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Geopolitica

Trump contro Zelens’kyj: è il più grande venditore della storia, l’America deve uscire dall’Ucraina

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Donald Trump attacca frontalmente il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.

 

Zelens’kyj vuole tanto che Kamala Harris vinca le elezioni, ha detto martedì l’ex presidente degli Stati Uniti durante un comizio elettorale in Pennsylvania.

 

Il commento è stato fatto dopo che il leader ucraino ha espresso nuovamente dubbi sulle affermazioni del candidato repubblicano secondo cui sarebbe in grado di porre rapidamente fine al conflitto Russia-Ucraina.

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Trump ha insistito sul fatto che avrebbe chiesto al presidente russo Vladimir Putin e a Zelens’kyj di «fare un accordo» per porre fine alle ostilità.

 

«Penso che Zelens’kyj sia il più grande venditore della storia. Ogni volta che entra nel Paese, se ne va con 60 miliardi di dollari», ha detto Trump ai suoi sostenitori.

 

«Lui vuole tanto che [la Harris] vinca queste elezioni, ma io farei diversamente: lavorerò per la pace», ha aggiunto Trump.

 

Lo Zelens’kyj ha messo in discussione le affermazioni di Trump in un’intervista pubblicata domenica sulla rivista The New Yorker «la mia sensazione è che Trump non sappia davvero come fermare la guerra, anche se potrebbe pensare di saperlo. Con questa guerra, spesso, più la guardi in profondità, meno la capisci», ha detto il presidente ucraino, suscitando le ire del primogenito di Donald, Don jr, che lo ha definito «vergognoso».

 

Durante un altro comizio elettorale Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno bisogno di una chiara strategia di uscita dal conflitto in Ucraina, sottolineando che né l’attuale leader statunitense Joe Biden né la sua rivale democratica Kamala Harris hanno un piano del genere.

 

«Biden e Kamala ci hanno fatto entrare in questa guerra in Ucraina, e ora non riescono a tirarci fuori. Non riescono a tirarci fuori», ha detto Trump alla folla a Savannah, Georgia, martedì, ribadendo la sua promessa di porre fine al conflitto non appena sarà rieletto.

 

«Penso che siamo bloccati in quella guerra a meno che io non sia presidente. Lo farò. Negozierò; ci farò uscire. Dobbiamo uscire. Biden dice, “Non ce ne andremo finché non vinceremo”», ha sostenuto Trump.

 

«Cosa succede se vincono i russi? È quello che fanno: combattono le guerre. Come qualcuno mi ha detto l’altro giorno, hanno sconfitto Hitler; hanno sconfitto Napoleone. È quello che fanno. Combattono. E non è piacevole», ha detto Trump.

 

 

Il discorso è continuato con un’accusa alla UE, che pur avendo un’economia comparabile a quella USA, ha donato solo una piccola frazione della cifra americana.

 

Il leader ucraino si trova attualmente negli Stati Uniti, dove dovrebbe incontrare il presidente Joe Biden, i membri del Congresso, Kamala Harris e Donald Trump, per presentare loro il suo «piano per la vittoria».

 

Sebbene i dettagli non siano chiari, Zelensky ha detto ad ABC News che il suo piano è finalizzato al «rafforzamento dell’Ucraina» e del suo esercito per «spingere Putin a fermare la guerra».

 

Secondo le parole dell’ex attore divenuto presidente ucraino, la fine del conflitto tra Mosca e Kiev potrebbe essere più vicina di quanto si possa pensare. «Ecco perché chiediamo ai nostri amici, ai nostri alleati, di rafforzarci. È molto importante», ha aggiunto.

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Alcuni funzionari ucraini hanno affermato che il presidente ucraino aveva pianificato di incontrare Trump; tuttavia, un funzionario della campagna elettorale di Trump ha dichiarato all’agenzia AP che non è stato ancora programmato alcun incontro del genere. Donald ha affermato che «probabilmente» incontrerà lo Zelens’kyj durante la sua visita, ma non è stata ancora fissata una data.

 

Durante la visita dello Zelens’kyj, gli Stati Uniti intendono annunciare un altro lotto di aiuti militari da 375 milioni di dollari all’Ucraina, ha riferito AP martedì sera citando fonti anonime a Washington. Il pacchetto includerebbe missili per i lanciatori HIMARS, bombe a grappolo per i jet da combattimento ucraini e altre munizioni, che usciranno dalle scorte militari statunitensi.

 

Secondo il Pentagono, gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina oltre 56 miliardi di dollari in aiuti militari diretti da febbraio 2022.

 

Ad aprile, gli Stati Uniti hanno approvato un pacchetto di aiuti militari da 61 miliardi di dollari per Kiev dopo mesi di opposizione da parte di alcuni repubblicani. I funzionari ucraini sono preoccupati che Trump possa tagliare il flusso costante di aiuti militari statunitensi.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

 

 

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Geopolitica

Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»

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Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.   Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».   Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.   Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».

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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».   A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.   Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.   In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.   Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento. SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 
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Geopolitica

Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini

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Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.

 

La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.

 

Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.

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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.

 

L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.

 

Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.

 

Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.

 

Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.

 

Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.

 

Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.

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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.

 

Come riportato da Renovatio 21le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.

 

Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.

 

Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.

 

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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Arte

Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele

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Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.   L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.   Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.

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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.   Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».   L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.   Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.   Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».

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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».   Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.   Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.   Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».

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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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