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Geopolitica

Putin commenta la speculazione secondo cui Hamas possiede armi ucraine

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La possibilità che alcune armi inviate in Ucraina dai suoi sostenitori occidentali siano finite nelle mani dei militanti di Hamas probabilmente ha più a che fare con la corruzione che con consegne deliberate, ha detto venerdì il presidente russo Vladimir Putin. Lo riporta il sito governativo russo RT.

 

Il leader russo ha risposto a una domanda sulle crescenti speculazioni secondo cui il gruppo palestinese sta utilizzando armi provenienti dal Paese dell’Europa orientale.

 

«Dubito che ci siano state consegne di armi dall’Ucraina, ma non ho dubbi che ci siano state fughe di armi dall’Ucraina», ha spiegato Putin in una conferenza stampa nella capitale kirghisa di Bishkek.

 

«Sappiamo che il livello di corruzione in Ucraina è molto alto. Il mercato nero nasce quando ci sono molti che vogliono comprare, e in Ucraina ci sono molti che vogliono vendere», ha aggiunto, sottolineando che gli ucraini «vendevano sicuramente» armi sul mercato internazionale attraverso i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente.

 

«Vendono [armi] anche alla Russia, e se riescono a venderle alla Russia, non mi sorprende più nulla», ha detto il presidente russo.

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La questione dell’uso da parte di Hamas delle armi inviate dagli Stati Uniti e dai suoi alleati in Ucraina è stata sollevata per la prima volta dall’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, il quale aveva affermato che tali attrezzature erano «utilizzate attivamente in Israele». L’Intelligence militare di Kiev ha risposto accusando la Russia di aver inviato armi occidentali catturate in Ucraina a Hamas in un’operazione false flag progettata per mettere in cattiva luce Kiev agli occhi dei suoi sostenitori.

 

Israele non ha né confermato né smentito l’affermazione di Medvedev sulle armi, ma ha respinto le insinuazioni ucraine sul coinvolgimento russo nell’attacco di Hamas definendole «assolute sciocchezze».

 

Parlando dell’escalation del conflitto, Putin ha osservato che Israele si trova ad affrontare un attacco senza precedenti, ma che la sua risposta è stata «piuttosto brutale».

 

Il presidente ha quindi offerto la mediazione russa, dato che Mosca ha «ottimi rapporti» con Israele, così come legami tradizionali con i palestinesi, «quindi nessuno può sospettare che vogliamo fare qualche tipo di gioco».

 

Secondo il giornalista d’inchiesta premio Pulitzer Seymour Hersh, l’Occidente sa benissimo che le armi ucraini finiscono al mercato nero.

 

La questione delle armi «ucraine» finite ad alimentare il terrorismo era stata portata all’attenzione a fine 2022 dal presidente nigeriano Muhammadu Buhari. «Anche le armi utilizzate per la guerra in Ucraina e in Russia stanno iniziando a filtrare nella regione» ha dichiarato il presidente in una nota ufficiale. Negli scorsi anche il presidente ad interim del Burkina Faso Ibrahim Traore ha dichiarato che le armi per l’Ucraina finiscono ai terroristi africani.

 

Come riportato da Renovatio 21, questa estate era emerso come il canale TV americano CBS News ha curiosamente cancellato un documentario in cui diceva di aver scoperto come solo il «30%» dell’assistenza militare inviata in Ucraina dai Paesi occidentali durante i primi mesi del conflitto con la Russia fosse effettivamente arrivata al fronte

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Lo stesso Pentagono mesi fa aveva ammesso di non avere idea di che fine facessero le armi una volta varcato il confine, con la certezza che in parte finiscano al mercato nero. Il ramo arabo della testata russa Sputnik aveva in seguito scoperto che grandi quantità di armi americane regalate a Kiev sono ora sul Dark Web, spedite a chiunque le possa pagare con sofisticati sistemi di container cargo.

 

Armamenti americani destinati agli ucraini erano spuntati fuori in Siria, nella zona ancora turbolenta, e infestata di terroristi islamisti, di Idlib.

 

La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova ha preconizzato come le armi occidentali regalate agli ucraini finiranno nelle mani dei terroristi operanti in Europa.

