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Sanatana Dharma, l’ultima arma dei nazionalisti indù verso il voto del 2024

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Un ministro del governo Modi in un comizio minaccia di «strappare la lingua e cavare gli occhi» a chi minaccia l’ordine indù, dopo che un esponente dell’opposizione invitata a «sradicarlo come la dengue» per superare le distinzioni di casta. Padre Joseph ad AsiaNews: «Bancarotta politica, la vera tradizione dell’India è il pluralismo». Intanto da lunedì una sessione speciale del Parlamento che potrebbe accorpare il voto nazionale a quello locale.

 

L’India si avvicina all’appuntamento delle elezioni politiche, in programma per il 2024. Da lunedì 18 il parlamento federale è convocato per una «sessione speciale» che potrebbe già discutere della proposta di accorpare il voto nazionale con quello locale, tema sul quale la settimana scorsa il premier Narendra Modi ha fatto istituire d’urgenza un comitato ristretto.

 

Al di là delle manovre istituzionali, quello che appare già certo è che nella corsa al terzo mandato consecutivo del suo leader alla guida del Paese i nazionalisti indù del Bjp anche questa volta giocheranno la carta dell’identità indù minacciata. Se ne è avuto il sentore proprio in queste ultime ore in cui Modi in persona è intervenuto sull’ultima battaglia di questo genere che infiamma il panorama politico indiano, quella sul Sanatana Dharma, una delle tante definizioni dell’ordine indù della società.

 

Termine sanscrito che può essere liberamente tradotto come «religione eterna» o «legge eterna», «ordine incrollabile e venerabile» o «linea guida antica e continua», dal XIX secolo l’espressione Sanatana Dharma è stata utilizzata per evocare una certa omogeneità nell’induismo. E i movimenti nazionalisti indù come l’RSS tendono sempre di più a farvi riferimento come a una dottrina esclusivista. Nell’agosto del 2022, inaugurando un tempio in Tripura, il suo leader suo leader Mohan Bhagwat dichiarava per esempio che «in India ci sono molte abitudini alimentari, culture e tradizioni ma, nonostante tutto, condividiamo tutti un senso di parentela. Tutte le comunità hanno un pensiero indiano, lodano il Sanatana Dharma. Dobbiamo proteggere il Sanatana Dharma».

 

Contro questo atteggiamento si è scagliato con veemenza in questi giorni Udhayanidhi Stalin, il figlio del capo del governo locale del Tamil Nadu Muthuvel Karunanidhi Stalin, che è uno degli esponenti dell’alleanza INDIA, che mira a riunire contro Modi tutte le opposizioni in un fronte comune alle prossime elezioni.

 

Facendo riferimento a temi come le discriminazioni di casta che permangono nel Paese nonostante le leggi che le vietano, Udhayanidhi Stalin in un comizio ha parlato della necessità di «sradicare» il Sanatana Dharma. «È come la dengue, il COVID-19, la malaria e le zanzare – ha detto – non dovrebbe essere semplicemente contrastato, ma sradicato».

 

L’affermazione ha provocato gli strali di un alto esponente del BJP, il ministro federale delle risorse idriche Gajendra Singh Shekhawat, che in un video di un altro comizio divenuto virale attacca quanti parlano contro il Sanatana Dharma dicendo che «gli verrà strappata la lingua e gli verranno cavati gli occhi». «Cercano di attaccare la nostra cultura e la nostra storia» ha aggiunto. «Molti invasori hanno cercato per 2mila anni di indebolire la cultura indiana. Governanti come Alauddin Khilji e Aurangzeb ci hanno provato, ma gli antenati vostri e miei sono stati capaci di proteggerla».

 

E nonostante le polemiche suscitate dal linguaggio del ministro, lo stesso Modi ieri in un comizio nel Madhya Pradesh è voluto intervenire dicendo che INDIA è un’alleanza «Ghamandiya» (arrogante) che «vuole distruggere il Sanatana Dharma». «Tutti dovrebbero stare all’erta, vogliono farci tornare indietro di migliaia di anni».

