Salute
Vaccini COVID e trasfusioni, studio giapponese chiede la sospensione a causa dei problemi di contaminazione delle banche del sangue
Secondo un recente studio giapponese, ricevere trasfusioni di sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 potrebbe rappresentare un rischio medico per i riceventi non vaccinati poiché numerosi eventi avversi vengono segnalati tra le persone vaccinate in tutto il mondo. Lo riporta la testata americana Epoch Times.
La revisione dello studio preprint, pubblicata il 15 marzo, ha esaminato se ricevere sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 è sicuro o rappresenta un rischio per la salute. Molte nazioni hanno riferito che l’uso del vaccino mRNA ha provocato «trombosi post-vaccinazione e conseguenti danni cardiovascolari, nonché un’ampia varietà di malattie che coinvolgono tutti gli organi e sistemi, compreso il sistema nervoso».
Le vaccinazioni ripetute possono rendere le persone più vulnerabili al COVID-19, ha affermato. Se il sangue contiene proteine spike, diventa necessario rimuovere queste proteine prima della somministrazione e non esiste attualmente una tecnologia del genere disponibile, hanno scritto gli autori.
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Contrariamente alle aspettative precedenti, è stato scoperto che i geni e le proteine dei vaccini genici persistono nel sangue dei soggetti vaccinati per «periodi di tempo prolungati». Inoltre, «una serie di eventi avversi derivanti dai vaccini genetici vengono ora segnalati in tutto il mondo». Ciò include una vasta gamma di malattie legate al sangue e ai vasi sanguigni.
Alcuni studi hanno riportato che la proteina «spike» nei vaccini mRNA è neurotossica e in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, afferma la revisione. «Pertanto, non vi è più alcun dubbio che la proteina spike utilizzata come antigene nei vaccini genetici sia essa stessa tossica».
Inoltre, le persone che hanno effettuato più iniezioni di vaccini a mRNA possono avere diverse esposizioni allo stesso antigene in un breve lasso di tempo, il che può portare a «imprimere una risposta immunitaria preferenziale a quell’antigene».
Ciò ha portato i destinatari del vaccino COVID-19 a diventare «più suscettibili a contrarre il COVID-19».
Date tali preoccupazioni, i professionisti medici dovrebbero essere consapevoli dei «vari rischi associati alle trasfusioni di sangue utilizzando prodotti sanguigni derivati da persone che hanno sofferto di COVID a lungo termine e da destinatari di vaccini genetici, compresi coloro che hanno ricevuto vaccini a mRNA».
L’impatto di tali vaccini genetici sugli emoderivati così come i danni effettivi da essi causati sono attualmente sconosciuti, hanno scritto gli autori.
«Al fine di evitare questi rischi e prevenire un’ulteriore espansione della contaminazione del sangue e una complicazione della situazione, chiediamo con forza che la campagna di vaccinazione con vaccini genetici venga sospesa e che venga effettuata una valutazione del rapporto rischio-beneficio il prima possibile».
La vaccinazione ripetuta di vaccini genetici può anche finire per causare «alterazioni nella funzione immunitaria» tra i riceventi. Ciò aumenta il rischio di malattie gravi dovute a infezioni opportunistiche o virus patogeni, che non sarebbero state un problema se il sistema immunitario fosse normale, afferma la revisione.
«Pertanto, nell’ottica del tradizionale contenimento delle malattie infettive, è necessaria maggiore cautela nel prelievo di sangue da soggetti vaccinati genetici e nella successiva manipolazione degli emoderivati, così come durante i trapianti di organi solidi e anche negli interventi chirurgici, al fine di evitare il rischio di infezioni accidentali trasmesse per via ematica», ha affermato.
La revisione è stata finanziata dai membri della Società giapponese per le complicanze legate ai vaccini e dalla Volunteer Medical Association. Gli autori non hanno dichiarato alcun conflitto di interessi.
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La revisione ha sottolineato che lo stato di vaccinazione genetica dei donatori di sangue non viene raccolto dalle organizzazioni, anche se l’uso di tale sangue può comportare rischi per i pazienti. Pertanto, gli autori hanno raccomandato che, quando i prodotti sanguigni derivano da tali persone, «è necessario confermare la presenza o l’assenza di proteine spike o mRNA modificato come in altri test per agenti patogeni».
«Se si scopre che il sangue contiene la proteina Spike o un gene modificato derivato dal vaccino genetico, è essenziale rimuoverli», afferma. «Tuttavia, al momento non esiste un modo affidabile per farlo».
Poiché «non esiste un modo per rimuovere in modo affidabile la proteina patogena o l’mRNA, suggeriamo che tutti questi prodotti sanguigni vengano scartati fino a quando non verrà trovata una soluzione definitiva».
Gli autori hanno sottolineato che casi di encefalite tra le persone che hanno ricevuto sangue da soggetti vaccinati contro la dengue sono stati segnalati solo l’anno scorso. Ciò suggerisce che l’attuale sistema di tracciamento e gestione dei prodotti sanguigni «non è adeguato».
Poiché i vaccini genetici sono stati implementati su scala globale per una popolazione massiccia, «si prevede che la situazione sarà già complicata» rispetto ai precedenti disastri farmaceutici.
Pertanto, esiste un «urgente bisogno» di leggi e trattati internazionali relativi alla gestione dei prodotti sanguigni, hanno scritto gli autori.
