Geopolitica
9/11, il segreto intorno al coinvolgimento saudita
Dan Christensen, sanguigno reporter investigativo del Florida Bulldog noto per la sua impegnata raccolta di prove del coinvolgimento saudita nell’11 settembre, lo scorso il 10 settembre ha scritto un articolo sulla storia della causa per omicidio colposo che si fa strada attraverso il Tribunale distrettuale degli Stati Uniti a New York City.
La causa è stata resa possibile dall’emanazione del Justice Against Sponsors of Terrorism Act (JASTA) del 2016, approvato il 28 settembre 2016 da un voto quasi unanime del Congresso per annullare il veto di Obama.
La causa è stata resa possibile dall’emanazione del Justice Against Sponsors of Terrorism Act (JASTA) del 2016, approvato il 28 settembre 2016 da un voto quasi unanime del Congresso per annullare il veto di Obama
Poco si sa sull’andamento della causa, a causa delle misure di segretezza estreme richieste dall’FBI e dal Dipartimento di Giustizia. Dodici lotti di documenti sono stati rilasciati dall’FBI in risposta a citazioni in giudizio, ma gli avvocati dei querelanti devono tenerli lontani dal registro pubblico.
Al contrario, 25.000 pagine di materiale sono state consegnate agli avvocati che difendono colui che è accusato di essere la mente degli attentati dell’11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed.
Alcune delle argomentazioni per cui il materiale è classificato come segreto di Stato sono esse stesse considerate secretate e gli avvocati dei querelanti non possono vedere l’argomentazione.
Alcune delle argomentazioni per cui il materiale è classificato come segreto di Stato sono esse stesse considerate secretate
Quasi la totalità di questo processo legale viene condotto in assoluta segretezza, sotto gli auspici dell’Ordine esecutivo di Obama 13526, scrive EIRN.
Un obiettivo chiave è l’«Operazione Encore», un’indagine dell’FBI sul coinvolgimento saudita nell’11 settembre riportata per la prima volta dal Florida Bulldog.
Una versione modificata di un rapporto del 2012 su tale operazione, pubblicato nel 2016, ha mostrato che erano state prese in considerazione accuse contro i sospettati per aver fornito supporto materiale ai dirottatori.
Un obiettivo chiave è l’«Operazione Encore», un’indagine dell’FBI sul coinvolgimento saudita nell’11 settembre riportata per la prima volta dal Florida Bulldog.
Tre soggetti dell’indagine erano Fahad al-Thumairy, l’imam della moschea King Fahd nell’area di Los Angeles che ha incontrato due dei dirottatori, il sospetto agente saudita Omar al-Bayoumi, e un terzo uomo il cui nome è stato rilasciato solo in seguito a causa di un errore di segreteria dell’FBI: Mussaed Ahmed al-Jarrah, che ha lavorato presso l’ambasciata saudita dal 1999 al 2000.
Il rapporto tra Washington e Ryadh – che per alcuni è il grande esportatore del fondamentalismo che ha cambiato il volto dell’Islam negli ultimi decenni – pare ancora oggi inscalfibile, e anzi, grazie al rapporto diretto tra il genero di Trump Jared Kushner (ebreo figlio di uno dei più grandi finanziatori di Benjamin Netanyahu) e Mohammed bin Salman (principe e de facto uomo forte del trono dei Saud) in settimana si è celebrato il disgelo tra lo Stato ebraico e gli Emirati Arabi, Paese da alcuni considerato satellite del Regno Saudita.
Basterebbe conoscore, non diciamo la storia, ma quantomeno le sigle coinvolte. Saudi ARAMCO, la più grande azienda petrolifera al mondo che ha quotato da qualche mese una parte di sé per quasi due trilioni di dollari, è la vera cassaforte del potere dei Saud. Impiantata negli anni Trenta, il significato della sigla è semplice: Arabian American Company. Non aggiungiamo altro.
Sono ricordare le parole del grande senatore libertario USA Ron Paul, che lamentò che, essendo 15 dei 19 dirottatori di cittadinanza saudita, e che essendo stata portata quindi la guerra in Afghanistan e in Iraq, forse si era sbagliato Paese.
Sono ricordare le parole del grande senatore libertario USA Ron Paul, che lamentò che, essendo 15 dei 19 dirottatori di cittadinanza saudita, e che essendo stata portata quindi la guerra in Afghanistan e in Iraq, forse si era sbagliato Paese.
Immagine di TheMachineStops (Robert J. Fisch) via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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