 

Da parte sua il partito del Congresso, la più rappresentativa forza dell’opposizione, ha preso le distanze dalla dichiarazione di Udhayanidhi, affermando di credere nel Sarva Dharma Sambhava (uguale rispetto per tutte le religioni). «Non vogliamo certificati dal BJP – ha aggiunto però il portavoce Supriya Shrinate – sul nazionalismo, sul Sanatana Dharma e sul contributo al nostro movimento per la libertà. Su tutti questi aspetti il loro punteggio è pari a zero».

 

Contro lo svilimento della tradizione religiosa indiana in arma politica si esprime ad AsiaNews il verbita padre Babu Joseph, già portavoce della Conferenza episcopale indiana e direttore dell’Istituto Sadbhavana di studi interculturali e comunicazione di New Delhi:

 

«Le dichiarazioni del ministro Shekawat sono indice di una bancarotta politica, porta il dibattito in questo Paese al suo minimo storico. La tradizione intellettuale indiana è ricca di punti di vista multipli su questioni sociali, religiose e politiche. Idee anche opposte sono sempre state avanzate liberamente e rispettate da tutti. Chi esprime un punto di vista diverso su una religione va contrastato non in modo violento e primitivo, ma con argomentazioni civili» conclude padre Joseph.

 

«Ci auguriamo vivamente che figure pubbliche come il signor Shekawat esercitino una maggiore moderazione nei propri sfoghi contro chi ha un punto di vista diverso sulla sua religione».

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Immagine di Michael T Balonek via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

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Scuola

Mostri nei loro barattoli e nella loro formaldeide

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Lo splendore della fede professata nel pellegrinaggio giubilare nella Città Eterna, la bellezza luminosa dei dipinti di Georges de La Tour, i sontuosi ricami delle Orsoline di Amiens, l’importanza di una cultura che non trasgredisce la natura ma la trascende, sono questi i temi di  Nouvelles de Chrétienté per il nuovo anno scolastico.

 

Sotto un’apparente diversità, questi temi sono profondamente uniti in un’intenzione comune espressa con «vigore e chiarezza» da Padre Calmel, quando chiede agli insegnanti cristiani di aprire «i loro studenti ai valori dell’arte nelle sue diverse forme», rendendoli al contempo «capaci di una fiera indipendenza e di un bel disprezzo per tutte le anomalie, infezioni, purulenze e mostruosità, che hanno l’audacia di esigere da loro un’ammirazione complice adornandosi della realtà dell’arte e più spesso della sua apparenza».

 

Il frate domenicano esprime un desiderio preciso: «I mostri torneranno ai loro barattoli e alla loro formaldeide, gli scorpioni artistici reintegrano i loro buchi artistici, il giorno in cui un certo numero di esseri giovani e determinati, non certo per barbarie ma per sovrano rispetto della cultura, tratteranno con disprezzo i prodotti immondi della cultura. La cultura non ha alcun diritto contro i diritti della decenza e dell’onore».

 

Aggiunge: «non deve essere lontano il tempo in cui l’insidioso sofisma “onestà significa stupidità” sarà privo di ogni credibilità, perché sarà diventata chiara la prova che ciò che è normale è bello e che, in una civiltà degna di questo nome, l’intelligenza, la sottigliezza, la leggerezza, la finezza e l’arte marciano di concerto con l’onestà, la santità, il rifiuto inflessibile dei veleni e delle ignominie. La scuola cristiana deve affrettare l’arrivo di questi tempi di libertà». (Ecole chrétienne renouvelée, cap. XXIX, tre sensible en chrétien aux valeurs d’art, pp. 188-189, ed. Téqui)

 

Padre Calmel scrisse queste potenti righe alla fine degli anni ’50, lontano dal wokismo, dalla cultura della cancellazione, dello sradicamento e dell’incoscienza… E si aspettava che le suore, autentiche insegnanti, avessero «idee non solo corrette, ma idee che cantano dentro [di loro] e che incantano [i loro] piccoli alunni», per «comunicare loro una verità canterina e germinante». (Ibid., pp. 129 e 131).

