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«Una banda di drogati e neonazisti»

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Parlando di una banda di drogati e di neonazisti al potere a Kiev, il presidente Putin ha suscitato grande scandalo. La stampa atlantista lo presenta come un malato di mente. Ma i fatti sono innegabili: il potere in Ucraina è in mano a una banda di drogati che si è appropriata delle entrate del gas; è stata votata una legge razziale; sono stati eretti monumenti al collaboratore nazista Stepan Bandera. E due battaglioni nazisti fanno già parte dell’esercito regolare.

 

 

Oggi è impossibile decifrare la strategia militare della Russia perché non abbiamo un resoconto esatto delle operazioni sul campo.

 

Solo gli stati-maggiori russo e della NATO sono in grado di farlo. Quanto viene diffuso è, nel caso dei giornali occidentali e del governo ucraino, evidentemente falso; nel caso delle forze armate di Russia, Donetsk e Lugansk inverificabile.

 

Sicuramente per ora gli scontri si limitano al territorio ucraino, ma il conflitto riguarda Russia e Stati Uniti, soltanto accidentalmente l’Ucraina.

 

Ci aspettiamo che nei prossimi giorni la Russia alzi il tono e allarghi il conflitto a un secondo teatro operativo.

 

In attesa degli eventi spiego a cosa si riferiva il presidente Putin definendo le autorità ucraine «una banda di drogati e neonazisti», affermazione estremamente scioccante ma molto fondata.

 

Può darsi che il presidente Putin attribuisca troppa importanza a questi fatti, o forse noi Occidentali li minimizziamo.

 

 

«Una banda di drogati»

Il governo di Viktor Yanukovich (2010-2014) cercava di barcamenare l’Ucraina tra il vicino russo e l’amico statunitense. Ma siccome «Chi non è con noi è contro di noi», come disse il presidente Bush figlio, gli Occidentali lo consideravano filo-russo.

 

Yanukovich fu rovesciato dagli Stati Uniti con la «Rivoluzione della dignità» su piazza Maidan, diretta dal segretario di Stato per l’Eurasia, la straussiana Victoria Nuland.

 

Il regime transitorio cadde in mano a rivoltosi di professione. Scoperta la portata della corruzione della cricca di Yanukovich, gli straussiani decisero che avrebbero potuto mettere le mani su una montagna di denaro ancor più grande.

 

Il 3 aprile 2014 uno degli ex consiglieri del segretario di Stato USA John Kerry, il truffatore David Archer, e il suo compagno di sballo Hunter, figlio dell’allora vicepresidente Joe Biden, incontrarono in Italia, all’Ambrosetti Club sul lago di Como, il miliardario Stephen Schwartzman, direttore del fondo d’investimento Blackstone (da non confondersi con Blackrock).

 

David Archer fu inserito nel consiglio di amministrazione di Burisma Holdings, una delle principali società gasiere ucraine, il cui proprietario era sotto procedura giudiziaria dell’FBI e dell’MI5. Gli agenti statunitensi e britannici erano convinti che il proprietario di Burisma, nonché ministro delle risorse naturali del regime Yanukovich, l’oligarca Mykola Zlochevsky, avesse illegalmente concesso licenze a società gasiere e petrolifere di sua proprietà.

 

Come uomo di paglia di Burisma, Archer fu pagato 83.333 dollari al mese. Sul sito della compagnia venne messa una foto che lo ritraeva alla Casa Bianca in compagnia del vicepresidente Joe Biden.

 

Il vicepresidente Joe Biden e i consiglieri Jake Sullivan e Antony Blinken andarono a Kiev per promettere al nuovo regime l’aiuto degli Stati Uniti e organizzare elezioni credibili. Ma le oblast’ [regioni] di Donetsk e Lugansk non riconobbero il governo provvisorio, di cui facevano parte cinque ministri nazisti, e proclamarono l’indipendenza.

 

L’indomani, il 12 maggio 2014, il figlio del vicepresidente Biden, il drogato Hunter, entrò a sua volta nel consiglio di amministrazione di Burisma Holding. In seguito un terzo personaggio, Cristopher Heinz, cognato del segretario di Stato John Kerry, si aggiunse a David Archer e Hunter Biden.

 

Nel secondo semestre 2014, su istruzioni di David Archer e Hunter Biden, Burisma versò sottobanco 7 milioni di dollari al procuratore generale del nuovo regime di Petro Poroshenko per redigere falsi documenti e chiudere le azioni giudiziarie contro Burisma e il suo proprietario, l’oligarca Zlochevsky.

 

In un’intercettazione telefonica Poroshenko conferma al vicepresidente Biden che la faccenda è «sistemata». Gli Stati Uniti poterono così riciclare l’ex ministro del «filorusso» Yanukovitch. Il procuratore generale, diventato troppo esoso, fu allontanato con un voto del parlamento, istigato da Stati Uniti, Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale; lo scopo era salvare l’oligarca, nonché ex-primo ministro, Yulia Timoshenko, ma spendendo meno denaro.

