Politica
Condannato in primo grado il figlio di Grillo. Per il misfatto che corse con il fatale cambiamento di governo 2019

Il figlio del fondare del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo, Ciro Grillo è stato condannato con i suoi amici per stupro in un processo che va avanti da più di un lustro.
Il processo per il presunto stupro di gruppo su due giovani donne, avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 a Porto Cervo, si è concluso con la condanna di tutti e quattro gli imputati. Il Tribunale di Tempio Pausania, presieduto dal giudice Marco Contu, dopo tre ore di camera di consiglio, ha emesso una sentenza 8 anni di carcere per Ciro Grillo, figlio del fondatore del M5S e due amici, mentre 6 anni e 6 mesi per un quarto ragazzo.
Nessuno degli imputati era presente in aula, così come la principale accusatrice, una studentessa italo-norvegese di 19 anni all’epoca dei fatti.
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I fatti si sono verificati nella villa di vacanza della famiglia Grillo, in Costa Smeralda, presso un lussuoso residence chiamato Pevero Golf.
All’epoca, sia gli imputati che le vittime avevano 19 anni. Secondo l’accusa, i quattro giovani avrebbero compiuto uno stupro di gruppo ai danni della ragazza, che avrebbe subito una violenza sessuale da uno degli amici prima dell’aggressione collettiva. La ragazza ha sempre sostenuto di essere stata violentata inizialmente da uno degli amici di Grillo e successivamente anche dagli altri.
L’amica della ragazza ha denunciato abusi da parte di tre degli imputati (escluso il primo) diverse settimane dopo i fatti. Gli abusi subiti dalla seconda vittima consistono in foto e un video a sfondo sessuale, girati dai tre mentre dormiva su un divano. Le immagini sono state ritrovate dagli inquirenti nei telefoni degli imputati, e la seconda ha scoperto di essere stata vittima solo quando è stata contattata dalle autorità, non essendosi accorta di nulla al momento dei fatti. Degno di nota il fatto che, a quanto ci è dato di vedere, dei filmati della notte brava esistono degli screenshot (così almeno sembra da Dagospia) ma non le versioni integrali, nemmeno censurate, che a quanto sembra, per una volta, non hanno saputo «uscire» dalla procura.
Tuttavia un video lo fece Beppe Grillo in persona, che nell’aprile 2019 si filmò, a metà tra un uomo irato e un padre disperato, mentre attaccava la situazione chiedendo addirittura di essere arrestato lui.
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«Mio figlio è su tutti i giornali come uno stupratore seriale, insieme ad altri tre ragazzi» dice il comico fondatore di quello che è stato il primo partito politico italiano per voti (in ispecie a Sud).
«Perché non sono stati arrestati? Ce li avrei portati io in galera, a calci nel culo… perché vi siete resi conto che non è vero niente» continuava urlando il Grillo battendo le mani sui tavoli. «Perché una persona viene stuprata alla mattina, al pomeriggio va in kite-surf… otto giorno dopo fa la denuncia… vi è sembrato strano? Bene vi è sembrato strano – è strano» grida, divenendo paonazzo in volto. Si tratta di uno degli argomenti circolanti riguardo l’attendibilità della ragazza, cui con evidenza il tribunale ha dissentito.
Grillo faceva poi riferimento al video della serata. «C’è tutto il video, passaggio per passaggio… si vede che c’è la consenzienzietà [sic], si vede che c’è il gruppo che ride, che sono ragazzi di 19 anni, che si stanno divertendo, che sono in mutande, che sono in mutande e saltellano, con il (…) così perché sono quattro coglioni non quattro stupratori».
«Io sono stufo perché sono due anni… e se dovete arrestare mio figlio perché non ha fatto niente allora arrestate me, perché ci vado io in galera».
La sfuriata del potente comico sollevò polemiche, considerando il peso politico – all’epoca il M5S era partito di governo – che la figura poteva avere allora.
Il Corriere della Sera oggi parla con una fonte che assicura che Beppe e Parvin [moglie di origine iraniana di Grillo e madre di Ciro, sempre, con una certa eleganza, lontana dai riflettori, ndr] erano preoccupati per una possibile sentenza dura. Un’eventualità che ovviamente scongiuravano. Loro credono e hanno sempre creduto nell’innocenza di Ciro».
