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Geopolitica

Sangue e caos. Non avete capito con chi avete a che fare

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La notizia più sconvolgente della settimana non ha prodotto né allarme, né articoli, né approfondimenti.

 

L’assassinio di Denis Kireev, uno dei negoziatori ucraini al tavolo russo-ucraino, è di per sé qualcosa di allucinante. Più allucinante, tuttavia, è che nessuno dà alla cosa il peso che merita.

 

Kireev, banchiere forse con qualche trascorso nei servizi, era l’unico negoziatore di Kiev che ai negoziati per il destino del Paese si era presentato in modo decoroso. Completo e cravatta – come i negoziatori russi, impeccabili. I suoi compagni, felpe nere e cappelli da baseball – e, soprattutto, telefonini sul tavolo, a dimostrazione del fatto che seduti lì ci sono persone che non hanno una vera autorità decisionale: nel migliore dei casi, messaggiano a qualcuno (a Kiev? A Washington? a Langley?), nel peggiore dei casi il telefono è utilizzato per far sentire a questo qualcuno tutto il negoziato in diretta.

 

Chi si chiede perché mai ad un negoziato internazionale i rappresentanti di un Paese (di cui, divengono in quel momento proiezione nazionale e speranza di pace) si presentino personaggi vestiti come capi ultras, come signori della guerra, capisca quale è la risposta: questo è il potere in Ucraina, e lo abbiamo spiegato qualche sera fa. La forza bruta delle bande neonaziste, ora usate per la difesa finale contro l’Armata russa, è il vero sostrato della politica ucraina sotto l’immagine televisiva dell’attore Zelens’kyj, è la vera sostanza del Paese dopo il golpe di Maidan del 2014.

 

Le bande banderiste, le formazioni armate naziste finanziate da oligarchi, magari ebrei come Kolomojskij, sono il vero scheletro del nuovo Stato ucraino che sta per crollare – e quindi è naturale che a parlare con i russi mandano qualcuno che in qualche modo rimandi quell’immagine, magari nella speranza di far paura agli ingessati negoziatori russi, con i gemelli sui polsini e una lunga esperienza nell’amministrazione russa e non solo.

 

Poveri loro se credono di spaventarli: con probabilità, vari uomini inviati da Mosca vengono dal giro dei siloviki, cioè dal KGB – e quindi di cose atroci ne hanno viste ed esperite, e di sistemi di manipolazione ne conoscono più di qualcuno.

 

Tuttavia, non bastava proiettare l’immagine del bandito solo con barbe incolte e vestiti inopportuni: bisognava con evidenza far scorrere il sangue.

Hanno sparato in faccia ad un uomo che rappresentava la chiave per la pace nelle Russie. Questo cosa vi dice? Dovrebbe dirvi tutto

 

Sospettato di tradimento, hanno scritto i media ucraini. Quindi ucciso dallo SBU, i servizi di Kiev. Ci sarebbero «prove evidenti», addirittura intercettazioni telefoniche. Come no: una spia che compie un lavoro di quel livello, conoscendo il rischio, parla di certe cose al telefono.

 

Kireev, dicono gli ucrani, sarebbe stato vicino ai fratelli Kljuev, ritenuti nel cerchio magico dell’ex presidente filorusso Yanukovic, quello cacciato dal golpe del 2014 e riparato in Russia, da dove, strombazzano i giornali occidentali da giorni, starebbe tornano per presiedere un governo fantoccio nelle mani di Mosca. Quindi, Kireev era una spia di Putin, il quale è così abile da piazzare una talpa perfino nel negoziato. La cosa non depone a favore del sistema ucraino, che si fa infiltrare fino a quel livello, al punto da essere costretto ad una mossa del genere per sistemare le cose.

 

La notizia del suo assassinio fa il giro di tutte le Russie: pare chiaro si tratta di un segnale mostruoso indirizzato verso i negoziati, in ispecie la parte ucraina.

 

Poi il colpo di scena: l’Intelligence ucraina dal suo account ufficiale twitta che il Kireev non era un traditore, ma un eroe.

 

«Durante l’esecuzione di compiti speciali, tre spie sono state uccise: dipendenti della direzione principale dell’intelligence del Ministero degli affari interni: Alexei Ivanovich, Chibineev Valery Viktorovich, Denis Borisovich Kireev. Sono morti difendendo l’Ucraina e il loro impegno ci ha avvicinato alla vittoria!» aveva comunicato l’esercito.

 

A Mosca Leonid Slutskij, il presidente della Commissione esteri della Camera bassa (la Duma), aveva messo in dubbio le versioni sulla morte di Kireev, che secondo lui era invece «una persona di fiducia di David Arakhamia, capo della delegazione ucraina ai colloqui».

