Politica
«Col c***o». Hunter Biden si rifiuta di scusarsi per aver affermato che Epstein ha presentato Melania a Trump

Melania Trump ha chiesto a Hunter Biden di ritrattare i commenti che la collegano al molestatore sessuale Jeffrey Epstein e ha minacciato di fargli causa per un miliardo di dollari se non lo farà.
Le dichiarazioni erano false, diffamatorie ed «estremamente oscene», ha dichiarato l’avvocato di Melania Trump, Alejandro Brito, in una lettera a Biden. Le dichiarazioni di Biden sono state ampiamente diffuse sui social media e riportate dai media di tutto il mondo, causando alla first lady «un enorme danno finanziario e reputazionale», ha aggiunto.
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Biden ha rilasciato le dichiarazioni su Epstein durante una lunga intervista con il giornalista statunitense Andrew Callaghan, in cui ha attaccato duramente le «élite» e altri esponenti del partito democratico che, a suo dire, avevano indebolito suo padre prima che abbandonasse la campagna presidenziale dell’anno scorso.
«Epstein ha presentato Melania a Trump. I legami sono, tipo, così ampi e profondi», ha detto Biden in uno dei commenti che la first lady contesta. Hunter ha attribuito l’affermazione allo scrittore Michael Wolff. Donald Trump ha accusato Wolff di inventare storie per vendere libri.
Spezzoni visibili su YouTube del discorso Wolff – autore del libro sulla prima amministrazione Fire and Fury, contenente, secondo l’entourage di Trump, tante invenzioni – sembrano indicare che il reporter non dica direttamente che Epstein ha presentato Melania a Donald, ma che, facendo la modella, facesse parte di un «giro» attiguo. Il Wolff aveva pure scritto che «Epstein ha affermato che la prima volta che Donald Trump e Melania hanno fatto sesso è stato sul suo aereo, quindi questa è un’altra dimensione complicata della questione».
Secondo una vulgata arrivata ai media, a presentare Melania (che è italofona) e Trump sarebbe stato, durante la settimana della moda di Nuova York del 1998, Paolo Zampolli, già manager delle mannequin residente alla Trump Tower, ora nominato «inviato speciale» USA in Italia.
In passato Melania si era rivolta al giudice per altre voci diffamanti: nel 2016 aveva denunciato lo scrittore e ricercatore politico, già penna per le pubblicazioni del gruppo di Lyndon, Larouche, Webster Tarpley, nome noto anche da noi: italofono anche lui, si è occupato del caso Moro e del terrorismo degli anni di piombo. Il Tarpley aveva riportato pesanti insinuazioni sul conto della First Lady, scrive Politico.
«Il 2 agosto 2016 ho pubblicato un articolo su Melania Trump, pieno di dichiarazioni false e diffamatorie nei suoi confronti», si leggeva nella dichiarazione di Tarpley. «Non avevo alcuna base di fatto legittima per rilasciare queste false dichiarazioni e le ritratto integralmente. Riconosco che queste false dichiarazioni sono state molto dannose e dolorose per la signora Trump e la sua famiglia, e pertanto mi scuso sinceramente con la signora Trump, suo figlio, suo marito e i suoi genitori per aver rilasciato queste false dichiarazioni».
Nel febbraio 2017 si raggiunse un accordo: secondo una dichiarazione degli avvocati di Trump, Tarpley ha accettato di pagare una «somma considerevole» e ha rilasciato una dichiarazione di scuse alla first lady e alla sua famiglia. Tarpley, che frequentava ampiamente gli ambienti della controinformazione – in primis come continuo ospito delle trasmissioni di Infowars di Alex Jones – pagò la sua opposizione a Trump con una certa sparizione dai radar della scena giornalistico-mediatica.
Tornando al caso presente, Hunter Biden ha risposto alla causa giovedì, parlando nuovamente con Callaghan, questa volta da un luogo di vacanza, e di fatto ha ribadito la sua affermazione infondata.
Alla domanda se volesse scusarsi, Biden ha risposto : «Ehm, col cazzo [«fuck that»], non succederà». «Ciò che ho detto è ciò che ho sentito e visto, riportato e scritto principalmente da Michael Wolff, ma anche risalente al 2019». Il Biden jr. ha citato diverse pubblicazioni, tra cui il New York Times e Vanity Fair, come fonti delle sue informazioni.
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Le minacce della FLOTUS riecheggiano una strategia preferita dal marito, che ha fatto ricorso in modo aggressivo alle vie legali per perseguire i critici. Personaggi pubblici come i Trump devono affrontare un’asticella molto alta per vincere una causa per diffamazione.
Anche il presidente ha risposto alla questione, accusando Biden di aver inventato storie per denigrare la first lady. Giovedì mattina Trump ha dichiarato al conduttore radiofonico di Fox News, Brian Kilmeade, di averla incoraggiata a fare causa.
