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Epidemie

Wuhan simula il blackout. Per coincidenza, nel settembre 2019 si esercitava su emergenze epidemiche

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La famigerata città di Wuhan, in Cina, ha condotto una massiccia simulazione di interruzione di corrente di emergenza alla fine del mese scorso, secondo l’agenzia di stampa ufficiale del Partito Comunista Cinese (PCC) Xinhua News Agency.

 

La simulazione non può non inquietare, se si pensa al suo scopo ultimo e alle possibili implicazioni. Specialmente considerando che la stessa città aveva condotto una simulazione del coronavirus alcuni mesi prima dell’inizio della pandemia di COVID-19 a Wuhano.

 

L’esercitazione dello scorso 28 novembre, che simulava un «disastro naturale causato da forti condizioni meteorologiche convettive» ed era «basata sulla situazione reale nella città di Wuhan», ha coinvolto 22 unità e dipartimenti del governo di Wuhan, ha riferito Xinhuanet.

 

Secondo la testata, la simulazione ha imitato gli effetti di un’interruzione della rete elettrica su larga scala in cui «le persone sono rimaste intrappolate, le aziende sono state costrette a sospendere e ridurre la produzione mentre aeroporti, ospedali, metropolitane, comunicazioni, ecc. venivano gravemente colpiti». Tutto ciò avrebbe un impatto significativo «sulla produzione e sulla vita delle persone e delle aziende in questa regione».

 

Le unità partecipanti e i dipartimenti governativi hanno implementato sforzi simulati di risposta alle emergenze «per evitare disastri secondari dopo la messa a terra degli aerei dell’aeroporto, l’interruzione della metropolitana, l’interruzione della corrente elettrica dell’ospedale e l’interruzione dell’ascensore residenziale a molti piani a causa della disconnessione della linea, del crollo della torre e del danno al trasformatore».

 

È stata quindi simulata l’assegnazione di «risorse di salvataggio e ripristino della produzione e della vita in modo ordinato».

 

Secondo Xinhuanet, l’esercitazione «ha dimostrato pienamente le superbe capacità e le attrezzature avanzate della squadra di soccorso di emergenza della State Grid Wuhan Power Supply Company», la società pubblica che elettrifica la provincia dell’Hubei. La simulazione sarà utilizzata per «rafforzare il collegamento tra governo e imprese, creare un sistema di gestione della risposta alle emergenze elettriche con caratteristiche di Wuhan, eliminare i rischi per la sicurezza in modo tempestivo e garantire il funzionamento sicuro e stabile della rete elettrica di Wuhan».

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La simulazione su larga scala non è necessariamente unica per Wuhano o insolita di per sé, scrive Life Site. All’inizio di novembre, le autorità hanno condotto un’esercitazione molto più piccola che prevedeva un’interruzione di corrente simulata nel distretto di Wan Chai di Hong Kong per «migliorare la collaborazione, la prevenzione e la preparazione alle emergenze nella gestione delle emergenze locali», ha riferito il giornale hongkonghese The Standard.

 

L’attivista per i diritti umani e autrice di origine cinese Jennifer Zeng ha detto di non avere un buon presentimento riguardo alla simulazione dell’interruzione di corrente, in particolare considerando la sua scala e ubicazione nella metropoli dell’Hubei. Secondo la Zeng, 30 giorni prima dei Giochi mondiali militari di Wuhano nel 2019 e pochi mesi prima dello scoppio del COVID-19 in tutto il mondo, Wuhano aveva anche ospitato un esercizio di preparazione… questa volta simulando «l’intero processo di gestione di una nuova infezione da coronavirus».

 

Nella simulazione, secondo un articolo ufficiale del 19 settembre 2019 pubblicato dal Chutian Transportation Broadcasting e ristampato su Sina.com, «un passeggero dell’aereo in arrivo non stava bene, aveva difficoltà respiratorie e aveva segni vitali instabili». La dogana aeroportuale immediatamente lanciava «un piano di emergenza, effettuando rapidamente il trasferimento dei casi e la sanificazione degli aeromobili, conducendo ispezioni a stretto contatto» e monitorando «persone infette e contatti generali».

