stato «probabilmente assassinato nell’ambito di una cospirazione», senza però riuscire a identificare i complici.
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Nel documento sarebbe contenuto un memorandum del 1978 in cui un agente della CIA si vantava con due colleghi di aver fornito al capo investigatore dell’HSCA, Robert Blakey, versioni censurate e manipolate dei file della stazione di Città del Messico relativi all’Oswaldo, che alla fine di settembre 1963 aveva cercato visti per Cuba e URSS presso le rispettive rappresentanze diplomatiche, sorvegliate dalla CIA.
Pearcy ricorda inoltre di aver visto riferimenti a foto, riprese e forse filmati etichettati «Oswald in Messico», materiale che l’agenzia ha sempre negato di possedere.
Con l’approssimarsi del 62° anniversario dell’assassinio, i ricercatori stanno facendo pressione sulla CIA affinché renda pubblico quel rapporto. Un portavoce dell’agenzia ha fatto sapere ad Axios che cercherà di recuperarlo.
Subito dopo il suo insediamento, il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per la completa declassificazione di tutti i file su JFK, che aveva promesso in campagna elettorale, includendo nella promessa anche i file sull’11 settembre e su Epstein. Visti gli ultimi sviluppi, questi due ultimi punti non sembrano essere stati mantenuti.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente aveva dichiarato anche l’intenzione di pubblicare i documenti riguardanti l’assassinio dell’attivista razziale protestante Martin Luther Kingo.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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J.D. Vance: la vittoria dell’Ucraina sulla Russia è una «fantasia»
Any Ukraine-Russia peace plan has to: 1) Stop the killing while preserving Ukrainian sovereignty. 2) Be acceptable to both Russia and Ukraine. 3) Maximize the chances the war doesn’t restart. Every criticism of the peace framework the administration is working on either…
— JD Vance (@JDVance) November 22, 2025
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Zelens’kyj rifiuta di licenziare l’influente capo di gabinetto Yermak
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha ribadito che non rimuoverà dal suo ruolo il capo di gabinetto Andrey Yermak, nonostante le crescenti pressioni da parte dei parlamentari, secondo quanto riferito giovedì dal quotidiano Hromadske citando una fonte anonima. Diversi deputati ucraini sostengono che Yermak potrebbe essere coinvolto nel recente sistema di corruzione emerso nel settore energetico del Paese.
In un articolo di giovedì, Hromadske ha riportato le parole di una fonte anonima secondo cui Zelens’kyj avrebbe respinto le richieste di licenziamento del suo fedelissimo durante un incontro con i parlamentari del suo partito Servitore del Popolo, tenutosi nella stessa giornata.
Diversi legislatori, sia di opposizione sia della formazione di Zelens’kyj , hanno invitato il leader a esonerare Yermak.
In precedenza, i media ucraini avevano parlato di una vera «rivolta» su larga scala in Parlamento. La testata Ukrainskaya Pravda aveva indicato che numerose figure di spicco vicine a Zelens’kyj spingevano per la rimozione di Yermak, citando una fonte anonima che affermava: «è più facile elencare i parlamentari che non chiedono le sue dimissioni».
Il deputato dell’opposizione Oleksiy Goncharenko ha dichiarato che i membri del Servitore del Popolo hanno lanciato un ultimatum a Zelens’kyj: Yermak deve lasciare, altrimenti abbandoneranno il partito.
In un video diffuso lunedì, il deputato dell’opposizione Yaroslav Zheleznyak ha rivelato che Yermak figura tra le persone intercettate dall’Ufficio nazionale anticorruzione (NABU) nelle indagini sul sistema di corruzione a Energoatom. Secondo Zheleznyak, l’individuo indicato come «Ali Baba» nelle registrazioni è proprio Yermak, che «era pienamente consapevole» del piano.
All’inizio di questo mese, il NABU ha accusato Timur Mindich – ex socio d’affari di Zelens’kyj – di aver guidato l’operazione, esercitando pressioni sugli appaltatori per ottenere una quota dei fondi contrattuali. Mindich è riuscito a fuggire prima dell’arresto.
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Mercoledì il Parlamento ucraino ha approvato il licenziamento del ministro dell’Energia Svetlana Grinchuk e del ministro della Giustizia German Galushchenko, entrambi invischiati nello scandalo.
Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha liquidato la leadership ucraina come una «banda criminale che detiene il potere per l’arricchimento personale… e non si preoccupa del destino della gente comune in Ucraina o dei soldati semplici».
Come riportato da Renovatio 21, a giugno un gran numero di funzionari statunitensi, da Capitol Hill all’amministrazione del presidente Donald Trump, aveva fatto emergere una profonda frustrazione nei confronti dello Yermak. Secondo dieci persone a conoscenza delle sue interazioni che hanno parlato con Politico, le ripetute visite dello Yermak a Washington dopo l’escalation del conflitto tra Russia e Ucraina nel 2022 sono state considerate sempre più improduttive e persino controproducenti.
I funzionari statunitensi hanno descritto Yermak come «abrasivo», incline a insistere su richieste poco chiare e «disinformato» sulla realtà della politica statunitense. Il suo ultimo viaggio a Washington, all’inizio di questo mese, ha incluso briefing scarsamente frequentati, cancellazioni dell’ultimo minuto – tra cui quella con il Segretario di Stato Marco Rubio – e confusione tra i collaboratori riguardo allo scopo della sua visita in città.
Come riportato da Renovatio 21, il nome dello Yermacco era ricorso anche in dichiarazioni infastidite da parte del ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, che in un’intervista dello scorso dicembre all’emittente pubblica Kossuth Radio aveva dichiarato di essersi rivolto al ministro degli Esteri ucraino Andrey Sibiga e allo Yermak, chiedendo l’autorizzazione per una conversazione telefonica tra Orban e il leader ucraino.
«In un gesto che non ha precedenti nella diplomazia», la richiesta è stata respinta in modo «un po’ forzato», ha detto Szijjarto, come riportato dal quotidiano Magyar Nemzet. Il massimo diplomatico ungherese non ha fornito dettagli sulla formulazione esatta usata dalle autorità di Kiev.
Nel giugno 2024 diversi funzionari ucraini si erano lamentati con il quotidiano britannico The Times del crescente potere del capo dello staff Yermak, che secondo loro di fatto governa l’Ucraina. «L’autorità di Yermak ha superato quella di tutti i funzionari eletti dell’Ucraina, escluso il presidente», ha scritto il Times. «Alcune fonti sono arrivate al punto di descriverlo come il “capo di Stato de facto” o il “vicepresidente dell’Ucraina” in una serie di interviste».
Lo Yermak, era stato indicato dai servizi russi come uno dei possibili rimpiazzo dell’attuale presidente ucraino voluto dall’Occidente.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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