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Vescovo e mostra accusati di «vilipendio alla religione cattolica»: intervista all’avvocato dei fedeli di Carpi

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Renovatio 21 ha seguito dall’inizio le vicende riguardanti la mostra «Gratia Plena», allestita in una chiesa consacrata di Carpi fra il marzo e il giugno scorso, generando moltissime polemiche ed alimentando un profondo malcontento da parte dei fedeli cattolici della Diocesi e non. Ricordiamo, fra le altre cose, la Processione di Riparazione indetta dal Comitato Beata Giovanni Scopelli, dove persone da tutte Italia sono accorse per pregare in riparazione allo scandalo consumatosi fra le mura di un luogo di culto.

 

Recentemente, vi abbiamo aggiornato sugli sviluppi che hanno riguardato una scelta del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Modena di respingere la richiesta di archiviazione da parte della Procura, dopo che alcuni fedeli cattolici, rappresentati dall’avv. Francesco Minutillo, avevano deciso di adire le vie legali accusando quattro persone, fra cui il vescovo della Diocesi di Modena e Carpi, monsignor  Erio Castellucci, e il curatore della mostra, Andrea Saltini, di vilipendio alla religione cattolica.

 

Per fornire un quadro preciso rispetto alla situazione, abbiamo raggiunto proprio l’avv. Minutillo, che segue il caso della mostra sin dal primo momento.

 

Minutillo, avvocato patrocinante presso la Corte di Cassazione, nel 2009 ha fondato con diversi collaboratori lo Studio Legale Minutillo & Associati che opera tutt’oggi nel diritto penale, civile, societario, tributario e commerciale.

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Avv. Minutillo, il caso della mostra «Gratia Plena» sembra aver preso una piega quantomeno inaspettata rispetto a ciò che, probabilmente, credevano gli accusati. Ci può riassumere molto in breve cosa è successo?

Certamente. La vicenda ha avuto uno sviluppo che probabilmente né gli organizzatori né i fedeli si aspettavano. Dopo il deposito dell’esposto da parte di un nutrito gruppo di fedeli cattolici, che si sentivano profondamente offesi dalla mostra e dalla sua collocazione all’interno di un luogo consacrato, la Procura di Modena ha reagito rapidamente depositando, addirittura appena dopo poche ore, una richiesta di archiviazione, rilevando un’ipotetica infondatezza delle accuse.

 

Tuttavia il GIP esaminati gli atti e la nostra opposizione ha ritenuto che vi fossero elementi sufficienti per aprire un’udienza preliminare, spostando così l’intera vicenda su un piano giudiziario più articolato. Questo ha ribaltato l’approccio iniziale, dando la possibilità di affrontare la questione con maggiore attenzione e approfondimento sia sul piano di merito sia su quello di diritto a proposito del reato di vilipendio con riguardo alla Fede Cattolica.

 

Fare giurisprudenza su questo reato, che ad oggi è stato raramente applicato, potrà rivelarsi estremamente utile in futuro qualora si ripresentassero ancora situazioni in cui la Chiesa di ala più modernista si ponga in termini irrispettosi della Fede. Ipotesi purtroppo che non è affatto peregrina. E sappiamo infatti bene in quale grave crisi versi la Chiesa postconciliare.

 

Qualcuno sostiene che la decisione del GIP sia solo una sorta di «pro forma». È davvero così?

No, è sbagliato considerarla un semplice «pro forma». La decisione del GIP non è stata automatica o scontata. Il codice prevede espressamente che se il giudice avesse ritenuto l’esposto palesemente infondato ovvero se avesse rilevato che l’opposizione fosse stata depositata oltre i termini, avrebbe potuto emettere direttamente decreto di accoglimento della richiesta di archiviazione e chiudere la vicenda.

 

Invece non ha accolto la richiesta della Procura ed ha fissato l’udienza di discussione sulla archiviazione. Udienza che servirà a valutare se le ipotesi di reato debbano essere archiviate oppure siano sufficientemente fondate per procedere con un processo penale oppure, ancora, se necessitino di una attività di indagine suppletiva.

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Cosa potrebbe dunque essere discusso a gennaio, e quali sono gli argomenti che lei, insieme al gruppo di fedeli cattolici che difende, porterete in sede di udienza?