 

È una bella frase da scrivere in cima a un quaderno, in questi giorni di ritorno a scuola!

 

Abate Alain Lorans

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine da FSSPX.News

 

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Spirito

La chiesa africana respinge l’«arcivescova» di Canterbury

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La Chiesa anglicana della Nigeria ha ufficialmente rigettato la nomina della prima «arcivescova» di Canterbury. La reazione era stata pienamente anticipata.   L’arcivescovo nigeriano, metropolita e primate della Chiesa nigeriana, Henry Ndukuba, ha definito l’elezione di Sarah Mullally un «doppio rischio»: in primo luogo, perché impone una leadership femminile a chi non può accettarla, e in secondo luogo, perché promuove «una forte sostenitrice del matrimonio tra persone dello stesso sesso».   In una dichiarazione pubblicata lunedì su Facebook, Ndukuba si è chiesto come Mullally «speri di ricucire il tessuto già lacerato della Comunione anglicana», considerando i dibattiti in corso sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.   Lo Ndukuba ha sottolineato che la Nigeria, parte della Global Fellowship of Confessing Anglicans (GAFCON), «riafferma la sua precedente posizione di sostenere l’autorità delle Scritture» e rifiuta quella che ha chiamato «l’agenda revisionista» presente in alcune sezioni della Comunione.

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«Questa elezione è un’ulteriore conferma che il mondo anglicano globale non può più accettare la guida della Chiesa d’Inghilterra e quella dell’arcivescovo di Canterbury», ha dichiarato Ndukuba.   La GAFCON ha espresso «dispiacere» per la nomina di Mullally, sostenendo che la Chiesa d’Inghilterra ha «abbandonato gli anglicani nel mondo» e ha perso la sua autorità morale. La Chiesa d’Inghilterra non ha ancora risposto alla dichiarazione nigeriana.   Sarah Mullally, 63 anni, è stata nominata venerdì come 106° Arcivescovo di Canterbury, dopo l’approvazione della sua candidatura da parte di Re Carlo III. Assumerà l’incarico a gennaio, dopo la conferma definitiva dei vertici della Chiesa d’Inghilterra, diventando la prima donna a ricoprire questo ruolo.

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In gran parte dell’Africa subsahariana, la Chiesa anglicana e altre denominazioni cristiane mantengono una visione tradizionale su matrimonio e genere. La Chiesa della Nigeria, una delle più grandi province anglicane, definisce il matrimonio esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna e non ordina donne come sacerdoti o vescovi.   In Kenya, nonostante la consacrazione del vescovo Rose Okeno abbia rappresentato una svolta storica, le donne in ruoli episcopali rimangono rare e le unioni tra persone dello stesso sesso sono fermamente respinte. Posizioni conservatrici simili predominano in Uganda e in gran parte dell’Africa orientale e occidentale. L’eccezione principale è la Chiesa anglicana dell’Africa meridionale, che ammette donne vescovo ma continua a sostenere l’insegnamento tradizionale sul matrimonio.   Come riportato da Renovatio 21la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».   «La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).  

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Gender

Il cardinale Zen condanna il «pellegrinaggio» LGBT nella Basilica di San Pietro: «offesa a Dio»

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Il cardinale Joseph Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT in Vaticano e si è unito agli appelli di altri vescovi affinché compiano riparazioni per la profanazione della Basilica di San Pietro. Lo riporta LifeSite.

 

In una dichiarazione in lingua cinese pubblicata mercoledì, Zen ha scritto: «recentemente è emersa la notizia che un’organizzazione LGBTQ+ ha organizzato un evento per l’Anno Santo, in cui i partecipanti sono entrati nella Basilica di San Pietro a Roma per attraversare la Porta Santa».