Ciro Grillo, già campione italiano di Savate (la boxe francese, che prevede anche l’uso di calci), laureatosi a pieni voti in giurisprudenza e attualmente avvocato praticante a Genova, in una dichiarazione spontanea ha detto che a dicembre diverrà padre. La prospettiva aggiunge dolore alla situazione: assieme ad altri due amici è stato condannato a otto anni di carcere (il quarto ha preso sei anni e mezzo), ben oltre i due anni per cui scatta la condizionale.
In Italia, il reato di violenza sessuale (comunemente chiamato stupro) è previsto dall’articolo 609-bis del Codice Penale e prevede una pena principale della reclusione da sei a dodici anni. Quindi, questa condanna a 8 anni si presenterebbe come nel mezzo tra la minima e la massima comminabile. La pena si applica a chi, con violenza, minaccia o abuso d’autorità, costringe qualcuno a compiere o subire atti sessuali. La pena può essere aumentata in presenza di aggravanti, come la violenza di gruppo, mentre può essere diminuita nei casi di minore gravità.
È difficile non empatizzare con il sentimento paterno di Grillo, specie riguardando il video qui sopra. Tuttavia va anche detto che dei genitori della ragazza, apparsi solo in articoli e rarissime interviste, non è ci è data possibilità di fare altrettanto, vista la totale mancanza di foto e pubblicità. Chi ha un figlio e una figlia può solo immaginare un simile incubo capitare a uno o all’altra, e a tutta la famiglia.
Tuttavia, non è su questa storia comunque tragica – per la quale molti hanno smesso di accorparsi in tifoserie abbastanza presto – che vogliamo soffermarci, ma sulla sua presenza all’interno della storia politica italiana.
Nelle stesse ore in cui si consumava il fatto, per una coincidenza davvero significativa, era entrato in crisi il governo gialloverde. Salvini, forte di una percentuale di voti del 34% dei voti italiani alle elezioni europee di poche settimane prima — quando aveva messo in fila, sun un palco sotto la Madonnina del Duomo di Milano, ogni singolo leader populista europeo, da Marine Le Pen in giù – chiedeva più poteri alla Lega, mentre crescevano all’interno dei membri del Carroccio impegnati nell’esecutivo la frustrazione nei confronti del premier Giuseppe Conte.
Ricorderete, erano i giorni del Papeete, con Salvini a petto nudo in consolle con il DJ della spiaggia di Milano Marittima. La crisi di governo scopperà ad agosto e farà cadere il Conte I. Secondo i probabili calcoli di Salvini, la caduta dell’esecutivo avrebbe dovuto portare al voto, dove la Lega avrebbe raccolto un plebiscito. Le cose andarono in maniera molto differente.
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La stampa nazionale, praticamente quasi nelle stesse ore in cui accadeva la vicenda di Ciro e amici in Sardegna, rilanciava uno scoop del quotidiano Il Tirreno che parlava di una riunione segreta dei vertici del M5S a Bibbona, nella villa al mare di Grillo – oggi oggetto di polemica per la concessione di un arenile privato sulla spiaggia.
«Porta chiusa a un ritorno con Salvini e con la Lega e addio alla maggioranza gialloverde. Beppe Grillo, a due giorni dal discorso in aula del premier Conte, ha tenuto nella sua villa a Marina di Bibbona (Livorno) un vertice con Roberto Fico e Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio» riportava Repubblica il 18 luglio.
Finito il meeting, il Movimento aveva diramato una nota: «Tutti i presenti, si legge in una nota, si sono ritrovati compatti nel definire Salvini un interlocutore non più credibile. Prima la sua mossa di staccare la spina al governo del cambiamento l’8 agosto tra un mojito e un tuffo. Poi questa vergognosa retromarcia in cui tenta di dettare condizioni senza alcuna credibilità, fanno di lui un interlocutore inaffidabile, dispiace per il gruppo parlamentare della Lega con cui è stato fatto un buon lavoro in questi 14 mesi».
Sappiamo che pochi giorni dopo sarebbe arrivata la denuncia ai carabinieri della compagnia Duomo di Milano della ragazza contro il figlio di Grillo è compagnia: era il 6 agosto. Proprio a ridosso del fatidico 8 agosto.