A gennaio si discuterà, come accennavo, se ci siano sufficienti presupposti per iniziare un processo penale in capo agli accusati. In particolare, verrà analizzato se l’esposizione delle opere nella chiesa di Carpi possa configurare gli estremi per il reato di vilipendio della religione cattolica.

 

Noi porteremo in udienza una documentazione dettagliata delle opere esposte, con particolare attenzione all’opera Longino. Opera che era stata collocata proprio davanti all’altare maggiore della chiesa.

 

Presenteremo anche registrazioni audio delle visite guidate alla mostra, che mostrano come prima che scoppiasse lo scandalo l’interpretazione delle opere fosse volutamente ambigua, capace di offendere il sentimento religioso.

 

Presenteremo anche testimonianze dirette di fedeli che racconteranno come la collocazione delle opere abbia creato un senso di profanazione e mancanza di rispetto per la sacralità del luogo.

 

Il nostro obiettivo è dimostrare che il contesto e l’intento giocano un ruolo cruciale. Non si tratta solo di giudicare le opere come arte, ma di valutare il significato di posizionarle in un luogo consacrato. Peraltro non nascondo che le attività di investigazione difensiva sono ancora in svolgimento. Può essere che a gennaio si scoprano anche novità.

 

Oltre a monsignor Erio Castellucci, vescovo di Modena e Carpi, e ad Andrea Saltini, ideatore e curatore della mostra in questione, chi sono gli altri due accusati?

Gli altri due accusati sono figure strettamente legate all’organizzazione dell’evento. Si tratta di un sacerdote e di un laico che hanno avuto un ruolo attivo nella pianificazione e nell’autorizzazione dell’uso della chiesa per la mostra di cui erano i curatori. Entrambi hanno avuto un ruolo centrale, non solo nell’approvazione, ma anche nel supporto successivo alla mostra, rafforzando l’impressione di un avallo ufficiale da parte della Diocesi locale.

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Il vescovo Castellucci sarà obbligato ad essere presente, o secondo lei sarà rappresentato solo da un legale?

Monsignor Castellucci non è formalmente obbligato a presenziare e potrebbe scegliere di delegare la propria rappresentanza a un legale, come avviene spesso in questi casi.

 

Tuttavia, la sua presenza in aula sarebbe significativa, sia per chiarire il suo ruolo, sia per dimostrare un’apertura al dialogo con la comunità cattolica offesa. Se non altro dimostrerebbe umiltà nel sottoporsi ad un procedimento. Se lo accettò Nostro Signore, ben potrebbe accettarlo anche monsignor Castellucci, visto che credo sia il primo caso di un vescovo indagato per vilipendio della Fede Cattolica. La scelta di non essere presente potrebbe essere interpretata come una mancanza di rispetto verso i fedeli che si sentono traditi, nello stile del Marchese del Grillo.

 

Sarà interessante vedere quale decisione prenderà. Magari potrà anche spiegare per quale motivo la Diocesi decise di replicare alle prime critiche commentando in tono sprezzante che la malizia fosse nell’occhio di chi guardava.

 

In questi ultimi giorni si è fatta sempre più pressante l’indiscrezione secondo la quale monsignor Francesco Cavina, vescovo emerito di Carpi, potrebbe essere chiamato a testimoniare: è una voce fondata? E, nel caso, da che parte pensa potrebbe stare Cavina in questa vicenda?

Monsignor Cavina è uno dei testimoni che ho indicato personalmente. Se la sua testimonianza sarà a favore o contro lo vedremo in seguito. Di sicuro, quale vescovo emerito di Carpi, una volta prestato il giuramento da testimone, non potrà esimersi dal raccontare ciò che sa. Ritengo che la sua deposizione potrebbe rivelarsi particolarmente interessante. Tuttavia, non sarà sentito a gennaio. La sua audizione avverrà eventualmente nel corso delle indagini o durante il processo, qualora si giunga a quella fase.

 

Tornando alla scorsa primavera, e all’aggressione che avrebbe subito il curatore della mostra Andrea Saltini, può dirci se ci sono stati sviluppi? Possibile che dopo tutto questo tempo non si sia individuato un presunto colpevole?