 

«Due ore dopo, il Centro emergenze di Wuhan ha riferito che al caso trasferito era stato diagnosticato clinicamente un nuovo coronavirus», si legge nell’articolo.

 

Un altro rapporto ufficiale del settembre 2019 afferma che la simulazione «ha praticato indagini epidemiologiche, indagini mediche e quarantena temporanea», nonché «isolamento e test, trasferimento dei casi, trattamenti igienico-sanitari e altri aspetti».

 

«Quindi, dopo questa esercitazione di interruzione di corrente su larga scala, cosa potrebbe succedere dopo?» si chiede la Zeng in un post su Twitter. «Non mi sento molto bene a riguardo».

 

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Il presidente del Population Research Institute Steven Mosher, sinologo di fama, ha detto a LifeSite che la recente interruzione simulata di elettricità da parte del PCC, come le misure di lockdown per il COVID-19, fanno parte degli sforzi della nazione militarista per rafforzare la sua preparazione alla guerra.

 

«Le varie azioni del PCC, dalla simulazione di un’interruzione di corrente a Wuhan al lockdown di intere città durante il COVID, hanno molteplici spiegazioni», ha detto Mosher. «I lockdown del COVID non sono mai stati giustificati dal punto di vista medico, poiché non hanno fermato la diffusione del virus e hanno causato molti decessi e danni accessori. Come l’attuale interruzione di corrente a Wuhan, erano in parte esercitazioni di protezione civile, intese a instillare obbedienza nella popolazione in caso di disordini interni o guerra all’estero».

 

«Un partito comunista è prima di tutto un partito di guerra», ha continuato Mosher. «È organizzato su linee militari, gestisce un’economia pianificata ed è sempre pronto a utilizzare ogni risorsa a sua disposizione per schiacciare l’opposizione interna ed espandere il suo potere. Questa è la natura stessa di questa ideologia odiosa».

 

La questione dei blackout era emersa con grande forza lo scorso inverno, quando si palesò la crisi energetica europea – e globale – seguita alla guerra ucraina, con l’isolamento della Russia, grande fornitore di energia a basso costo, dal circuito economico internazionale.

 

Quando cominciò lo shock dei prezzi energetici, si calcolava che un miliardo di persone sarebbe presto divenuto a rischio di stare senza corrente.

 

Seguì quantità di blackout effettivi o minacciati in ogni angolo della Terra: dalla Svezia allo Sri Lanka, dall’Australia al Giappone, dal Texas alla Kazakistan, dal Pakistan alla Turchia, dalla Francia alla Svizzera, da Taiwan a Porto Rico. La Cina stessa aveva dato segno di voler preparare la popolazione alle carenze energetiche. Nella lista va inclusa ovviamente l’Italia, con blackout che si sono manifestati anche la scorsa estate.

 

In Germania l’inverno passato si misero a pensare esattamente a un green pass energetico così come a pazzesche consegne di contante nelle case della gente in caso di interruzione totale dell’elettricità. Si tratta del Paese che a causa della privatizzazione ha rischiato a inizio anno un blackout del gas, ad un certo punto a marzo 2022 le ferrovie hanno fermato tutti i treni merci a causa della mancanza di corrente elettrica, mentre lo Stato mandava in onda spot apocalittici per preparare i tedeschi (e gli immigrati in Germania, a giudicare dal video) ad un inverno in cui poteva venire a mancare il riscaldamento – dove si era arrivati ad ipotizzare l’esistenza di veri e propri «sfollati energetici».

 

È stato affermato che un miliardo di persone sarebbero state a rischio di assenza di elettricità.

 

La situazione ammessa, o forse meglio dire auspicata, anche nella Davos del Grande Reset dal gruppo estremista chiamato World Economic Forum.

 

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Proprio al WEF e al suo guru pensiamo dinanzi a notizie come questa. E non potrebbe essere altrimenti.

 

 

Klaus Schwab varie volte ha parlato dell’avvento di una «cyber-pandemic», una «ciber-pandemia», un attacco informatico per il collasso sistemico totale, un evento catastrofico che toglierà internet – i cui blackout già aumentano in tutto il mondo – mettendo in ginocchio il pianeta. Il danno, tuttavia potrebbe andare ben al di là di Internet.

