Geopolitica
Putin attacca il culto ucraino del nazista Bandera
Il presidente russo Vladimir Putin ha attaccato la decisione dell’Ucraina di rimuovere la statua del leader sovietico Vladimir Lenin dalla pubblica piazza e sostituirlo con il collaboratore nazista Stepan Bandera, che ha definito come «mascalzone e fascista». Lo riporta il sito governativo russo RT.
Parlando a un incontro con i corrispondenti di guerra martedì, il presidente si è detto «sorpreso» dal modo in cui il presidente ucraino Vladimir Zelens’kyj, che ha origini ebraiche, potrebbe sostenere i neonazisti.
«Non lo capisco proprio», ha detto Putin, sottolineando che i nazisti erano stati responsabili del massacro brutale della popolazione ebraica civile del Paese.
Il leader russo ha affermato che «bastardi come Bandera» sono stati messi su un piedistallo in Ucraina insieme ad altri come lui, e che ora ci sono persone che vanno in giro con i loro manifesti.
«Bene, se non vogliono il comunismo – Dio li benedica, chi lo vuole di questi tempi? Stanno buttando giù dal piedistallo il fondatore dell’Ucraina, Lenin, OK, sono affari loro. Ma mettere Bandera al suo posto? È un fascista», ha dichiarato Putin.
Il presidente ha ribadito che uno degli obiettivi della Russia nel lanciare la sua operazione militare lo scorso anno era la «denazificazione» dell’Ucraina, dicendo che Mosca e Kiev avevano persino raggiunto un accordo nel marzo 2022 secondo cui l’Ucraina avrebbe introdotto una legislazione per mettere fuori legge i movimenti neonazisti nel Paese. Tuttavia, non appena le forze russe si sono ritirate da Kiev, l’amministrazione Zelens’kyj ha immediatamente annullato l’accordo, ha spiegato Putin.
Stepan Bandera (1909-1959) era il capo dell’organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN), nota per la sua radicale ideologia antisemita e per la collaborazione con le forze naziste. Durante la seconda guerra mondiale, l’ala paramilitare dell’OUN, l’Esercito ribelle ucraino (UPA), fu responsabile della morte di decine di migliaia di polacchi ed ebrei in Ucraina. Passato dopo la guerra a lavorare con i servizi inglesi e poi con quelli americani, fu assassinato a Monaco di Baviera nel 1959 presumibilmente da agenti del KGB. Il suo culto tuttavia è vissuto finora divenendo la base di tutti i battaglioni neonazi ora irreggimentati nelle Forze di Kiev.
Nonostante Bandera sia riconosciuto a livello internazionale come un collaboratore nazista, nel 2010 Kiev lo ha dichiarato un eroe nazionale e i nazionalisti ucraini hanno regolarmente celebrato il suo compleanno il 1° gennaio con marce e manifestazioni con fiaccolate in tutto il Paese.
Lo status di Bandera è stato a lungo una questione controversa nelle relazioni tra Ucraina e Polonia, così come con Israele, poiché l’ala paramilitare dell’OUN, l’Esercito insorto ucraino (UPA), era responsabile della morte di decine di migliaia di polacchi ed ebrei in Ucraina durante la seconda guerra mondiale.
Kiev ha rotto con una lunga tradizione di celebrare la vittoria sul nazismo il 9 maggio, una data che è stata osservata nella maggior parte delle nazioni post-sovietiche.
Lo scorso lunedì, Zelens’kyj ha firmato un disegno di legge che sposta la data commemorativa dal 9 maggio all’8 maggio. La festività stessa è stata anche ribattezzata «Giornata della memoria e della vittoria sul nazismo nella seconda guerra mondiale del 1939-1945».
La nuova legge rende l’8 maggio un giorno festivo anziché il 9 maggio, che ora deve essere considerato un normale giorno lavorativo in Ucraina ai sensi della nuova legislazione. In precedenza, Zelens’kyj ha anche firmato un decreto che rende il 9 maggio «Giornata dell’Europa», come avviene nell’UE. Sebbene non sia un giorno festivo, la Giornata dell’Europa è stata precedentemente celebrata in Ucraina il terzo sabato di maggio.