Ad oggi, non ci sono stati sviluppi rilevanti. È curioso come, nonostante la gravità dell’accusa e il clamore mediatico suscitato, non sia stato identificato alcun responsabile. Questo silenzio potrebbe essere letto in due modi: o l’episodio è stato sovrastimato, o c’è una mancanza di elementi concreti per sostenere la versione fornita. In ogni caso, l’assenza di progressi investigativi contribuisce ad alimentare dubbi. Non a caso abbiamo richiesto al GIP di disporre l’acquisizione delle copie del fascicolo che è stato aperto in alto procedimento.

 

Cristiano Lugli

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Spirito

La chiesa africana respinge l’«arcivescova» di Canterbury

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La Chiesa anglicana della Nigeria ha ufficialmente rigettato la nomina della prima «arcivescova» di Canterbury. La reazione era stata pienamente anticipata.   L’arcivescovo nigeriano, metropolita e primate della Chiesa nigeriana, Henry Ndukuba, ha definito l’elezione di Sarah Mullally un «doppio rischio»: in primo luogo, perché impone una leadership femminile a chi non può accettarla, e in secondo luogo, perché promuove «una forte sostenitrice del matrimonio tra persone dello stesso sesso».   In una dichiarazione pubblicata lunedì su Facebook, Ndukuba si è chiesto come Mullally «speri di ricucire il tessuto già lacerato della Comunione anglicana», considerando i dibattiti in corso sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.   Lo Ndukuba ha sottolineato che la Nigeria, parte della Global Fellowship of Confessing Anglicans (GAFCON), «riafferma la sua precedente posizione di sostenere l’autorità delle Scritture» e rifiuta quella che ha chiamato «l’agenda revisionista» presente in alcune sezioni della Comunione.

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«Questa elezione è un’ulteriore conferma che il mondo anglicano globale non può più accettare la guida della Chiesa d’Inghilterra e quella dell’arcivescovo di Canterbury», ha dichiarato Ndukuba.   La GAFCON ha espresso «dispiacere» per la nomina di Mullally, sostenendo che la Chiesa d’Inghilterra ha «abbandonato gli anglicani nel mondo» e ha perso la sua autorità morale. La Chiesa d’Inghilterra non ha ancora risposto alla dichiarazione nigeriana.   Sarah Mullally, 63 anni, è stata nominata venerdì come 106° Arcivescovo di Canterbury, dopo l’approvazione della sua candidatura da parte di Re Carlo III. Assumerà l’incarico a gennaio, dopo la conferma definitiva dei vertici della Chiesa d’Inghilterra, diventando la prima donna a ricoprire questo ruolo.

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In gran parte dell’Africa subsahariana, la Chiesa anglicana e altre denominazioni cristiane mantengono una visione tradizionale su matrimonio e genere. La Chiesa della Nigeria, una delle più grandi province anglicane, definisce il matrimonio esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna e non ordina donne come sacerdoti o vescovi.   In Kenya, nonostante la consacrazione del vescovo Rose Okeno abbia rappresentato una svolta storica, le donne in ruoli episcopali rimangono rare e le unioni tra persone dello stesso sesso sono fermamente respinte. Posizioni conservatrici simili predominano in Uganda e in gran parte dell’Africa orientale e occidentale. L’eccezione principale è la Chiesa anglicana dell’Africa meridionale, che ammette donne vescovo ma continua a sostenere l’insegnamento tradizionale sul matrimonio.   Come riportato da Renovatio 21la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».   «La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).  

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Gender

Il cardinale Zen condanna il «pellegrinaggio» LGBT nella Basilica di San Pietro: «offesa a Dio»

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Il cardinale Joseph Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT in Vaticano e si è unito agli appelli di altri vescovi affinché compiano riparazioni per la profanazione della Basilica di San Pietro. Lo riporta LifeSite.

 

In una dichiarazione in lingua cinese pubblicata mercoledì, Zen ha scritto: «recentemente è emersa la notizia che un’organizzazione LGBTQ+ ha organizzato un evento per l’Anno Santo, in cui i partecipanti sono entrati nella Basilica di San Pietro a Roma per attraversare la Porta Santa».

 

«Ostentavano oggetti di scena color arcobaleno, indossavano abiti con slogan e coppie dello stesso sesso si tenevano per mano con passione: era puramente un’azione di protesta», ha osservato il vescovo emerito di Hong Kong.