La questione delle trasfusioni di sangue da soggetti vaccinati contro il COVID-19 è stata molto controversa. Nel 2022, un tribunale della Nuova Zelanda si è pronunciato contro i genitori di un figlio neonato malato dopo aver rifiutato le trasfusioni di sangue di persone vaccinate. I genitori avevano chiesto al sistema sanitario di consentire la trasfusione di sangue da soggetti non vaccinati, con donatori già disposti a contribuire. Nella sua sentenza, il tribunale ha privato i genitori della custodia medica del figlio.
In Canada i medici hanno segnalato anche l’andamento della resistenza delle persone alle trasfusioni di sangue dei vaccinati. Parlando alla CBC nel 2022, il dottor Dave Sidhu, responsabile medico dell’Alberta meridionale per la medicina trasfusionale e dei trapianti, ha affermato che i genitori di bambini malati richiedevano sangue non vaccinato.
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«Lo vediamo circa una o due volte al mese, in questa fase. E la preoccupazione ovviamente è che queste richieste possano aumentare», disse allora.
Nello Stato americano del Wyoming, la deputata repubblicana Sarah Penn ha sponsorizzato un disegno di legge che impone che il sangue donato da persone che hanno effettuato iniezioni di COVID-19 venga etichettato. Ciò consentirà ai riceventi che non desiderano accettare tale sangue di rifiutarlo.
In un’intervista con il Cowboy State Daily, la Penn ha dichiarato che «per vari motivi, molte persone hanno intenzionalmente cercato di tenere le terapie a base di mRNA fuori dai loro corpi, fino al punto che alcuni hanno perso i loro mezzi di sussistenza (…) Le loro preoccupazioni sono giustificate».
Come riportato da Renovatio 21, pochi mesi dopo la vicenda canadese si ebbe il caso del piccolo Alex un bambino americano morto dopo che l’ospedale aveva rifiutato una trasfusione di sangue non vaccinato.
Trasfusioni e patria potestà furono al centro di un drammatico caso anche in Italia, con pronunciamento dei giudici.
Il tema delle scorte di sangue, e della possibilità di scegliere il proprio donatore, non è ancora affrontato dalla Sanità e dalla politica, tuttavia è un punto nodale nel quale si esprime la frattura sociale e biologica creatasi con le vaccinazioni COVID.
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Immagine su licenza Envato
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Farmaci
Il Viagra potrebbe invertire la sordità: studio
Il Viagra potrebbe presto avere un utilizzo del tutto inaspettato: non solo per la «durezza» in camera da letto, ma anche per contrastare una forma ereditaria di sordità permanente.
Uno studio pubblicato su The Journal of Clinical Investigation ha individuato una rara mutazione nel gene CPD che provoca ipoacusia neurosensoriale, una perdita dell’udito dovuta alla morte delle cellule ciliate dell’orecchio interno.
Ricercatori dell’Università di Chicago, di Miami e di alcune istituzioni turche hanno scoperto che questa condizione può essere contrastata con due semplici trattamenti: un comune integratore di arginina e, sorprendentemente, il sildenafil, ovvero il principio attivo del Viagra.
Il gene CPD regola i livelli di arginina nelle cellule ciliate, essenziale per produrre ossido nitrico e trasmettere correttamente i segnali sonori. Quando il gene è mutato, si genera stress ossidativo che uccide queste cellule, portando alla sordità.
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Test su moscerini della frutta portatori della stessa mutazione hanno dimostrato che sia il sildenafil (che stimola la produzione di ossido nitrico) sia l’integrazione di arginina sono in grado di ripristinare, almeno parzialmente, la capacità uditiva.
«Questo studio è particolarmente entusiasmante perché abbiamo identificato una nuova causa genetica di sordità e, soprattutto, un bersaglio terapeutico in grado di attenuarla», ha commentato la coordinatrice Rong Grace Zhai, professoressa all’Università di Chicago. «Si tratta di un ottimo esempio di come farmaci già approvati dalla FDA possano essere riutilizzati per trattare malattie rare».
Se i risultati saranno confermati sull’uomo, il Viagra potrebbe diventare parte di una terapia rivoluzionaria per una forma di sordità finora considerata incurabile.
Il Viagra (sildenafil) fu scoperto per caso negli anni ’80 dai laboratori Pfizer a Sandwich, Inghilterra, durante trials clinici su un nuovo farmaco anti-angina chiamato UK-92,480.
I ricercatori notarono che il composto, un inibitore della PDE5, non migliorava significativamente l’angina, ma provocava erezioni frequenti e durature nei pazienti.
Nel 1991-1993 studi specifici confermarono l’effetto sul tessuto erettile del pene, aprendo la strada alla riconversione del farmaco.
Il 27 marzo 1998 la FDA statunitense approvò il sildenafil come primo farmaco orale per la disfunzione erettile, commercializzato come Viagra Da farmaco cardiovascolare fallito a icona globale, il Viagra generò miliardi di dollari in pochi anni.
L’idea che circola a volte online secondo cui il Viagra fosse stato sviluppato originariamente contro la caduta dei capelli) è una leggenda metropolitana, spesso confuso con la vera storia di un altro farmaco, il minoxidil, che negli anni Sessanta e Settanta era stato sviluppato dalla Upjohn come anti-ipertensivo orale, ma che fece notare in fase di test fenomeni di ipertricosi (crescita anomala di peluria) e che negli anni Ottanta fu riformulato in soluzione topica e approvato come primo farmaco contro l’alopecia androgenetica.
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Immagine di Kehkasha via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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