 

Da decenni, oramai, si parla di «bombe logiche»: esperti di cybersecurity ritengono che in vari Paesi, piantati nel profondo dei sistemi informatici di rilevanza nazionale (dighe, centrali energetiche, acquedotti, ferrovie, reti petrolifere, aeroporti, pompe di benzina), esistano dei virus cibernetici da avversari geopolitici – vere e proprie armi di guerra cibernetica, pronte ad essere detonate al momento del conflitto, causando catastrofi in grado di paralizzare l’intera nazione.

 

La Cina si prepara alla guerra per Taiwan, o più generalmente, si prepara ad una guerra a tutto campo, una guerra moderna in cui la popolazione viene privata di ogni energia?

 

A cosa stanno preparando, ancora una volta, la popolazione cinese?

 

Perché sono partiti, un’altra volta, da Wuhan? Pechino sa qualcosa? Condivide, ancora, un piano, che non conosciamo?

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Epidemie

Morti in casa anche per 8 giorni: emergenza ‘kodokushi’ tra gli anziani soli giapponesi

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Secondo l’Agenzia nazionale di polizia, nel primo semestre del 2025 sono stati oltre 40mila in Giappone i casi di morte isolata in casa. Il 28% viene scoperto dopo più di una settimana. Tra le cause: invecchiamento della popolazione, indebolimento dei legami, riluttanza a chiedere aiuto. Padre Marco Villa, responsabile di un centro d’ascolto a Koshigaya: «Una persona mi ha appena detto: mi è rimasto un solo amico, ci sentiamo due volte all’anno… La solitudine il dramma più grande di questo Paese».   Kodokushi (孤独死): la morte in casa di persone circondate da una profonda aridità relazionale, che non viene scoperta anche per un lungo periodo di tempo dopo il decesso. È uno dei drammatici volti della solitudine in Giappone. Secondo i nuovi dati dell’Agenzia nazionale di polizia diffusi oggi, in Giappone solo nel primo semestre del 2025 sono stati 40.913 i decessi avvenuti in isolamento nelle abitazioni.   Una cifra che segna un aumento di 3.686 casi rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma il dettaglio forse più inquietante è che almeno il 28% di essi (11.669 persone) è stato scoperto dopo almeno 8 giorni.

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Una delle principali cause è anzitutto l’invecchiamento della popolazione del Giappone: 1 persona su 4 ha più di 65 anni. «Inoltre, si tende sempre più a non avere legami significativi né con il territorio, né con la famiglia. La maggioranza della gente non vive nei luoghi dove è cresciuta, ma si trova a vivere dove c’è lavoro», spiega ad AsiaNews dal Giappone padre Marco Villa, missionario del PIME che opera a Koshigaya, cittadina nella periferia nord di Tokyo, nella diocesi di Saitama. «Quindi, si fa più fatica a intrecciare relazioni significative con gente che non si conosce. Ciò accade anche perché avere relazioni a volte è davvero una cosa faticosa, allora si decide di non impegnarsi».   Padre Marco Villa nel 2012 ha favorito la nascita a Koshigaya del Centro d’Ascolto Mizu Ippai («un bicchiere d’acqua») – di cui è responsabile – proprio con l’obiettivo di sostenere le persone affette dalla solitudine, comprese le persone hikikomori, che soffrono di isolamento patologico ed estraniamento. Nel suo servizio non è raro che venga a conoscenza di casi di kodokushi, l’ultimo solo pochi mesi fa. «Una signora che frequenta il centro è rientrata a casa la sera, dopo un incontro. Dopo circa due settimane, il figlio mi ha chiamato dicendo che non aveva contatti con la mamma, chiedendo se l’avessi sentita. È andato a vedere se si trovava a casa, e l’ha trovata morta», racconta p. Marco Villa. Questo caso dimostra che anche le persone che riescono a curare dei legami, a uscire di casa, possono andare incontro a una morte isolata. «Vivendo da sola si è imbattuta in questi rischi», dice Villa. Rischi che aumentano in quelle persone che, invece, vivono una solitudine più estrema, perché non hanno dei familiari vicini, o perché non hanno degli amici.   Padre Marco Villa racconta anche di una telefonata avuta poco prima di essere contattato oggi da AsiaNews. «Una persona mi ha detto che è morto un suo amico; ora gli rimane un amico solo, che sente due volte all’anno: una per gli auguri di compleanno e una per gli auguri di buon anno. È l’unico amico che ha: mi ha chiesto di passare del tempo insieme. Queste sono situazioni che incontro regolarmente», aggiunge.   Oltre alla significativa quota di persone anziane in Giappone, favorisce il preoccupante fenomeno kodokushi anche «la ritrosia della persona giapponese a chiedere aiuto». Villa spiega che, culturalmente, nel domandare è insita «la preoccupazione di dare fastidio agli altri, di non voler dare preoccupazioni a causa delle proprie difficoltà».   La tendenza rilevata è la gestione in totale autonomia dei problemi personali. Ciò affievolisce inevitabilmente i legami con le persone della famiglia, così come con coloro che vivono nello stesso luogo. Un elemento che il missionario definisce «costante», basandosi sulla sua esperienza in Giappone. «La solitudine è il dramma principale del Paese», dice.