 

Impossibile venirne a capo. Ciò che rimane è solo che l’uomo è stato trucidato in strada. Anche su questo c’è poca  chiarezza. Un politico ucraino, Oleksyi Honcharenko avrebbe  dichiarato sul suo canale Telegramche «durante l’arresto, il servizio di sicurezza ucraino ha ucciso a colpi di arma da fuoco un membro della delegazione negoziale ucraina Denis Kireev», riporta l’agenzia Interfax-Ucraina. «Era sospettato di alto tradimento».

 

A me rimane impressa una foto del cadavere circolata sui canali russi. Un uomo in magione, steso sul selciato. Jeans e maglione, la pancia un po’ gli esce. Una chiazza di sangue dietro alla nuca. Pare, dalle ferite, che lo abbiano picchiato, e che gli abbiano sparato in faccia.

 

 

Hanno sparato in faccia ad un uomo che rappresentava la chiave per la pace nelle Russie. Questo cosa vi dice? Dovrebbe dirvi tutto.

 

Non è l’unico caso di omicidio efferato per strada di figure di valenza politica. Vladimir Struk, sindaco della piccola cittadina di Kreminna (18 mila abitanti) è stato rapito e ucciso, con un colpo d’arma da fuoco al cuore. La sua città, nell’oblast’ di Lugansk, era a maggioranza etnica russa.

 

A darne notizia su Facebook è stato un consigliere ministro dell’Interno ucraino, Anton Gerashenko, il quale ha affermato che Struk era un «sostenitore della Repubblica popolare di Lugansk» e che aveva attivamente perseguito una «posizione filo-russa» nell’ultima settimana «comunicando con la Federazione Russa».

 

Il consigliere del ministro dell’Interno ucraino ha affermato che il sindaco Struk «è stato giudicato dal tribunale del popolo» ed è quindi stato definito un «traditore».

 

«L’intero apparato statale dell’Ucraina, SBU, Ministero degli Affari Interni, Procura e tribunali non hanno potuto fare nulla con il separatista Struk per otto anni perché aveva molti soldi. Molto probabilmente per il supporto della Federazione Russa».

 

«Ma quando le truppe russe si sono avvicinate a 15 km al Kreminna, Vladimir Struk è stato giudicato dalla corte del tribunale del popolo. A giudicare da tutti, è stato fucilato da ignoti patrioti come traditore delle leggi del tempo militare».

 

«Un traditore dell’Ucraina di meno!»

 

Non si ha idea di cosa sia questo «tribunale del popolo», né se l’advisor del ministero degli Interni di Kiev abbia contatto con esso, o se simili atti siano sanzionati ufficialmente dallo Stato ucraino.

 

Tuttavia c’è di più, c’è la minaccia per il dopoguerra:  «Quando presto sconfiggeremo la Russia fascista, ripuliremo e trasferiremo tutti gli agenti delle forze dell’ordine e i giudici corrotti che hanno coperto gente come Struk!» (la cosa della Russia fascista, detta da un governo che si appoggia a milizie naziste, ricorda quella storia del bue che accusa l’asino di essere cornuto).

Anche qui, circola una foto. Un uomo a terra. Dietro ai pixel, possiamo intuire ci sia il sangue. Quell’uomo era il sindaco della sua microscopica, insignificante cittadina.

 


 

Il giornale britannico Daily Mail, che riporta tutto, non fa nessun commento. La linea del giornale, come quello di tutti i giornali d’Occidente, è quella di attaccare Putin. Il cattivo è lui.

 

Poco fa mi arriva un SMS da mio operatore di telefonia, un colosso internazionale, il cui ex CEO è ora un ministro del governo italiano:

 

«Gentile Cliente, la nostra azienda è vicina al popolo Ucraino in questa drammatica circostanza. Per tutti i clienti business da oggi fino al 31 marzo 2022 su chiamate ed sms internazionali effettuati verso l’Ucraina e chiamate SMSe traffico dati generati in Ucraina non verrà applicato alcun sovrapprezzo salvo il rispetto delle condizioni di uso corretto e lecito».

 

Incredibile, la propaganda è tracimata anche qui. Sono circondato. Come può un’azienda privata prendere posizione in questo modo? Come può fare a meno di pensare che magari sta mandando questo messaggio ad un cliente che potrebbe risentirsi perché magari per mille motivi (lavoro, cultura, ideologia, affari, donna, gusti personali, pazzia) la pensa diversamente? Questo messaggio è arrivato anche agli utenti russi? Come possono pensare che una certa porzione di clienti non si infastidirà?

Il Grande Reset è un grande allineamento del pubblico con il privato, la «convergenza tra Stato e multinazionali in questa emergenza»

 

In realtà, non posso stupirmi. Perché lo abbiamo scritto tante volte su Renovatio 21, il Grande Reset è un grande allineamento del pubblico con il privato, la «convergenza tra Stato e multinazionali in questa emergenza», ha spiegato lucidamente il professor Rectenwald.

 

«Il segno più evidente del prossimo consolidamento del governo totalitario è l’effettiva fusione di funzionari di multinazionali e funzionari statali, con multinazionali e altre organizzazioni che agiscono come appendici del governo e fanno rispettare i desiderata dello stato delle multinazionali».