«Ho detto di andare avanti. Sai, ultimamente me la sono cavata piuttosto bene con queste cause legali… e Jeffrey Epstein non ha nulla a che fare con Melania e la presentazione», ha detto il POTUS a Kilmeade. «Ma lo fanno per umiliare, inventano storie. Voglio dire, posso raccontarti esattamente com’è andata, e in realtà era un’altra persona… ma non era Jeffrey Epstein. Le ho detto di farlo». Trump ha quindi dichiarato che preferirebbe che la First Lady si avvalesse dei suoi avvocati.
In rete ora molti sostengono che si tratti di pura hybris da parte di Hunter Biden, il quale è riuscito a farla franca in tutti i suoi tanti processi, inclusi quelli futuri: come noto, è stato recipiente, con Fauci e altre figure del Deep State para-democratico, della grottesca «grazia preventiva» assegnata nelle ultime orea della presidenza Biden.
Come riportato da Renovatio 21, Hunter – che si dice che al fondo della presidenza era penetrato nella stanza dei bottoni USA –era finito sui giornali la settimana scorsa per altre dichiarazioni in intervista, come quella in cui dice che «invaderebbe El Salvador» e quella in cui manda a «farsi fottere» l’attore e attivista hollywoodiano Giorgio Clooney.
Come noto, nel 2020, il contenuto del portatile personale di Hunter Biden, che avrebbe smarrito in un negozio di riparazioni del Delaware, è trapelato online, mostrando immagini del rampollo che si droga (sembra piacergli il crack, ma in rete si sono fatte illazioni sul possibile proprietario della cocaina rinvenuta alla Casa Bianca) o fa sesso con prostitute (immagini finite anche in un’audizione del Congresso USA grazie alla deputata Marjory Taylor-Greene),
In particolare, riguardo alla droga, c’è da considerare come il senatore Joe Biden fu firmatario di una legge che inaspriva duramente le leggi per i consumatori di crack, portando alla carcerazione di decine di migliaia di persone (magari appartenenti a minoranze…), mentre suo figlio si riprende svariate volte mentre fuma la droga o la pesa durante uno dei festini con quelle che sembrano escort, con amplessi registrati e forse, è stato riportato, caricati su Pornhub. Alcuni messaggi captati rivelerebbero invece una sorta di pensiero eugenetico.
I file del computer, secondo alcuni osservatori, implicherebbero la famiglia Biden in molteplici schemi di corruzione estera. Da allora, i funzionari dell’Intelligence statunitense hanno cercato di denunciare lo scandalo come «disinformazione russa», nonostante il contenuto del portatile sia stato verificato come autentico.
Di recente è emerso che lo Hunter avrebbe ricevuto danaro da un oligarca romeno.
Come riportato da Renovatio 21, la famiglia Biden era stata accusata al Congresso USA di aver preso mazzette dalla Russia. La Commissione di supervisione della Camera afferma di aver identificato 20 milioni di dollari in pagamenti da fonti estere alla società di Hunter Biden, che descrivono come una copertura per vendere l’accesso al «network Biden» mentre suo padre era vicepresidente di Barack Obama dal 2009 al 2017.
In particolare danari sarebbero arrivati dall’oligarca russa Yelena Baturina, vedova del controverso sindaco di Mosca Yurij Luzhkov, a Rosemont Seneca Thornton, una società di comodo gestita da Hunter Biden e dal suo socio in affari Devon Archer. Dei 3,5 milioni di dollari trasferiti dalla Baturina, 1 milione di dollari è stato trasferito direttamente ad Archer, mentre il resto è stato utilizzato per avviare Rosemont Seneca Bohai, un nuovo account utilizzato per ricevere più finanziamenti dall’estero, ha affermato la Commissione camerale.
Accuse per il giro di corruzione dei Biden in Ucraina sono arrivate da Igor Shokin, il procuratore di Stato che a Kiev investigava, tra le altre cose, sul colosso gasiero Burisma, che aveva assunto nel board l’inesperto Hunter Biden. Il vicepresidente Joe Biden si è vantato in pubblico di averlo fatto licenziare durante un suo breve viaggio diplomatico, in cui praticò estorsione nei confronti di presidente e premier ucraini.
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Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate Viktor Medvedchuk, un politico ucraino e del partito Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, ora in esilio in Russia dopo essere stato arrestato dal regime Zelens’kyj e scambiato con Mosca, ha accusato Kiev di essere la «mangiatoia» per la corruzione del clan Biden.
Renovatio 21 aveva segnalato una pista kazaka ancora a inizio 2022 quando il Kazakistan fu oggetto di disordini, e riaffiorò una foto dei Biden con oligarchi di Astana, ripubblicata da organizzazioni locali anti-corruzione che chiedono la restituzione dei miliardi dei corrotti, politica poi abbracciata dall’attuale presidente Tokaev.
