Bizzarria
Ultra-maratoneta sospesa perché in gara ha usato l’auto
L’atleta di ultra-marathon britannica Joasia Zakrzewski è stata sospesa per 12 mesi dopo che è stato scoperto che aveva utilizzato un’auto per un tratto di una corsa di 80 chilometri all’inizio di quest’anno. L’ultramaratoneta aveva accettato un trofeo per essere arrivata terza.
La 47enne ha ammesso alle autorità sportive di essere entrata nell’auto di un amico durante la gara GB Ultras Manchester-Liverpool del 2023 ad aprile.
In una lettera indirizzata a una commissione investigativa, ha affermato di aver utilizzato il veicolo solo dopo aver informato i commissari che si sarebbe ritirata dall’evento a causa di un infortunio e che avrebbe partecipato su base non competitiva, aggiungendo di aver accettato il trofeo per essersi classificata terza solo perché era disorientata dopo essere arrivata con un volo dall’Australia la notte precedente.
«Accetto le mie azioni il giorno in cui ho viaggiato in macchina e poi ho completato la corsa, tagliando il traguardo e ricevendo in modo inappropriato una medaglia e un trofeo, che non ho restituito immediatamente come avrei dovuto», ha scritto la Zakrzewski in una lettera al comitato.
Le prove GPS hanno mostrato che la Zakrzewski, che ha gareggiato a livello internazionale per le squadre britanniche di atletica di lunga distanza in numerose occasioni e ha stabilito un record mondiale di 48 ore a febbraio, aveva percorso circa 4 chilometri in macchina – incluso un miglio della gara che è stato percorso in appena un minuto e 40 secondi.
Tuttavia, nella sua decisione scritta pubblicata mercoledì, UK Athletics ha affermato che la versione degli eventi della Zakrzewski era «contraria alle prove dei commissari».
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La Zakrzewski ha rivelato ai funzionari l’uso dell’auto solo dopo essere stata contestata direttamente dagli organizzatori della gara, ha affermato la sentenza di UK Athletics, e che «ha cercato di difendersi sostenendo che era imbarazzata, ma alla fine ha scelto di non rivelare cosa era successo» piuttosto che mettersi in imbarazzo.
La commissione disciplinare ha anche scritto di aver tenuto conto della dichiarazione dell’atleta secondo cui soffriva di «nebbia cerebrale», ma ha osservato che «aveva ampie opportunità di porre rimedio alla situazione che non era riuscita a fare».
Originaria di Dumfries in Scozia ma ora residente a Sydney, in Australia la Zakrzewski ha stabilito record nel corso della sua carriera, anche per le categorie 24 ore scozzese, 200 chilometri britannica e 100 miglia scozzese.
Non si tratta del primo caso di questo genere nel mondo di queste discipline.
Vi è infatti il caso di Rosie Vivas (1953-2019), un’atleta cubana americana che fu dichiarata vincitrice nella categoria femminile per l’84a maratona di Boston nel 1980: il titolo le fu tolto otto giorni dopo la gara quando si è scoperto che non aveva corso l’intero percorso.
Nel 2016 vi fu scandalo all’Ironman, la dura competizione che prevede corsa, nuoto, e bici: la triatleta californiana Julie Miller fu squalificata dalla gara Ironman Canada dopo che i funzionari avevano dichiarato che il suo tempo per la sezione femminile di età 40-44 anni era impossibile. Lei negò di aver mai barato, tuttavia fu riportato che vi sarebbero stata prove delle telecamere sul percorso che provavano il fatto che non aveva compiuto i due giri richiesti.
Una storia di altro colore è quella, riportata recentemente da Renovatio 21, relativa ai campionati mondiali di Triathlon a Sunderland in Inghilterra, colpita da una drammatica epidemia di diarrea che ha travolto almeno 57 concorrenti. Fu accusato il tratto di mare scelto per il nuoto, dove vi sarebbero stati gli scarichi cittadini.
Non è chiaro se la diarrea abbia colpito gli atleti proprio durante il percorso acquatico, magari aggiungendo una propulsione non muscolare alle bracciate dei concorrenti. Non è chiaro nemmeno se i vantaggi in termini di spinta potrebbero essere quindi considerati come irregolari, come fosse doping.
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Adolf Hitler vince ma cambia nome
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Bizzarria
L’enigma dell’italofonia delle bici giapponesi
Non ricordo esattamente come e quando, ma un bel giorno mi sono accorto che qui in Giappone hanno nomi italiani.
Non intendo dire che siano biciclette italiane, benché si vedano qua e là delle Bianchi in giro per Tokyo: sto parlando di biciclette giapponesi a cui sono stati appioppati nomi italiani a casaccio.
A mano a mano la cosa è diventata un passatempo un po’ maniacale: ogni tanto sento mia moglie che sbuffa e sbotta: «ancora a guardare ste bici!?». Le da meno fastidio quando mi casca l’occhio su qualche signorina.
Il fatto è che nomi in questione sono nella maggior parte dei casi sono follie completamente fuori contesto: perché mai una bicicletta è finita a chiamarsi «Gelatina»?! C’è anche la «Bizarria», che è quasi la categoria (una zeta in meno) di questo articolo sui Renovatio 21, una parola desueta e bellissima apprezzata forse più dai ciclisti giapponesi che dal popolo parlante la lingua di Dante.
Questa abitudine a guardare le bici e fotografarle desta qualche sospetto, le biciclette sono tra le poche cose che vengono rubate con una certa frequenza qui a Tokyo.
Con l’aiuto di un amico, nel corso degli anni abbiamo steso un elenco non esaustivo dei velocipedi italofoni visti per le strade del Giappone. Purtroppo manca un’adeguata documentazione fotografica, le poche foto qui sotto valgano per ora come prima testimonianza.
Proseguirò nella raccolta di materiale e mi impegno a tenere aggiornato il pubblico di Renovatio 21 riguardo a questo inspiegabile fenomeno.
Accento

Agenda
Agilità
Alcuna
Alfiore bike
Al fonto
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Alito
Alla moda
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Ami amoretto
Amico


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Angelicus
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Azzurrare

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Bellino

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Bizarria

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Calamita argento
Calamita ciao
Calamita due
Calcite
Campione
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Celestano
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Colossi
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De Angelis
De Petrucci
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Farina
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Giuliano
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Innominato
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Larghetto

Latte
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Proーvocatio mamma
Proーvocatio mos
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Ravanello
Ravenna
Reale
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Rosario
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Taro Negishi
Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine di Marie-Sophie Mejan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Arte
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