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Geopolitica

439° giorno di guerra

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– La notte scorsa attacco missilistico russo in Ucraina. Obiettivi concentrati soprattutto nella regione di Odessa e nelle immediate retrovie ucraine.

 

– «Abbiamo ucciso e continueremo a uccidere russi in qualsiasi parte del mondo fino alla completa vittoria dell’Ucraina», così ha risposto il capo dell’intelligence militare ucraina, Budanov, alla domanda sul coinvolgimento dei servizi speciali di Kiev negli omicidi dei famosi personaggi russi

 

­– Scambio di prigionieri Ucraina Russia: 45 soldati (fra cui 42 ex Azov) in cambio di 3 piloti.

 

– Prilepin esce dal coma farmacologico post operatorio. È cosciente e si sente bene.

 

– In relazione all’attento a Prilepin, è stato arrestato un uomo, Aleksandr Permjakov, che ha confessato di aver agito per conto dei servizi ucraini.

 

– A Berlino qualcuno ha issato lo stendardo della vittoria russa della Seconda Guerra Mondiale sul tetto del Reichstag.

 

– Con una lettera aperta Kadyrov chiede a Putin di incaricare Shoigu ed il comandante della Guardia Nazionale Zolotov di avvicendare i suoi uomini a quelli di Prigozhin.

 

­– Si alza il livello dell’acqua nel bacino di Khakovka. Secondo alcuni commentatori russi, citati dalla fonte ucraino strana.ua, gli Ucraini potrebbero fare straripare il Dnepr per allargare le linee difensive russe.

 

– La Transnistria chiede alla Russia di aumentare il numero di forze di pace, a causa dell’aumento dei rischi per la sicurezza, ha dichiarato il capo della missione della Transnistria nella Federazione Russa Manakov.

 

– La battaglia di Bakhmut vista dai combattenti Wagner.

 

– Ministero della Difesa rumeno: Un Su-35 russo ha intercettato un aereo polacco sopra il Mar Nero. Secondo il ministero, l’incidente è avvenuto quando l’L410 Turbolet della polizia di frontiera polacca stava effettuando pattugliamenti disarmati nello spazio aereo internazionale. Le autorità rumene hanno condannato le manovre del caccia russo, che hanno causato «alti livelli di turbolenza e gravi difficoltà di controllo».

 

­– La Cina proteggerà i suoi interessi se l’UE impone sanzioni contro le società cinesi, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin in un briefing. Secondo il Financial Times, l’UE potrebbe adottare tali misure contro le società che forniscono attrezzature alla Russia. Se le restrizioni possono essere concordate con tutti i 27 paesi dell’UE, questo sarà il primo caso di utilizzo delle sanzioni contro società cinesi da parte dell’Europa. Secondo FT, l’undicesimo pacchetto di sanzioni potrebbe includere 7 società, di cui 2 degli Emirati Arabi Uniti e un’altra dell’Armenia.

 

– Un gamer di Kiev durante una partita a World of Warcraft lascia vedere in streaming la sua reazione all’arrivo di un drone Geran sulla capitale.

 

– Gli Stati Uniti hanno proposto alla Turchia di inviare i suoi S-400 in Ucraina, ma Ankara ha rifiutato, ha affermato il ministro degli esteri Cavusoglu.

 

– Il giornalista americano Jackson Hinkle afferma che Tucker Carlson potrebbe essere stato licenziato da Fox News a causa della richiesta di Zelens’kyj:
«Ho ricevuto conferma da una fonte indiscutibile che il licenziamento di Tucker Carlson è dovuto al suo impavido rapporto sulla follia di tutto ciò che riguarda l’Ucraina e Zelens’kyj». A conferma delle sue parole, ha allegato un articolo secondo cui il proprietario di Fox News era allarmato dalla posizione di Carlson sull’Ucraina e prima del licenziamento del conduttore televisivo ha parlato con Zelens’kyj.

 

– In risposta alle restrizioni imposte dalle autorità moldave sulle importazioni di grano ucraino, Kiev vieterà del tutto tutte le importazioni dalla Moldavia, ha detto il vice ministro dell’economia Taras Kachka.

 

– Non esistono più strade per Bakhmut.

 

– La Russia è tornata nella top 10 delle maggiori economie del mondo per la prima volta dal 2014, secondo dati della Banca Mondiale e dei servizi statistici nazionali.

 

– Il viceministro degli esteri russo Vershinin ha annunciato che presto si terrà una riunione sull’«accordo sul grano» a livello di viceministri dei paesi partecipanti. La Russia da mesi si lamenta dell’accordo, ma non si è spinta fino al ritirarlo.

 

­– Bakhmut di notte, vista da un drone con telecamere termiche.

 

– Gli Emirati Arabi Uniti hanno ricevuto lo status di partner di dialogo nell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO). «La concessione dello status di partner di dialogo rappresenta gli sforzi costanti degli Emirati Arabi Uniti per sviluppare e mantenere partnership equilibrati e diversificati con paesi e organizzazioni multilaterali in tutto il mondo», afferma la dichiarazione.

 

 

– L’FSB annuncia di aver sventato un tentativo di sabotaggio da parte dei servizi speciali ucraini sul territorio dell’aeroporto di Severny nella regione di Ivanovo.
L’attacco (secondo quanto comunicato dal servizio) sarebbe stato pianificato contro gli aerei di sorveglianza aerea A-50. Ordigni esplosivi improvvisati per i sabotaggi sono stati trasportati dall’Ucraina su un aereo leggero dalla regione di Chernigov. Il pilota, insieme ai membri del gruppo di sabotaggio, reclutati dai servizi segreti ucraini, sono stati arrestati dopo l’atterraggio nella regione di Tula al momento della consegna dell’esplosivo.

 

– Drammatiche immagini dalle trincee di Bakhmut.


– Il ministro degli Esteri turco ha affermato che il suo Paese non aderirà alle sanzioni unilaterali di USA e UE contro la Russia. «Non ci uniremo alle sanzioni unilaterali che gli Stati Uniti e l’UE hanno imposto alla Russia. Dobbiamo agire a nostro vantaggio e per la nostra prosperità. Allo stesso tempo, stiamo monitorando attentamente l’attuazione delle disposizioni della Convenzione di Montreux».

 

– Missile K-22 russo colpisce un deposito ad Odessa.

 

­– L’8 e il 9 maggio, il presidente del Kazakistan effettuerà una visita di lavoro in Russia, parteciperà alla parata della Vittoria. Inoltre, alla parata della Vittoria parteciperanno il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, il presidente del Kirghizistan Sadyr Zhaparov, il presidente tagico Rakhmon, il presidente uzbeco Mirziyoev.

 

 

 

 

Rassegna tratta dal canale Telegram La mia Russia e Intel Slava Z.

 

 

Immagine da Telegram

 

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Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.

 

Secondola stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.

 

Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».

 

Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».

 

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.

 

I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.

 

La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.

 

Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.

 

Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.

 

La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.

 

Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.

 

Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.

 

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Immagine screenshot da Twitter; modificata

 

 

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.   Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.   Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.   Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.     Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.   Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».   Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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