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Padre Marco Villa ammette di essere rimasto «sconvolto» dai casi di solitudine profonda incontrati nel Paese. Da questo sentimento nacque il Centro d’Ascolto Mizu Ippai di Koshigaya. «Chiesi al vescovo (della diocesi di Saitama, ndr) di poter iniziare un’attività a tempo pieno per cercare di alleviare la solitudine delle persone», racconta. Il Centro mette in campo le risorse del «volontariato dell’ascolto»: non professionisti all’opera, ma volontari e volontarie che offrono il proprio ascolto, nella struttura, così come alla stazione ferroviaria, luogo di aggregazione per la presenza di numerosi negozi.   Un’attività che affianca le iniziative istituzionali. «Lo Stato è consapevole di queste situazioni e cerca di essere sempre più capillare nel territorio attraverso strutture dedicate, cercando di creare delle occasioni di incontro per la gente. Questo è un tentativo, secondo me valido, che il Giappone porta avanti», spiega.   Come invertire la tendenza di questa drammatica e così diffusa esperienza umana? «La cosa fondamentale è creare delle occasioni di incontro, dei luoghi adatti per potersi trovare; fondamentalmente cercando di diventare amici delle persone che vivono in stato di solitudine», dice padre Marco Villa.   Solitudine che in alcuni casi viene «risolta» da lunghi dialoghi intrattenuti con l’intelligenza artificiale. «Ieri un ragazzo mi diceva che l’AI è l’unica persona che lo capisce, che riesce a capire i suoi problemi. Così crede di avere qualcuno, qualcosa con cui si relaziona, che però non è certamente un essere umano», aggiunge.   Per uscire da queste situazioni, ne è convinto il missionario, «basta poco: una via, una linea, un aggancio, capace di instaurare un minimo di relazione umana».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Epidemie

Aumento delle infezioni da sifilide in Germania, soprattutto tra gli omosessuali

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I casi di sifilide in Germania hanno raggiunto un nuovo picco, con 9.519 infezioni registrate nel 2024, rispetto ai 1.697 del 2000. Lo scrive l’ultimo rapporto del Robert Koch Institute (RKI)

 

La malattia sessualmente trasmissibile, causata dal batterio Treponema pallidum, ha visto un costante aumento negli ultimi vent’anni. Dai 3.364 casi del 2004, il numero è cresciuto, soprattutto tra gli uomini omosessuali.

 

Il Bollettino Epidemiologico, pubblicato giovedì, ha riportato un incremento annuo del 3,9% rispetto al 2023. La comunità LGBT ha rappresentato la maggior parte dei contagi, con le donne che costituiscono solo il 7,6% dei casi. La trasmissione eterosessuale è leggermente aumentata rispetto all’anno precedente.

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L’età media dei pazienti è di circa 41 anni, con reinfezioni che rappresentano un rischio continuo. L’RKI ha evidenziato tassi di infezione più alti nelle grandi città, come Berlino, Amburgo, Colonia, Francoforte e Monaco.