 

La stessa Europol ha dichiarato che le armi spedite in Ucraina come «aiuti» saranno da gruppi criminali nel prossimo futuro.

 

Due mesi fa immagini prese ai confini degli USA mostravano un membro del famigerato cartello del Golfo del Messico che teneva in spalla un Javelin, l’arma anticarro americana fornita in enorme copia a Kiev, che evidentemente qualcuno ha fatto tornare dall’altra parte dell’Oceano.

 

Il flusso delle armi americane verso gli ucraini è tale da travalicare il solo ambito militare: la polizia di Miami ha consegnato all’Ucraina un pacchetto di armi di piccolo calibro composto da sequestri a criminali o riacquistate dai residenti della città.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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Geopolitica

Gli USA hanno tentato di reclutare il pilota di Maduro per un rapimento

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Un agente federale statunitense ha cercato di reclutare in segreto il pilota personale del presidente venezuelano Nicolás Maduro per un piano volto a catturare il leader e consegnarlo alle autorità americane con l’accusa di narcotraffico. Lo riporta l’agenzia Associated Press.   Citanto tre funzionari statunitensi in servizio ed ex, oltre a un oppositore di Maduro, l’agenzia ha indicato che l’agente della Sicurezza Nazionale Edwin Lopez ha incontrato il pilota di Maduro, il generale Bitner Villegas, nella Repubblica Dominicana nel 2024. Lopez avrebbe proposto al pilota denaro e protezione in cambio del dirottamento dell’aereo presidenziale verso un luogo dove le autorità USA potessero arrestarlo. Il pilota non ha dato una risposta immediata, ma ha proseguito a messaggiare con l’agente per oltre un anno, anche dopo il pensionamento di Lopez nel luglio 2025.   L’agente avrebbe menzionato l’annuncio del Dipartimento di Giustizia che portava a 50 milioni di dollari la taglia per la cattura di Maduro, incitando Villegas a «diventare l’eroe del Venezuela». Il pilota ha infine declinato, definendo Lopez un «codardo» e interrompendo i contatti.   Le rivelazioni emergono mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione militare e di intelligence su Caracas. Il presidente Donald Trump ha autorizzato la CIA a condurre operazioni clandestine in Venezuela e ha schierato navi da guerra, aerei e migliaia di truppe nei Caraibi per quella che Washington presenta come una campagna antidroga. Negli ultimi mesi, raid statunitensi contro imbarcazioni al largo di Venezuela e Colombia avrebbero causato decine di morti.   Trump sostiene che le azioni mirano ai narcotrafficanti, mentre funzionari USA accusano il governo Maduro di gestire uno «narcostato».

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Il presidente venezuelano ha respinto le accuse come pretesto per un cambio di regime. Ha definito l’ammissione di Trump su attività segrete della CIA in Venezuela come senza precedenti e «disperata». Maduro ha posto l’esercito in massima allerta e ha ricordato che il Paese dispone di un ampio arsenale di sistemi antiaerei Igla-S di epoca sovietica.   Mosca, alleata di Caracas, ha condannato la campagna USA. All’inizio del mese, l’ambasciatore russo all’ONU, Vassily Nebenzia, ha accusato Washington di orchestrare un colpo di Stato in Venezuela sotto la copertura di un’operazione antidroga, definendola «una palese violazione del diritto internazionale e dei diritti umani».   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.   Nelle scorse settimane perfino l’account YouTube di Maduro è stato rimosso da YouTube.   Secondo notizie emerse nelle ultime ore Trump punterebbe ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela.  

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Economia

USA e Giappone firmano un accordo sui minerali essenziali

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Martedì, Stati Uniti e Giappone hanno siglato un accordo di cooperazione per la produzione e la fornitura di minerali essenziali e terre rare. La mossa arriva dopo la decisione della Cina di rafforzare i controlli sulle esportazioni di terre rare e attrezzature per la produzione di chip, in risposta ai dazi imposti dal presidente statunitense Donald Trump.

 

L’intesa è stata conclusa durante la visita di Trump a Tokyo, dove ha incontrato per la prima volta il nuovo primo ministro giapponese, Sanae Takaichi.