Il disegno di legge è stato presentato al parlamento ucraino dallo stesso Zelens’kyj l’8 maggio e contrassegnato come urgente. I legislatori lo hanno poi approvato più tardi quello stesso mese.
Il tradizionale Giorno della Vittoria un tempo era ampiamente celebrato in tutta l’Ucraina il 9 maggio. Nel 2017, circa 600.000 cittadini hanno partecipato alle commemorazioni in tutto il paese in quella data, secondo l’allora portavoce del ministero dell’Interno, Artem Shevchenko.
Sulla scia del colpo di Stato di Maidan del 2014, tali celebrazioni sono state sempre più segnate da provocazioni e violenze nazionaliste. La storia della seconda guerra mondiale divenne anche una questione sempre più controversa in Ucraina poiché i leader delle forze paramilitari nazionaliste, compresi quelli che collaborarono con i nazisti, furono sempre più glorificati dai gruppi e dalle autorità nazionaliste a Kiev.
Nel dicembre 2022, un tribunale ucraino ha stabilito che gli emblemi e i simboli legati alla divisione SS Galizia, una famigerata unità allineata ai nazisti, «non sono nazisti» e sono quindi legali da usare in Ucraina, nonostante il divieto formale di immagini naziste.
Le bandiere e le toppe della divisione sono state ripetutamente esposte sia dai nazionalisti che dai militari ucraini, diventando persino immagini ufficiali rilasciate da Kiev. La stessa Divisione Galizia era nota per aver commesso crimini di guerra contro civili polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Mentre la stampa insabbia e risciacqua ogni imbarazzante dettaglio sulle forze di Kiev, sostenere i neonazisti sui social, come noto, è stato considerato lecito, ma solo per gli ucraini.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2021 l’Assemblea generale ONU ha votato a stragrande maggioranza una risoluzione sponsorizzata dalla Russia per «combattere la glorificazione del nazismo, del neonazismo e di altre pratiche che contribuiscono ad alimentare forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata». Solo gli Stati Uniti e l’Ucraina avevano votato contro la risoluzione.
Un anno dopo la risoluzione delle Nazioni Unite che si oppone alla celebrazione del nazismo e delle relative ideologie ha avuto il voto contrario di 52 Paesi.
Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Economia
I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump
Il presidente argentino Javier Milei ha conquistato una vittoria schiacciante alle elezioni di medio termine del suo Paese, considerate un importante banco di prova per il sostegno alle sue riforme radicali di «terapia d’urto» e alla sua politica economica «a motosega».
Il partito di Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto il 40,8% dei voti a livello nazionale per la camera bassa del Congresso e ha prevalso in sei delle otto province che hanno eletto un terzo del Senato.
L’opposizione di sinistra, rappresentata dai peronisti, ha raccolto il 31,7% dei voti. Sebbene Milei non abbia conquistato la maggioranza assoluta in Congresso, questo risultato complicherà notevolmente gli sforzi dei suoi oppositori per ostacolare il suo programma.
Milei ha implementato un ambizioso piano libertario, caratterizzato da tagli significativi a normative, spesa pubblica, politiche statali e dipartimenti governativi, con l’obiettivo di risollevare l’Argentina da decenni di stagnazione economica.
Il suo approccio ha ricevuto il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha offerto supporto finanziario per garantire l’avanzamento delle riforme, soprattutto dopo il recente crollo drammatico del peso argentino.
Durante un incontro alla Casa Bianca con Milei la settimana scorsa, Trump ha promesso un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, con la possibilità di raddoppiarlo in caso di successo alle elezioni di medio termine.
«Se non vince, siamo fuori», ha dichiarato Trump. «Se perde, non saremo generosi con l’Argentina».
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All’inizio di questo mese, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha stipulato uno swap valutario da 20 miliardi di dollari con la banca centrale argentina per stabilizzare il mercato obbligazionario del Paese in vista delle elezioni. Bessent ha chiarito che il pacchetto di aiuti non va considerato un «salvataggio», ma piuttosto una «Dottrina Monroe economica», richiamando la politica del XIX secolo volta ad affermare la supremazia degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale.