 

Questi fatti, diffusamente riportati dalla stampa ucraina, non sono che la punta dell’iceberg: per esempio, secondo il Wall Street Journal il segretario per l’Energia degli Stati Uniti, Rick Perry, avrebbe fatto pressione sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky per cacciare gli amministratori della società gasiera pubblica Naftogaz e sostituirli con altri, fra i quali lo straussiano Amos Hochstein.

 

A luglio 2019 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump chiese all’omologo ucraino Volodymyr Zelensky d’indagare su queste vicende di corruzione, senza escludere quella che riguardava il segretario statunitense per l’Energia Perry. Zelensky rifiuta. Trump si fa sempre più insistente, ma un funzionario dell’intelligence USA rivela il contenuto della conversazione e accusa il presidente Trump di strumentalizzare l’Ucraina per nuocere al proprio avversario, il candidato democratico Joe Biden. Ne seguirà una procedura di destituzione del presidente Trump, l’Ucrainagate.

 

Il meno che si possa dire è che ci sono stati tantissimi episodi di corruzione; che sono stati perpetrati a beneficio di personalità ucraine e statunitensi; che sono sparite decine di miliardi di dollari sottratti agli ucraini, il cui livello di vita è crollato.

 

Il tutto è avvenuto con la compiacenza di uomini di paglia, privi di ogni competenza sul gas, che condividono la frequentazione delle serate a base di droga di Hunter Biden. A tutto questo si riferiva, con ragione, il presidente Putin.

 

Sul versante europeo tutti hanno constatato che in un anno il prezzo al consumo del gas è decuplicato. Certamente la domanda supera l’offerta, ma questo non basta a spiegare l’esplosione dei prezzi.

 

In realtà, oggi i contratti di gas a lungo termine sono stipulati in base a prezzi di poco superiori a quelli passati, mentre i prezzi dei contratti a breve termine si sono impennati. La differenza si spiega con la speculazione.

 

E proprio Blackstone, nonché gli amici del presidente Biden sono stati i primi a speculare: evidentemente si aspettavano una crisi in uno dei Paesi produttori.

 

Si spiega così perché la stampa atlantista minimizzi l’affare Hunter Biden, in cui il padre, l’attuale presidente degli Stati Uniti, è coinvolto fino al collo. Alla fin fine l’operazione militare in corso in Ucraina provoca un ulteriore rialzo dei prezzi del gas, sempre a vantaggio degli amici del presidente USA e a danno degli europei.

 

Bisogna mettere in relazione questi fatti con quanto ho scritto nel precedente articolo di questa serie. Jake Sullivan, Antony Blinken e Victoria Nuland, i manovratori di questi intrallazzi, sono Straussiani. E, come scriveva nel 1992 il primo di loro, Paul Wolfowitz, «il principale rivale degli Stati Uniti è l’Unione Europea, cui bisogna impedire a ogni costo lo sviluppo».

 

Tutto sommato questi fatti sono affari interni ucraini e dell’Europa occidentale. Non giustificano un intervento esterno.

 

 

«Una banda di neonazisti»

Il presidente Putin ha parlato anche di una «banda di neonazisti». In questo caso non un piccolo gruppo di poche decine di persone, ma di migliaia: tra 10 e 20 mila.

 

Per capire a cosa alludeva Putin bisogna ricordarsi che alla fine della seconda guerra mondiale Stati Uniti e URSS fecero prigionieri numerosi dignitari nazisti. Entrambi i Paesi cercarono di ricavarne informazioni. I sovietici li rispedirono a casa dopo otto mesi, gli statunitensi invece ne trattennero alcuni e li riciclarono.

 

È noto che, per esempio, lo scienziato nazista che inventò le V2, Werner von Braun, diventò direttore della NASA (Operazione Paperclip). Come è altrettanto noto che il consigliere speciale del cancelliere Adolf Hitler per il Nuovo Ordine in Europa, Walter Hallstein, fu il primo presidente dell’Unione Europea.

 

E ancora, che l’alpinista Heinrich Harrer provvide su incarico della CIA all’educazione del Dalai Lama. Meno noto è invece che la CIA riciclò un po’ ovunque nel mondo anche molti SS e poliziotti della Gestapo. Per esempio, mise l’ex Gestapo Klaus Barbie a capo dei servizi della Bolivia, dove riuscì ad assassinare Che Guevara, e collocò l’SS Alois Brunner in Siria, all’epoca Paese alleato di Washington.

 

Per tutta la guerra fredda la CIA utilizzò nazisti. Il presidente Jimmy Carter incaricò l’ammiraglio Stansfield Turner di rimettere ordine nell’Agenzia, di limitare il ruolo di questi agenti e di farla finita con le dittature. La maggior parte dei nazisti furono allontanati, ma quelli che potevano essere operativi nel Patto di Varsavia continuarono a essere usati. Così il presidente Ronald Reagan esaltò le «nazioni prigioniere» dell’Europa dell’Est, creando una sequela di associazioni finalizzate alla destabilizzazione degli Stati del Patto di Varsavia, nonché dell’URSS.