 

Secondo la Casa Bianca, le due nazioni hanno convenuto di promuovere iniziative congiunte «necessarie a sostenere le industrie nazionali, incluse le tecnologie avanzate e le rispettive basi industriali», e di impiegare «strumenti di politica economica e investimenti coordinati per accelerare lo sviluppo di mercati diversificati, liquidi ed equi per minerali essenziali e terre rare».

 

I leader hanno inoltre sottoscritto un documento che impegna i rispettivi governi a «intraprendere ulteriori passi verso una nuova era d’oro per l’alleanza in continua crescita tra Stati Uniti e Giappone».

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Trump ha definito il Giappone un «alleato al livello più alto», elogiando Takaichi, insediatosi la settimana scorsa, come «uno dei più grandi primi ministri». Takaichi, dal canto suo, ha promesso di rafforzare i legami bilaterali, che ha descritto come «la più grande alleanza al mondo».

 

Trump ha da tempo manifestato interesse a garantire l’accesso ai minerali di terre rare in diverse regioni del mondo, perseguendo sia opportunità economiche vantaggiose sia una maggiore influenza geopolitica.

 

All’inizio di quest’anno, gli Stati Uniti hanno firmato un accordo sui minerali con l’Ucraina, considerato da diplomatici e politici americani una forma di garanzia di sicurezza per Kiev. Trump ha inoltre concluso un’intesa di investimento con l’Australia all’inizio di questo mese, mirata a contrastare il dominio cinese nel mercato delle terre rare e dei minerali essenziali.

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Economia

I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump

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Il presidente argentino Javier Milei ha conquistato una vittoria schiacciante alle elezioni di medio termine del suo Paese, considerate un importante banco di prova per il sostegno alle sue riforme radicali di «terapia d’urto» e alla sua politica economica «a motosega».   Il partito di Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto il 40,8% dei voti a livello nazionale per la camera bassa del Congresso e ha prevalso in sei delle otto province che hanno eletto un terzo del Senato.   L’opposizione di sinistra, rappresentata dai peronisti, ha raccolto il 31,7% dei voti. Sebbene Milei non abbia conquistato la maggioranza assoluta in Congresso, questo risultato complicherà notevolmente gli sforzi dei suoi oppositori per ostacolare il suo programma.   Milei ha implementato un ambizioso piano libertario, caratterizzato da tagli significativi a normative, spesa pubblica, politiche statali e dipartimenti governativi, con l’obiettivo di risollevare l’Argentina da decenni di stagnazione economica.   Il suo approccio ha ricevuto il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha offerto supporto finanziario per garantire l’avanzamento delle riforme, soprattutto dopo il recente crollo drammatico del peso argentino.   Durante un incontro alla Casa Bianca con Milei la settimana scorsa, Trump ha promesso un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, con la possibilità di raddoppiarlo in caso di successo alle elezioni di medio termine.   «Se non vince, siamo fuori», ha dichiarato Trump. «Se perde, non saremo generosi con l’Argentina».

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All’inizio di questo mese, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha stipulato uno swap valutario da 20 miliardi di dollari con la banca centrale argentina per stabilizzare il mercato obbligazionario del Paese in vista delle elezioni. Bessent ha chiarito che il pacchetto di aiuti non va considerato un «salvataggio», ma piuttosto una «Dottrina Monroe economica», richiamando la politica del XIX secolo volta ad affermare la supremazia degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale.   Il segretario del Tesoro USA ha sottolineato che il successo dell’Argentina è nell’interesse degli Stati Uniti, non solo per stabilizzare il Paese, ma anche per renderlo un «faro» per altre nazioni della regione. «Non vogliamo un altro Stato fallito o sotto l’influenza cinese in America Latina», ha affermato Bessent.   Le obbligazioni, la valuta e le azioni argentine hanno registrato un’impennata lunedì mattina, dopo che il partito del presidente Javier Milei ha ottenuto una decisiva vittoria alle elezioni di medio termine. Il risultato è fondamentale per preservare il radicale rilancio economico di Milei in un Paese devastato da decenni di mala gestione socialista che ha distrutto la nazione.   Le riforme del libero mercato e l’aggressivo programma di austerità di Milei hanno già iniziato a raffreddare l’inflazione e a stabilizzare le condizioni finanziarie, segnalando agli investitori che il percorso di ristrutturazione resta intatto.   Milei ha poi ringraziato Trump su X:     «Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».

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