 

«Ostentavano oggetti di scena color arcobaleno, indossavano abiti con slogan e coppie dello stesso sesso si tenevano per mano con passione: era puramente un’azione di protesta», ha osservato il vescovo emerito di Hong Kong.

 

«Questo non era un pellegrinaggio giubilare (in cui i credenti rinnovano i voti battesimali, si pentono dei peccati e si impegnano a riformarsi). Tali azioni offendono gravemente la fede cattolica e la dignità della Basilica di San Pietro: una grave offesa a Dio!»

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«Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha poi emesso alcuna condanna. Troviamo ciò davvero incomprensibile!»

 

Zen ha sottolineato che «coloro che provano attrazione per persone dello stesso sesso» dovrebbero essere trattati con beneficenza; tuttavia, «non possiamo dire loro che il loro stile di vita è accettabile».

 

«Non siamo Dio», ha continuato. «Dio ci chiama a trasmettere ciò che Gesù ci ha insegnato: il vero amore per loro. Dobbiamo aiutarli a ottenere la grazia attraverso la preghiera e i sacramenti per resistere alla tentazione, vivere virtuosamente e percorrere la via verso il cielo».

 

Zen ha fatto riferimento alla richiesta di atti di riparazione avanzata da quattro vescovi: il vescovo Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan; il vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito di Tyler, Texas; il vescovo Marian Eleganti, vescovo ausiliare emerito di Coira, Svizzera; e il vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, Paesi Bassi.

 

Il porporato cinese ha affermato di sostenere fermamente questo appello e ha suggerito che, dopo la Festa di metà autunno in Cina, i fedeli dovrebbero «riunirsi con i parrocchiani vicini per tre giorni per recitare le preghiere allegate».

 

«Inoltre, compite un atto di abnegazione o un atto di carità per offrire riparazione davanti a Dio per i peccati dei nostri fratelli e sorelle che hanno sbagliato», ha concluso.

 

Il cardinale Zen ha allegato al suo messaggio la preghiera di riparazione compilata dai quattro vescovi e recitata alla Conferenza sull’identità cattolica lo scorso fine settimana.

 

Il vescovo emerito di Hong Kong si aggiunge alla lista dei prelati ortodossi che hanno pubblicamente condannato il «pellegrinaggio LGBT» in Vaticano. Oltre ai quattro vescovi che hanno redatto la preghiera di riparazione, l’evento è stato criticato anche dal cardinale Gerhard Müller, che ha affermato che si trattava «indubbiamente» di un sacrilegio.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Zen la scorsa estate aveva scritto che «il Dio misericordioso è così disgustato dai comportamenti sessuali tra persone dello stesso sesso perché questo crimine è troppo lontano dal piano di Dio per l’uomo (…) Il Suo piano è che un uomo e una donna si uniscano in un solo corpo con un unico ed eterno amore e cooperino con Dio. Una nuova vita può nascere e crescere nel calore della famiglia».

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato lo Zen si era scagliato contro Fiducia Supplicans arrivando a chiedere le dimissioni dell’autore del testo, il cardinale Victor «Tucho» Fernandez, eletto da Bergoglio a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede.

 

Il porporato in questi mesi ha attaccato con estrema durezza il Sinodo sulla Sinodalità, accusando Bergoglio di usare i sinodi per «cambiare le dottrine della Chiesa», nonché «rovesciare» la gerarchia della Chiesa per creare un «sistema democratico».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il cardinale Zen ha celebrato una messa tradizionale per la festa del Corpus Domini e ha guidato una processione per le strade di Hong Kongo, città dove le autorità, ora dipendenti da Pechino, lo hanno arrestato ed incriminato, nel silenzio più scandaloso del Vaticano (mentre, incredibilmente, il Parlamento Europeo esorta la Santa Sede a difenderlo!), con il papa Bergoglio a rifiutarsi di difendere il cardinale in nome del «dialogo» con la Cina comunista che lo perseguita.

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Immagine di Rock Li via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine tagliata 

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