 

«Questo non era un pellegrinaggio giubilare (in cui i credenti rinnovano i voti battesimali, si pentono dei peccati e si impegnano a riformarsi). Tali azioni offendono gravemente la fede cattolica e la dignità della Basilica di San Pietro: una grave offesa a Dio!»

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«Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha poi emesso alcuna condanna. Troviamo ciò davvero incomprensibile!»

 

Zen ha sottolineato che «coloro che provano attrazione per persone dello stesso sesso» dovrebbero essere trattati con beneficenza; tuttavia, «non possiamo dire loro che il loro stile di vita è accettabile».

 

«Non siamo Dio», ha continuato. «Dio ci chiama a trasmettere ciò che Gesù ci ha insegnato: il vero amore per loro. Dobbiamo aiutarli a ottenere la grazia attraverso la preghiera e i sacramenti per resistere alla tentazione, vivere virtuosamente e percorrere la via verso il cielo».

 

Zen ha fatto riferimento alla richiesta di atti di riparazione avanzata da quattro vescovi: il vescovo Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan; il vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito di Tyler, Texas; il vescovo Marian Eleganti, vescovo ausiliare emerito di Coira, Svizzera; e il vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, Paesi Bassi.

 

Il porporato cinese ha affermato di sostenere fermamente questo appello e ha suggerito che, dopo la Festa di metà autunno in Cina, i fedeli dovrebbero «riunirsi con i parrocchiani vicini per tre giorni per recitare le preghiere allegate».

 

«Inoltre, compite un atto di abnegazione o un atto di carità per offrire riparazione davanti a Dio per i peccati dei nostri fratelli e sorelle che hanno sbagliato», ha concluso.

 

Il cardinale Zen ha allegato al suo messaggio la preghiera di riparazione compilata dai quattro vescovi e recitata alla Conferenza sull’identità cattolica lo scorso fine settimana.

 

Il vescovo emerito di Hong Kong si aggiunge alla lista dei prelati ortodossi che hanno pubblicamente condannato il «pellegrinaggio LGBT» in Vaticano. Oltre ai quattro vescovi che hanno redatto la preghiera di riparazione, l’evento è stato criticato anche dal cardinale Gerhard Müller, che ha affermato che si trattava «indubbiamente» di un sacrilegio.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Zen la scorsa estate aveva scritto che «il Dio misericordioso è così disgustato dai comportamenti sessuali tra persone dello stesso sesso perché questo crimine è troppo lontano dal piano di Dio per l’uomo (…) Il Suo piano è che un uomo e una donna si uniscano in un solo corpo con un unico ed eterno amore e cooperino con Dio. Una nuova vita può nascere e crescere nel calore della famiglia».

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato lo Zen si era scagliato contro Fiducia Supplicans arrivando a chiedere le dimissioni dell’autore del testo, il cardinale Victor «Tucho» Fernandez, eletto da Bergoglio a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede.

 

Il porporato in questi mesi ha attaccato con estrema durezza il Sinodo sulla Sinodalità, accusando Bergoglio di usare i sinodi per «cambiare le dottrine della Chiesa», nonché «rovesciare» la gerarchia della Chiesa per creare un «sistema democratico».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il cardinale Zen ha celebrato una messa tradizionale per la festa del Corpus Domini e ha guidato una processione per le strade di Hong Kongo, città dove le autorità, ora dipendenti da Pechino, lo hanno arrestato ed incriminato, nel silenzio più scandaloso del Vaticano (mentre, incredibilmente, il Parlamento Europeo esorta la Santa Sede a difenderlo!), con il papa Bergoglio a rifiutarsi di difendere il cardinale in nome del «dialogo» con la Cina comunista che lo perseguita.

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Immagine di Rock Li via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine tagliata 

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Misteri

Candace Owens pubblica i presunti messaggi di Charlie Kirk: «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore»

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Candace Owens ha pubblicato presunti messaggi personali del defunto Charlie Kirk che dimostrano un crescente interesse per la Chiesa cattolica. Lo riporta LifeSite.   In uno dei messaggi, Kirk affermava che «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore». Owens ha affermato che Kirk le ha inviato il messaggio nel febbraio 2024 durante conversazioni private sulla teologia e sull’uso politico del termine «giudeo-cristiano».   Candace ha descritto l’osservazione come parte di uno scambio continuo tra amici, aggiungendo di non aver mai affermato che Kirk si fosse convertito o si stesse preparando a farlo. «Charlie stava attraversando alcuni cambiamenti spirituali verso la fine», ha detto l’attivista, affermando che Kirk «non frequentava la chiesa del pastore Rob McCoy», ma piuttosto andava a messa ogni settimana e a volte anche più spesso.  