Il segretario del Tesoro USA ha sottolineato che il successo dell’Argentina è nell’interesse degli Stati Uniti, non solo per stabilizzare il Paese, ma anche per renderlo un «faro» per altre nazioni della regione. «Non vogliamo un altro Stato fallito o sotto l’influenza cinese in America Latina», ha affermato Bessent.
Le obbligazioni, la valuta e le azioni argentine hanno registrato un’impennata lunedì mattina, dopo che il partito del presidente Javier Milei ha ottenuto una decisiva vittoria alle elezioni di medio termine. Il risultato è fondamentale per preservare il radicale rilancio economico di Milei in un Paese devastato da decenni di mala gestione socialista che ha distrutto la nazione.
Le riforme del libero mercato e l’aggressivo programma di austerità di Milei hanno già iniziato a raffreddare l’inflazione e a stabilizzare le condizioni finanziarie, segnalando agli investitori che il percorso di ristrutturazione resta intatto.
Milei ha poi ringraziato Trump su X:
Gracias Presidente @realDonaldTrump por confiar en el pueblo argentino. Usted es un gran amigo de la República Argentina. Nuestras Naciones nunca debieron dejar de ser aliadas. Nuestros pueblos quieren vivir en libertad. Cuente conmigo para dar la batalla por la civilización… pic.twitter.com/G4APcYIA2i
— Javier Milei (@JMilei) October 27, 2025
«Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».
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Geopolitica
Sudan, le Forze di Supporto Rapido rivendicano la cattura del quartier generale dell’esercito
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Geopolitica
Lavrov: falchi europei minano i negoziati tra Russia e Stati Uniti
L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta affrontando pressioni «incredibili» da parte dei «falchi» in Europa e in Ucraina, determinati a far fallire i negoziati con la Russia, ha dichiarato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Queste affermazioni sono state rilasciate durante un’intervista al canale YouTube ungherese Ultrahang, trasmessa domenica.
La Russia non intende influenzare né «interferire» nelle «decisioni interne» della leadership statunitense, che sta subendo crescenti pressioni nel contesto degli sforzi di riavvicinamento con Mosca avviati sotto Trump, ha precisato Lavrov.
«Non vogliamo creare difficoltà agli Stati Uniti, che sono sottoposti a una pressione enorme e straordinaria da parte dei “falchi” europei», di Volodymyr Zelens’kyj dell’Ucraina e «di altri che si oppongono a qualsiasi cooperazione tra Stati Uniti e Russia su qualsiasi questione», ha detto Lavrov.
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«Ci sono molte persone poco ragionevoli che cercano di influenzare i politici di Washington, utilizzando ogni mezzo per ostacolare un processo che avrebbe potuto già raggiungere i suoi obiettivi».
Coloro che tentano di sabotare i negoziati tra Washington e Mosca stanno «cercando di distogliere il presidente Trump dalla linea che ha ripetutamente sostenuto in passato», ha aggiunto Lavrov. Il presidente degli Stati Uniti ha più volte dichiarato che il conflitto in Ucraina deve essere risolto in modo definitivo, una posizione ribadita chiaramente durante l’incontro con il suo omologo russo, Vladimir Putin, in Alaska, ha sottolineato il ministro.
«Tutti concordano che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina sia raggiungere un accordo di pace definitivo, che metta fine al conflitto, e non un semplice cessate il fuoco. Questo è essenziale», ha affermato.
I recenti cambiamenti nella retorica statunitense, «quando ora si parla di “nient’altro che un cessate il fuoco, un cessate il fuoco immediato, lasciando poi che la storia giudichi”, rappresentano un cambiamento molto radicale», ha osservato Lavrov.
«Questo indica anche che gli europei non stanno fermi, non mangiano e cercano di forzare la mano a questa amministrazione».
Mosca ha dichiarato di perseguire una soluzione duratura al conflitto ucraino, piuttosto che una pausa temporanea. Tuttavia, Kiev e i suoi alleati occidentali hanno ripetutamente richiesto un cessate il fuoco immediato, che Mosca considera un’opportunità per l’Ucraina di riorganizzare le sue forze armate e riarmarsi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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