Spirito
Prevost è contrario alla clericalizzazione delle donne?
Da cardinale, Robert Francis Prevost si era espresso contro la «clericalizzazione delle donne», dicendo che essa non risolve i problemi nella Chiesa.
Interrogato nell’ottorbe 2023 sulle richieste di governance femminile nella Chiesa cattolica durante la conferenza stampa del Sinodo del 25 ottobre, il cardinale americano ha sottolineato che «la tradizione apostolica è qualcosa che è stato esposto molto chiaramente, soprattutto se si vuole parlare della questione dell’ordinazione delle donne al sacerdozio».
«C’è anche un altro aspetto da sottolineare: ordinare le donne – e alcune donne lo hanno detto in modo piuttosto interessante – “clericalizzare le donne” non risolve necessariamente un problema, anzi, potrebbe crearne uno nuovo», aveva detto il cardinale Prevost ai giornalisti.
«E forse abbiamo bisogno di guardare a una nuova comprensione o a una diversa comprensione sia della leadership, del potere, dell’autorità e del servizio – soprattutto del servizio – nella Chiesa dalle diverse prospettive che possono essere, se vogliamo, apportate alla vita della Chiesa da donne e uomini» aveva aggiunto oscuramente.
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Il cardinale Prevost spiegava che, solo perché una donna può essere presidente o ricoprire diversi ruoli di leadership nel mondo, non esiste «un parallelo immediato per dire: “Nella Chiesa, quindi…” (…) Non è così semplice come dire: “Sapete, a questo punto cambieremo la tradizione della Chiesa dopo 2000 anni su uno qualsiasi di questi punti”», aveva affermato.
Allo stesso tempo, ha aggiunto, le donne stanno continuamente assumendo nuovi ruoli di leadership sia in Vaticano che in altre parti della Chiesa, osservando che Papa Francesco aveva recentemente nominato Suor Simona Brambilla segretaria del Dicastero vaticano per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. «Penso che si continuerà a riconoscere il fatto che le donne possono dare un contributo molto significativo alla vita della Chiesa a molti livelli diversi», ha affermato.
Nel maggio 2023, tuttavia, il Prevost aveva rilasciato un’intervista al direttore editoriale del Vaticano Andrea Tornielli, in cui sembrava più conciliante rispetto all’apporto delle donne nella vita della Chiesa.
«In diverse occasioni abbiamo visto che il loro punto di vista è un arricchimento. Due sono religiose e una è laica, e la loro prospettiva molte volte coincide perfettamente con quello che dicono gli altri membri del dicastero, mentre altre volte il loro parere introduce un’altra prospettiva e diventa un contributo importante nel processo. Penso che la loro nomina sia ben più di un semplice gesto da parte del papa per dire che adesso ci sono delle donne anche qui. C’è una partecipazione vera, reale e significativa, che loro offrono alle nostre riunioni quando discutiamo i dossier sui candidati».
Quale posizione assumerà nel suo pontificato resta ovviamente tutto da vedere.
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Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
Tralasciando il dubbio valore delle nuove procedure di canonizzazione, una doppia canonizzazione in Venezuela è diventata rapidamente una questione di Stato, rivelando le profonde fratture tra una Chiesa cattolica fortemente coinvolta nell’arena politica, a rischio di apparire come una forza di opposizione, e il potere chavista detenuto dal presidente Nicolas Maduro.
Per comprendere la storia, dobbiamo fare un passo indietro. Il 19 ottobre 2025, papa Leone XIV proclamò «santi» i primi due venezuelani nella storia del Paese: José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri», e María del Carmen Rendiles Martínez, fondatrice della comunità delle Serve di Gesù. L’evento divenne rapidamente un affare politico.
Nicolás Maduro, al potere dal 2013, non ha perso tempo a sfruttare la canonizzazione. Dopo la cerimonia nella casa-museo di José Gregorio Hernández, circondato da fedeli e autorità governative, il capo dello Stato ha rilasciato una serie di dichiarazioni sui social media: «Siamo felici per i nostri santi. Sono entrambi grandi! Il papa ha agito giustamente!», ha dichiarato, esprimendo «immensa, eterna gratitudine» al pontefice, che ha definito un «amico» e un «fratello».
E presentare l’evento come un gesto provvidenziale di fronte alle «minacce» che la «più grande potenza militare della storia» rappresenterebbe nei Caraibi, vale a dire gli Stati Uniti, che da diversi anni cercano invano di far cadere il regime chavista.
Il chavismo ha una lunga storia con la religione: Hugo Chavez ha invocato la cosiddetta Teologia della Liberazione per la sua «Rivoluzione Bolivariana». Il processo di canonizzazione, guidato con grande entusiasmo dal defunto Papa Francesco, è visto da Nicolas Maduro come una forma di benedizione per il regime.
Ma l’opposizione non è rimasta indietro. Maria Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025, un premio altamente politico, ed Edmundo Gonzalez, il candidato presidenziale fallito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui José Hernández e Carmen Rendiles vengono descritti come «due santi per 30 milioni di ostaggi venezuelani», riferendosi al destino di 800.000 prigionieri «politici» e migliaia di esuli.
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«Questi santi esemplari, che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri, offrono speranza e consolazione in mezzo all’oscurità», scrivono, invocando un «miracolo imminente»: la caduta del regime chavista.
Temendo che la messa papale del 19 ottobre potesse suggerire una forma di approvazione per Maduro, il giorno seguente, durante una messa di ringraziamento a San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex nunzio in Venezuela dal 2009 al 2013, ha pronunciato un’omelia in cui ha chiesto «di aprire le prigioni ingiuste, di spezzare le catene dell’oppressione, di liberare gli oppressi, di spezzare tutte le catene».
Il caso torna di attualità a Caracas: la «Festa della Santità», prevista per il 25 ottobre 2025 allo stadio Monumental Simon Bolívar , davanti a 50.000 fedeli e alla presenza di tutti i vescovi venezuelani, è stata annullata il 22 ottobre, ufficialmente per «problemi di sicurezza e capienza» – erano state registrate più di 80.000 iscrizioni mentre la capienza non supera i 40.000 posti: «È una questione di sicurezza, sarebbero stati necessari circa tre stadi», spiega uno dei portavoce dell’arcidiocesi.
Nell’arcidiocesi di Caracas si vociferava addirittura che il regime chavista intendesse noleggiare autobus per migliaia di sostenitori, trasformando l’evento in una dimostrazione di forza pro-Maduro. Il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, ha denunciato il 17 ottobre una situazione «moralmente inaccettabile»: «crescente povertà, militarizzazione come forma di governo, corruzione, mancanza di rispetto per la volontà popolare» e ha chiesto il rilascio dei prigionieri.
Nicolas Maduro rispose quattro giorni dopo: «Baltazar Porras ha dedicato la sua vita a cospirare contro José Gregorio Hernández (uno dei neo-canonizzati). È stato sconfitto da Dio, dal popolo». L’accesa discussione tra Chiesa e Stato – in un Paese in cui l’80% della popolazione è cattolica – arriva mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione contro il regime chavista.
Lo schieramento di una grande flotta al largo delle coste del Paese, accompagnata da un sottomarino nucleare d’attacco, da caccia F-35 e dalla CIA ufficialmente autorizzata da Donald Trump a operare sul territorio venezuelano: si intensifica la pressione su un Paese economicamente rovinato dal bolivarianismo e che – per fortuna o per sfortuna? – è uno dei più dotati in termini di risorse petrolifere. Abbastanza da suscitare cupidigia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Guillermo Ramos Flamerich via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
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