Storia
Politica e storia in una domenica di fioritura del ciliegio in Giappone

Domenica scorsa marzo a Kanazawa, i giardini Kenrokuen offrivano la vista degli ultimi fiori di pruno e dei primi fiori di ciliegio contemporaneamente, per la gioia dei molti visitatori giapponesi e stranieri.
L’atmosfera, piacevolissima nonostante il tempo uggioso, veniva però guastata da un grosso ingorgo nell’incrocio antistante la stazione, snodo nevralgico della piccola città del Giappone occidentale.
Lo stesso autista del bus su cui viaggiavo sembrava stupito, dalla radio di bordo echeggiavano le voci dei suoi colleghi che cercavano informazioni su quanto stesse accadendo.
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Nemmeno una rapida ricerca su internet forniva informazioni riguardo alla situazione, per cui, assieme agli altri viaggiatori, sono sceso dal bus di fronte al mercato di Omicho per raggiungere la stazione a piedi.

Giardini Kenrokuen, Kanazawa. Foto dell’autore
Il notevole schieramento di polizia e il frastuono di altoparlanti distanti mi ha subito chiarito la situazione: uyoku.
Questo è il nome (右翼、letteralmente «ala destra») con cui si definiscono i gruppi dell’estrema destra extraparlamentare giapponese, fautori di un nazionalismo filo-imperiale e ferocemente anticomunista.
Queste formazioni fanno ormai quasi parte del folklore locale giapponese: i loro furgoni neri o bianchi, su cui in genere è issata la bandiera imperiale, appaiono in genere in giro per le città in occasione delle festività nazionali. Dai loro assordanti altoparlanti escono perlopiù canti del periodo tra le due guerre (immaginate Faccetta nera in versione nipponica) e arringhe nazionaliste non troppo fluenti.
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Il giapponese medio li ignora a causa dell’aura di violenza che li circonda, alcuni dei gruppi sono notoriamente legati alla yakuza, ma la loro effettiva pericolosità è insignificante.
Una manifestazione che arriva a paralizzare un centro urbano é tutt’altro che comune, quindi mi sono chiesto quale fosse stata la causa scatenante e ho fatto una piccola ricerca sulle notizie locali: a mettersi in rotta di collisione con gli uyoku sono stati gli zainichi kankokujin (coreani residenti in Giappone dal periodo dell’annessione nipponica della penisola coreana), forse il principale problema irrisolto della società giapponese.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale circa dei circa due milioni di coreani che si trovavano sul territorio giapponese (immigrati volontariamente o deportati come forza lavoro, a seconda dei casi e delle opinioni) non tutti rientrarono in Corea: circa 600.000 rimasero nell’arcipelago. La guerra di Corea e la conseguente divisione del Paese ha fatto sì che coloro rimasti in Giappone si trovassero in una sorta di limbo burocratico: privi di cittadinanza giapponese e senza un paese in cui ritornare.
Ci sono state indubbiamente discriminazioni nei confronti dei Coreani residenti in Giappone (i linciaggi di massa in occasione del grande terremoto del Kanto nel 1923 sono forse la pagina più nera di questa vicenda) ma molti di loro sono riusciti a integrarsi pur mantenendo la propria identità – un esempio su tutti: il visionario miliardario Masayoshi Son.
Non si può negare come la presenza coreana sia significativa anche nel crimine organizzato giapponese e nelle aree grigie che vi gravitano attorno, su tutte l’industria del Pachinko, incrocio tra flipper e slot-machine che riempi le sale giochi nipponiche.
Le associazioni di zainichi kankokujin hanno fatto molto perché le discriminazioni cessassero, ma alcune di esse, manovrate politicamente da ambo le Coree, scelgono un atteggiamento apertamente antagonistico e a volte provocatorio nei confronti della nazione in cui vivono.
E arriviamo al caso di Kanazawa: l’unione dei Coreani residenti in Giappone (在日本大韓民国民団 , Mindan) ha deciso di installare nella città una lapide in memoria di Yun Bong Gil, un attivista coreano che nel 1932 a Shanghai uccise due ufficiali dell’esercito giapponese in un attentato esplosivo. Dopo l’arresto venne traslato in Giappone e fucilato a Kanazawa.
朝鮮人テロリスト尹奉吉の記念館設立に反対する市民達。
しばき隊は闘争を避け逃走。pic.twitter.com/OnzNfaqEi5
— 『しばき隊研究家』岡田晴道 (@okada122400) March 31, 2025
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Dopo l’annuncio del progetto da parte del Mindan, lo scorso 4 marzo un cinquantenne affiliato ad un’organizzazione uyoku ha schiantato la sua auto contro la sede dell’associazione coreana, senza che ci siano state vittime.
Da allora si susseguono le proteste, ed è facile immaginare che proseguiranno ancora a lungo.
Spiace che strumentalizzazioni politiche di questo tipo avvengano proprio in un momento storico in cui sembrerebbe che la pacificazione tra giapponesi e coreani del Sud stia avvenendo spontaneamente, dal basso. I turisti coreani sono infatti i più numerosi anche nel bel mezzo dell’attuale affluenza record di viaggiatori da tutto il mondo, mentre la popolarità di musica, cibo e serie televisive coreane in Giappone è ai massimi di sempre.
Auspicabilmente il buon senso popolare l’avrà vinta su chi semina discordia per i propri fini.
Taro Negishi
Corrispondete di Renovatio 21 dal Giappone
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Storia
Documenti CIA rivelano la ricerca segreta di Hitler negli anni ’50