Accade quindi l’impensabile: il M5S, contrariamente al progetto di Salvini di andare ad elezioni, si allea con il PD e forma una nuova maggioranza. Il fatto è clamoroso: tanto per ricordare, sempre il 18 luglio 2019 il ministro dello Sviluppo Economico M5S Luigi Di Maio aveva provlamato in video che «con il partito di Bibbiano non ci voglio avere nulla a che fare. Con il partito che in Emilia-Romagna toglieva le famiglie ai bambini con l’elettroshock per venderseli, io non voglio avere nulla a che fare».
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L’onorevole Giggino confondeva, come molti all’epoca, l’elettroshock con la terapia antitraumatica EMDR, che aveva comunque all’epoca sollevato controversia.
E invece: il M5S in quelle settimane decisive si alleò esattamente con il PD, dando vita al Conte-bis. Non solo è tenuto in piedi Giuseppe Conte come presidente del Consiglio, ma Di Maio viene «promosso» a minsitro degli Esteri, ruolo per cui sarà preso in giro dai russi davanti ai discorsi fatti a ridosso dello scoppio della guerra ucraina.
Ulteriormente, era conservata tale e quale la posizione del guardasigilli, che restava Alfonso Bonafede, detto DJ Fofo: il ministero della Giustizia, quindi, restava ai pentastellati.
All’esplodere del caso dello stupro in Costa Smeralda, si sprecarono le illazioni, di cui si fece campione l’inesausto Vittorio Sgarbi. In Parlamento, a seguito delle dichiarazioni programmatiche del primo ministro Conte il 9 settembre 2019, il critico d’arte fa insinuazioni tremende: «È tempo di grandi padri, di elevati maestri, ed ecco il Governo Grillo-Renzi. Eppure quando il figlio fu accusato del delitto Montesi il padre, il Ministro degli esteri Attilio Piccioni, si dimise; quando il figlio dell’elevato Grillo è stato accusato di stupro, Grillo ha fatto Di Maio Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, cercando la copertura del PD che controlla i giudici, vedi il caso Palamara».
Il riferimento è al caso Montesi (1953), quando venne trovata annegata la 21enne Wilma Montesi, una bella ragazza di Roma il cui caso era stato chiuso con la spiegazione di un malore a seguito di un pediluvio in mare. La stampa non accettò e si cominciò a parlare di complotto di copertura di potenti personaggi che sarebbero stati implicati. Fu messo alla gogna mediatica il giovane jazzista Piero Piccioni, conosciuto anche come Piero Morgan e noto per le sue colonne sonore dei film di Alberto Sordi, il cui padre, Attilio Piccioni, era vicepremier e ministro degli Esteri, nonché tra i massimi esponenti della DC: a causa dello scandalo, che aveva portato in carcere a Regina Coeli il figlio poi scagionato completamente, si dimise da ogni carica. Il caso Montesi rimane irrisolto.
Le medesime storie, coperto dall’immnunità parlamentare, lo Sgarbi va ripetendole alla TV nazionale. «Sono in rapporti stretti con grillini a cui Grillo avrebbe confessato che il suo unico problema in quel momento era tutelare il figlio» dice Sgarbi nella trasmissione di La7 di Giletti, lamentando di non poterne parlare in nessun altro talk show.
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Sono illazioni terrificanti, che all’epoca magari circolavano, ma che Sgarbi era piuttosto solo ad esprimere.
Rammentiamo la profezia di Sgarbi, che nel 2021 condannò il video di difesa pubblicato dal Grillo (quello dell’«arrestate me»), dicendo che ora il figlio dovrà ringraziare il padre «per il rinvio a giudizio e per la condanna che avrà». «Se c’era un 10% di possibilità che l’indagine fosse archiviata, l’intervento superbo di Grillo ha dato ai magistrati lo spunto per il rinvio a giudizio» procede Sgarbi, ripreso dall’agenzia Adnkronos e dalla stampa nazionale. «L’accelerazione per il rinvio a giudizio si deve a Grillo» spiegava il deputato. «Essendo stato sempre amico dei magistrati ha pensato di fare l’intervento più utile. I magistrati potevano anche archiviare, qualche possibilità c’era, così per fare perfetta chiarezza grazie all’intervento di Grillo sono stati rinviati a giudizio».