 

È quindi affatto logico che nel 2007 la CIA abbia organizzato a Ternopol (Ucraina) un congresso di neonazisti europei e di jihadisti mediorientali anti-russi. Avrebbero dovuto presiederlo il nazista ucraino Dmitro Yarosh e l’emiro ceceno Doku Umarov.

 

Quest’ultimo, ricercato dall’Interpol, non poté essere fisicamente presente e mandò un messaggio video di sostegno. In seguito i neonazisti e gli jihadisti combatterono insieme per imporre l’Emirato islamico di Ichkeria, in sostituzione della Repubblica di Cecenia.

 

Nel 2013, in Polonia, la NATO addestrò al combattimento urbano uomini di Dmitro Yarosh, poi usati nell’operazione in Ucraina di cambiamento di regime, condotta da Victoria Nuland: la «Rivoluzione della dignità», o «EuroMaidan». La maggior parte dei giornalisti sul posto notò l’inquietante presenza dei neonazisti, ma le personalità occidentali che parteciparono alla «rivoluzione», come Bernard-Henri Lévy, chiusero gli occhi.

 

Nei mesi che seguirono, la presenza di cinque ministri nazisti nel governo di transizione provocò i referendum per l’indipendenza nelle oblast’ di Donetsk e Lugansk.

 

Il presidente Petro Porochenko, consigliato dagli amici di Hunter Biden, organizzò i neonazisti in unità militari, che schierò alla frontiera con le nuove Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.

 

I gruppi neonazisti erano finanziati dal padrino della mafia locale, Ihor Kolomoisky, cui il fatto di essere presidente della Comunità ebraica dell’Ucraina non impedì di selezionarne alcuni come sicari al proprio servizio. Tuttavia, quando, grazie al denaro e alle minacce, Kolomoisky tentò di assumere il controllo delle organizzazioni ebraiche europee, fu espulso.

 

Per rovesciare il presidente Poroshenko, Kolomoisky costruì di sana pianta un nuovo uomo politico, producendo una serie televisiva (Servitore del popolo), il cui protagonista era un certo Volodymyr Zelensky. Quest’ultimo, una volta eletto presidente, accettò tutti i consigli degli Straussiani, tornati nel frattempo alla Casa Bianca.

 

Il neo-presidente eresse monumenti a Stepan Bandera, capo dei collaboratori nazisti durante la seconda guerra mondiale, appoggiandone l’ideologia: la popolazione ucraina ha due origini, scandinava e proto-germanica da un lato, slava dall’altro. Solo chi appartiene alla prima è ucraino, gli altri sono russi, cioè subumani. Promulgò poi una «Legge sui popoli autoctoni» che priva gli ucraini di origine slava del godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Una legge che non è ancora stata applicata.

 

Per sette anni i gruppi neonazisti hanno massacrato a caso gli abitanti del Donbass. Francia e Germania, garanti degli accordi di Minsk, non hanno fatto nulla. Anche le Nazioni Unite hanno chiuso gli occhi. Per sette anni questi gruppi si sono allargati, passando da alcune centinaia a migliaia di soldati.

 

Su richiesta di Victoria Nuland, il presidente Zelensky ha nominato Dmitro Yarosh consigliere speciale del capo delle forze armate.

 

Quest’ultimo, evidentemente imbarazzato, si è rifiutato di commentare la strana coppia che forma con Yarosh, limitandosi ad alludere a problemi di «sicurezza nazionale». Yarosh ha riorganizzato i neonazisti in due battaglioni e in gruppi urbani. Durante il week-end della Conferenza di Monaco sulla Sicurezza ha lanciato un vasto attacco alle oblast’ separatisti, provocando la risposta russa.

 

Il 3 marzo il Battaglione nazista Aidar è stato vinto dall’esercito russo. Il presidente Zelensky ha nominato governatore di Odessa il loro capo, con l’incarico d’impedire all’esercito russo di collegare Crimea e Transnistria.

 

Sono fatti indiscutibili. Si può giudicare la risposta russa sproporzionata e inappropriata, ma non ingiustificata.

 

Bisogna altresì tener presente che la Seconda Guerra Mondiale è stata vissuta in modo diverso in Occidente e in Oriente.

 

In Europa occidentale il nazismo fu una dittatura che perseguitò le minoranze, zigani ed ebrei, imprigionate e uccise a milioni nei campi di concentramento.

 

In Europa orientale il progetto era diverso: liberare uno spazio vitale sterminando tutta la popolazione slava. Non occorrevano i campi di concentramento, bisognava uccidere tutti. Le devastazioni non sono comparabili. La Russia ha contato da sola 27 milioni di morti.

 

La Russia moderna si è costruita sul ricordo della Grande Guerra Patriottica contro il nazismo. Per i russi è inaccettabile portare croci uncinate e votare una legge razziale. Bisogna agire prima che venga applicata.

 

 

Thierry Meyssan

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

Immagine di MK via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

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La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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