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Storia
Storia del Darien Gap, fulcro tra le Americhe tra guerriglia, droga e immigrazione

Il 4 aprile 1928 Daniel McLeod senatore del Michigan aveva presentato alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti d’America un progetto rivoluzionario.
L’idea era quella di costruire una enorme strada che avrebbe messo finalmente in comunicazione le capitali delle tre Americhe. All’unanimità era stato votato favorevolmente uno studio di fattibilità per la costruzione di una highway che avrebbe inizialmente unito gli Stati Uniti d’America al Messico e dai paesi del Centro America fino all’America del Sud.
In aggiunta a questo al prossimo Pan American Congress di Rio de Janeiro nel luglio del 1929 i delegati statunitensi avrebbero sostenuto l’ampliamento dal Canada fino all’Argentina in modo da connettere l’intero continente americano.
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La proposta venne votata favorevolmente con entusiasmo e all’unanimità dalla Camera. Il rapporto rimasto agli archivi da quella giornata a Washington rimarcava anche come l’infrastruttura sarebbe stata talmente d’eccezione che avrebbe permesso, vista la larghezza prevista, l’atterraggio di aeroplani.
Questa particolare capacità avrebbe aperto la strada ai piloti che avrebbero potuto autonomamente percorrere il continente in tutta sua lunghezza utilizzando la strada come supporto sicuro per l’atterraggio Il documento spiega molto bene lo spirito dell’epoca dove l’economia era più forte che mai e che a breve avrebbe sofferto di un enorme contraccolpo con la crisi del ’29.
Durante i successivi vent’anni vennero cominciati i lavori in tutto il continente. La parte dove si ottennero maggiori successi fu il collegamento tra gli States e il Messico dove i tempi di realizzazione vennero mantenuti e i lavori portati a termine.
Negli Stati del centro America si procedeva a rilento ma nonostante alcuni pezzi ritardarono la fine dei lavori il collegamento venne sempre garantito. Già in un articolo del 1953 venivano documentati tutti i miglioramenti e i relativi buchi da riempire per voler rendere praticabile il viaggio da Fairbanks in Alaska alla regione dei laghi in Cile. I tratti da completare erano ancora moltissimi.
Uno di questi in particolar modo al contrario degli altri non venne mai completato. Il tratto di strada che avrebbe dovuto unire Panama alla Colombia, e quindi congiungere l’America centrale con l’America del Sud.
Quel tratto di strada ancora oggi non è mai stato completato. Da Panama City la Panamericana prosegue per qualche centinaio di chilometri fino al villaggio di Yaviza, ultimo centro abitato raggiungibile da una all-weather road prima della giungla primaria.
L’ultimo tratto rimasto da completare, la regione del Darién, o Darién Gap, è un territorio estremamente selvaggio, montagnoso e solcato da innumerevoli tratti d’acqua. La conformazione geografica da sola rende estremamente difficoltoso il progetto e la realizzazione del tratto finale della strada americana. Ma la sua posizione geopolitica, storica, culturale sicuramente apporta un peso ancora maggiore sulla bilancia.
In seguito alla creazione coatta dello stato di Panama da parte degli Stati Uniti d’America ai danni della Colombia, il territorio che ha avuto nel suo grembo il canale più importante del mondo venne sempre mantenuto in costante osservazione da Washington.
La grande paura statunitense che la color line venutasi a creare dopo la conquista del Messico nel 1848 ponendo i confini sul Rio Grande, cedesse e creasse un’esondazione di profughi, rimaneva sempre viva e centrale nei pensieri politici della classe politica americana