«È anche vero che con un rinvio a giudizio per un reato di quel genere la condanna è certa» vaticinava lo Sgarbi. Il margine che, nella società Me Too, una donna abbia mentito se anche fosse reale, verrebbe annullato dallo spirito dei tempi. Anche se le donne fossero state consenzienti, cosa che peraltro non credo, il tempo è tale che loro verrebbero condannati lo stesso. Qualunque cosa venga fuori le ragazze risulteranno delle vittime anche se fossero state consenzienti. Perché il consenso sarebbe stato estorto con l’ubriachezza o con la droga»
«Saranno condannati sia che siano colpevoli, come io credo, sia che siano stati semplicemente travolti da una situazione equivoca come dice Grillo. Non esiste alcuna possibilità che siano assolti».
Parrebbe che lo Sgarbi, almeno su quest’ultimo punto, abbia avuto ragione, ma non è nemmeno questo il dato che ci deve interessare. È l’ipotesi di una qualche influenza del misfatto sulla creazione del Conte-bis.
Dobbiamo guardare a quanto è successo pochi mesi dopo: il mondo va in lockdown, l’Italia viene sequestrata prima, e poi obbligata al siero genico sperimentale fatto con aborti, da un governo a trazione grillina. Ad affrontare il momento fatale l’Italia si ritrova con il PD (ricordate un nome: Roberto Speranza) più la banda dei grillini di governo. La ricetta giusta, uno pensa, per la devastazione infinita che abbiamo subito.
Qualcuno può pensare: una storia torbida di ragazzi può aver partorito l’era dei DPCM di Conte, e tutta la devastazione – economica, sociale, politica, spirituale, biologica – che ne è derivata?
Il dolore di Grillo padre, può aver partecipato alla catastrofe umana della tirannide pandemica innescata in Italia e non ancora fermatasi?
Roberto Dal Bosco
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Immagine di Giovanni Favia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Politica
L’ex presidente congolese Kabila condannato a morte in contumacia

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Politica
Lavrov accusa: le elezioni in Moldavia segnate dai brogli

Le elezioni parlamentari di domenica in Moldavia, in cui il partito filo-UE PAS ha conquistato una maggioranza risicata, sono state segnate da evidenti «frodi» e manipolazioni, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
Il PAS, guidato dalla presidente Maia Sandu, orientata verso l’Occidente, ha ottenuto il 50,2% dei voti, seguito a ruota dalle opposizioni con il 49,8%. L’alleanza Blocco Elettorale Patriottico, favorevole a un rafforzamento dei legami con la Russia e alla neutralità costituzionale, si è piazzata seconda con il 24,2%.
Tuttavia, il processo elettorale è stato compromesso da un accesso al voto disuguale. In Russia, dove risiede una delle più grandi comunità della diaspora moldava al mondo (fino a 500.000 persone), sono stati aperti solo due seggi, con un totale di circa 4.100 voti espressi. Al contrario, in Italia – dove la diaspora moldava è generalmente più pro-europea – sono stati inaugurati decine di seggi, permettendo a migliaia di persone di votare.
Parlando con i giornalisti martedì dopo il forum del Valdai Club, Lavrov ha descritto le elezioni come un ulteriore passo nella trasformazione dell’ex repubblica sovietica in un avamposto anti-russo.
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«Sandu è da tempo una delle principali promotrici della retorica anti-russa. Queste elezioni sono state una frode», ha accusato il ministro, esprimendo stupore per quanto apertamente la Moldavia abbia «manipolato» i voti.
Lavrov ha denunciato che le autorità moldave hanno ostacolato il voto dei residenti della Transnistria chiudendo i ponti di accesso. La Transnistria, regione separatista nata dal collasso dell’Unione Sovietica nei primi anni ’90, non è mai stata riconosciuta da Chișinău, che tentò di reintegrarla con la forza nel 1992.
Da allora, il conflitto rimane congelato, e molti abitanti della Transnistria possiedono la cittadinanza moldava e il diritto di voto. La regione riveste un’importanza cruciale per l’economia moldava.
«Nonostante le manipolazioni, non tutti sono riusciti a votare, ma l’opposizione patriottica ha comunque ottenuto più voti in Moldavia rispetto al partito di Maia Sandu», ha osservato Lavrov. «Con questi metodi “legali”, non se la cavano granché bene».
Nel frattempo, i rappresentanti dell’UE hanno ignorato le numerose denunce di irregolarità e le proteste sull’accesso disuguale ai seggi, con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che ha celebrato la scelta della Moldavia per «Europa, democrazia e libertà».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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