 

«Lo stato ha permesso a Big Pharma di trarre enormi profitti istituendo un regime di stato di emergenza che negli Stati Uniti rende legali i vaccini non approvati dalla FDA» spiegava l’accademico nuovayorkese.

 

«Ciò a cui stiamo assistendo, e a cui dovremmo resistere, è una fusione in un complesso governo-aziendale, in cui il governo può aggirare il ramo legislativo e imporre obblighi  impopolari colludendo con le società e altre organizzazioni per fare “politica”».

Lo Stato è diventato punitivo, e quindi lo devono diventare anche le aziende: o ti vaccini, o ti cancelliamo. O sostieni l’Ucraina, o ti togliamo il servizio – contro ogni legge contrattualistica o costituzionale

 

Tutto vero, tutto giusto. Le multinazionali fanno politica e servono lo Stato – è viceversa. È una fusione. Quindi, non c’è da stupirsi se non calcolano nemmeno di perdere clienti: è il ragionamento di sacrificio calcolato che abbiamo visto fare ai giganti del web come Facebook, che accettano di perdere utenti bannandoli a vita, come è successo a noi. Lo Stato è diventato punitivo, e quindi lo devono diventare anche le aziende: o ti vaccini, o ti cancelliamo. O sostieni l’Ucraina, o ti togliamo il servizio – contro ogni legge contrattualistica o costituzionale.

 

Ecco quindi che siamo tenuti, davvero come in un incubo orwelliano, a sottometterci ad un unico pensiero – ed un’iniezione di mRNA sintetico (per il momento, quella).

 

Ai nostri figli oggi è chiesto di portare cibo in scatola da mandare in Ucraina. Non bastano, con evidenza, i 110 milioni fatti partire subito da Giggino di Maio, né quelli altri che lancerà su Kiev l’Italia, oltre che le armi (difensive, chiaro, come dice Salvini)

 

Non bastano i 10 miliardi e più che sembra voglia piazzare sul regime Zelens’kyj il sistema politico americano.

Dobbiamo sottometterci soprattutto ai riti del nuovo ordine mondiale

 

No, dobbiamo sottometterci soprattutto ai riti del nuovo ordine mondiale: dobbiamo far portare ai bambini il nostro contributo pubblico alla causa (come faceva un certo regime qualche anno fa),  dobbiamo piangere a comando (come in Nord Corea), dobbiamo (proprio come in un romanzo totalitario) ignorare gli orrori evidenti prodotti del sistema, come i politici ucraini morti ammazzati da ucraini di cui parlavamo sopra.

 

No, non mi devo sorprendere se i giornali sbadigliano davanti all’uccisione del negoziatore Kireev, se davanti allo sprofondare dell’Ucraina nella barbarie non battono ciglio.

 

Sono tutti sotto la psicosi di formazione di massa, l’ipnosi collettiva globale sperimentata col COVID. Angoscia fluttuante, fissazione su un elemento ripetuto… ecco che milioni di persone sono ipnotizzate, sono divenute zombie incapaci di qualsiasi pensiero diverso da quello che l’ipnotizzatore ha loro imposto.

 

Mentre scrivo, gira notizia che Shoigu, il ministro della Difesa russo, starebbe tentando un golpe contro Putin. La voce è messa in giro su Twitter da qualcuno che dice di averla raccolta dal Dipartimento di Stato USA.

 

Chi mette in giro questa idea con evidenza nemmeno è in grado di pensare a quale caos può scatenarsi se ora il vertice russo viene decapitato: e se chi va al potere, pupazzo americano, diviene oggetto di un contro-golpe? E se chi sale al Cremlino è invece qualcuno con il grilletto nucleare facile?

 

Soprattutto: aumentare la paranoia dei dirigenti russi in questo momento è una buona scelta?

Essi vogliono non solo la guerra, vogliono il caos

 

Pare che pensino così. E il motivo è uno solo: essi vogliono non solo la guerra, vogliono il caos.

 

Per questo vi dico che non abbiamo capito con chi abbiamo a che fare. Lo si capisce dalla presenza delle sottaciute crudeltà naziste in corso, e dalla follia di tutta la politica di Kiev, che prevede massacri di innocenti per scatenare la Terza Guerra mondiale.

 

Abbiamo a che fare non con delle intelligenze umane. Abbiamo a che fare con quelli che la mitologia chiama trickster. Spiriti malvagi che godono nel portare il caos per stabilire un ordine differente, o a volte solo per il piacere di vedere il mondo che brucia.

 

In poche parole, abbiamo a che fare con dei demoni.

 

La posta in gioco è questa: il mondo resettato da Satana, e reso parco giochi per i suoi perversi orrori.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.

 

Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.

 

Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».

 

Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».

 

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.

 

I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.

 

La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.

 

Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.

 

Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.

 

La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.

 

Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.

 

Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.

 

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Immagine screenshot da Twitter; modificata

 

 

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.   Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.   Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.   Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.     Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.   Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».   Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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