Se l’America Centrale, per forza di cose, dovette sempre essere considerata una America più prossima agli States per questioni geografiche e culturali, quella del sud rimaneva più distante. Lo scoglio del Darién per tutte le popolazioni che cercavano rifugio nella federazione a stelle e strisce, rimaneva uno muro naturale molto difficile da superare.
Dagli anni in cui Panama, in seguito al trattato Carter-Torrijos firmato nel 1977, riacquisì una forma di indipendenza sul canale e quindi anche sul suo territorio, il centro America venne scosso da diversi terremoti politici.
Di lì a poco, nel 1981, Omar Torrijos dittatore di Panama, morì in un incidente aereo sulle montagne di Panama. Il potere venne preso dal generale Noriega, proxy della CIA, diplomato nella famosa Scuola delle Americhe che condusse il potere tra scandali di corruzione fino alla sua deposizione forzata da un commando statunitense. I Sandinisti presero il potere in Nicaragua scacciando Somoza dopo un quarantennio di onorato servizio al soldo di Washington.
Roberto D’Aubuisson, collega di Noriega alla Scuola delle Americhe, venne spinto al potere in Salvador con lo scopo di contenere il Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN). Compito che svolse con zelante dedizione alla causa e violentissima applicazione concreta alla realtà.
Per controllare i Sandinisti, Bill Casey, direttore della CIA dal 1981 al 1987, organizzò un esercito paramilitare irregolare in Honduras con il nome di contrarrevolucionarios, conosciuti con il nome più famoso di Contras.
Il governo costaricense in seguito alla rivoluzione vittoriosa dei Sandinisti diede appoggio alla creazione di un fronte Sud per arginare la rivoluzione nicaraguense. Il celeberrimo comandante cero, il siciliano di sangue Eden Pastora, ribellatosi ai sandinisti poco dopo la presa del potere, creò in Costarica l’ARDE con l’obiettivo di opporsi politicamente e militarmente. Su tutti loro la il sempre presente pensiero di Cuba dava materiale a Langley per costruire cattedrali di supposizioni.
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Dai primi anni Ottanta in avanti, parallelamente a tutti questi sommovimenti della crosta geopolitica del continente americano, il consumo di cocaina prima e di crack successivamente nel mercato statunitense crebbe a livelli esponenziali. Con esso aumentarono in maniera direttamente proporzionale i voli aerei dalle Ande agli Stati Uniti d’America.
La tratta, dagli air strip andini alle coste meridionali degli States, non era percorribile con un solo viaggio. Da qualche parte, in mezzo tra il punto di partenza e quello di arrivo, qualcuno avrebbe dovuto organizzare forzatamente una sosta per fare rifornimento.
Oggi, il Darién Gap, rappresenta lo snodo principale dell’immigrazione massiva negli USA, aumentata esponenzialmente nell’era Biden. Pur essendo un sito di grande pericolo, a partire dal 2010 il Darién Gap si è trasformato in una delle vie migratorie più frequentate a livello globale, con un flusso di centinaia di migliaia di persone, per lo più provenienti da Haiti e dal Venezuela, dirette verso nord fino al confine tra Messico e Stati Uniti.
Nel 2022, gli attraversamenti registrati sarebbero stati 250.000, un numero nettamente superiore ai 24.000 del 2019. Nel 2023, il dato è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente, superando i 520.000 migranti che hanno attraversato Darien.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine dell’autore, 2013
Storia
L’Argentina pubblicherà i documenti sui rifugiati nazisti

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