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Geopolitica

Riyadh celebra l’astronauta, ma arresta e condanna le donne pro-diritti

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

Mentre si è conclusa la missione di Rayyanah Barnawi, prima donna saudita nello spazio, sulla terra continuano le repressioni: Fatima al-Shawarbi è stata condannata a 30 anni per messaggi in rete a difesa dei detenuti politici. Manahel al-Otaibi è finita in carcere in attesa di processo per aver chiesto la fine della tutela maschile.

 

 

Il regno wahhabita celebra la conclusione della prima missione spaziale di una donna saudita, ma entro i propri confini continua a reprimere con arresti e lunghe condanne al carcere cittadine che si battono per i diritti dell’universo rosa.

 

La propaganda di Riyadh celebra il cammino di riforme e liberalizzazioni sponsorizzato dal principe ereditario Mohammad bin Salman (MbS), ma i benefici per le donne sono in gran parte di facciata, fatta eccezione per il diritto alla guida e l’apertura ad alcune attività professionali. Perché in tema di vera parità, il percorso è ancora lungo e il semplice attivismo può condurre in prigione.

 

Prova ne è la vicenda occorsa a Fatima al-Shawarbi, condannata a oltre 30 anni di carcere per aver pubblicato alcuni messaggi «anonimi» in rete e sui social a difesa dei detenuti politici, dei diritti delle donne e contro la disoccupazione. La denuncia arriva da Alqst, sito specializzato nel dettagliare repressioni e violazioni dei diritti nel regno saudita: la giovane è originaria della provincia di Al-Asha e ha meno di 30 anni. I giudici della sezione penale (SCC) le hanno comminato anche una pena aggiuntiva di 30 anni e sei mesi di divieto di espatrio.

 

Shawarbi avrebbe usato un account Twitter anonimo per denunciare le violazioni commesse ai danni degli Howeitat, una tribù dell’Arabia Saudita vittima di repressione e sfollamento forzato da parte del governo per la realizzazione del mega-progetto di Neom.

 

L’attivista, dal suo account anonimo, avrebbe chiesto di rivelarne l’identità e denunciare la scomparsa se non avesse pubblicato messaggi per più di un mese. Fonti locali di Middle East Eye (MME) affermano che è stata arrestata nel novembre 2020 e condannata ad inizio 2023, ma la notizia è emersa solo in questi giorni.

 

Risale a novembre dello scorso anno, ma anche in questo caso la notizia è trapelata solo di recente, il fermo della 29enne Manahel al-Otaibi (nella foto), accusata di aver promosso in rete un hashtag per chiedere la fine della tutela maschile.

 

Conosciuta per il suo attivismo a favore dei diritti delle donne, la ragazza è stata arrestata e imprigionata per aver rilanciato messaggi e appelli dai suoi account Twitter e Snapchat, un impegno che le è valso l’arresto da parte delle autorità di Riyadh. Di professione istruttrice di ginnastica, più volte in passato si è battuta per l’emancipazione femminile coniando il motto #societyisready.

 

Al momento non risultano processi in corso o condanne passate in giudicato a suo carico; la donna resta quindi in cella dietro provvedimento di carcerazione preventiva, in attesa di procedimento.

 

Tuttavia, i precedenti non depongono a suo favore perché in passato – per vicende analoghe – le imputate sono state inquisite e condannate – comprese quante si battevano per i diritti di successione o la fine di matrimonio con marito violento – per «sedizione».

 

Fatima al-Shawarbi e Manahel al-Otaibi sono solo le ultime di una lunga serie di donne arrestate e condannate per la lotta pro diritti usando i social e la rete.

 

La stretta si è rafforzata nell’agosto scorso con la condanna a 34 anni per Salma al-Shehab, poi ridotti a 27, per la sua battaglia per il diritto alla guida delle donne e aver invocato il rilascio di Loujain al-Hathloul. Nourah al-Qahtani, madre di cinque figli, è stata condannata una settimana dopo a 45 anni di carcere per tweet di due account anonimi.

 

Saad Almadi, saudita-americana, è stata condannata a 16 anni per messaggi in rete, aumentati a 19 anni in appello prima del rilascio nel marzo scorso, sebbene rimanga in vigore il divieto di viaggio per 16 anni.

 

Abdullah Jelan, laureata che sognava di diventare educatrice sanitaria per il governo, è stata condannata a 10 anni di carcere, più un divieto di viaggio di 10 anni, per tweet anonimi sulla disoccupazione. Ed è infine in corso il processo a carico delle sorelle attiviste e influencer Manahel e Fouz al-Otaibi.

 

Queste notizie di arresti e condanne contrastano con le celebrazioni per Rayyanah Barnawi, la prima donna araba nello spazio che, a conclusione della missione Axiom-2, parla di «inizio di una nuova era» nel settore.

 

L’equipaggio di quattro persone, fra cui un privato (e facoltoso) cittadino statunitense, a bordo della SpaceX Dragon Freedom è atterrato ieri al largo della Florida, di ritorno dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

 

Barnawi è la prima saudita ad andare nello spazio, un evento celebrato come storico e di grande valore per la donna saudita, ma che non basta a coprire le repressioni in atto contro quante si battono ogni giorno, e nel quotidiano, per diritti e libertà.

 

 

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

Immagine di edward musiak via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.   Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.   «Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.   Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.   All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.   La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.   Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.   Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.  

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.

 

Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.

 

Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».

 

Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».

 

«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.

 

Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.

 

Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».

 

«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.

 

Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».

 

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