Un’altra parte consistente della corruzione del clan Biden riguarderebbe la Cina, con affari che comprendono anche investimenti in centrali atomiche, con legami con personaggi legati all’Intelligence della Repubblica Popolare così come, si è ipotizzato, il network interno di Xi Jinpingo.
Sull’origine del capitale del fondo internazionale di Hunter Biden fece un’ammissione un professore pechinese ad una conferenza pubblica appena dopo le elezioni 2020.
«Ora vediamo che Biden è stato eletto. L’élite tradizionale, l’élite politica, l’establishment sono molto vicini a Wall Street, giusto? Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondo globale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi il fondo?» dice Di Dongsheng, un professore all’Università Renmin di Pechino, nel discorso finito in TV.
Si tratta, ad ogni modo, solo della punta dell’iceberg di un giro di «truffe» dei Biden che il senatore del Wisconsin Ron Johnson ha definito «sconvolgente».
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Come riportato da Renovatio 21, la costante presenza in questi giorni di Hunter vicino al padre anche in riunioni in cui non dovrebbe stare potrebbe indicare il fatto che, forse per tentare di salvare il salvabile prima della defenestrazione del padre, l’uomo sia penetrato nella stanza dei bottoni.
Nel frattempo, Mosca ha avviato un’indagine su una società ucraina collegata a Hunter Biden che sarebbe stata utilizzata per attacchi terroristici in Russia.
Nel marzo 2022 quotidiano britannico Daily Mail aveva ottenuto messaggi di posta elettronica che confermavano, almeno in parte, accuse russe secondo cui il figlio di Joe Biden, Hunter, è coinvolto nel finanziamento di laboratori di armi biologiche in Ucraina.
Come riportato da Renovatio 21, poco dopo lo scoppio dello scandalo, Wikipedia avrebbe rimosso la voce per Rosemont Seneca Partners, la società di investimento collegata a Hunter Biden e ai suoi presunti traffici in Ucraina.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
L’editore ritira il libro in cui si sostiene che Epstein abbia presentato Melania a Trump

— MELANIA TRUMP (@MELANIATRUMP) October 7, 2025
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Politica
Trump non vince il Nobel. Premiato pure lo scrittore nemico di Orban

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato escluso dalla lista dei candidati al Premio Nobel per la Pace 2025, assegnato venerdì alla politica dell’opposizione venezuelana Maria Corina Machado.
Trump ha più volte dichiarato di meritare il premio per aver, a suo dire, risolto numerosi conflitti internazionali da quando è entrato in carica a gennaio, incluso il più recente a Gaza.
Il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Steven Cheung, ha commentato la notizia affermando che il comitato «ha dimostrato di anteporre la politica alla pace» e ha aggiunto che Trump «continuerà a stipulare accordi di pace, a porre fine alle guerre e a salvare vite umane».
Il Comitato norvegese per il Nobel ha lodato la Machado, nota critica del presidente venezuelano Nicolas Maduro, «per la sua instancabile difesa delle libertà democratiche in Venezuela e il suo impegno nel realizzare una transizione pacifica dalla dittatura alla democrazia». Maduro ha accusato Machado di aver convogliato fondi americani verso gruppi antigovernativi «fascisti», definendola una pedina per l’ingerenza di Washington negli affari venezuelani.
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La Machado ha mantenuto stretti legami con il governo statunitense per decenni. Nel 2005, fu ricevuta nello Studio Ovale dall’allora presidente George W. Bush.
Durante il primo mandato di Trump, gli Stati Uniti e diverse nazioni occidentali riconobbero il rappresentante dell’opposizione venezuelana Juan Guaidó come «presidente ad interim» del Paese, sebbene i tentativi di Guaidó di prendere il potere attraverso proteste e colpi di stato siano falliti.
Da quando è tornato al potere a gennaio, Trump ha intensificato la pressione su Caracas con sanzioni e operazioni militari, descritte dalla sua amministrazione come azioni antidroga.
Critici, tra cui il senatore repubblicano Rand Paul e Juan Gonzalez, ex diplomatico di alto livello nell’amministrazione di Joe Biden, sostengono che la Casa Bianca stia perseguendo una strategia di cambio di regime già sperimentata. Il Segretario di Stato di Trump, Marco Rubio, noto oppositore di Maduro, è considerato il principale promotore di questa linea.
All’inizio di questa settimana, il Comitato per il Nobel ha assegnato il Premio per la Letteratura allo scrittore ungherese Laszlo Krasznahorkai, critico del primo ministro ungherese Viktor Orban, uno dei più fedeli alleati di Trump in Europa.
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La Le Pen promette di bloccare qualsiasi nuovo governo francese

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