 

Le epidemie tra gli uomini gay hanno contribuito significativamente all’aumento dei casi dalla fine degli anni ’90, con un primo picco rilevante ad Amburgo nel 1997. Nel 2003, l’incidenza tra gli uomini era dieci volte superiore rispetto alle donne.

 

Attualmente, circa tre quarti dei casi sono legati alla comunità LGBT, con dati che indicano che fino alla metà di questi pazienti è anche sieropositiva, spesso con coinfezioni da epatite C.

 

La diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili è stata associata all’uso di social media e app di incontri geolocalizzate, che hanno favorito un aumento dei partner sessuali, inclusi contatti nuovi e anonimi.

 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa si parlò di un mutamento del comportamento sessuale post-pandemia, con un incremento di malattie veneree nella UE.

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Immagine di NIAID via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

 

 

 

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Epidemie

L’ameba mangia-cervello uccide 19 persone in India

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Lo Stato indiano del Kerala, nel Sud del Paese, sta affrontando una crisi sanitaria in escalation a causa di un’epidemia di meningoencefalite amebica primaria (PAM), causata dall’ameba «mangia-cervello» la Naegleria fowleri.   Le autorità hanno confermato giovedì che l’infezione ha provocato 19 morti e decine di casi, colpendo persone di età compresa tra i tre mesi e i 91 anni, rendendo difficile individuare fonti di esposizione comuni o contenere la diffusione.   La PAM, generata da un’ameba presente in acque dolci calde e nel suolo, penetra nel corpo attraverso il naso, attaccando il tessuto cerebrale e causando un’infiammazione potenzialmente letale in pochi giorni.   Il ministro della Salute, Veena George, ha definito la situazione una «grave emergenza sanitaria». Intervistata da NDTV News, ha spiegato: «Non si tratta di focolai legati a un’unica fonte d’acqua, come in passato, ma di casi isolati, il che complica le indagini epidemiologiche».

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La George ha poi evidenziato l’importanza di una diagnosi precoce: «Il nostro tasso di sopravvivenza del 24% è ben superiore alla media globale, inferiore al 3%, grazie a interventi tempestivi e all’uso del farmaco miltefosina».   Un medico governativo, parlando con l’agenzia AFP, ha confermato che, nonostante il numero limitato di casi, «sono in corso test su vasta scala per identificare e trattare i contagi». Le autorità hanno intensificato le misure di controllo sull’igiene delle acque, invitando la popolazione a evitare fonti d’acqua dolce stagnanti o non trattate.   Secondo un rapporto governativo citato da News18, la PAM colpisce principalmente il sistema nervoso centrale, con un impatto sproporzionato su bambini, adolescenti e giovani adulti sani. Gli esperti chiariscono che l’infezione non avviene ingerendo acqua contaminata, ma attraverso il contatto con le vie nasali durante attività come nuoto o immersioni in acque non sicure.   Il lettore di Renovatio 21 conosce la minaccia dell’ameba mangia-cervello con dovizia.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato un cittadino dello Stato americano della Georgia era morto per infezione dell’ameba mangia-cervello. Ancora più recente il caso di un giovane che è morto di encefalite in Israele pochi giorni dopo aver contratto l’ameba Naegleria fowleri.   Si trattava all’epoca della terza persona a morire negli Stati Uniti in un solo anno a causa della mostruosa creatura microscopica, che pare diffondersi sempre più a Nord.   Uno studio del CDC pubblicato nel 2020, ha rilevato che cinque dei sei casi di meningoencefalite amebica primaria (PAM), come viene chiamata l’infezione cerebrale causata da Naegleria fowleri, si sono verificati durante o dopo il 2010.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2022 un cittadino del Missouri e un bambino del Nebraska sono stati ammazzati dall’ameba mangia-cervello.

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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa è emersa la rilevazione di vibrio vulnificus, cioè di un tipo di batteri «carnivori», nelle spiagge della Florida.   Negli ultimi 15 anni, una malattia neurodegenerativa estremamente rara che mangia il cervello umano lasciando buchi è diventata sempre più comune in Giappone, ma il caso PAM statunitense sembra molto diverso.   Prioni sarebbero stati invece alla base di un’epidemia di cervi-zombie nel 2019.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; rielaborata  
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