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Owens ha anche attirato l’attenzione sul ciondolo di San Michele che Kirk indossava al momento della morte, aggiungendo che la sua vedova, Erika, aveva portato un vescovo a pregare sul suo corpo in seguito, e in precedenza aveva portato un prete a casa loro per pregare dopo una «fattura» comminatagli pubblicamente da giornalisti di sinistra.   Aveva anche parlato positivamente dell’importanza della Madonna, presentandola come la «soluzione al femminismo tossico» e invitando gli evangelici a venerarla di più.     Tuttavia, pur notando che i cattolici «speravano che avrebbe fatto il passo successivo perché stava pregando il Rosario», Owens ha insistito sul fatto che Kirk non aveva deciso di convertirsi e che lei non aveva mai affermato il contrario.   La rivelazione arriva nel mezzo di controversie in corso sulla vita spirituale e l’eredità di Kirk, seguite al suo assassinio a settembre. Alex Clark e Andrew Kolvette della TPUSA avevano recentemente discusso dell’interesse di Kirk per il cattolicesimo, definendolo più estetico che teologico.   «Stava diventando cattolico? No», ha detto Kolvet, produttore e caro amico di Kirk. «Ma amava molto la Messa cattolica. Amava il suo rituale. Amava la bellezza delle antiche chiese cattoliche e le vetrate. E lui ed Erika ci andavano ogni tanto».   «Mi è sembrata una specie di insabbiamento», ha detto la Owens a proposito di questa conversazione, chiedendosi perché personaggi vicini a Kirk si fossero affrettati ad affermare che non si stava avvicinando al cattolicesimo.   «Sono rimasto un po’ stupita», ha detto Candace, definendo il modo in cui hanno parlato dell’argomento un «tentativo inautentico di dissuadere l’idea che Charlie si stesse ammorbidendo nei confronti del cattolicesimo».   Le opinioni religiose di Kirk sono diventate un punto focale nella più ampia lotta sulla sua eredità, con personalità interne a Turning Point, e commentatori come la Owens che offrono resoconti divergenti delle sue posizioni private su questioni di fede.   Il giornalista della testata d’inchista di sinistra Grayzone Max Bluementhal ha sottolineato che un’eventuale conversione al cattolicesimo di Charlie lo avrebbe reso forse più distante dall’influenza israeliana, che abbonda tra gli evangelici americani da cui il ragazzo proveniva.   Bluementhal aveva pubblicato uno scoop che raccontava come Kirk avesse rifiutato 160 milioni offerti dal primo ministro israeliano Netanyahu a Turning Point USA (per portarlo «al prossimo livello») e come fosse stato invitato ad un ritrovo nella prestigiosa magione del miliardario hedge fund sionista Bill Ackman, dove gli sarebbe stata fatta pressione al punto che una lobbista israeliana britannica gli avrebbe pure urlato.

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Parimenti, è stato detto che amici avessero rivelato come Charlie avesse «paura» delle forze di Israele, di cui pure era stato un accanito sostenitore. L’insofferenza di Kirk per le pressioni che gli stavano mettendo – specie dopo che aveva fatto parlare ad un evento estivo il giornalista Tucker Carlson e il comico Dave Smith, considerati ora come anti-Israele – erano state rese pubbliche durante una trasmissione con la celebre giornalista Megyn Kelly.   Tutti coloro che si sono interessati del caso ci tengono a ricordare, tuttavia che non vi sono prove che Israele sia implicato nell’omicidio di Kirk.   Come riportato da Renovatio 21, a ribadire l’estraneità dello Stato Ebraico è stato più volte, alla TV americana e in videomessaggi pubblici sui social, il premier israeliano Beniamino Netanyahu, il quale per qualche ragione ha negato simultaneamente anche le accuse sugli assassinii rituali ebraici medievali con vittime i bambini cristiani, come San Simonino.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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